ogni volta che mi sveglio guardo il mio riflesso, mi chiedo chi sono e non so mai che cosa rispondere. so solo che mi chiamo lucifero. so con quali indumenti mi ha vestito il signore, che cosa mi ha donato e, dentro di me, sento ogni dettaglio con cui mi ha creato. eppure mi sento perso. vorrei sapere perché esisto, così da poter onorare il suo splendore.ma non lo so. non so nulla.
leggendo questo libro ho capito una cosa importantissima, una verità a cui mi ero avvicinata tante volte ma che non mi era mai apparsa tanto chiara: quando un libro non rispetta le aspettative che me ne ero fatta, non è (quasi mai) colpa mia. non sono io che, per chissà quale ragione, guardo una copertina, leggo le poche righe di presentazione dietro e do il via a processi mentali insensati nutriti dalla mia immaginazione. quando mi faccio delle aspettative che vengono tradite, è perché chi doveva presentarmi il libro mi ha lanciato un messaggio completamente sbagliato, una bugia a cui io ho creduto.
prendiamo lucifero di rafael nicolás. a guardare la copertina e a leggere la definizione di retelling queer della storia di satana mi aspettavo - per dirla sinceramente e senza troppi giri di parole - un mezzo pornello gay pieno di uomini bellissimi e con le alucce che si davano alle orge.
capisco la necessità di rivolgersi a quella fetta di lettorə che, nel nostro paese, è più ricettiva alle novità, mette più volentieri mano al portafogli e fa vivere i libri - a volte li fa diventare dei veri e proprio miracoli editoriali - grazie al bookstagram e al booktok, però se diventa una forzatura, se ci si rivolge al target sbagliato o al target giusto ma lanciando dei messaggi sbagliati, si rischia di far arrivare il libro a chi non lo apprezzerebbe davvero e di non raggiungere lə lettorə giustə.
e infatti non è che avessi molta voglia di leggerlo (ammetto con candore che i mezzi pornelli - o i pornelli completi - mi mettono abbastanza a disagio, a prescindere dal sesso, dalle identità di genere e dalle preferenze sessuali dellə protagonistə) ma poi la brava francesca (l'autrice de la bilbioteca di zosma) mi ha detto che lo stava leggendo e che non era nulla di quello che avevamo (dunque non era solo una questione mia) pensato, nessuna feticizzazione di uomini belli, più o meno vagamente androgini e gay (ciao fan degli yaoi!) ma un romanzo incredibilmente profondo che si poneva questioni filosofiche, etiche e teologiche circa la natura stessa di bene e male.
mi spiace per chi sperava di trovare pettorali bagnati di sudore e peccaminose passioni, ma sono felicissima di aver seguito il consiglio e di aver letto un romanzo così forte, che metterei volentieri accanto al paradiso perduto di milton e a il vangelo secondo gesù cristo di saramago (con i dovuti distinguo, ovviamente).
gli appunti che ho preso su questo libro sono tantissimi, e moltissimi di questi sono in forma di domanda, ma si possono sintetizzare tutti in un disperato perché? che riecheggia i pensieri e le parole di lucifero per più della metà della storia.
dicono che quando nasciamo piangiamo perché l'atto della nascita stesso è violento e doloroso, un trauma che ci strappa da tutto quello che è la nostra realtà, una realtà dolce e rassicurante, per scaraventarci in un mondo ostile fatto di luci che ci feriscono gli occhi, rumori che nessuna membrana attutisce più per noi, aria che forza i polmoni.
anche la nascita di lucifero è violenta e dolorosa. il puro spirito che viene plasmato e scolpito da dio, costretto in un corpo fatto di carne e sangue e muscoli e ossa, un corpo che può soffrire, che può essere ferito e piegato. lucifero viene plasmato da dio non perché sia bello ma perché sia l'incarnazione stessa della bellezza.
sia chiaro che in questo post, così come nel libro, per lucifero e per tutti gli altri angeli viene usato il maschile solo per abitudine: la forma degli angeli non è quella che siamo abituatə a pensare, esseri umani - maschi o femmine che siano - di indicibile bellezza e grazia, soffusi di luce e ammantati da ali piumate. nicolás si rifà al testo biblico per lasciarci intuire che le loro forme sono a dir poco incomprensibili e inimmaginabili per la mente umana, mostruose nel significato originario del termine, che ci sia una sovrabbondanza di teste (e non necessariamente umane) o di ali (non necessariamente attaccate sotto le scapole) o anche che non ci sia nessuna parvenza di forma umana o animale di sorta.
sappiamo solo che gli angeli sono di una bellezza squisita, che sono diversi tra loro per il colore della pelle, dei capelli e degli occhi e per le forme, che possono essere esili e delicate o forti e vigorose, ma gli altri dettagli sono omessi o solo accennati perché, sia chiaro, sono angeli, non esseri umani alati. e l'idea di bellezza che dio ha deciso di incarnare in loro non è neppure afferrabile per le nostre menti.
atteniamoci a questo e diciamo addio all'idea di un retelling queer: cosa dovrebbe esserci di queer in creature che non hanno nemmeno una vaga idea di cosa sia l'identità di genere, figuriamoci il sesso biologico (ammesso e non concesso che ne esista uno e che somigli a quello che noi intendiamo con queste parole)? ve lo dico io: assolutamente nulla. se anche fossero tutti biologicamente maschi e se anche tutti si riconoscessero nella categoria socioculturale di maschi, o se fossero tutte femmine o tuttə non binary o quello che vi pare, non cambierebbe niente. perché né il sesso, né l'identità di genere, né gli atti sessuali - che ci sono, certo, ma non sono quello che la copertina, tra testo e illustrazione, vi suggerisce - hanno un ruolo utile ad appiccicare a questo libro l'etichetta di queer. con buona pace di chi si occupa del marketing.
lucifero nasce e in noi - e in lui - nascono i primi perché: il suo corpo, così bello da stupire ogni altro angelo del paradiso, non è soltanto l'origine di un dolore fisico, ma motivo di vergogna. dio lo crea, gli dà la vita e la conoscenza e lo ammanta di ogni pietra preziosa e di vergogna.
perché lo fa? e come può una creatura come un angelo, la cui vita è destinata a godere di ogni possibile piacere in paradiso per l'eternità, provare vergogna per il proprio corpo? come fa a conoscere il concetto stesso di vergogna, il più artificiale e culturalmente informato dei nostri - umani - sentimenti?
tenete da parte questa domanda (tranquillə, ve la porrete alla seconda pagina, non è uno spoiler) perché vi accompagnerà per tutta la lettura.
leggendo la storia di lucifero scopriamo com'è la vita degli angeli e com'è il paradiso, un posto di eterna beatitudine e gioia, dove gli angeli trascorrono il loro tempo infinito in amicizia fraterna, tra un lavoro che non è mai fatica e divertimenti che anche quando diventano brutali - fanno qualcosa che somiglia ai nostri sport, corrono e fanno giochi di squadra, ma vanno matti per i combattimenti che sono spesso feroci - non sono mai davvero violenti o mortali. i loro corpi sanguinano, vengono feriti, provano dolore ma non muoiono. il dolore è un gioco, per tutti tranne che per lucifero: la prima volta che tira fuori le ali, ripiegate all'interno del suo corpo, lo strappo della carne e il sangue che ne cola è per lui un trauma, che rimarrà impresso nella sua memoria per milioni di anni.
la sua gioventù è un periodo lungo, lunghissimo. il tempo degli angeli è inconcepibile per noi ed è proprio per sottolineare questa impossibilità di comprensione che nicolás non lo scandisce mai in modo chiaro, lasciandoci solo intuire quanto infinitamente grande sia.
circondato dall'affetto degli altri angeli - rosier, raffaele, asmodeo, belial, gabriele, tra gli altri - lucifero trascorre la sua giovinezza tormentato dalla vergogna e dalle domande. avverte la profonda differenza tra sé e tutti gli altri ma non riesce a comprenderla, si strugge nella paura di non essere sufficiente per essere amato da dio e desidera ardentemente incontrarlo. il paradiso è la terra degli angeli e dio, invece, ha scelto di vivere nell'eden, nel suo giardino, chiamando a sé i suoi figli solo quando ne ha voglia, per essere servito, adorato e venerato.
plasmato, creato e voluto da dio, lucifero non è ancora stato ammesso alla sua presenza, e questa lontananza lo fa soffrire, lo impaurisce. perché un angelo, creato perché viva nella gioia, soffre e ha paura?
lucifero cresce senza sapere chi è: ogni angelo ha il suo talento - rosier è l'angelo della frutta, belial l'angelo del volo, e così via - ma qual è il suo? tutti gli dicono che lui è l'angelo della bellezza, ma cosa fa l'angelo della bellezza? in che modo onora il talento che gli è stato donato? cosa deve fare l'angelo della bellezza per compiacere dio? domande su domande su domande, e lucifero crede che solo incontrare finalmente dio potrà dissipare tutti i suoi dubbi.
quando l'incontro avviene, finalmente, l'angelo più giovane e più bello si convince di aver trovato finalmente una risposta: a dio piace sentirlo cantare e i suoi canti e i suoi balli in onore del padre coinvolgono chiunque in paradiso e dunque sarà l'angelo della venerazione. la musica di lucifero trascina chiunque in modo quasi frenetico, estatico, come se nessuno possa resistergli.
parlare con dio, però, non porta ai risultati sperati. nessuna vera risposta, nessuna piena comprensione, solo una valanga di dubbi che cresce man mano che va avanti, che investe tutto quello che incontra, se ne nutre, cresce ancora e diventa inarrestabile.
nelle parole di dio, lucifero non riesce mai a trovare alcuna rivelazione né risposta:
di tanto in tanto lucifero si chiedeva perché il loro padre non potesse spiegare in modo diretto la natura delle cose. erano sempre metafore, allusioni, parole studiate per essere interpretate. le prime falsità.
e intanto, lucifero incontra michele, l'angelo della forza, che per tanto tempo aveva ammirato durante i combattimenti.
potremmo chiamare amore quello che nasce tra loro ma il significato che diamo alle parole non può adattarsi a quello che succede a due angeli del paradiso, esseri eterni creati soltanto per amare dio. totalmente ed esclusivamente dio.
il rapporto tra lucifero e michele è un'amicizia totalizzante che si strugge della sua incapacità di essere qualcosa di più: c'è un'infinita tenerezza tra i due, un desiderio profondo di stare vicini, di toccarsi, di annullare i confini, ma non è nulla che sfiori anche solo lontanamente il nostro concetto di desiderio.
almeno fino a quando non succede quel qualcosa che stravolge lucifero, l'innesco osceno e brutale che dà il via a una lunga e sofferta strada verso la ribellione.
l'amore tra lucifero e michele e quello che dio impone ai suoi angeli da un lato sono diversi dall'esperienza di amore che abbiamo noi, creature finite e per nulla perfette, ma dall'altro rispecchiano benissimo i due concetti di amore sano e amore tossico. lì dove c'è reciprocità, dove c'è rispetto e parità, dove c'è voglia di rendere felice l'altro, ovvero nel rapporto tra i due angeli, nicolás ci racconta l'amore così come dovrebbe essere, un amore che è anche scoperta e conoscenza.
ma nell'amore che dio pretende c'è tutta la tossicità possibile, come se - cioè, è esattamente questo - quella pretesa fosse alla base di ogni orrore insito nelle culture patriarcali che tanto bene conosciamo e di cui tanto parliamo, provando a decostruirle e distruggerle.
il modo di scrivere di rafael nicolás è perfetto per questa storia, lirico e al tempo stesso semplice, capace di portare sul piano umano eventi che vanno molto al di là della nostra natura e della nostra possibilità di comprensione. nicolás ci permette di cogliere la dimensione propria del sentire e del pensare degli angeli e, attraverso le loro parole, quella di dio. dà loro un carattere e una personalità, rendendoli riconoscibili e unici pur nel loro essere perfetti.
ma il capolavoro della sua penna è la caratterizzazione di dio, una figura impossibile da descrivere, un essere che nemmeno gli angeli possono guardare direttamente, di cui però cogliamo alcuni sprazzi. immenso, potente oltre ogni immaginazione, l'idea di dio che ci arriva è respingente e spaventosa eppure terribilmente umana, inquietantemente vicina a quella di un padre che pretende amore dai suoi figli ma che non è capace di dare loro nulla, se non la possibilità di essere venuti al mondo.
«impuro? che cosa vuol dire essere impuri?» nella sua testa, gridò: "sono diventato impuro? sono rovinato?".«non conoscere l'impurità, vuol dire essere puri» rispose semplicemente il signore. «non tremare, lucifero, non hai nulla da temere [...] devi sempre mantenere la tua purezza, in tutti i modi possibili. la tua mente e il tuo corpo mi appartengono.»
la storia della guerra in paradiso la conosciamo già: lucifero raduna un esercito di angeli a lui fedeli e combatte contro dio, contro un altro esercito di angeli. una guerra soprattutto fratricida, una guerra che solo dio, in quanto dio, può vincere e che porterà alla caduta di lucifero e di tutti i suoi seguaci, scaraventati giù dal paradiso sulla terra, con così tanta forza da creare l'inferno stesso.
ma nicolás non si limita a riprendere il mito originale, si concentra invece sul come e sul perché della dannazione di lucifero, sulla sua origine, sul suo motivo e sul suo significato.
per farlo, non può che risultare blasfemo agli occhi dellə lettorə credenti. e come potrebbe non essere così? quale altra volontà, se non la sua, poteva concepire il nemico? quale altro potere, se non il suo, poteva corrompere lo spirito perfetto di un angelo?
noi cristianə - e non intendo necessariamente chi ha fede (chi scrive, ad esempio, non ne ha) ma chi è natə e cresciutə in una società prevalentemente cristiana, regolata da leggi morali e giuridiche che si rifanno a quelle cristiane e quindi a un intero sistema di pensiero fondato sull'insegnamento di cristo - abbiamo un'immagine incongruente e sdoppiata di dio: il dio del vecchio testamento e quello del nuovo sono profondamente diversi, per molti aspetti opposti, e quale che siano i motivi - legati alla fede o alla storia sociale, politica e culturale degli ultimi due millenni - per cui vogliamo accettare che sia sempre la stessa entità che decide di cambiare il suo rapporto con gli esseri umani, non riusciamo comunque a toglierci dalla mente l'idea di un dio buono, compassionevole e caritatevole.
ma dobbiamo fare uno sforzo e ricordarci che non è così: dio è terribile e chiede di essere temuto, oltre che amato e venerato. abbiamo deciso di adottare il dio degli eserciti di un popolo che non metteva carità e compassione tra i suoi valori fondamentali, e dunque non possiamo dimenticare l'ambiguità della natura di dio e del suo rapporto con gli esseri umani e, prima, con gli angeli.
nicolás fa quello sforzo per noi, ci ricorda che dio - il dio prima di gesù o, se preferite, lo stesso dio che costringe il suo stesso figlio a sofferenze indicibili e a una morte crudele e senza dignità - è temibile e incomprensibile, lontano dal pensiero umano. ci ricorda che è un dio forte (he whom thunder hath made greater, diceva il lucifero di milton), uno che non si fa scrupoli a ostentare la sua potenza e che agisce esclusivamente per sé, incurante del dolore di creature troppo piccole per valere qualcosa dinnanzi a lui.
questo è il dio di lucifero e questo è il motore primo della storia dell'angelo più bello, quello che porta la luce e che illumina dio e il creato intero.
quell'angelo che ci ricorda che perché ci sia luce, perché qualcuno brilli, qualcun altro deve rimanere nell'ombra e nell'oscurità.
e che se ombra e oscurità non esistono, allora bisogna crearle.
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