domenica 29 dicembre 2024

julia

era stato l'uomo che lavorava ad archivi a iniziare tutto, lui che non sapeva niente, con quel modo di fare compassato, imbronciato, lui che si sentiva superiore a tutto e a tutti, un emblema del vecchiopensiero. non a caso syme lo chiamava «vecchia miseria».
julia lo aveva già visto prima. quelli di finzione, archivi e ricerca consumavano il secondo pasto alle tredici, quindi tutti si conoscevano almeno di vista. ma fino a quel momento, per lei era stato solo vecchia miseria, uno che pareva avesse appena ingoiato una mosca, uno che tossiva più di quanto parlava. si chiamava compagno smith, anche se «compagno» non gli si addiceva molto. ovviamente, se ci si sentiva stupidi a chiamare qualcuno «compagno», era molto meglio non parlarci affatto.

alcune storie sono considerate autentici capolavori della letteratura e, più in generale, di tutta la nostra cultura occidentale, al punto tale che diventa impensabile pensare di poterne cambiare anche solo una virgola. 1984 di george orwell è una di queste. considerato il capostipite - ma non lo è - della letteratura distopica, la storia di winston smith e del grande fratello ha fatto da modello non soltanto nell'ambito della narrativa speculativa successiva, ma è entrato nell'immaginario e nel linguaggio comune in modo così pervasivo che anche chi non l'ha mai letto si ritrova, in qualche modo, a citarlo.
1984 è considerato uno dei pilastri letterari del nostro mondo e, come tale, è impensabile rimaneggiarlo, riscriverlo, provare a immaginare una nuova versione.
o almeno, lo era.
poi sandra newman ha scritto julia.

e ha fatto benissimo: non soltanto newman non tradisce lo spirito della storia originale, che anzi ha studiato con attenzione, esplorato nel dettaglio e reso perfettamente, ma espande quel mondo distopico e claustrofobico che conoscevamo ormai da quasi un secolo, dando finalmente voce alla personaggia più importante - e più misteriosa - del romanzo di orwell.

in 1984 julia è la donna che winston smith vorrebbe stuprare e uccidere perché troppo bella e troppo fanatica. è la donna che mostra con orgoglio la sua appartenenza alla lega antisesso ed è la donna lussuriosa e seducente che farà innamorare winston. è la donna che lo tradirà e che da lui sarà tradita, spezzando anche l'ultima delle certezze di smith.
julia appare come frutto dell'immaginazione di smith: è quello che desidera e insieme quello che odia. julia è la personificazione dell'ipocrisia del sistema e della sua incapacità di piegare davvero le persone al modo di essere che il grande fratello desidera.
ma per orwell, julia è oggetto dei pensieri di smith, è motore della narrazione e della presa di coscienza da parte del suo protagonista. ma non è mai davvero una persona completa in sé. orwell mette in scena brandelli di una personaggia che ci lasciano intravedere la sua complessità senza darci modo di conoscere veramente chi sia, cosa pensa, quali sono le motivazioni che la spingono ad agire.

newman riempie i vuoti, completa julia e la sua storia, la trasforma - finalmente - in soggetto, in protagonista del racconto, scrivendo quello che a tutti gli effetti si può definire un retelling femminista di 1984, esplorando da un lato il mondo dentro julia, andando indietro nel suo passato, ascoltando i suoi pensieri, le sue intenzioni, le sue parole, dall'altro lato mette a fuoco il nostro sguardo sull'oceania: se winston cammina con gli occhi fissi sulla punta delle sue scarpe, julia va a testa alta, dando al suo sguardo la possibilità di estendersi fino all'orizzonte.

julia conosce bene il mondo in cui vive. ha visto sua madre e suo padre morire e, peggio ancora, annullarsi e tradirsi, in nome della rivoluzione prima e di una tardiva e inutile redenzione poi. ha vissuto un'infanzia di solitudine, abuso e violenza in un mondo in cui queste parole non hanno neppure significato, un mondo che non le ha dato gli strumenti per riconoscere quello che ha subito né per elaborarlo.
prima di entrare a far parte del partito, la sua quotidianità era così miserabile che adesso non ha paura di avventurarsi nei quartieri prolet su cui piovono bombe di dubbia provenienza. a julia non importa nulla delle gerarchie imposte dall'alto e non si fa troppi scrupoli a infrangere quelle regole a cui non crede ma che finge di seguire con convinzione per salvarsi la pelle, giorno dopo giorno.
julia può attraversare gli spazi che a smith - e di conseguenza a orwell - erano proibiti: i dormitori e in generale gli spazi femminili che sono solo l'anticamera di un mondo, quello delle donne, estremamente oppresso. certo, sappiamo già che non c'è nulla in airstrip one (quella che un tempo veniva chiamata londra) e in tutta l'oceania su cui il partito non abbia controllo, ma il corpo femminile è ancor più di quello maschile teatro di sopraffazioni, controllo e violenza. non esiste intimità, non c'è alcuno spazio in cui il corpo femminile non sia osservato, scrutato, controllato o peggio toccato, usato e sfruttato. una gravidanza non approvata - cioè quella di una donna che non appartiene a nessun uomo - significa la morte, e una morte voluta dal partito vuol dire smettere di esistere anche come ricordo in chi, fino a un paio di ore prima, ti salutava ogni giorno.

probabilmente non lo sa, ma il suo approccio alla vita così come il partito gliela impone è femminista nella misura in cui julia non lascia a nessunə il controllo sul suo corpo e soprattutto sulla sua sessualità. ovvio che non c'è, in quel mondo, nessuno spazio per un pensiero femminista né per una sua teorizzazione, ma poco importa quanto si sia capaci di dare un nome alle proprie azioni se queste vanno nella direzione opposta a quella imposta da una legge che regolamenta il desiderio, il concepimento, la corporeità tutta in ogni sua possibile declinazione, una legge che riduce le donne a oggetto di atti disgustosi tranne quando vengono compiuti nell'ombra da uomini potenti abbastanza da sfuggire al giudizio e alla legge o quando sono approvati dal partito.
la sensualità di julia assume finalmente il connotato politico che mancava in orwell: non è solo un modo per andare contro al partito, è il modo per affermare, attraverso il suo diritto al piacere, la padronanza di sé stessa.

la storia di julia va avanti fino ad arrivare al punto che conosciamo: l'incontro con winston smith, il biglietto con scritto ti amo (la cui storia è molto più complessa di quanto avremmo mai immaginato), gli incontri nel bosco prima e nella camera dell'antiquario poi, il tradimento, le camere di tortura al ministero dell'amore, la stanza 101. quello che newman aggiunge è tutto quello che orwell non poteva sapere, cioè tutto quello che fa parte di quella dimensione che winston non ha mai avuto il coraggio di esplorare prima di esservi trascinato da julia e che abbandonerà poi, alla fine della sua prigionia. winston esce annientato, annichilito totalmente, julia no.

forse questo finale è la parte più debole del romanzo, almeno se lo paragoniamo a 1984 e alla sua disarmante disperazione che pure lo ha reso il capolavoro assoluto che è. quello di newman è un finale più lungo, più complesso e che quindi ha bisogno di spiegarsi molto più di quanto non facesse quello orwelliano e che, così facendo, in qualche misura di indebolisce.
ma julia ha qualcosa che a winston manca, una sorta di capacità rigenerativa che procede di pari passo a quella generativa propria del suo essere donna: alla fine, julia è incinta e, in quanto contenitore di una nuova vita al servizio del partito, è intoccabile. ma soprattutto è innamorata, forse più dell'essere viva che di qualcunə altrə - che sia lə figlə, un'amica o un'amante, poco importa - al punto tale da rischiare il tutto per tutto per fuggire dal destino che le è stato affibiato e riscriverne uno proprio, cosa che winston non ha mai avuto neppure la forza di immaginare.

se 1984 distruggeva ogni possibilità di speranza attraverso l'annichilimento fisico e psicologico del suo protagonista, julia lo fa attraverso la presa di coscienza della sua protagonista, una presa di coscienza molto più ampia di quella di winston, una comprensione che abbraccia il mondo nella sua interezza e che cresce in un dialogo finale lontanissimo dagli orizzonti del romanzo originale, che lascia l'amaro in bocca e che cancella ogni barlume di umanità in qualsiasi angolo di questo millenovecentottantaquattro alternativo: fuori o dentro il partito, con o contro il grande fratello, dentro o fuori l'airstrip one la realtà rimane sempre uguale a sé stessa e a questo - ancor più che al controllo totalizzante attraverso gli schermi onnipresenti - non c'è davvero alcun rimedio.

non ho letto moltissimo in giro di questo romanzo ma so bene come vengono accolti i retelling, soprattutto quelli che reinterpretano in chiave femminile - e peggio ancora femminista - opere create da autori maschi con protagonisti maschi, quindi posso immaginare il tipo di accoglienza che julia ha avuto. a mio modestissimo avviso però, quest'opera merita di essere letta.
una riscrittura di 1984 tre quarti di secolo dopo la sua prima stesura lascia spazio a una riflessione sul concetto stesso che stava alla base della distopia orwelliana (ad esempio, l'idea di essere costantemente osservatə oggi non è così strana e spaventosa come lo era alla fine degli anni '40, anzi, possiamo ben dire di esserne consapevoli che ogni nostra azione - online ma anche in real - è in qualche modo monitorata e trasformata in dati utili a proporci qualche nuovo acquisto, e di averci fatto il callo al punto tale che non ci preoccupa più di tanto), così come un rovesciamento del punto di vista permette di ampliare l'orizzonte degli eventi e di osservare, come già detto, spazi che nel romanzo originale non erano stati indagati, per la gioia - auspicabilmente - dellə fan. senza contare che è sempre interessante - almeno dal mio punto di vista - scoprire qualcosa di più di quellə personaggə fondamentali alla storia che pure avevano avuto poche possibilità di raccontarsi nella storia originale.

e poi - e questo vale per ogni rivisitazione, interpretazione, riscrittura, prequel, sequel e in generale per ogni opera derivata - la versione originale rimane lì, sempre uguale a sé stessa, disponibile a chiunque voglia rileggerla o scoprirla per la prima volta. julia di sandra newman è un romanzo che non soltanto non toglie nulla al capolavoro di orwell ma che arricchisce il nostro immaginario su quel futuro-ormai-passato distopico e che ci consegna nuovi strumenti per riflettere sul nostro presente.

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