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mercoledì 30 ottobre 2024

commenti randomici a letture randomiche (89)

sembra proprio che io non possa godermi una settimana di fila senza che si scateni un qualche casino che minaccia di rimettere in discussione la mia vita ancora e ancora.
tutto cambia costantemente e sembra cambiare sempre in peggio, togliendomi ancora più energie e tempo libero, riempiendomi di ansia, rabbia e preoccupazioni varie.
ma, nonostante tutto, sono riuscita a leggere dei libri belli, e ora più che mai scappare dalla realtà rintanandomi dentro a una storia (che non sia la mia!), mi sembra il modo migliore di sopravvivere.
mi sono ritagliata qualche minuto qua e là per raccontarveli un po', si sa mai che magari non piacciano anche a voi.

 la congregazione reale di sua maestà 
bevvero dal calice finché i loro occhi divennero neri, dopodiché lei immerse le dita nella ciotola di tasso e tracciò un pentacolo sulle loro giovani fronti.
e mentre l'orologio del villaggio lontano batteva dolente l'una, cessarono di essere bambine e divennero finalmente streghe.

la congregazione reale di sua maestà è un romanzo d'evasione, sicuramente, che però sa dare bene un'idea di cosa vogliano dire parole come intersezionalità o transfemminismo. nonostante la storia che racconta sia appassionante e coinvolgente - e nonostante le tematiche di cui sopra sono il tipo di cose che adoro trovare in un libro - la prima volta che ho provato a leggerlo mi è toccato abbandonarlo. era un periodo così incasinato e brutto e pieno di ansie e cattivi pensieri che non riuscivo a immergermi completamente delle vicende di niamh, leonie, helena, elle e ciara, e di certo loro non si meritavano un'attenzione superficiale.
mi ha aspettata pazientemente per quasi quattro mesi e poi mi ha rapita completamente, trascinandomi in un'inghilterra alternativa in cui, dai tempi di anna bolena, esiste una congregazione di streghe che protegge il regno e lə suə abitanti, una congregazione che non deve più preoccuparsi dei cacciatori di streghe, di sante inquisizioni e fedeli troppo devotə, ma che non può abbassare la guardia davanti a divisioni interne, scismi e frammentazioni interne varie.

adesso però, la guerra è finita. quel conflitto che aveva distrutto tante vite - quelle di chi non era sopravvissutə, certo, ma anche quelle di chi era rimastə a contemplare le assenze - si era finalmente spento e la crsm sembrava essere entrata in un lungo periodo di pace e prosperità, nonostante alcune streghe avessero preferito fondare gruppi autonomi legati ai movimenti per i diritti civili e sociali di categorie marginalizzate, come la diaspora di leonie, che raccoglie streghe, e stregoni!, bipoc stanche del reiterarsi, anche all'interno della crsm, degli stessi meccanismi di prevaricazione e privilegio delle streghe bianche.
la pace e una sorta di equilibrio traballante tra la crsm e le congregazioni minori e più recenti, però, vengono facilmente messi in discussione da un evento inaspettato, per quanto annunciato dalle profezie già annunciate dalle oracole: un ragazzo - un maschio! - dotato di un potere magico così straordinario e potente da minacciare non solo la crsm ma le sorti dell'umanità tutta.
per quanto gli stregoni esistano, nessun uomo prima di adesso aveva avuto un potere simili, solo le streghe (femmine) erano dotate di simili capacità. per helena, gransacerdotessa della crsm e profondamente legata alla tradizionale divisione tra streghe e stregoni (che hanno una loro confraternita legata alla crsm ma autonoma), l'esistenza di una creatura del genere rappresenta una minaccia assoluta, un errore della natura, un abominio che minaccia la congregazione e ogni singola strega esistente sul pianeta.

se durante la guerra il vecchio gruppo si era sciolto, la nuova minaccia - una creatura che non dovrebbe esistere e che potrebbe liberare il leviatano, uno dei demoni più potenti e pericolosi degli inferi - in qualche modo le riavvicina tutte, facendo il cerchio intorno a helena.
ma theo, questo è il nome del ragazzo, non suscita lo stesso terrore in tutte loro e, anzi, niamh decide di prenderlo in custodia. capito che lui è semplicemente spaventato da un potere che non sa gestire e dalla totale mancanza di informazioni sulla sua stessa natura, niamh decide di diventare la sua maestra, aiutandolo a comprendersi al meglio e a superare i traumi di un'infanzia fatta di rifiuti e abbandoni. ovviamente, questa decisione genera una tensione ancora maggiore tra niamh - che da dopo la guerra si era ritirata dalla crsm - e helena, che esplode nel momento in cui theo rivela di essere in realtà una ragazza. da qui, oltre che intessere una vicenda dai ritmi serratissimi e avvincenti, juno dawson ci regala un'enorme lezione di transfemminismo, dando alla "cattiva" della storia caratteristiche che nascondono - neppure troppo! - il riferimento a una delle peggiori terf della letteratura inglese contemporanea (sì, proprio lei, non vi aspettate che scriva il suo nome perché non credo che si meriti nulla se non l'oblio).

al di là della trama, che vi lascio scoprire autonomamente perché è troppo appassionante e ben strutturata per meritarsi degli spoiler, dawson incarna nelle sue personagge alcuni archetipi femminili moderni attraverso cui raccontare, nel bene e nel male, la realtà quotidiana delle donne di oggi: leonie, fiera del suo essere nera e lesbica; elle, moglie e madre che preferisce distogliere lo sguardo da certe fastidiose verità pur di mantenere inalterata la sua felicità - costruita ad arte - domestica; niamh, che fatica a lasciarsi il passato alle spalle e a ricostruirsi un presente libero dai suoi fantasmi e traumi e, infine, helena, ancorata a delle convinzioni che la rendono cieca e insensibile a qualsiasi cosa che non rientri nei suoi rigidi e infrangibili schemi mentali.

quello che mi è piaciuto di più di questo libro è proprio il modo in cui dawson mostra - senza perdersi in pipponi - quanto siano inseparabili la sfera intima e personale e quella politica e quanto le scelte di chi è al potere, soprattutto se alimentate da un'incapacità di provare a conoscere, comprendere e accettare l'esistenza di qualcosa di diverso da sé, possano portare a disastri catastrofici.

quello che invece mi è piaciuto molto meno è che il finale chiede a gran voce di continuare la lettura del secondo volume della trilogia - the shadow cabinet, a cui poi seguirà il prossimo anno la pubblicazione di human rites, mentre in inglese è già disponibile lo spin off/prequel queen b - che però non è ancora stato annunciato. speriamo che mondadori sappia porre rimedio (magari portandoci tutti gli altri titoli della serie) entro il prossimo anno!

 la migrazione annuale delle nuvole 
non ce l'ho con dio. ma la gente deve essersi infuriata, a quei tempi. no? a vedere tutto quello che amava e che le era caro, tutto quello che trovava bello e buono andarle in pezzi davanti agli occhi; anche se metà o più di quegli eventi era diretta conseguenza dei loro comportamenti, si saranno chiesti perché un dio avesse fatto accadere il resto, perché non l'avesse fermato e fosse rimasto a guardare in silenzio.

credo che ornai sia diventato praticamente impossibile immaginare e scrivere del nostro futuro senza tenere in conto il cambiamento climatico e i disastri ambientali che stiamo provocando sul nostro pianeta. come possiamo immaginare quello che saremo tra una manciata di decenni senza provare a indovinare le conseguenze di quello che oggi stesso è sotto ai nostri occhi?
la migrazione annuale delle nuvole è ambientato in un futuro in cui il cambiamento climatico ha già distrutto non soltanto gli ambienti, ma anche le culture, per come le conosciamo.
niente più industria, sapere tecnologico praticamente perduto, cibo scarso e difficile da coltivare. a questa situazione drammatica - che riprende perfettamente le fila del genere, da la peste scarlatta, passando per la parabola del seminatore e la strada - si aggiunge il cad, un fungo parassita che invade corpi e menti, controllando le azioni e i pensieri dellə suə ospiti.

reid è una ragazza infestata dal cad, proprio come sua madre. vive in un piccolo villaggio in cui ogni energia è fondamentale a provvedere al sostentamento collettivo, un luogo in cui vecchi laboratori ormai inutilizzabili sono diventati rifugi per decine di persone.
il giorno che riceve la lettera di ammissione all'università, in uno degli ultimi avamposti in cui si è riusciti a conservare la civiltà pre-catastrofe - oasi in un deserto di disperazione, create durante la fine dalla parte più ricca della popolazione che quella catastrofe l'aveva causata - per reid si profila la scelta più difficile della sua vita: partire verso l'ignoto, verso un luogo che potrebbe anche essere solo una leggenda, una trappola, abbandonare sua madre all'inevitabile atroce destino voluto dal cad e, insieme a lei, tutto il suo villaggio, solo per seguire il proprio desiderio; o rimanere lì, rinunciando a tutto ma assumendosi ogni responsabilità come membro della comunità?

davanti alla prospettiva della partenza, il rapporto con sua madre si complica e si fa teso, ed è questo il tema centrale del libro, che premee mohamed sa far emergere molto bene e sa raccontare in modo credibile e attento.
la notizia dell'ammissione di reid rompe la diga che da anni teneva a freno i sensi di colpa, da un lato, e le accuse, dall'altro legate al cad: il fungo viene trasmesso di generazione in generazione, ed è stata la madre di reid - che a sua volta l'aveva ereditato da sua madre - ad averlo passato alla figlia, condannandola a non essere pienamente padrona della propria esistenza e delle proprie scelte. per sopravvivere, il fungo protegge lə suə ospite, prendendo decisioni in sua vece al fine di evitare situazioni di pericolo e per continuare a riprodursi, passando di corpo in corpo, senziente abbastanza da voler, probabilmente, colonizzare l'intera umanità.
il legame profondissimo tra le due donne è fatto d'amore, certo, ma non solo. il loro è un rapporto disfunzionale in cui i confini tra il ruolo di madre e quello di figlia si mescolano e si confondono, portando l'una a interpretare quello dell'altra e viceversa.

è per questo che reid, tra restare e partire, sceglie una terza strada: partecipare di nascosto a una pericolosa missione di caccia per garantire - se riuscirà ad avere una buona parte di bottino - a sua madre abbastanza cibo da poter avere delle scorte e poter fare degli scambi, per ripagare la perdita della sua forza lavoro.
ma come fare a partecipare a quello che potrebbe essere un atto suicida con un ospite che manovra il tuo corpo e la tua mente, chiedendoti di fare qualsiasi cosa per non uccidere entrambi?

nonostante l'ambientazione già sfruttatissima e il ruolo non abbastanza centrale dato al cad nella storia, questo romanzo mi è piaciuto moltissimo soprattutto per come mette in scena le dinamiche familiari di reid, il suo rapporto con sua mamma e con il resto della comunità. e se per tutto il tempo sembra di leggere una lunga premessa, è perché la migrazione annuale delle nuvole è solo il primo capitolo di una serie, cosa che giustifica il suo finale così aperto e sospeso. aspetto con ansia il resto della storia!

 cosa si prova 
«sono stata talmente e incredibilmente fortuna che mi sembra quasi troppo per una persona sola. adesso aspetto che arrivi la sfortuna!»

sono tornata a leggere sophie kinsella dopo anni perché venire a sapere della sua malattia mi ha davvero colpita e volevo, in qualche modo, tornare a sentirla vicina. i suoi libri, soprattutto la serie di i love shopping (praticamente l'unico modo in cui sono riuscita ad appassionarmi un minimo alla moda, quel tanto che serve da imparare almeno il nome di qualche brand), anche se non ne leggevo uno da un bel po', mi hanno sempre divertita moltissimo. erano la migliore distrazione nei momenti più difficili e stressanti e in qualche modo mi ero affezionata a becky e quindi, di riflesso, alla sua creatrice.

cosa si prova racconta la storia di eve, una scrittrice che trova l'idea geniale per il suo prossimo romanzo proprio quando, in difficoltà e senza idee, decide di fare una passeggiata e si ritrova davanti a un meraviglioso abito di paillette che la guarda tentatore da una vetrina.
non dovrebbe comprare quel vestito, non dovrebbe spendere quei soldi così d'impulso, non ha un'occasione per indossarlo e non dovrebbe neppure essere in giro a fare shopping, eppure non riesce a resistere. mentre la commessa avvolge l'abito sbrilluccicante, eve butta giù due appunti: scriverà di una ragazza dalle mani bucate che non riesce a resistere davanti a una vetrina troppo invitante.
il suo libro avrà un successo stratosferico e il vestito di paillettes sarà quello che indosserà sul redcarpet alla presentazione del film ispirato al suo romanzo. da quel momento lì, eve diventa una scrittrice di successo straordinario, una fortuna che si aggiunge a quella di avere una famiglia numerosa e piena d'amore. romanzo dopo romanzo, successo dopo successo, la vita di eve sembra essere un sogno, almeno fin quando non si risveglia intontita in ospedale e scopre di essere stata operata al cervello: le è stata rimossa una grossa massa tumorale e il suo futuro è più che mai incerto.

tra fisioterapia, perdita di memoria e messaggi di supporto, eve si barcamena tra momenti di ottimista fiducia nel futuro e altri di totale sconforto, mentre prova a riprendere il controllo del suo corpo e della sua mente. cosa si prova è strutturato in capitoletti brevi, istantanee di vita familiare raccontate con leggerezza e persino umorismo in cui la malattia è presente accanto alla gioia di vivere.

ovviamente, la storia di eve è quella di sophie kinsella, la storia della sua malattia e del modo in cui la sta affrontando. non una battaglia o una guerra - espressione che trovo veramente odiosa e offensiva nei confronti di chi vive situazioni del genere - ma un'imprevedibile sfortuna che da un lato spaventa, dall'altro rende ogni momento felice meravigliosamente luminoso, unico e felice.
non è facile parlare così di un cancro, soprattutto se è un cancro che vive dentro al proprio corpo, ma kinsella c'è riuscita con estrema grazia ed eleganza.
e, anche se non lo sa, leggere questo libro è un po' un modo per avvicinarsi a lei e dirle sì, ci sono. grazie per le risate e i bei momenti passati in compagnia dei tuoi romanzi, non vedo l'ora di leggerne ancora e ancora e ancora.


giovedì 23 maggio 2024

commenti randomici a letture randomiche (84)

sono settimane complicate, incasinate, sfiancanti, settimane in cui sono anche riuscita a leggere tanto ma ho scritto meno di quanto avrei voluto. però consigliarvi libri belli è una cosa che mi piace e che in qualche modo mi fa sembrare che tutto torni alla solita, rassicurante normalità, quindi a questo giro vi parli di quattro libri molto diversi tra loro che mi sono piaciuti molto e che vi consiglio di recuperare!

 la ragazza che cadde in fondo al mare 
i miti del mio popolo dicono che solo una vera sposa del dio del mare può mettere fine alla sua incontenibile collera divina. quando dal mare d'oriente si alzano le tempeste ultraterrene, quando i fulmini squarciano il cielo e le acque devastano la costa, viene scelta una sposa da offrire in dono al dio del mare.
o in sacrificio, a seconda di quanta fede si abbia.

di questo libro mi spaventava soprattutto la mole la, fidatevi, è più lo spessore della carta e l'ampiezza dei margini a renderlo così imponente.
la ragazza che cadde in fondo al mare è un fantasy scritto per un pubblico giovane, una storia d'amore ambientata in un mondo sottomarino e fantastico che mi ha ricordato tantissimo gli scenari de la città incantata. la trama è abbastanza semplice e il finale non troppo inaspettato anche se alcune cose sono riuscite a sorprendermi.
nel villaggio di mina, la protagonista, ogni anno una ragazza viene scelta per diventare la sposa del dio del mare. la decisione ricade solitamente sulla ragazza più bella, ma ci sono state fanciulle che si sono offerte volontarie per garantire alla famiglia un futuro di prosperità e di cure.
quest'anno, il destino ha scelto shim cheong, la bellissima fidanzata di joon, fratello di mina. mina ha visto nascere l'amore tra loro, sa quanto forte sia il loro sentimento e vuole troppo bene a joon per immaginare che la sua sarà una vita di solitudine e rimpianti. così, quando shim cheong viene accompagnata in barca per essere presa dal drago del dio del mare, joon la segue e mina, a sua volta, si tuffa tra le onde per salvare entrambi, offrendosi volontaria.
da questo momento, mina inizia il suo viaggio nel regno degli spiriti, a contatto con chi un tempo viveva sulla terra, con divinità e creature leggendarie, decisa a scoprire perché il dio del mare - che un tempo era buono e proteggeva la sua gente - adesso esige sacrifici tanto crudeli.
nel regno degli spiriti mina incontra tantissimə personaggə, tuttə più o meno legatə al mistero che intende svelare: alcunə saranno dalla sua parte, altrə saranno suə nemicə, dispostə a tutto pur di fermarla e impedirle di scoprire la verità.

la storia d'amore è carina ma sono due le cose che ho apprezzato in particolare: la prima è il modo in cui è resa l'ambientazione, la cura nel descrivere il regno degli spiriti che non diventa mai un noioso elenco di dettagli ma, anzi, permette allə lettorə di immaginare con una certa vividezza lo scenario in cui si svolge la storia. la seconda è la cura che è stata data alla caratterizzazione dellə personaggə, soprattutto quellə sovrannaturalə che l'autrice, axie oh, non antroporfizza mai eccessivamente, lasciando loro una sorta di alone mitico che lə colloca fuori dalle dinamiche e dalle emozioni umane.

un romanzo d'evasione carino e appassionante, nulla che possa stravolgervi la vita ma che regala ore di piacevole intrattenimento e che vi tratterrà con il naso tra le pagine fino alla fine.

 punacci - storia di una capra nera 
c'era una volta, in un villaggio, una capra femmina. nessuno sapeva dove fosse nata. che traccia può lasciare l'inizio di una vita ordinaria?

restiamo in tema mitologia ma alziamo tantissimo il livello della qualità della scrittura con punacci, storia di una capra nera di parumal murugan.
quella di punacci è la storia di un piccolo miracolo, un miracolo finito però nelle mani sbagliate.
ancora cucciola, la capretta viene affidata a un vecchio e povero pastore da un uomo gigantesco, una creatura prodigiosa che sembra uscita da una leggenda: impossibilitato a prendersi cura della piccola, l'uomo gigante chiede al vecchio di occuparsene e di trattarla con cura. non è interessato ai soldi, solo al benessere dell'animale, la settima di una cucciolata. quella che da lì a breve verrà chiamata punacci è un miracolo proprio per il suo essere parte di una cucciolata così numerosa, fatto molto più che insolito per le capre. il vecchio accetta - anche perché non può fare altrimenti - di prendere con sé la bestiola e la porta in casa dalla moglie. è lei che la battezza e che la tiene in vita tra mille difficoltà: punacci, piccolissima e indifesa, è bersagliata dai predatori e tenuta lontana dalle altre capre.

è attraverso la sua prospettiva che il narratore racconta la sua storia, dando voce ai suoi pensieri senza che questi vengano mai distorti dalla lente antroporfizzante che troppo spesso applichiamo agli animali.
punacci ci dice del giogo che costringe le capre a tenere il capo chino, della violenza con cui i maschi vengono castrati e del dolore che le femmine provano a vedersi allontanati i loro compagni prima e i loro figli poi. tutte le sofferenze vengono dagli esseri umani che però non sono mai descritti come mostruosi carnefici ma solo come creature incapaci di comprendere le capre e gli altri animali. creature strane questi esseri umani, da un lato sono la causa principale di una vita di sfruttamento, dall'altra sanno accudire uno scricciolo di capretta come se fosse una bambina.
c'è incoerenza ma c'è, soprattutto, una totale mancanza di comprensione e di empatia, una durezza dei cuori data anche - e soprattutto - dalla durezza di una vita che chiede sacrifici su sacrifici, sofferenze che poi, alla fine della giostra, vengono pagate come sempre dallə più deboli, animali in primis.

ci sono scene di delicatissima bellezza - punacci che va al pascolo per la prima volta sulle spalle del vecchio pastore, mentre i passeri le volano sul capo; punacci che si perde nel bosco e assaggia la gioia e il terrore della libertà e della vita selvaggia - e altre di straziante orrore e dolore, viste attraverso gli occhi, i pensieri e i sentimenti di una creatura così diversa eppure così simile a noi.
e, nel frattempo, c'è il racconto di un'india poverissima, oppressa da un governo prepotente e vessatorio che non si fa scrupoli a colpire donne anziane, vecchi pastori, o piccolissimi cuccioli.

e se alla fine resta l'amaro in bocca, viene da ripensare alle parole dell'uomo gigantesco che chiama miracolo la piccola punacci. viene da pensare che i miracoli, quando accadono, non basta saperli riconoscere, non basta stupirsi e ringraziare. i miracoli vanno curati, coltivati e mai sfruttati, se non si vuole perdere tutto.
non è un libro allegro ma è un libro bellissimo che ha una poetica lontana e diversa dal nostro sentire quotidiano, un tono che ci suggerisce mitologie sconosciute e equilibri sovrannaturali.
è un libro che fa un po' male ma ne vale decisamente la pena.

 un mondo di meraviglie - elogio di lucciole, squali bianchi e altri prodigi 
e se il celebre verso del casuario fosse anche il modo con cui il mondo naturale ci chiede di fare attenzione a quella creatura in maniera diversa? e cioè di non limitarci a notarla e ammirarla per l'aspetto singolare e gli artigli assassini, ma percepire invece la sua presenza su questo pianeta? immaginate che l'onda sonora che vi scuote il petto possa essere un monito concreto a ricordare che siamo tutti interconnessi - che se la popolazione dei casuari viene decimata, lo sarà in proporzione anche la crescita degli alberi da frutto, e di conseguenza, centinaia di specie rischieranno l'estinzione. [...] non lo vedete? siamo tutti interconnessi.

ammetto che la prima cosa che mi aveva colpita di questo libro era stata la copertina. come si fa a non rimanere incantatə da questo disegno di piante e animali e foglie e fiori e squame e piume e occhi e forme e colori che si intrecciano in un caleidoscopio di modi diversi di tradurre la parola vita così perfetto ed equilibrato? però ammetto anche che l'idea di lanciarmi su un saggio di biologia mi ispirava davvero poco, io che sono sempre stata pessima nelle materie scientifiche dai tempi del liceo, che bellissimo tutto ma non so andare oltre la poesia dei colori e dei movimenti e.
insomma, alla fine ho ceduto. e ho fatto bene perché non è un saggio di biologia, o almeno non lo è nel senso più spaventoso del termine.

un mondo di meraviglie è un libro strano, una sorta di ibrido tra autobiografia, saggio naturalistico, e diario intimo. aimee nezhukumatathil racconta la sua vita attraverso alcuni degli episodi più significativi - la sua infanzia, segnata da tanti trasferimenti per via del lavoro dei suoi genitori; il rapporto con la scuola e con lə compagnə; l'incontro con il marito e poi la nascita e la crescita dei suoi due figli - mettendoli in relazione con momenti di incontro con il mondo naturale. piante, uccelli, animali marini, anfibi, insetti: quella cosa che chiamiamo natura e che, in modo sciocco e arrogante, riteniamo cosa separata da noi, creature della civilizzazione, è in realtà costantemente presente nella nostra vita. nezhukumatathil mette da parte questa insensata dicotomia e osserva l'eterna interconnessione tra la sua vita e quella delle altre forme di vita che attraversano il suo percorso, lo fa con gli occhi della scienziata e con quelli della poetessa senza che lo sguardo di una possa intralciare i pensieri dell'altra. il risultato è un libro che sa comunicare la sensazione di meraviglia che provoca la vicinanza con l'altro da sé e sa fare meravigliare. ma è anche un libro che ricorda, sempre e puntualmente, la necessità di guardare al mondo non-umano non con superficiale curiosità ma con la consapevolezza delle diversità che non devono necessariamente sottintendere gerarchie e della necessità del rispetto degli equilibri che, in quanto esseri umani, siamo così bravə a distruggere.

per me è stata una lettura sorprendente. se avete ancora gli stessi timori che mi avevano tenuta lontana da questo libro, metteteli da parte e lasciatevi stupire.

 lavinia 
chi era il mio vero amore, allora, l'eroe o il poeta? non intendo chi dei due mi abbia amata di più; nessuno dei due mi ha amata a lungo. appena a sufficienza. quel tanto che bastava. la mia domanda è: chi di loro ho amato più sinceramente? e non so rispondere.

nel poema di virgilio, l'eneide, lavinia è poco più che un'ombra, è una presenza muta, un personaggio di cui conosciamo appena qualche tratto ma di cui non udiamo mai neppure una parola.
l'ultima delle mogli di enea che, come elena prima di lei è la causa di una guerra sanguinosa, prende finalmente voce qui grazie a ursula k. le guin che rilegge gli ultimi sei libri dell'eneide rendendo lavinia protagonista totale e voce narrante della vicenda.

lavinia è una giovane donna segnata da una vicenda familiare infelice - la prematura morte dei fratelli che ha condotto la madre a perdere la ragione - che porta avanti con amore e dedizione le tradizioni familiari, seguendo spesso il padre nei riti sacri, soprattutto nella selva albunea.
qui, in questo bosco sacro dellə antenatə, lavinia scopre il suo destino - ovvero quello di diventare la moglie di enea - e incontra virgilio, il poeta che l'ha creata, che le ha dato vita, seppur una vita piccola e silenziosa.
lavinia è, consapevolmente, vera persona e insieme vera personaggia, creatura in carne ed ossa e invenzione letteraria e, nonostante questa sua doppia natura, è forte e determinata nel seguire non soltanto il suo destino ma anche le sue scelte, ponendosi come soggetto attivo, come artefice della sua storia.

parlare di una scrittrice immensa come ursula k. le guin è un'impresa difficilissima e non credo di potermi arrogare la capacità di farlo. però, che vi piacciano o no i retelling, che siate o meno appassionatə di epica classica, che conosciate o meno l'autrice, leggete questo libro.

martedì 23 aprile 2024

un salmo per il robot

"attualmente nessuno al mondo sa dove mi trovo" pensò, e quell'idea lo colpì di gorgogliante eccitazione. aveva cancellato la sua vita, abbandonato tutto sulla spinta di un capriccio. la persona che sapeva di essere avrebbe dovuto essere scossa da questo, ma adesso era qualcun altro a reggere il timore, un qualcuno ribelle e spericolato che aveva scelto una direzione e l'aveva imboccata come se fosse stata una cosa che non aveva più peso dello scegliere un panino. in quel momento, non sapeva chi era, e forse era per questo che stava sorridendo.

copertina de "un salmo per il robot" di becky chamber, nell'edizione urania

nel tempo, ho imparato a credere che i libri arrivano quasi sempre quando hai bisogno di leggerli. anche se magari aspettano su uno scaffale da mesi o da anni, in qualche modo misterioso riescono a farsi scegliere proprio nel momento più adatto.
anche con un salmo per il robot è successo così.
sono giorni - settimane, forse - che mi sento stanca, scontenta, ansiosa, incapace di concentrarmi, perennemente assonnata e più o meno giù di morale. non sopporto quasi nulla di quello che trovo online e, quando sto così, non ho voglia di scrivere e di pubblicare niente. ho lasciato un po' languire il blog e mi sono dedicata a leggere solo quello che avevo davvero voglia di leggere, senza pensare a calendari e scadenze (che, oltretutto, questa cosa qui non è un lavoro e non ho voglia di viverla come un lavoro). e, in questo scenario grigiastro e noioso, la storia di sibling dex è arrivata come una fetta di torta inaspettata. una cosa piccola e semplice che però mi ha regalato un momento di buon umore.

iniziamo subito con una nota: la traduzione italiana lascia un po' a desiderare. soprattutto, non capisco perché i nomi dellə personaggə sono stati tradotti - nonostante in quarta di copertina siano rimasti come in originale - senza aver cura di un aspetto importante della loro caratterizzazione, ovvero senza tenere in conto che sia sibling dex che mosscap non hanno un genere definito (sibling è diventato fratello, ad esempio. ma l'errore più stupido e grossolano è stato tradurre pangan - lə abitanti di panga - con pagani. è una roba così insensata che non c'è da perdere altro tempo a discuterne.
a voler andare più per il sottile, anche la traduzione del titolo è un po' grossolana: la parola robot è stata scelta per rendere wild-built, togliendo un'importante sfumatura di significato che caratterizza l'essenza stessa di mosscap.
è indubbiamente una roba fastidiosissima ma non credo proprio valga la pena perdersi un racconto così bello solo per questo, quindi, nonostante tutto, vi consiglierei di recuperarlo.

la trama è abbastanza semplice e lineare: lə giovane monacə sibling dex sente che la sua vocazione sta cambiando. è stancə di vivere sempre nello stesso posto, per quanto la città, il centro abitato di panga, sia così bella, un posto sano, fiorente, una continua armonia di creazione, di azione, di crescita, di tentativi, di risa, di corse, di vita. panga è un mondo - anzi, per l'esattezza è una luna, un satellite che ruota attorno a un pianeta (il nostro?) - in cui l'umanità ha drasticamente cambiato il suo stile di vita quando si è resa conto di essere diventata insostenibile per l'ecosistema tutto. finita l'era delle fabbriche, gli esseri umani hanno deciso di occupare solo metà del pianeta, lasciando tutto il resto alle altre creature:
il cinquanta per cento dell'unico continente di panga era stato destinato all'uso umano, il resto era stato lasciato alla natura e l'oceano non era quasi stato toccato. a pensarci bene, era una divisione folle: metà della terra per una sola specie e metà per le centinaia di migliaia di altre, ma del resto gli umani avevano un talento per distruggere l'equilibrio delle cose, e trovare un limite a cui attenersi era già una vittoria sufficiente.
compreso quanto invasiva e pericolosa fosse la loro specie, gli esseri umani avevano rinunciato a quella che conosciamo come l'unica possibilità, a quello che chiamiamo il migliore dei mondi possibili: l'idea folle di una continua crescita, di un progresso tendente all'infinito, la necessità di accumulare ricchezze e quindi di produrre e consumare merci su merci, sempre più effimere, sempre più veloci nel trasformarsi in rifiuti e nel distruggere il mondo in cui viviamo. in questo scenario, i robot avevano sviluppato una coscienza, avevano scelto di smettere di lavorare per gli esseri umani e si erano allontanati nelle terre lasciate alla natura.

sibling dex, dunque, decide di diventare un monacə del tè, cioè di viaggiare per panga fermandosi di villaggio in villaggio offrendo a chiunque ne avesse bisogno una tazza di tè e un momento di ascolto sincero. sì, perché perfino in quello che sembra quasi un paradiso utopico come panga c'è bisogno di staccare la spina ogni tanto e di prendersi del tempo solo per sé stessə. dex sembra essere diventatə bravissimə nel suo nuovo compito, eppure quel desiderio che lo aveva spinto all'inizio continua a ronzargli in testa...
"scommetto che è piacevole addormentarsi ascoltando i grilli"
ma esistono ancora i grilli? gli errori che l'umanità ha compiuto nel passato, portando la propria e le altre specie quasi sull'orlo della distruzione, hanno risparmiato queste creature? senza una vera e propria risposta, dex si mette di nuovo in discussione e riprende il suo viaggio.
e questa volta decide di inoltrarsi nella metà non antropizzata di panga, alla ricerca di un vecchio santuario in cui forse, potrà ascoltare il canto dei grilli dal vivo e magari trovare una risposta a quel senso di insoddisfazione che non lə da mai tregua. e qui, nelle terre selvagge, dex incontra lə più improbabile dellə compagnə di viaggio, un robot, o meglio un wild-buit (cioè un robot costruito senza l'intervento umano) di nome mosscap che vuole tornare tra gli esseri umani - dopo decenni in cui le due specie si sono allontanate - per scoprire di cosa hanno bisogno nella loro vita.

l'incontro - un momento di portata storica per tutto panga - è un po' buffo e impacciato ma, in qualche modo, dex e mosscap decidono di continuare il loro viaggio insieme. e qui, nella bellezza della natura selvaggia che si riappropria di sé stessa e dei suoi spazi, tra la strana coppia nasce una bellissima, lunga serie di dialoghi e riflessioni sull'essere al mondo, sulla propria natura - umana o robotica - e sul rapporto con le altre forme di vita, sui propri desideri e bisogni, sui ricordi e sulle prospettive future, sulla consapevolezza, sul senso e sullo scopo della propria stessa esistenza.
per chiunque sia nato e cresciuto nell'infrastruttura umana è difficile assimilare davvero il fatto che la sua visione del mondo in realtà è a rovescio. anche se sa bene di vivere in un mondo naturale che esisteva prima di lui e che continuerà a esistere molto dopo. pur essendo consapevole che lo stato selvaggio è la condizione predefinita delle cose e che la natura non è qualcosa che si verifica soltanto nelle enclave accuratamente curate fra le cittadine, qualcosa che appare negli spazi aperti se li si ignora per un po', anche se passi tutta la vita convinto di essere profondamente in contatto con gli alti e bassi, con il ciclo, con l'ecosistema com'è in realtà, avrai comunque difficoltà a visualizzare un mondo intatto. faticherai ancora a capire che i costrutti umani sono qualcosa di scavato e sovrapposto, che questi sono i posti che si trovano in mezzo, e non il contrario.
posso dire tranquillamente che questo sia uno dei libri più belli che abbia letto ultimamente. ne ho sottolineato pagine intere, ho adorato i personaggi, ho amato il mondo in cui si muovono e ho provato a immaginarlo, per quanto difficile possa essere. ma oltre all'aspetto più poetico - passatemi il termine - c'è quello che potrei definire più politico: un mondo che si è salvato grazie a una rivoluzione di stampo ecologico e spirituale in cui capitalismo e consumismo non esistono più, neppure come lontani ricordi.

un salmo per il robot (a psalm for the wild-built) fa parte di una serie in due volumi di cui in italia non è ancora stata pubblicata la seconda parte (a prayer for the crown-shy), in cui continua il viaggio di sibling dex e mosscap.
spero sinceramente che mondadori decida di pubblicare un volume con entrambe le novelle, ritraducendo anche questa prima parte della storia ma, eventualmente, mi andrebbe benissimo anche un secondo volume nell'edizione urania. insomma, qualsiasi cosa purché possa continuare il viaggio di sibling dex e mosscap.

sabato 30 marzo 2024

commenti randomici a letture randomiche (82)

marzo è stato un mese pienissimo di cose belle e di cose disastrose, le più interessanti ve le racconto nella prossima newsletter che esce a fine mese (e che potete trovare qui).
la pila dei libri-letti-di-cui-vorrei-parlarvi è cresciuta a dismisura e - anche se so bene che non dovrei farmi prendere dall'ansia dell'improduttività - mi mette ansia, perché non riesco a trovare mai abbastanza tempo per poterne scrivere. quindi ho pensato di fare un post-riassuntone di un po' di cose che mi sono piaciute e che vi consiglio di recuperare, anche se non si tratta delle ultimissime uscite.

questo tipo di specifiche vorrei non sentire il bisogno di farle ma, pure se vogliamo smarcarci da certe dinamiche, il modo di raccontare i libri online spinge sempre di più verso l'idea che occorre stare sempre sul pezzo, parlare delle ultime uscite e farlo prima che l'ondata di attenzione si spenga a favore dell'ultimo titolo-trend.
allora, lasciamo questa roba qui ad altri spazi: su claccalegge i libri non scadono e le cose belle si possono scoprire anche anni e anni dopo che sono state pubblicate e discusse. facciamo che leggere resti un piacere, una passione, uno spazio tutto per sé, senza calendari e obiettivi e tempistiche precise da rispettare. facciamo che, almeno quando leggiamo - se ci piace farlo, riusciamo a farlo senza perderci nell'ottica lavorista che ormai sembra stravolgere ogni aspetto della nostra esistenza, togliendo tempo e spazio a tutto quello che lavoro non è e non dovrebbe essere.

qui trovate: un romanzo strano e bellissimo che mi ha consigliato gloria di moedisia e che mi è piaciuto un sacco, un recuperone che volevo fare da tempo e che mi ha fatto compagnia qualche mese fa durante uno dei miei soggiorni a bologna (e che però mi ha fatto arrabbiare un sacco, giù vi spiego perché) e una trilogia che ha girato gli scaffali di tre città prima che mi decidessi, finalmente, ad affrontarla. buona lettura!

 luce dalle altre stelle 

copertina luce dalle altre stelle oscar vault

perché era nata così, perché era un essere umano?
perché faceva così male? perché, invece, non poteva essere diversa, senza anima, senza valore? perché non poteva essere quel che i suoi genitori avrebbero voluto che fosse?
perché nessuno, fino a quel momento, l'aveva mai trattata così?
luce dalle altre stelle è un libro strano, difficile da etichettare.
è la storia di katrina, una ragazza trans in fuga da una famiglia tossica e violenta; è la storia di shizuka, che ha venduto l'anima al diavolo e che ha commesso atti orribili; di lan, una madre che ha letteralmente attraversato l'universo per salvare la sua famiglia; di lucy, a cui è stato inculcato che essere donna le ha negato il diritto di fare il lavoro che ama fin da quando era bambina ed è la storia di shirley, che si sente un essere umano anche se non lo è.
è un libro strano, un libro che mette insieme l'amore per la musica e quello per la cucina, che mischia sapori, sonorità e culture, che racconta identità non binarie, famiglie queer e relazioni non eteronormate. è un libro che parla di donne strane, donne che non si rassegnano a recitare il ruolo che qualcunə ha deciso per loro, che soffrono per i loro traumi e che li affrontano insieme, sostenendosi e prendendosi cura l'una dell'altra, imparando a guarire.
luce dalle altre stelle è un libro che fa a pezzi ogni possibile definizione patriarcale di norma e dà spazio a ogni possibile alternativa di stare al mondo, un libro che svela che davanti a un bivio, se la terza strada non c'è, la si può costruire.
e che, soprattutto, punta i riflettori sull'importanza dei legami, degli affetti, delle relazioni di cura e amore a cui non abbiamo ancora imparato a dare un nome.
un romanzo straordinario (ryka aoki scrive dei dialoghi meravigliosi!) che mi ha sorpresa, divertita, spaventata e commossa, che mi ha fatta innamorare di ogni singola personaggia e che vorrei consigliare a chiunque (e quindi, grazie mille gloria per avermelo fatto scoprire! )

 good omens - le belle e accurate profezie di agnes nutter, strega 

copertina good omens oscar vault gaiman pratchett
tra tutti i gesti che gli esseri umani utilizzano per comunicare, l'occhiolino è uno dei più versatili.
versatile e, soprattutto se lo lasciamo gestire a due autori come terry pratchett e neil gaiman, fraintendibile. e ovviamente, uno degli occhialini più decisivi dell'intera storia dell'umanità - e delle potenze celesti e infernali che la governano - viene frainteso. potremmo dire che good omens inizia proprio da quella comunicazione sbagliata o che, comunque, quell'errore lì condiziona tutta la storia.
che è una storia piuttosto complicata perché tira in ballo un angelo con la passione dei libri rari e un demone con... beh, molte passioni. e poi la nascita dell'anticristo, la fine del mondo e della guerra tra paradiso e inferno e un vecchio libro di profezie che, contrariamente a quanto accade di solito ai libri di profezie, funziona davvero. tutto questo, raccontato con quel meraviglioso humor inglese che pratchett e gaiman sanno gestire tanto bene da rendere l'assurdamente tragico qualcosa di meravigliosamente spassoso. il grosso, enorme!, problema di questo libro è innanzitutto la traduzione (e se lo capisco io, che l'inglese lo capisco poco e lo parlo meno...) e ancor di più la totale mancanza di una revisione: soprattutto verso la fine c'è una tale quantità di refusi che leggere senza farsi venire voglia di tirare il libro in aria diventa una vera e propria sfida.
è assurdo (e anche un po' indecente) che una casa editrice come mondadori non abbia pensato di approfittare di questa nuova edizione per sistemare un po' di errori banali e grossolani di cui il testo è costellato, una mancanza di rispetto totale nei confronti di due penne di questo livello e dellə lettorə.
un peccato davvero.
però, se avete la pazienza di sopportare tutto questo, il libro merita eccome! sperando che magari, prima o poi, si decidano a dargli finalmente la cura che merita.
(ps. no, non ho ancora visto la serie ma ne ho sentito parlare benissimo e credo proprio che prima o poi la recupererò! se l'avete vista, lasciatemi un parere!)

 la terra spezzata: la quinta stagione, il portale degli obelischi, il cielo di pietra 

copertine la terra spezzata trilogia oscar vault jemisin

e poi si tende, con tutto il capillare controllo che il mondo gli ha estorto attraverso il lavaggio del cervello, le pugnalate alle spalle e l'abbrutimento; con tutta la sensibilità che i suoi padroni gli hanno instillato attraverso generazioni di stupri, coercizione e selezione altamente innaturale. le sue dita si aprono e fremono mentre lui sente i diversi punti che si riverberano sulla mappa della sua consapevolezza: i suoi compagni schiavi. non può liberarli, non concretamente. ci ha già provato e ha fallito. tuttavia, può fare in modo che la loro sofferenza serva una causa più grande dell'arroganza di una città e della paura di un impero.
allora s'inabissa e afferra la vastità animata, pulsante, accesa, multiforme della città e il letto di roccia più quieto al di sotto e il ribollire tumultuoso di calore e pressione ancora più giù. poi si espande e abbraccia il grande puzzle in movimento che è la crosta terrestre su cui siede il continente.
infine si erge. per il potere.
prende tutto questo - gli strati e il magma e la gente e il potere - nelle sue mani immaginarie. ogni cosa. la tiene.
non è solo. la terra è con lui.
poi la spezza.
(piccolo consiglio: se, mentre leggete il secondo e il terzo volume della trilogia della terra spezzata, vi sentite confusə, tornate qui, a pagina 21 del primo libro. aiuta moltissimo)

come faccio a scrivere qualcosa di questo? la terra spezzata di n. k. jemisin è una delle trilogie fantasy forse più famose, ha vinto premi meritatissimi, è stata letta, amata e discussa da migliaia e migliaia di lettorə. come si racconta una cosa così?
beh, sinceramente non ne ho la più pallida idea. provo a darvi i miei due centesimini di considerazioni sparse perché parlare della trama sarebbe superfluo e comunque riduttivo.

il primo volume, la quinta stagione, è un capolavoro assoluto: le tre linee narrative che si alternano - quella di essun, quella di damaya e quella di syenite - ci danno modo di scoprire un mondo non soltanto nella sua vastità fisica e nelle leggi che lo governano, ma ci raccontano la sua stessa storia, attraversando il tempo senza darci indicazioni precise ma lasciandoci scoprire da solə, un po' alla volta, come queste tre donne sono collegate tra loro e come le loro vicende sono intrecciate a quelle dell'immoto stesso, l'enorme, ininterrotto continente in cui vive la specie umana e non solo.
una terra vastissima ma insicura e precaria, condannata a subire l'odio di padre terra, abitata tanto dagli esseri umani - con le loro precise strutture politiche, sociali e religiose - quanto dallə orogenə - umanə anche loro ma capaci di interagire con la struttura fisica del terreno e con ogni molecola minerale presente nell'ambiente in generale - e dallə mangiapietra - creature misteriose e antichissime.
quella de la quinta stagione è soprattutto una storia di speranze infrante, di amore e di rabbia, un fantasy che apre a considerazioni sulle nostre strutture sociali di cui potremmo parlare per ore e ore.

il portale degli obelischi e il cielo di pietra sono appena un gradino sotto: per esigenze di trama (chi ha letto sa, chi non ha letto merita di scoprirlo da solə) la struttura narrativa cambia, facendo perdere alla storia uno degli elementi che la rendeva così unica e interessante ma, cosa più grave, il tono diventa a volte troppo confuso, troppo veloce, dà troppe cose per scontate.
la trilogia resta un capolavoro incredibile che merita di essere, a distanza di cinque anni dalla sua prima edizione italiana, letto ancora da chiunque ami il genere fantastico, ovviamente, ma anche semplicemente da chi vuole leggere una saga immaginata, pensata e scritta con un talento fuori dall'ordinario.

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venerdì 22 dicembre 2023

legends & lattes

dopo ventidue anni di avventure, viv era arrivata al limite massimo di sangue e fango e cazzate. la vita di un orco è forza e violenza, con un epilogo spesso improvviso e sempre affilato ma, le venisse un accidente, non avrebbe lasciato che la sua andasse a finire così.
era giunto il momento di aspirare a qualcosa di nuovo.

che sia cozy fantasy o slice of life, mi piacciono sempre un sacco quelle storie in cui non succede niente. perché, in realtà, anche quando sembra che non succeda niente, di cose ne succedono eccome. e una storia che sa appassionarti anche senza colpi di scena impensabili e trame intricatissime, secondo me è una delle migliori.
una buona storia è quella che sa farti entrare nel cuore dellə personaggə, sa farti sentire quello che loro sentono, ti sa far gioire, soffrire, emozionare insieme a loro. legends & lattes ci riesce benissimo, e se promette di essere una storia sull'importanza delle piccole cose, forse è il caso di cambiare prospettiva e iniziare a chiederci quanto poco siano piccole quelle cose se sono quelle che stravolgono la nostra vita e ne dettano il ritmo.

ed è proprio di uno stravolgimento che si racconta qui, quello nella vita di viv, giovane orchessa che ha deciso di appendere la spada al muro e cambiare radicalmente vita: da avventuriera errante a placida proprietaria di un caffè, anzi, per essere precisi, proprietaria del primo e unico caffè della città di thune.
viv ha assaggiato solo per caso la bevanda aromatica, scura e calda che le ha immediatamente rapito il cuore, al punto di farle prendere una decisione così importante.

nonostante sia in possesso di un talismano potentissimo, la gemma antromorfa, viv ha due grossi ostacoli da superare: se da un lato lei è stanca di combattere, sembra che i combattimenti non si siano stancati di lei. il suo passato torna, con invadenza e prepotenza, a bussare alla sua porta, infischiandosene bellamente dei suoi (buoni) propositi. il secondo problema, non meno importante del primo, è che lə abitanti di thune non sanno neppure cosa sia un caffè: come faranno a scoprire di volerne uno?

che sia merito della gemma o meno, attorno a viv iniziano a radunarsi nuovə amicə: catastrofe, detto cat, un folletto carpentiere fondamentale per rimettere in sesto la vecchia selleria che viv ha scelto come sede del suo caffè; tandri, una succube con uno spiccato senso per gli affari e un notevole talento artistico; spillo, un rattopino pasticcere capace di sfornare dolci deliziosi; amity, una gigantesca gatta mannara che ha scelto il caffè di viv come sua semi-residenza e pendry, un menestrello capace di far innamorare di sé - senza rendersene conto - decine di ragazze, un po' per la sua musica, un po' per la sua ingenua timidezza.

il caffé di viv, il legends & lattes, diventa presto il centro della vita sociale di thune, oltre che della storia, un centro attorno a cui gravitano non soltanto i clienti di viv ma anche personaggə meno desiderabili, interessatə alla sua fortuna, al suo successo... e al motivo di tutto ciò!
ma la trama è focalizzata anche - e soprattutto - sul cambiamento interiore di viv: la vecchia orchessa che stringeva alleanze solo per portare a termine le sue missioni ma continuava a tenersi sempre sul chi va là in compagnia di chiunque, adesso, pian piano, inizia a capire il senso delle parole amicizia, legame, affetto e amore (non vi dico nulla ma credo che in questo libro ci sia stata la mia ship più azzeccata di sempre!).

legends & lattes è un romanzo che sembra non parli di niente e invece parla dei nostri desideri e dell'impegno che ci mettiamo per riuscire a realizzarli, parla di fiducia e amicizia, parla d'amore e di tutto quello che rende una vita davvero ricca, molto più di quanto non siano in grado di fare i grandi tesori o i successi in battaglia.

potrei leggere un libro così a settimana per il resto della mia vita, quindi spero proprio che travis baldree abbia intenzione di raccontarci di viv ancora per un bel po'!

venerdì 12 maggio 2023

le streghe in eterno

"le streghe non esistono, ma un tempo esistevano [...] un tempo le streghe erano libere come corvi e impavide come volpi, perché la magia ardeva abbagliante e loro erano le padrone della notte. ma poi giunsero la peste e le epurazioni. i draghi vennero uccisi e le streghe date alle fiamme e i padroni della notte divennero uomini con torce e crocifissi. la stregoneria non è del tutto scomparsa, ovviamente. [...] il predicatore dalle nostre parti dice che la caccia alle streghe è stata la volontà di dio. dice che le donne sono peccatrici per natura e che in loro le arti magiche finiscono inevitabilmente per corrompersi e marcire, come con la prima strega, eva, che avvelenò il giardino dell'eden e condannò l'umanità, e come con le figlie delle sue figlie che hanno avvelenato il mondo con la peste. dice che le cacce hanno purificato la terra e ci hanno condotti nell'era delle mitragliatrici e dei battelli a vapore, e che gli indiani e gli africani dovrebbero ringraziarci in ginocchio per averli liberati dalle loro magie barbariche. nonna mags diceva che erano tutte cretinate, e che la cattiveria è come la bellezza: sta nell'occhio di chi guarda. diceva che la vera stregoneria era solo una conversazione con quel cuore che batte, e che richiede tre cose: la volontà di ascoltarla, le parole da rivolgerle e i mezzi per liberarla nel mondo. [...] le streghe non esistono ancora. ma esisteranno."

era necessaria una citazione iniziale così lunga perché questo libro mi ha conquistata completamente già nelle prime pagine e poi, andando avanti con un racconto che di pagine ne riempie quasi seicento, non ha fatto che convincermi sempre di più.

protagoniste della storia sono tre sorelle: juniper, la prima voce narrante della storia, la più giovane delle tre, selvaggia, carica di odio e risentimento. sua madre è morta dandola alla luce e lasciandola in balia di un padre mostruoso, un essere crudele e violento che non ha fatto altro che tormentare, picchiare e rovinare la vita a lei e alle sue sorelle. agnes, la seconda, bellissima e affascinante, e bella, la maggiore, saggia e dedita allo studio (soprattutto della stregoneria e della sua storia), sono riuscite a fuggire da quella casa e da quel padre orribile ma non sono riuscite a portare juniper - all'epoca solo una bambina - con loro. adesso, a distanza di sette anni, tutte e tre si ritrovano nella città (fittizia, così come il 1893 in cui è ambientato il libro è una sorta di anno parallelo a quello della nostra realtà) di new salem, sorta a qualche decina di chilometri dalle rovine di old salem, teatro di violenze e orrori e roghi di streghe.

la stregoneria non è affatto ben vista anche in un momento storico in cui le donne iniziano le loro battaglie per il diritto al voto: sono però lotte da signore, lontane dal mondo crudele delle donne comuni, di quelle che si avvelenano in fabbrica per pochi spiccioli, di quelle che cercano riparo dalle botte dei mariti e provano a far sopravvivere lə loro figlə.
tre sorelle, sette anni di distanza, un incantesimo pronunciato a metà che in qualche modo le unisce e le fa ritrovare ai piedi di una torre apparsa dal nulla, un luogo magico che dà l'avvio a tutta la storia e che spingerà bella, agnes e juniper a recuperare l'antica saggezza, quella stregoneria che non è mai andata perduta, che è rimasta custodita lì dove gli uomini non si sprecano a cercarla: favole e filastrocche, ninnenanne e qualche proverbio, ricami e libri da donne. sparse tra migliaia di altre parole, le conoscenze si sono tramandate di madre in figlia, di nonna in nipote fino a quando per le tre sorelle eastwood si palesa non solo la possibilità ma anche la necessità di recuperare la magia.

la magia è qui intesa come un potere proprio delle donne - per quanto ne esista anche una versione maschile - per proteggere sé stesse e le proprie sorelle da un mondo che le considera insieme nemiche e vittime. rinsaldando gli antichi legami troncati un tempo dalle bugie, dalle violenze e dagli inganni del padre, bella, agnes e juniper creeranno una nuova sorellanza di donne stanche di subire soprusi da ogni angolo della società in cui vivono, ingaggiando una vera e propria "guerra civile" con l'autorità istituita e incarnata dalla perfida figura di gideon hill, aspirante sindaco nonché difensore di una morale bigotta e maschilista.

nonostante la forte tematica femminista della solidarietà, della sorellanza e del reciproco aiuto tra donne, le cose non sono mai nettamente bianche o nere: non tutte le donne sono alleate e non tutti gli uomini sono nemici. se alcune preferiscono tutelarsi tenendosi lontane dalla sorellanza per proteggere sé stesse e i loro figli, almeno due figure maschili si pongono come compagni di lotta, come august lee, praticante di quella magia maschile di cui sopra e da subito innamorato (e leale e solidale) di agnes, o come il signor blackwell, il vecchio bilbiotecario amico di bella.

le streghe in eterno è un romanzo carico di rabbia, quella rabbia che serve a costruire, a riparare torti e sanare ferite, non quella distruttiva e terrorizzata dei cacciatori di streghe. la storia è intervallate da favole e incantesimi che sembrano filastrocche, impreziosendosi e arricchendosi come un diario, come un grimorio, come una storia che riesce a salvare dall'oblio altre storie e altre parole.
mi sono piaciuti moltissimo poi i riferimenti alla triplice figura femminile incarnata dagli archetipi della vecchia, della madre e della fanciulla. alix e. harrow li rilegge dandogli un'interpretazione lontana da quella modellata da e per lo sguardo maschile che di solito queste parole richiama:
"le fanciulle dovrebbero essere creature dolci e tenere che intrecciano corone di margherite e si trasformano in alberi di alloro piuttosto che sopportare la perdita dell'innocenza, ma la fanciulla non è niente di tutto questo. è quella impetuosa, ferina, la strega che vive libera nei boschi selvaggi. è la sirena e la selkie, la vergine e la valchiria; artemide e atena. è la ragazzina con il cappuccetto rosso che non scappa dal lupo, ma cammina al suo fianco, inoltrandosi nel bosco"
e ancora:
"le madri dovrebbero essere creature deboli e piagnucolose, donne che mettono al mondo i figli e scivolano tranquille verso la morte, ma la madre non è niente di tutto questo. è quella coraggiosa, quella crudele, la strega che ha barattato la stanza del parto con il campo di battaglia, la cucina con il coltello. è boudicca la sanguinaria, è era la senza cuore, la madre che è diventata un mostro"
e infine:
"le donne anziane dovrebbero essere confuse e troppo affettuose, nonne distratte che viziano i figli e hanno sempre la zuppa sul fuoco, ma la vecchia non è nulla di tutto ciò. è quella astuta, quella che sa tutto, la strega troppo saggia che conosce le parole di ogni maledizione e gli ingredienti di ogni veleno. è baba jaga e black anna; è la fata malvagia che dispensa maledizioni invece che doni per i battesimi"
sono archetipi di donne forti e combattive che non conoscono la violenza fine a sé stessa, che non la praticano per prepotenza ma per difesa e per riappropriarsi degli spazi perduti, delle integrità sottratte. è questa necessità di guerra che percorre tutto il libro, una guerra sostenuta dall'amore - quello romantico, quello materno, quello per sé stesse - che permea tutto il racconto e lo rende molto più di un semplice romanzo fantasy. le streghe in eterno è un racconto di lotta e di rivalsa, di orgoglio e potere ritrovato, di sete di conoscenza e di giustizia.
ed è uno dei libri più affascinanti che mi è capitato di leggere negli ultimi mesi.

lunedì 6 marzo 2023

la boutique del mistero

"quella cosa che tu vedi spuntare dalle acque e che ci segue, non è una cosa. quello è un colombre. è il pesce che i marinai sopra tutti temono, in ogni mare del mondo. è uno squalo tremendo e misterioso, più astuto dell'uomo. per motivi che forse nessuno saprà mai, sceglie la sua vittima, e quando l'ha scelta la insegue per anni e anni, per una intera vita, finché è riuscito a divorarla. e lo strano è questo: che nessuno riesce a scorgerlo se non la vittima stessa e le persone del suo stesso sangue."

trentuno racconti brevissimi, trentuno instantanee in cui è difficile stabilire se è la realtà a svelarsi nella sua surreale essenza al linguaggio o se è questo a trasformarla in un sogno inquietante. ma ha davvero importanza? l'ineluttabilità, il destino, l'inganno, il senso del mistero e dei significati nascosti dietro le cose e le parole: c'è questo e molto di più in questa boutique in cui buzzati raccoglie storie che vuole rappresentino il meglio della sua produzione. per me, che scopro quest'autore proprio con questo libro, è impossibile capire in che rapporto stanno questi racconti con il resto delle sue opere, ma sono bastati i primi a convincermi a recuperare il deserto dei tartari.
la scrittura di buzzati è semplice ma capace di evocare, in poche righe, mondi e interi sistemi di pensiero capaci per qualche momento di prendere il posto di quelli che siamo abituati ad abitare: nell'assurdo che le sue parole costruiscono ogni elemento sta al suo posto, la coerenza perfetta delle regole che inventa ci permette di fare nostra qualsiasi realtà.
una scoperta tardiva la mia ma apprezzatissima: questo sarà solo il primo, voglio recuperare tutto il resto di quello che ha scritto, se è tutto a questo livello non può che valerne la pena!

post pubblicato in origine su instagram.

venerdì 19 novembre 2021

la mano sinistra del buio

farò rapporto come se raccontassi una storia, perché mi è stato insegnato da bambino, sulla mia terra natia, che la verità è una questione dell'immaginazione. a seconda di come viene raccontato, il più solido dei fatti può farsi fiasco o conquista: come l'ineffabile gioiello organico dei nostri mari, che si fa tanto più luminoso quanto più una donna lo indossa e, portato da un'altra, si offusca e si fa polvere. i fatti non sono più solidi, coerenti, rotondi e reali delle perle. ma entrambi sono delicati.

torna finalmente disponibile la mano sinistra del buio (sì, del buio, non delle tenebre, ha fatto strano per un po' ma alla fine va bene così) a cinquant'anni dalla prima pubblicazione italiana e finalmente sono riuscita a leggerlo, anche se nell'ultimo anno ero già riuscita ad approcciarmi a ursula k. le guin e all'ecumene con i reietti dell'altro pianeta e con il pianeta dell'esilio. ed è stato amore totale!
quindi l'uscita di questa nuova edizione è stata per me grandissima gioia, volevo leggere la mano sinistra del buio sopratutto perché è stato sempre il titolo di le guin più citato nelle lezioni di antropologia e mi aveva incuriosito capire come si poteva collegare la fantascienza all'antropologia, per definizione una così lontana dalla realtà e l'altra la più "umana" e terrestre delle scienze umane.

la mano sinistra del buio è un romanzo che in effetti non solo si presta a moltissime riflessioni, come dice nicoletta vallorani nella sua postfazione "è questo che insegna la creazione immaginaria, ipotizzare modi che potrebbero insegnarci qualcosa sul nostro", se proprio non insegna dà ottimi spunti per analizzare criticamente le nostre costruzioni sociali che si fondano sul più naturale dei dati di fatto - che nel romanzo invece non esiste, ovvero la distinzione in due sessi biologici (cosa su cui vorrei tornare più avanti). ma oltre a questo il racconto di genly ai, protagonista e voce narrante, spesso e volentieri prende il tono di una vera e propria etnografia del mondo alieno in cui si trova e che lui descrive dal punto di vista di un osservatore partecipante, attento a ogni aspetto della vita dei suoi ospiti, dal paesaggio naturale che li circonda alle loro abitudini di vita, dai cibi che consumano alle case che abitano, dalle città in cui vivono ai loro sistemi politici e alle loro pratiche rituali e religiose.
non so perché vallorani nella postfazione dica che le guin figlia è di un archeologo, alfred kroeber era in realtà un antropologo, allievo di quel franz boas che a cavallo tra '800 e '900 fu uno dei fautori della rivoluzione della disciplina, e anche sua madre, theodora kroeber, sbrigativamente segnalata come scrittrice, era psicologa e antropologa anche lei, autrice della biografia di ishi. sicuramente tutto questo ha influito sulla formazione e sulla sensibilità di le guin, e in questo libro è facilissimo coglierlo.
questo romanzo non è estrapolativo. se vi aggrada potete leggerlo, allo stesso modo di tanta altra fantascienza, come un esperimento di pensiero. [...] lo scopo di un esperimento di pensiero nel senso in cui questo concetto è stato usato da schröedinger e da altri fisici, non è quello di prevedere il futuro - addirittura il famoso esperimento di schröedinger dimostra che il "futuro", sul piano della fisica quantistica, non può essere previsto - ma su quello di descrivere la realtà, il mondo presente.
la fantascienza non prevede; descrive.
[...] le previsioni sono compito di profeti, chiaroveggenti e futurologi. non sono compito dei romanzieri. il compito dei romanzieri è mentire.
 dalla prefazione dell'autrice

la prima menzogna è quella che mette in piedi un futuro in cui l'umanità è capace di viaggiare nello spazio e ha colonizzato l'intera galassia. col tempo, sui diversi pianeti, gli esseri umani si sono evoluti divergendo in modo più o meno evidente dalla loro fisiologia originaria per adattarsi ai diversi ambienti. ad unire molti di questi mondi è l'ecumene, un'alleanza interplanetaria non funzionale esclusivamente al libero mercato ma votata allo sviluppo e alla cooperazione attraverso la condivisione di conoscenze (ciao globalizzazione, si poteva fare di meglio ma tu hai scelto il neoliberismo e quindi amen). in questo scenario si muove genly ai, inviato dell'ecumene sul pianeta gethen - conosciuto anche come "inverno" nella lingua di ai - per far conoscere l'ecumene ai gethiani e invitarli a farne parte. gethen è un mondo che non conosce ancora i viaggi spaziali, anzi, non sa nulla degli altri abitanti della galassia, neppure della loro esistenza. le parole di ai nascondono agli occhi dei gethiani tanto il rischio della perdita del loro potere, di diventare poco più di un feudo sotto un controllo più grande dei re e della commensalità - rispettivamente le due forme di governo dei due paesi in cui ai si trova a viaggiare - tanto quanto poco più delle farneticazioni di un pazzo pervertito. genly ai è in effetti l'unico maschio in un pianeta in cui la popolazione è, per buona parte della sua esistenza, androgina, capace di diventare maschio o femmina solo nel periodo del kemmer, i giorni in cui i gethiani sono fertili e possono riprodursi. ogni gethiano può assumere entrambi i ruoli nel corso della vita e quindi essere madre o padre dei suoi figli, o meglio può essere genitore diretto o meno della propria discendenza.

senza spoilerare troppo circa le vicissitudini di genly ai, quella che pare una bizzarria biologica fine a se stessa - che le guin spiega come una forma di adattamento a un pianeta dalle scarse risorse e con un clima rigidissimo al limite della sopravvivenza - dà luogo a una serie di conseguenze impensabili per chi è abituato alla dualità maschio/femmina. questa infatti non si può considerare solo nei termini biologici e riproduttivi, ma plasma ogni possibile forma di interazione sociale tra individui: dai ruoli sociali a quelli politici e religiosi, l'esistenza di un unico sesso - o meglio di un non-sesso se non per alcuni giorni e anche in quel caso non determinato una volta e per sempre - impedisce all'origine tutta una serie di concezioni stereotipate, coercizioni, violenze e privilegi di cui siamo saturi fino a non vederli e nei quali genly ai più volte, nelle sue osservazioni sul comportamento e sull'aspetto dei gethiani, cade. c'è un momento in cui l'inviato dell'ecumene dice che nei gethiani riesce finalmente a non vedere uomini o donne, a smettere di cercare quelle caratteristiche che gli permettono di incasellare qualcuno in una delle due categorie, ma semplicemente di trovarsi di fronte all'umanità.

se l'ecumene è espressione della visione politica dell'autrice, nella peculiarità sessuale dei gethiani credo si possa comprendere la sua concezione di femminismo, inteso come una tensione verso una parità così assoluta e naturalizzata da non dare alle differenze biologiche alcun peso.
tutto il romanzo è non solo un bellissimo racconto d'avventura e di una profonda amicizia ma - almeno dal mio personalissimo punto di vista - un manifesto politico e sociale, una descrizione di un umanità imperfetta certo, che non ha dimenticato ottusità e violenza, ma che potrebbe essere sulla strada giusta per ottenere una qualche forma di equità, cooperazione e giustizia sociale.
la fantascienza, come dice le guin nella prefazione, non prevede il futuro, però attraverso la possibilità di immaginarlo riesce a descrivere il presente soprattutto tramite le sue mancanze e i suoi bisogni. ripensare la letteratura fantascientifica, e più in generale fantastica, e tirarla fuori dalla sua nicchia da nerd, dalla definizione di escapismo di genere il cui unico obiettivo è offrire un paio di giorni di svago, potrebbe dare l'opportunità di immaginare alternative e ancor di più di imparare a trasformarle in risposte.

sabato 29 luglio 2017

i love shopping a las vegas

(questo post giace come bozza da settimane e io me ne sono accorta solo adesso!)
ho approfittato di una desolante giornata di febbre e mal di testa di qualche tempo fa per leggere l'ultimo capitolo (per ora si spera!) della saga di becky brandon, nata bloomwood, i love shopping a las vegas, uscito ormai da un bel po', ma di cui ho aspettato l'edizione economica prima di decidermi a comprarlo. poi mi sono accorta che non ho mai scritto nemmeno mezza riga qui su i love shopping a hollywood, il capitolo precedente, in cui, subito dopo new york, becky, luke e minnie - la loro adorabile e capricciosissima bambina - si trasferiscono nella città del cinema per eccellenza grazie alla nuova cliente di luke, sage seymour, l'attrice più famosa e chiacchierata del momento.
inutile dire che becky si caccerà nei guai per l'ennesima volta, con il suo sogno di diventare la stilista delle star, perdendo completamente la testa e quasi diventando un'altra persona, arrivando addirittura a iscriversi a un esclusivissimo centro benessere pieno di gente famosa in cui curare - tra le altre - la dipendenza da shopping.
a loro uniscono presto non solo i genitori di becky, ma anche suze e tarkie, un po' in crisi e desiderosi di risolvere i loro problemi con una vacanza.
inutile riportare qui tutta la trama, ma questo libro - il settimo della serie - aveva un finale tremendo: cioè, non finiva! ci lasciava in preda al panico con becky e tutta la banda pronti a partire all'inseguimento di graham - il papà di becky - e tarquin, spariti per chissà quali misteriosi motivi...

e così il nuovo libro si apre con la più stramba delle squadre di ricerca - becky, luke, minnie, la mamma di becky e la sua vicina janet, suze e l'insopportabile alicia, la-stronza-dalle-gambe-lunghe - nella sua seconda parte del viaggio americano, su un'improbabile roulotte tra scenette comiche e momenti più seri, forse anche troppo considerando quello a cui la kinsella ci aveva abituate, alla ricerca dei due mariti dispersi e sopratutto della verità che si cela nel passato di graham e dei suoi amici...


questo romanzo non è piaciuto a tutti i fan di i love shopping, sopratutto a chi si aspettava ancora e ancora i soliti casini tra spese pazze, carte di credito in rosso e figure da due soldi, tutto quello che insomma ci faceva tanto ridere nei primi episodi della serie.
invece io ho apprezzato proprio le differenze tra questo e i primi romanzi di becky, per un motivo fondamentale: da quando faceva la giornalista finanziaria a oggi becky è cresciuta, ne ha passate tante, ha trovato un fidanzato, si è sposata, è diventata mamma, ha più o meno imparato dai suoi errori e si è resa conto - forse inconsciamente - che ci sono cose più importanti persino dei saldi.
becky è cresciuta e cresciamo anche noi che seguiamo le sue storie e, magari non a tutti ma a me sì, ha fatto piacere vederla prendere coscienza di quello che ha e che la rende una donna davvero fortunata, quel qualcosa che va oltre la carriera di successo (che poi, nonostante i suoi mille fallimenti, becky è una lavoratrice eccezionale, ha un talento incredibile nel contagiare il suo entusiasmo ai clienti, in qualsiasi settore lavori, e qualsiasi altra cosa le capiterà di fare in futuro - perché credo proprio che ci saranno ancora altri episodi di i love shopping - sarà un successo come sempre, almeno fino a prima dell'inevitabile disastro): una famiglia unita e sempre presente, una famiglia un po' allargata in cui c'è spazio pure per gli amici di sempre e in cui ognuno è lì pronto ad aiutare gli altri, pronto ad andare dall'altra parte dell'oceano senza pensarci due volte o di mettere da parte l'orgoglio e saper ricominciare da capo.
sarà pure stucchevole, ma non è da sottovalutare. e forse in questo romanzo il momento più importante, tra le scene più propriamente d'azione e i tanti siparietti comici che la famiglia bloomwood sa riservare, è proprio quello in cui questo processo di crescita si fa più chiaro ed esplicito, un momento quasi drammatico, ma che la kinsella ha saputo rendere benissimo.

becky cresce, ma in realtà non cambia mai, rimane la solita shopping addicted entusiasta della vita e pronta a godersela fino in fondo, e io non vedo l'ora di tornare a leggere le sue avventure!