la mia gente racconta storie sulla notte in cui nacqui. dicono che in pieno travaglio mia madre incrociò le gambe e lottò con tutte le sue forze per non mettermi al mondo. ovviamente nacqui lo stesso: la natura non si può fermare. eppure non mi sorprende che ci abbia provato.
lo dico perché le vogliamo bene e possiamo perdonarle le ingenuità che qui e lì si presentano in questi tre romanzi. personalmente, ho trovato più interessanti il secondo e il terzo libro (al punto che mi sono detta che se il primo fosse stato pubblicato in un'edizione diversa dal malloppone che li raccoglie tutti, probabilmente avrei abbandonato la lettura senza neppure arrivare a metà del primo).
provo ad andare con ordine (e senza fare spoiler).
le premesse del primo libro, i centomila regni, erano molto interessanti: siamo in un mondo in cui gli dei camminano letteralmente tra gli esseri umani e tutto è governato da un'unica, potentissima famiglia, quella degli arameri. la giovane yeine, discendente dellə arameri ma appartenente al popolo darre, viene convocata a cielo, il palazzo degli arameri, per partecipare alla cerimonia di successione al trono che governa i centomila regni.
quella dellə arameri non è esattamente una famigliola felice e affettuosa, anzi. la linea di sangue più pura domina sugli altri rami della famiglia e lə parenti meno nobili costituiscono la servitù del palazzo, ogni classe riconoscibile da un sigillo tatuato sulla fronte che definisce l'appartenenza a una delle linee di sangue. lə arameri non si mescolano con la gente di altri popoli, al massimo la dominano, ed è per questo che la decisione di kennith di sposare un darre l'ha portata a essere odiata, ripudiata e allontanata.
ma lə arameri non sono solo questo: dispoticə e sadicə, hanno approfittato della guerra degli dei, avvenuta all'alba dei tempi, per imprigionare le divinità cadute - nahadoth, signore dell'oscurità, e sieh, il trickster, sconfitti, insieme alla defunta signora grigia, enefa, da itempas, signore della luce - e usarle come armi. e, peggio, all'occorrenza come passatempo.
yeine si ritrova così da un lato invischiata nelle trame di corte, e dall'altro, però, deve affrontare un segreto che si porta - letteralmente - dentro dalla nascita: nel suo corpo convivono due anime e questo la lega strettamente alle vicende degli immortali.
ed ecco cos'è che non mi è piaciuto affatto: la componente romance tra lei e nahadoth. la loro relazione non solo è terribilmente tossica, ma è così infarcita di cliché che mi ha reso la lettura davvero pesante (e, secondo il mio modestissimo avviso, tutti quei dettagli non erano affatto utili né interessanti).
togliendo dalla narrazione tutto quello che non solo non è essenziale, ma che è semplicemente noioso (e a volte anche un po' imbarazzante) ovvero tutti i dettagli sulla relazione amorosa tra yeine e nahadoth, avremmo avuto un bel racconto molto più breve, ottimo per addentrarci in questo universo.
e invece.
abbiate pazienza però, perché già nel secondo le cose migliorano.
i regni spezzati si colloca una decina d'anni dopo la fine del primo romanzo e ha come protagonista oree shoth, un'artista cieca capace di vedere, però, la magia.
oree vive a ombra, la nuova città sorta tra le radici dell'albero del mondo sotto cielo (so che è poco chiaro ma non posso dirvi di più senza spoilerare tutto, scusate). lo sconvolgimento creato da yeine ha permesso il ritorno di molte deidi sulla terra e il moltiplicarsi dei culti religiosi, ma è ancora a itempas che la maggioranza dei fedeli si rivolge.
così, per oree non è affatto una cosa tanto straordinaria trovare tra la spazzatura un deide un po' malconcio e portarselo a casa. muto e poco socievole, verrà battezzato da oree shiny, per la sua capacità di brillare di magia ogni mattino al sorgere del sole.
la vita di oree continua tranquilla tra il suo lavoro di venditrice di oggetti d'arte al mercato di ombra - sempre pieno di turistə e pellegrinə diretti all'albero mondo - e la sua strana convivenza con shiny, fino al giorno in cui trova il cadavere di una deide a cui è stato rubato il cuore, e viene sospettata dell'assassinio.
da questo momento la situazione precipita sempre di più per oree, mentre intorno a lei certe importanti rivelazioni stravolgono la sua - e la nostra - conoscenza del pantheon e delle relazioni tra esseri divini e umani.
oree mi è piaciuta molto di più di yeine come protagonista, e anche la sua storia è molto più interessante e appassionante. oree non si lascia trascinare dagli eventi e, anzi, nonostante le tante difficoltà che si ritrova ad affrontare mantiene sempre una forza straordinaria. c'è un po' di componente romance anche qui ma non l'ho trovata fastidiosa come nel primo romanzo - e non è nemmeno il tema principale della storia. ho anche apprezzato tanto il modo in cui è stata rappresentata la sua cecità e ancora di più come questa, di per sé, non sia motivo di discriminazione a ombra (non ci vivrei ma almeno non è una realtà abilista).
la vicenda di oree dà maggiore struttura al mondo costruito da jemisin, ci spiega meglio quali sono le leggi che regolano la vita degli immortali, le gerarchie interne e su cosa si basano le differenziazioni tra di loro, chiarendo tutto quello che nel primo libro veniva solo accennato.
del terzo romanzo, il regno degli dei, la quarta di copertina vi dice che la protagonista è shahar arameri.
però non è vero.
il protagonista è sieh, la deide - figlio cioè di due dei tre, in questo caso di enefa e nahadoth - che avevamo già incontrato accanto a yeine e che appare anche nella storia di oree.
sieh è il mio personaggio preferito di tutta la trilogia. incarna quello che nelle diverse mitologie è il trickster, l'imbroglione, e il dio dell'infanzia. ambiguo per natura, sieh vive in quello spazio liminale tra infanzia ed età adulta dove la morale non è quella dellə mortali ma neppure quella dellə deə: le leggi che guidano le sue azioni appartengono solo a lui e ai suoi impulsi del momento.
scaltro, amorale e privo di pietà come ogni bambinə che non ha ancora imparato a vivere secondo le regole del suo mondo, sieh ha già dimostrato però di essere capace di amore e lealtà (se, quando e verso chi vuole), tanto quanto di odio: quello che a sieh sembra impossibile riuscire a fare è lasciare che i suoi sentimenti cambino al cambiare delle situazioni. come per tutte le divinità, la sua natura è immutabile.
la storia inizia, ancora una volta, a cielo, nel palazzo arameri. sono passate generazioni dai tempi di yeine e anche se sieh non è più legato alla famiglia arameri, sembra incapace di allontanarsi definitivamente da cielo. qui incontra per la prima volta shahar e dekarta arameri, due gemellə figlə della reggente della famiglia, cresciutə con la stessa arroganza che ha caratterizzato da tempo immemore la loro stirpe, ma ancora bambinə. e come tuttə lə bambinə, desiderosə di fare amicizia e giocare con lə coetaneə come sieh.
provato il loro valore agli occhi della deide, shahar e dekarta riusciranno a convincerlo a stringere un patto di sangue con loro: saranno amicə per sempre. ma nel momento in cui i loro palmi incisi e sanguinanti si toccano, tutto viene travolto da un'inspiegabile esplosione.
lə bambinə sopravvivono, ma sieh si risveglia otto anni dopo, prigioniero di un corpo umano, debole e quasi incapace di esercitare la magia, che invecchia troppo velocemente.
mentre cerca di recuperare la sua natura divina e di tenere a bada il suo nuovo corpo da adulto, sieh dovrà da un lato gestire la complicata relazione con shahar e dekarta - a cui si trova legato da sentimenti che vanno oltre l'amicizia giuratasi da bambinə - e dall'altro muoversi un mondo che vuole scrollarsi di dosso il dominio arameri.
non so decidere quale tra il secondo e il terzo sia il mio preferito della trilogia, mi sono piaciuti tantissimo entrambi: le storie di oree e di sieh sono imprevedibili, il ritmo della narrazione è sempre alto e non lascia spazio a momenti di noia e le loro vicende aprono a riflessioni interessanti: ragionare sulla natura delle divinità significa ragionare su quella delle creature mortali perché è impossibile provare a capire le prime senza metterle a confronto con le seconde.
the inheritance trilogy è un fantasy che, nonostante sia incentrato su tematiche come l'amore, le relazioni familiari e la politica, potrei definire filosofico: cosa sarebbe di tutta la nostra cultura se davvero potessimo camminare sulla terra insieme allə deə? cosa sarebbero i nostri miti se non la nostra storia e cosa sarebbe la storia umana se non un breve capitolo nell'immenso libro di quella divina? e cosa ci differenzierebbe dallə immortalə se non la brevità della nostra esistenza e la capacità, quindi, di mutare nel corso della nostra vita, di trasformarci nel corso del tempo in infinite versioni di noi stessə?
sicuramente non è un capolavoro imperdibile, soprattutto per colpa del primo libro che sembra davvero uno scoglio insormontabile, ma è un'ottima lettura per chi apprezza il genere. il wordbuilding è interessante e ben strutturato, e si svela poco alla volta senza spiegoni noiosi, andando avanti con le storie - i tre romanzi principali e i racconti conclusivi - e dellə personaggə, divinə e non, ben caratterizzatə.
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