e se solo una di quelle nuove persone ipotetiche ne salvasse un’altra, con una parola, un’azione o un singolo atto sconsiderato? quanti futuri potrebbe portare dentro di sé quel minuscolo neonato insanguinato? quante vite potrei aggiungere al conteggio?
il conteggio. tutta la vita di decem rea sembra girare attorno al conteggio, un modo per riportare equilibrio nella sua vita e, in qualche modo, all'universo.
tenere fede al suo proposito non è facile e per riuscirci si ritroverà imbarcata in un'avventura folle il cui obiettivo non è più semplicemente sopravvivere e aggiungere numeri al conteggio, ma salvare la generale.
ultima fermata prima del vuoto è definito un western fantascientifico, ma aggiungerei all'etichetta anche punk e totalmente matto. per tutto il tempo, all'inizio della storia, ho pensato che questo libro stesse rischiando di essere un minestrone di cose già viste, da ken il guerriero a kids with guns passando per star wars, the mandalorian, mad max e the last of us. in effetti, stark holborn pesca a piene mani da immaginari che conosciamo bene: le ambientazioni desertico-western, le bande di tagliagola (taglia-un-po'-di-tutto-e-raccatta-quello-che-puoi-che-si-vende-bene a dire il vero) che arrivano all'improvviso in piena notte, la figura dell'eroe, anzi dell'eroina in questo caso, solitaria e con un passato misterioso e non del tutto limpido alle spalle che si ritrova, suo malgrado, a proteggere una bambina a dir poco speciale da chi le sta dando la caccia senza pietà, e un mucchio di personaggə impossibili da definire buonə o cattivə.
eppure, ultima fermata prima del vuoto è soltanto sé stesso. holborn ha imparato tantissimo da un mucchio di narrazioni che l'hanno preceduta e ha dato alla luce un romanzo con una sua identità ben definita, con personaggə solidə e una trama che, nonostante viaggi a velocità prossime a quella del suono, difficilmente perde un colpo.
il racconto si apre nel deserto delle desolazioni, il faro della narrazione puntato fisso su decem rea. alle spalle, un passato misterioso di cui è impossibile scuotersi la colpa di dosso, davanti a lei l'oscurità della notte e del futuro, tutto intorno i se, entità quasi magiche - che spostano ultima fermata prima del vuoto dalla fantascienza nuda e cruda verso contaminazioni più fantasy - che si insinuano nella mente, mostrano i possibili futuri e, forse, contribuiscono a trasformarli in presente. è da qui, in questo ansiogeno buio rischiarato da un fuoco minuscolo, che decem nota la nave spaziale schiantarsi sul pianeta. l'esperienza le dice che avvicinarsi è un suicidio, il conteggio le ricorda che non ha scelta. il disastro è totale, ci sono solo due sopravvissutə: un uomo, un soldato, pronto a esalare il suo ultimo respiro e una bambina, minuscola, avvolta in una divisa troppo grande per lei, priva di sensi.
l'incidente non è stato un incidente e gabi, la bambina, non è nulla di neppure lontanamente simile a una bambina come tutte le altre. nella lotta tra l'accordo e i senza confini che ha scosso l'universo e i cui effetti si ripercuotono ancora sulle vite dellə sopravvissutə, la forza minoritaria è sempre stata per decem qualcosa di molto simile a una leggenda: bambinə geneticamente modificati e potenziati per diventare soldatə praticamente imbattibili, che puntano non soltanto sulle loro capacità affinate dalla biotecnologia dell'accordo ma anche, e soprattutto, sullo shock di chi si ritrova davanti a unə bambinə sul campo di battaglia.
gabi è una di loro e, per qualche motivo, l'accordo la vuole morta. nonostante l'incontro con decem prima e tutto il periodo che passano insieme poi non sia esattamente rose e fiori, tra le due si instaura una sorta di fiducia dettato dalla necessità di sopravvivere, per gabi, e di onorare le proprie promesse, per decem.
il viaggio - o la fuga, se preferite - attraverso scenari che sembrano fatti apposta per vedere morire quante più creature possibili, è frenetico, totalmente matto, una corsa infinita verso una meta che sembra allontanarsi come fosse uno scherzo. ma è anche costellato di incontri con personaggə che, come tutto in questo romanzo, sono impossibili da definire secondo gli standard di un'etica che non tiene conto della necessità impellente di sopravvivere minuto dopo minuto.
ai morti non interessano i motivi per cui li hai uccisi.
holborn ci prende al volo per una manica e ci butta dentro a un mondo che gira troppo veloce, dove nessunə ti spiega nulla e ti conviene aprire bene gli occhi e cogliere ogni dettaglio per non perderti nel nulla. non è solo una metafora per rendere il senso di urgenza che pervade tutta la narrazione, ma è esattamente quello che si prova durante la lettura: lo show don't tell è portato ai massimi livelli, non abbiamo possibilità di distrarci nemmeno per un momento perché nessuna voce paziente ci spiegherà cosa diamine stiamo leggendo.
ve lo dico io, in breve: un romanzo folle e velocissimo che un attimo ci fa sentire a casa nel nostro bel nerd-mondo, l'attimo dopo ci sbatte in faccia che no, questa non è la solita storia di buonə e cattivə che si affrontano a colpi di raggi laser, questa è una storia che parla dell'incomprensibile e incoerente complessità degli esseri umani, di colpa e di redenzione, di cosa vuol dire cercare sé stessə - come personaggə, come creatorə di mondi fantastici, come lettorə e appassionatə di fantastico - e provare a definire la propria identità.
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