voleva davvero diventare mamma. lo voleva più di ogni altra cosa. aveva passato tutta l'età adulta in mezzo a persone queer, ad assorbire le loro relazioni radicali e li poliamore e i ruoli di genere, ma in qualche modo non aveva mai davvero destituito dall'apogeo della femminilità quelle mamme del wisconsin bianche e carine che avevano popolato la sua infanzia. non aveva mai perso l'ardente speranza di diventare una di loro. nella maternità riusciva a immaginarsi separata dalla sua solitudine, dal bisogno che la consumava, perché da madre, credeva, non si è mai da sole.
ci sono narrazioni abbastanza stereotipate circa le reazioni degli uomini alla notizia che la loro compagna/fidanzata/moglie è incinta, c'è chi rimane pietrificato, chi pensa alla fuga e chi - credo nella maggior parte dei casi - si lascia trasportare dalla gioia e dall'entusiasmo.
fuori dagli stereotipi, sicuramente, c'è la reazione di ames che, quando katrina gli annuncia che sta per diventare padre, chiama reese, la sua ex che ha sempre desiderato diventare madre, e le propone di crescere questa creatura in tre.
detransition, baby inizia così, con questa folle richiesta di prendersi per mano e fare un salto nel vuoto, ames, reese, katrina, lə bambinə e insieme noi lettorə che non sappiamo ancora molto degli strani, inusuali legami che tengono insieme questo terzetto sgangherato. quello che sappiamo è che di solito non è così che funziona, che le famiglie si creano in un certo modo, di sicuro non con una telefonata che rompe anni di silenzio e lontananza, sappiamo che ci sono delle gerarchie tra le relazioni e che l'attuale compagna incinta vale più della tua ex con cui hai rotto da secoli, che gli uomini fanno i padri e le donne le madri e che ne bastano uno e una per mettere al mondo una terza vita, che lə figlə è bene crescerli dentro a un matrimonio (e, meglio ancora, evitare di concepirli prima di un matrimonio).
visto che, con buona pace di una certa fetta di popolazione, nella famiglia nucleare cis-etero monogama non c'è niente di naturale, potremmo (e, se non l'abbiamo mai fatto, dovremmo) chiederci perché sappiamo tanto bene queste cose al punto di crederle come un dato di fatto scolpito nella nostra genetica di esseri umani. darci le risposte qui, però, sarebbe impossibile sia per ragioni di spazio che di buon senso, quindi torniamo al romanzo di torrey peters e al nostro salto nel vuoto.
"ricordi che hai sempre voluto che facessimo un bambino insieme? lo vorresti ancora?" non è una domanda facile, non quando ti coglie alla sprovvista, non quando arriva da una voce che credevi non avresti mai più ascoltato pronunciare certe parole, ma reese sa cosa desidera, cosa ha sempre desiderato nonostante per una donna trans sia estremamente difficile se non impossibile diventare madre, ed è per questo che non ha dubbi: sì, certo che vuole farlo.
dal momento di quella telefonata, la narrazione inizia a muoversi avanti e indietro nel tempo, ancorandosi a un punto zero che coincide con quello del concepimento. anni prima, settimane dopo, impariamo a conoscere uno spezzone alla volta la storia di reese e di ames che, quando stava con lei, era ancora amy. disporre i capitoli in ordine non cronologico non è una scelta meramente stilistica né un artificio narrativo architettato solo per incuriosire lə lettorə, ma un modo molto chiaro ed esplicativo di mostrare come esperienze passate e aspettative future siano strettamente intrecciate e come coinvolgano il presente, senza che ci sia una qualche soluzione di continuità tra chi eravamo, chi siamo e chi speriamo - o temiamo - di essere. se, nel corso del tempo, cambiamo, non è per rinnegare quello che siamo statə ma semplicemente perché tra tutti i possibili futuri che possiamo intraprendere, dobbiamo sempre e comunque sceglierne uno, giorno dopo giorno.
e questo potrebbe essere un comodo riassunto per raccontare la storia di amy/ames: la detransizione non è un pentimento né un'ammissione di colpa e, come dice lui stesso, non è neppure una scelta definitiva e irreversibile. è solo la vita. ogni scelta ha avuto dietro di sé una ragione e, proprio in virtù degli anni passati insieme, una buona parte di quella ragione è intrecciata alla sua relazione con reese e quindi con i suoi desideri, tra cui quello di diventare madre.
c'era stato già un momento in cui reese e amy avevano provato a creare una famiglia, una famiglia non ordinaria tanto quanto potrebbe esserlo questa che ames le sta proponendo. era stato difficile anche allora, è facilmente immaginabile il numero e l'entità degli ostacoli che una coppia di donne trans deve affrontare dal momento in cui decide di compiere un passo così importante. su quegli ostacoli, amy e reese sono andate a sbattere con una violenza tale da mettere in crisi la loro stessa esistenza come coppia.
avanti e indietro nel tempo, peters sembra sussurrarci all'orecchio con la vocina metallica e insensibile di un navigatore che la vita è un continuo ricalcolo percorso, che le scelte che facciamo ci cambiano ma cambiano anche le persone intorno a noi, il nostro e il loro futuro, e che la somma di tutte le variabili accolte e di quelle scartate può condurre a situazioni che sembrano assurde solo se guardate da chi non ha percorso quelle strade.
detransition, baby è un libro che racconta come la comunità trans ha reinventato regole, legami di parentela e percorsi di vita per trovare una propria dimensione all'interno di quella ufficiale ed escludente del mondo cis-eteronormato, e che lo fa senza didascalie o note a piè di pagina. non spiega nulla - perché nessuna minoranza è tenuta a offrire lezioni su di sé a beneficio della curiosità altrui - ma ci mostra tutto, anche i lati più personali e intimi dellə suə personaggə, affidandosi a una comprensione emozionale ed empatica più che a un apprendimento razionale.
attraverso reese, peters ci permette di ragionare senza pregiudizi sugli stereotipi di genere e su quanto - senza mai giustificarli o, peggio, naturalizzarli - questi siano fondamentali per orientarci e darci modo di trovare il nostro posto nel mondo. da donna trans, reese desidera che gli uomini proiettino su di lei tutti quegli stereotipi (anche quelli negativi) di cui rivestono le donne cis, semplicemente per potersi riconoscere anche lei in quel preciso ruolo di genere, che non può che definirsi proprio attraverso le relazioni con lə altrə. da donna disabile, ho cercato di mettere a fuoco come le comuni narrazioni sugli stereotipi e i ruoli di genere non soltanto non coinvolgono tutte le persone allo stesso modo, ma che anche la loro non applicazione - tanto desiderata dalla maggior parte della gente che li subisce costantemente - può portare un qualche tipo di sofferenza.
le parole di reese, anche le più controverse e fastidiose, mi hanno illuminata molto più di quanto non abbiano saputo fare pagine e pagine di saggistica sull'argomento. se costruiamo un ruolo e ci mettiamo dentro le persone sulla base del loro genere e delle aspettative che riponiamo in quel genere, escluderne una minoranza non fa che peggiorare la condizione tanto delle persone escluse che di quelle incluse, rafforzando gli aspetti negativi che quel dato ruolo ha, e rafforzando, quindi, le strutture di potere che funzionano proprio sulla base di quella divisione di ruoli.
altro grandissimo merito di peters è stato quello di ripulire la parola queerness dai glitter e dagli arcobaleni di cui siamo solitə abbellirla al punto di averla fatta diventare una moda, o nel migliore dei casi una via di fuga dalla noia dell'eteronormatività. peters ci ricorda che la storia delle persone queer non è fatta soltanto del rigetto che viene dalla stanchezza per certe convenzioni sociali a cui è facile rinunciare, soprattutto per chi ricopre ruoli sociali di prestigio (come katrina), ma è stata costruita pezzo dopo pezzo di lotte e sofferenze vere, di famiglie che allontanano, di omofobi e transfobici che picchiano, di malattie che prima emarginano e poi uccidono, di ogni forma possibile di ingiustizia, di povertà, di diritti negati, di depressione e anche - in alcune pagine che sotto una scorza di cinismo rivelano una sensibilià gigantesca - di suicidi.
detransition, baby è un romanzo stratosferico che parla di persone e di come le persone vanno avanti nella vita, incespicando e rialzandosi e cambiando idea, andando avanti e poi indietro e scartando di lato. ed è un romanzo che dice che va bene così, che ogni persona e ogni vita è fatta di tutto il suo tempo e le sue scelte, e che è perfetta così.
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