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mercoledì 20 novembre 2024

nel paese delle donne selvagge

quelli che vedono gli altri come mostri non si accorgono che i mostri ricambiano lo sguardo e osservano con molta attenzione. gli individui che si ritengono superiori agli altri non sono in grado di rendersi conto che anche loro possono essere valutati e giudicati.

donne potenti, spaventose, furiose. donne assetate di vendetta, capaci di mutare forma e di tessere ogni sorta di inganni. donne di cui il folklore - e il teatro - giapponese trabocca: fantasmi e kitsune e demoni pronte a stravolgere la vita delle loro vittime... o di quelli che furono un tempo i loro carnefici.
matsuda aoko pesca a piena mani dal ricco repertorio nipponico di storie popolari, leggende, credenze, letteratura e drammaturgia per consegnarci un'antologia di racconti che è riuscita a sorprendermi e conquistarmi perché mi ha dato esattamente quello che per anni ho desiderato leggere sulle varie figure mitologiche femminili: una prospettiva diversa che ne ribaltasse il giudizio morale vecchio di secoli per mostrarle non più come mostri da temere, scacciare o annientare, ma come creature forti che rivendicano semplicemente il loro posto nel mondo.

le storie di nel paese delle donne selvagge si intrecciano più e più volte attorno a un fulcro centrale che è un ragazzo un po' ingenuo, immune al fascino di queste donne straordinarie o al terrore che provocano. shigeru è un personaggio quasi sbiadito, una figura praticamente anonima la cui presenza non fa che sottolineare la straordinarietà delle figure femminili protagoniste dei racconti.
shigeru è il punto di intersezione dei racconti ma è anche il centro politico dello spazio in cui vivono le protagoniste delle storie e lo è per un solo, banale ma fondamentale motivo: shigeru è un uomo e, in quanto tale, nonostante la sua mancanza di eccezionalità gli è permesso occupare uno spazio molto meno marginale di quello che abitano le donne.
ma più che shigeru, il vero trait d'union tra le storie lo fa il tono femminista: che si tratti di un potenziale poltergeist animata dalla gelosia o di una donna che riconosce il suo lato selvaggio nei peli che le ricoprono il corpo, di una fantasma che scopre la libertà nella sua nuova esistenza post-mortem o di un'anziana signora che si accorge solo adesso della sua vera natura e della bellezza della libertà dalle imposizioni di genere, matsuda aoko dà a tutte le sue protagoniste la possibilità di riflettere sui temi fondamentali del discorso femminista: le relazioni uomo/donna, il matrimonio, la maternità, le costrizioni sociali in merito alla cura del proprio corpo e del proprio aspetto, il ruolo femminile negli ambienti di lavoro, il giudizio sui corpi - femminili - che si discostano dagli standard morfologici ed estetici.
volendo trovare un solo, unico tema omnicomprensivo sarebbe quello della donna come soggetto attivo e consapevole, della donna che sceglie di autodeterminarsi e di tirarsi fuori da un sistema oppressivo e patriarcale come quello giapponese, la donna che fino a questo momento era stata svuotata della sua umanità e riconvertita in figura orrorifica da storia del terrore, che prende parola, racconta sé stessa e - attraverso la sua parola - riprende possesso della legittimità della propria esistenza.

è cosa nota che gli uomini che temono le donne - che hanno paura del loro non volersi sottomettere, del loro reclamare il diritto ad avere un ruolo che non sia solo quello di moglie obbediente e madre sacrificata al bene dellə figlə -  risolvono disumanizzandole e mostrificandole, le trasformano, cioè, in qualcosa di innaturale e incomprensibile, qualcosa che si può distruggere senza remore. che siano gorgoni o kitsune, la deformazione fisica attribuita nei miti a queste figure si accompagna a quella dei loro intenti: non più un comprensibile e profondamente umano desiderio di esistere secondo la propria natura, ma un'irrazionale ferocia, una crudeltà senza scopo. gli attacchi di queste donne non-più-umane o mai-state-umane sono impossibili da capire e da giustificare e questo non si traduce in un'incapacità di cambiare prospettiva da parte della voce narrante (sempre patriarcale e maschiocentrica) dei miti, ma nell'assurdità dell'essenza stessa di queste figure.
matsuda aoko conosce bene questo processo, ed è per questo che lo fa suo e lo stravolge completamente, ribaltando quella traduzione e riconsegnando quelle figure folkloristiche alla loro umanità.

chi, fino ad adesso, era stata raccontata da altri (maschile voluto) e aveva avuto un ruolo da antagonista, qui diventa la personaggia principale, protagonista della sua storia e della sua vita: le donne di aoko sono capaci di prendere spunto dal quotidiano - a volte anche da eventi piccoli e banali, a volte da qualcosa che è poco più di una sensazione - per riflettere non soltanto sulla loro condizione, ma su quella di tutte le donne - 
perché il mondo funzionava così? la società era ingiusta! spesso gli uomini erano costretti a fingere di essere in grado di fare cose che non erano in grado di fare, mentre le donne dovevano far finta di essere incapaci di fare cose che in realtà sapevano fare. che assurdità! nel corso dei decenni e dei secoli quante donne si erano viste tarpare le ali e non avevano potuto manifestare il loro talento? e quanti uomini, invece, si erano visti attribuire come per magia qualità che non possedevano e poteri che non meritavano?
- per poi ribellarsi a tutto quello che tarpa loro le ali, che soffoca i loro talenti e annichilisce i loro desideri. contro tutto quello che è sempre stato così, le donne escono dai miti per riappropriarsi della realtà.

lunedì 11 novembre 2024

roaming

volevo venire qui per stare con la mia migliore amica, ma tu... sei... tu non sei più tu.


roaming è una storia che parla dell'avere vent'anni, di com'è l'amicizia a quell'età, di com'è l'amore, di come ci si relaziona con sé stessə mentre ci si costruisce, un pezzo alla volta.
in modo anche inaspettatamente doloroso, a volte.
e inaspettatamente doloro è il viaggio a new york di dani, zoe e fiona.
cioè, inaspettatamente vale per loro, o per chi i vent'anni li sta vivendo adesso.
noi, che ormai stiamo quasi doppiando il traguardo, lo sapevamo benissimo fin da subito come sarebbe andata a finire.

new york è per dani e zoe il sogno di sempre. amiche fin da quando erano piccole, la provincia del canada in cui sono cresciute adesso sembra essere troppo stretta per due ragazze che si stanno trasformando in qualcosa di nuovo.
stanno crescendo ma, a volte, non si cresce seguendo la stessa traiettoria, o allo stesso ritmo.
le strade si dani e zoe hanno iniziato a dividersi quando hanno scelto percorsi di studio diversi all'università: arte e biologia. cosa potrebbe esserci di meno compatibile?


ma a scatenare davvero la tempesta tra dani e zoe è la presenza, durante il tanto sognato viaggio a new york di fiona.
dani e fiona studiano insieme, vivono nello stesso dormitorio e forse non potrebbero essere più diverse: ingenua e un po' infantile dani, il suo carattere stride con l'atteggiamento da "bad girl" di fiona.
eppure, in qualche modo il loro rapporto funziona finché l'incontro zoe - divisa tra l'affetto di lunga data per dani e la nuova irresistibile attrazione per fiona - non arriva a destabilizzare tutto.

forse perché, come dicevo sopra, questi tornado emotivi appartengono a un periodo passato della mia vita, di roaming ho preferito l'aspetto "taccuino di viaggio" che la storia in sé.
vedere new york attraverso i disegni di mariko e jillian tamaki me l'ha resa più affascinante di quando non siano mai riusciti a fare foto o video della città, e questo probabilmente perché la vera osservatrice - quella che ci presta il suo punto di vista per "visitare" la città, è dani, l'unica con cui ho empatizzato.
ho trovato zoe e fiona spesso - per non dire sempre - insopportabili, ho desiderato per tutto il tempo trascinare dani fuori dalla storia ed evitarle il dolore che prova chi viene lasciatə al margine. le ho voluto bene, davvero, per tutto il tempo in cui nessun'altrə, nella storia, l'ha fatto.


forse, roaming è un fumetto da adolescenti, forse è un fumetto da adolescenti di "quel" tipo, forse sono semplicemente troppo vecchia per queste cose o forse sono rimasta troppo uguale a quell'adolescente che in viaggio voleva solo vedere i musei, scattare le foto, divertirsi con le amiche e comprare i souvenir.
forse semplicemente non sono la lettrice giusta per roaming perché, per tutto il tempo, ho desiderato quello che desiderava dani: un altro viaggio, un'altra storia.

venerdì 8 novembre 2024

gli aghi d'oro

per la madre irlandese che vagava a battery park, con la sua creatura senza vita ancora stretta al seno; per il bottegaio italiano che aveva appena venduto l'ultimo avanzo di carne equina guasta agli occupanti delle baracche abusive erette ai margini della distesa di cantieri stradali oltre l'ottantesima; e per tutti gli altri nel mezzo - i poveri la cui povertà era tale che presto ne sarebbero morti; i delinquenti la cui delinquenza non offriva una protezione certa dalla povertà che aveva cercato di sfuggire; i mediamente agiati e moderatamente rispettabili; i moderatamente agiati e molto rispettabili; e i ricchi, la cui ricchezza era tale da non doversi preoccupare della rispettabilità - per tutti loro l'anno del signore 1882 era cominciato.


una new york fumosa e decadente, un quartiere di oppierie e bordelli, conflitti tra due famiglie agli antipodi dello spazio sociale, una matriarca spietata e desiderosa di vendetta e, soprattutto, lo stile travolgente di michael mcdowell e le macchinazioni perverse che sa far mettere in atto ai suoi personaggi. già con blackwater, mcdowell mi aveva completamente catturata, adesso con gli aghi d'oro si è guadagnato la mia devozione assoluta (e, non so se avete visto la notizia, a gennaio uscirà un altro suo romanzo, katie, e io sto già facendo il conto alla rovescia!).

il tempo de gli aghi d'oro è l'intero 1882, il suo spazio il triangolo nero, il più malfamato tra i quartieri di new york, regno incontrastato di ogni vizio e peccato. mcdowell ci mostra una lunga carrellata della città all'alba del nuovo anno, dai vicoli più miserabili, pieni di bambinə mezzo assideratə che cercano di scaldarsi sulle grate degli scarichi, e di donne e uomini disperati che sopravvivono a stento in mezzo a ogni possibile declinazione del concetto di crimine e tra le peggiori privazioni; a quelli più raffinati e ricchi dove la new york bene si ubriaca di buon vino, gli uomini stringono alleanze utili alle loro carriere, le signore, infagottate nei loro abiti eleganti, ricevono i loro ammiratori nei ricchi salotti, la servitù corre da una stanza all'altra e lə bambinə rimangono confinatə nelle nursery.

tra l'opulenza più sfrernata e la corruzione più nera, due famiglie le cui sorti si erano già intrecciate si sfidano in una guerra che si fa sempre più aperta: gli stallworth, tra i più illustri e rispettabili (il maschile sovraesteso è voluto) cittadini di new york su cui domina la figura sottile, bianca e severa di james stallworth. il vecchio, arcigno patriarca è anche il più conosciuto giudice della contea, che deve alla sua mancanza di flessibilità e pietà buona parte della fama della famiglia. il resto della notorietà degli stallworth si divide tra lə figliə di james, edward - avvocato mancato e pastore di anime - e marian, l'elegante signora ben inserita in società il cui miglior risultato nella vita è stato sposare duncan phair, l'avvocato che tanto era mancato in famiglia a james. infine, la terza generazione del nome stallworth è nelle mani di helen e benjamin - figliə di edward ed entrambə parecchio problematicə per il padre quanto per il nonno, sebbene per motivi differenti - e dellə piccolə edwin e edith phair, consideratə dalla madre, marian, poco più che un'estensione poco interessante di sé stessa.

nel triangolo nero, invece, domina - come figura praticamente speculare a james stallworth - quella di lena shank, conosciuta come "black lena" per i suoi abiti neri che riprendono il colore dei suoi capelli e dei suoi occhi. immigrata di origini tedesche, l'imponente, grassa e inflessibile matrona è un punto di riferimento per tutto il triangolo nero oltre che per le sue figlie e per lə nipotə. intorno a lei gravitano louise, la muta e forzuta figlia maggiore, abile falsaria, e sua sorella daisy, "creatrice di angeli" per le signore timorate di dio, "abortista" per le altre.
ella e rob, lə gemellə figliə di daisy, sono lə temibilə e abilissimə tuttofare del clan shank, capaci di passare inosservatə, di nascondersi in mezzo allə altrə bambinə del triangolo nero e di estendere il controllo e la volontà di black lena per tutti i vicoli del quartiere.

james stallworth non si ricorda di black lena, per lui è solo una dellə tantə criminalə indegnə che proliferano nel triangolo nero, ma lei conosce benissimo il giudice: anni prima, è stato stallworth a fare impiccare suo marito, a farla marcire in carcere per sette anni e a toglierle le bambine, recuperate soltanto dopo che, lontane dalla madre, avevano subito una vita miserabile e violenta, che a louise era costata persino la voce.
lena shank non ha mai perdonato stallworth ma adesso la fiamma dell'odio si è riaccesa e splende più feroce che mai.
con l'aiuto di duncan phair, di suo figlio edward e del giornalista simeon lightner, james stallworth ha deciso di indire una vera e proproa crociata contro il triangolo nero: portare alla luce l'immoralità, la criminalità, i vizi e le deviazioni dellə abitantə del quartiere, sbatterli sotto gli occhi della borghesia bigotta per turbarla e spaventarla e, a quest o punto, porsi come il salvatore dell'ordine morale della città, punendo lə criminalə in modo esemplare e guadagnare in stima e consenso, così da portare voti al suo partito e aiutare il genero nella sua scalata politica, che porterà lustro (e soprattutto soldi e potere) al clan stallworth.

mentre ci racconta la guerra tra stallworth e shank, mcdowell si prende tutto il tempo per mostrarci la città, lasciarci immergere nei suoi odori e nei suoi ambienti, ci mostra il passare delle stagioni e ci permette di esplorare gli animi dellə suə personaggə come fossero anche loro parte dello scenario. la scrittura di mcdowell è incredibilmente cinematografica, sa far vivere allə lettorə l'esperienza di essere dentro la storia, dentro i suoi spazi e i suoi tempi ma anche dentro alle figure che in quello spazio-tempo si muovono, amano e odiano, tradiscono, complottano, gioiscono o soffrono, uccidono o vengono uccisə, abbandonano le loro speranze o mettono in atto piani di vendetta.
è questa sua capacità di ritrarre lə personaggə a tutto tondo - unita a quella di saper creare trame articolate che si sviluppano su tempi narrativi sempre serrati, senza momenti vuoti, in cui pure le pagine più descrittive sono funzionali a immergerci nella vicenda - a rendere i suoi romanzi così appassionanti e indimenticabili.

ma, oltre a tutto questo, gli aghi d'oro ha una forte caratterizzazione politica e sociale che blackwater non possiede, o almeno non in modo così netto.
lo scontro tra shank e stallworth è una riproduzione in scala della lotta tra classi sociali, tra poverə che non trovano altra alternativa a una vita criminale e dissoluta e ricchə che giudicano gli effetti della povertà stessa senza mai prenderne in considerazione le cause.
è nelle parole e nei gesti di helen stallworth che tutto questo si esplicita quasi come fosse un manifesto: la ragazza è l'unica consapevole che il degrado del triangolo nero non è una colpa morale dellə suə abitantə ma solo l'effetto di politiche socio-economiche discriminatorie, e che l'idea punitiva di giustizia di suo nonno non soltanto non può risolvere il problema ma non fa che esasperarlo, radicalizzando l'odio e il bisogno di vendetta di chi non ha fatto altro che subire per tutta la vita.

mcdowell esplicita il contrasto tra le due fazioni polarizzando al massimo le differenze, anche fisiche, tra lə personaggə: lena shank è scura, grassa e tozza lì dove james stallworth è alto, bianco e quasi emaciato; nel clan shank abbiamo quasi tutte personagge femminili (l'unica eccezione è rob, ma il suo essere maschio non è determinante nel racconto), tutte donne forti e determinate, mai assoggettate al potere maschile - anche nella loro vita relazionale non ci sono uomini: lena è vedova, daisy ha due figliə ma nessun marito e louisa è, anche se non viene mai detto esplicitamente, lesbica - e circondate di donne altrettanto libere dai dogmi sociali sulla femminilità, come le pugili charlotta kegoi o annie leech, pet margery, o, soprattutto, l'affascinante cognata di lena, maggie kizer, piena di amanti ma mai sottomessa o legata a nessuno di loro.
maggie kizer, nonostante la sua bellezza, la sua classe e la sua capacità di muoversi con naturalezza fuori e dentro il triangolo nero, rimane marginalizzata - e colpevolizzata - all'interno nella società borghese bianca di new york per via delle sue origini miste (un "ottavo del suo sangue" è nero). persino quando le fisionomie non danno facili indicazioni sull'appartenenza a una "razza" o all'altra, la società americana di fine '800 è brutalmente razzista e violenta, e quando il razzismo si fonde con la misoginia, i suoi effetti sono devastanti.

come in blackwater, sono le personagge femminili a reggere la narrazione, e oltre a quelle della fazione shank, ci sono tre personagge importanti anche tra gli stallworth - le uniche tre donne, oltretutto, della famiglia: helen, di cui ho già parlato, che se pure riveste la sua etica del manto della fede, trova nel messaggio cristiano quel suo nucleo davvero autentico che non le consente di rimanere inerte a bearsi dei suoi privilegi e che lotta - a suo modo, certo, ma lotta - per lə marginalizzatə e contro il volere del nonno e del padre. marian, invece, è la perfetta personificazione dell'idea di donna che corrisponde alla visione patriarcale e classista degli stallworth: obbediente con il padre, sposa un uomo la cui professione si allinea con i desideri dell'anziano genitore, si comporta da impeccabile signora di classe e padrona di casa. seguendo pedissequamente il modello femminile del suo tempo, marian ha messo al mondo due bambinə senza alcun desiderio né capacità di essere madre, non si interessa di loro se non per agghindarlə e mandarlə in giro come ostentazione del suo buon gusto e della sua posizione sociale, praticamente non lə conosce neppure. ed è per questo che quando edith, la figlia minore, diventa un tassello importante - per quanto sia una personaggia secondaria - nella narrazione e nella caratterizzazione del clan stallworth. il rapporto tra marian e edith è esplicativo di tutti i legami tra gli stallworth: una famiglia unita dalla volontà di mantenere il proprio prestigio e la propria ricchezza che vede nel legame di sangue un obbligo, un'opportunità, spesso anche uno scudo dietro cui nascondere la propria inettitudine, ma di certo non il motivo di una relazione affettiva.

insomma, per me gli aghi d'oro è una delle migliori letture dell'anno, un romanzo estremamente appassionante, quasi catartico nel finale, che riesce perfettamente a fondere la "leggerezza" della fiction insieme a tematiche sociali e politiche più dense, affrontate con lucidità e senza mai sbilanciarsi in spiegoni o sermoni morali.
aspetto katie, adesso.