nacqui in fondo agli abissi, lì dove viveva la specie umana. nel mondo acquatico tutto era rosso e gli strati d'acqua, più o meno profondi, risplendevano come fuochi d'artificio. [...] la prima cosa che vidi alla nascita fu il corpo nudo, giovane e bello di mia madre. questo fece sorgere in me la strana idea che l'oceano fosse di sesso femminile. con il parto, sulla sua pelle rosea erano apparsi grappoli di macchie scure e brillanti, che trasudavano un liquido giallo e denso, espellendo il sale in eccesso. urlando, mia madre propagò nel vasto oceano gioia e dolore, attraverso onde sonore a bassa frequenza. poco dopo, la situazione attorno a lei si fece movimentata.
esistere in un mondo brutale e selvaggio, in un oceano saturo di metalli e ribollente di sangue in cui l'umanità - dopo un processo di involuzione - si è adattata a (soprav)vivere, ricombinando il proprio patrimonio genetico, plasmando la sua struttura in risposta a nuove necessità.
questo è oceano rosso di han song, e questa è la storia di stellamarina, creatura fragile partorita in un mondo di pericoli e minacce insieme a decine di fratelli e sorelle da cui si differenzia per la strana consapevolezza di aver perso tanto di ciò che rendeva, una volta, umani gli esseri umani.
l'oceano di stellamarina è popolato di esseri mostruosi e feroci, animali e piante e declinazioni diverse dell'idea di essere umano per i quali ogni altro individuo è potenzialmente nemico e nutrimento allo stesso tempo. nell'oceano rosso sono due i motori che muovono ogni cosa, due necessità che spingono la vita a perpetuarsi: il cibo e il sesso. mangiare e riprodursi. nessuna etica, né morale, nessun tabù né divieto, ogni cosa è permessa pur di soddisfare questi bisogni e l'esistenza stessa è tutto un susseguirsi di vita e morte, nascita e distruzione, in un ciclo continuo in cui la materia - la carne - passa dallo stato di essere vivente a quello di nutriente senza soluzione di continuità.
come parte di questo meccanismo, stellamarina si comporta come ogni altro essere umano acquatico, uccidendo, stuprando e cannibalizzando, ma, seppur dotato di un pensiero basilare, primitivo e a tratti mistico, ha al contempo un punto di vista unico, quasi esterno, sulla vita nell'oceano. la sua è una forma di consapevolezza di un senso di umanità perduto per sempre che a tratti esplode per poi ripiegarsi di nuovo su sé stessa: il senso del tempo che scorre, l'incapacità di avere memoria, l'essere prigionierə dei propri bisogni più bassi, l'orrore del nutrirsi dellə propriə compagnə e della propria prole che si trasformano nell'impossibilità di sfuggire alla propria natura e a quella dell'oceano stesso.
l'oceano rosso, ci dice stellamarina, è femmina. è l'espressione più animalesca e selvatica del femmineo, è madre primordiale che dà la vita e che se la riprende in un continuo fluire di carne attraverso la carne. è un essere che costantemente rinasce dai propri resti, partorisce e sbrana sé stesso, unifica vita e morte, amore e disprezzo, in un circolo che ingloba il fluire del tempo fino ad annullarlo. tra le sue acque infide, stellamarina percepisce uno sguardo che lo segue e un tunnel che in qualche modo collega la sua realtà a quella di tempi altri e lontani.
in questo mondo, in cui la pressione dell'acqua stritola corpi e menti degli acquatici, le terre emerse rimangono nell'immaginario collettivo quasi come una mitologia rimasta allo stato embrionale, forse un luogo da raggiungere dopo questa vita o forse una realtà quasi impossibile da immaginare. eppure qualcosa, in stellamarina, rimane e lo avvicina a quell'umanità ormai distrutta, una conoscenza intrappolata nelle fibre del suo corpo e della sua mente, che lo fa sussultare quando la sua mente sfiora l'idea di tempo o di civiltà. migrando nell'oceano rosso e tra i suoi orrori, alla ricerca della città sottomarina delle leggende, stellamarina cerca qualcosa di inafferrabile: una speranza per il futuro che passa attraverso la possibilità di conoscere, comprendere e ricordare il passato, seguendo quella che è una spinta verso l'evoluzione - verso ciò che fu un tempo l'umanità - impossibile da decifrare.
ma, pure quando prova a mettere in atto questo concetto astratto di civiltà - che coglie in qualche modo ma non sa come comprendere - l'unica forma di civiltà che riesce a immaginare è quella basata sulla violenza, sulla sopraffazione dellə più deboli, sulla gerarchizzazione estrema della popolazione e sulla divisione nettissima dei ruoli di genere: femmine/incubatrici, maschi/soldati.
a tratti il suo percorso rassomiglia a quello della storia umana, dalle sue espressioni più primitive verso altre più progredite e meno brutali - e dai culti femminili-ctoni (intesi, qui, come abissali) a quelli maschili-guerrieri - ma è un percorso perverso e deviato, che non riesce ad affrancarsi dalla violenza e dallo sfruttamento perché costretto in un ambiente estremamente povero di risorse in cui nulla può svilupparsi se non la capacità di soddisfare i propri bisogni, un ambiente che mette i due principali aspetti dell'essere umano - maschile e femminile - in guerra (seppur in interdipendenza) tra loro. c'è, e neppure troppo velatamente, in tutto il romanzo una forte critica al progresso e si lascia intendere più volte che è stata proprio la "crescita" smodata dei terriani a portare alla loro rapidissima estinzione e alla nascita delle popolazioni acquatiche che, come dicono le leggende, erano un tempo dieci miliardi eppure si estinsero tuttə in una sola notte.
nella seconda parte del libro han song raccoglie una serie di leggende di un passato non si sa quanto distante dal presente di stellamarina o da noi, bipedi delle terre emerse. sono storie che contengono gli stessi elementi, rimaneggiati e rimpastati come mitemi di cosmogonie primitive o versi di epopee lontane. storie che provano a spiegare l'incalcolabile arco di tempo che ci separa da stellamarina e dalle altre creature ibride del mondo sommerso, storie capaci di far immaginare un mare blu, persino più adatto alla vita umana delle terre emerse, abitato da creature pure che vivevano in armonia, come in una versione sottomarina del mito dell'età dell'oro, o storie che rimandano a quelle conoscenze tecnologiche che l'umanità aveva acquisito a fatica, nel corso dei secoli, e poi improvvisamente perso.
ma in realtà, la storia stessa di stellamarina sembra quella di un essere speciale, quasi come fosse un dio di culti antichi, consapevole di tutto, esterno al tempo eppure immanente nello spazio e nel tempo in cui si svolge la sua vita. la sua memoria - unica in una specie che ha tra le sue peculiarità quella di soffrire di frequentissime e inevitabili amnesie - arriva fino al momento della sua nascita e la sua consapevolezza è generata con lui, in quel grido che propaga gioia e dolore in tutto l'oceano.
oceano rosso è un romanzo strano e difficile, tanto nella forma del linguaggio che nella struttura della narrazione. han song non si cura troppo di rispondere alle miriadi di domande che nascono dalla lettura, ci fa sentire perdutə tra le acque salmastre proprio come lo sono lə suə personaggə fino a che non ci abbandoniamo alla corrette e rimaniamo orripilatə e insieme affascinatə dallo spettacolo della natura grandiosa e crudele a cui ha dato vita.
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