quelli che vedono gli altri come mostri non si accorgono che i mostri ricambiano lo sguardo e osservano con molta attenzione. gli individui che si ritengono superiori agli altri non sono in grado di rendersi conto che anche loro possono essere valutati e giudicati.
donne potenti, spaventose, furiose. donne assetate di vendetta, capaci di mutare forma e di tessere ogni sorta di inganni. donne di cui il folklore - e il teatro - giapponese trabocca: fantasmi e kitsune e demoni pronte a stravolgere la vita delle loro vittime... o di quelli che furono un tempo i loro carnefici.
matsuda aoko pesca a piena mani dal ricco repertorio nipponico di storie popolari, leggende, credenze, letteratura e drammaturgia per consegnarci un'antologia di racconti che è riuscita a sorprendermi e conquistarmi perché mi ha dato esattamente quello che per anni ho desiderato leggere sulle varie figure mitologiche femminili: una prospettiva diversa che ne ribaltasse il giudizio morale vecchio di secoli per mostrarle non più come mostri da temere, scacciare o annientare, ma come creature forti che rivendicano semplicemente il loro posto nel mondo.
le storie di nel paese delle donne selvagge si intrecciano più e più volte attorno a un fulcro centrale che è un ragazzo un po' ingenuo, immune al fascino di queste donne straordinarie o al terrore che provocano. shigeru è un personaggio quasi sbiadito, una figura praticamente anonima la cui presenza non fa che sottolineare la straordinarietà delle figure femminili protagoniste dei racconti.
shigeru è il punto di intersezione dei racconti ma è anche il centro politico dello spazio in cui vivono le protagoniste delle storie e lo è per un solo, banale ma fondamentale motivo: shigeru è un uomo e, in quanto tale, nonostante la sua mancanza di eccezionalità gli è permesso occupare uno spazio molto meno marginale di quello che abitano le donne.
ma più che shigeru, il vero trait d'union tra le storie lo fa il tono femminista: che si tratti di un potenziale poltergeist animata dalla gelosia o di una donna che riconosce il suo lato selvaggio nei peli che le ricoprono il corpo, di una fantasma che scopre la libertà nella sua nuova esistenza post-mortem o di un'anziana signora che si accorge solo adesso della sua vera natura e della bellezza della libertà dalle imposizioni di genere, matsuda aoko dà a tutte le sue protagoniste la possibilità di riflettere sui temi fondamentali del discorso femminista: le relazioni uomo/donna, il matrimonio, la maternità, le costrizioni sociali in merito alla cura del proprio corpo e del proprio aspetto, il ruolo femminile negli ambienti di lavoro, il giudizio sui corpi - femminili - che si discostano dagli standard morfologici ed estetici.
volendo trovare un solo, unico tema omnicomprensivo sarebbe quello della donna come soggetto attivo e consapevole, della donna che sceglie di autodeterminarsi e di tirarsi fuori da un sistema oppressivo e patriarcale come quello giapponese, la donna che fino a questo momento era stata svuotata della sua umanità e riconvertita in figura orrorifica da storia del terrore, che prende parola, racconta sé stessa e - attraverso la sua parola - riprende possesso della legittimità della propria esistenza.
è cosa nota che gli uomini che temono le donne - che hanno paura del loro non volersi sottomettere, del loro reclamare il diritto ad avere un ruolo che non sia solo quello di moglie obbediente e madre sacrificata al bene dellə figlə - risolvono disumanizzandole e mostrificandole, le trasformano, cioè, in qualcosa di innaturale e incomprensibile, qualcosa che si può distruggere senza remore. che siano gorgoni o kitsune, la deformazione fisica attribuita nei miti a queste figure si accompagna a quella dei loro intenti: non più un comprensibile e profondamente umano desiderio di esistere secondo la propria natura, ma un'irrazionale ferocia, una crudeltà senza scopo. gli attacchi di queste donne non-più-umane o mai-state-umane sono impossibili da capire e da giustificare e questo non si traduce in un'incapacità di cambiare prospettiva da parte della voce narrante (sempre patriarcale e maschiocentrica) dei miti, ma nell'assurdità dell'essenza stessa di queste figure.
matsuda aoko conosce bene questo processo, ed è per questo che lo fa suo e lo stravolge completamente, ribaltando quella traduzione e riconsegnando quelle figure folkloristiche alla loro umanità.
chi, fino ad adesso, era stata raccontata da altri (maschile voluto) e aveva avuto un ruolo da antagonista, qui diventa la personaggia principale, protagonista della sua storia e della sua vita: le donne di aoko sono capaci di prendere spunto dal quotidiano - a volte anche da eventi piccoli e banali, a volte da qualcosa che è poco più di una sensazione - per riflettere non soltanto sulla loro condizione, ma su quella di tutte le donne -
perché il mondo funzionava così? la società era ingiusta! spesso gli uomini erano costretti a fingere di essere in grado di fare cose che non erano in grado di fare, mentre le donne dovevano far finta di essere incapaci di fare cose che in realtà sapevano fare. che assurdità! nel corso dei decenni e dei secoli quante donne si erano viste tarpare le ali e non avevano potuto manifestare il loro talento? e quanti uomini, invece, si erano visti attribuire come per magia qualità che non possedevano e poteri che non meritavano?
- per poi ribellarsi a tutto quello che tarpa loro le ali, che soffoca i loro talenti e annichilisce i loro desideri. contro tutto quello che è sempre stato così, le donne escono dai miti per riappropriarsi della realtà.
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