giovedì 19 settembre 2024

la parabola del seminatore

il seme della terra.
io sono il seme della terra. chiunque lo può essere. un giorno, penso che lo saremo in tanti. e penso che dovremmo andarci a disseminare sempre più lontani da questo posto morente.

"è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo", e in effetti la parabola del seminatore di octavia e. butler racconta di un futuro prossimo in cui il nostro pianeta sta collassando, dirigendosi lentamente ma inesorabilmente verso la fine, ed è più semplice trovare droga, programmi tv spazzatura, politici incapaci, lavori sottopagati, multinazionali senza scrupoli e polizia corrotta e violenta che una mela.
bravissima octavia, ti sei sbagliata giusto di qualche anno, ma ci manca poco. quello che nei primi anni '90 del secolo scorso - quando è stato pubblicato per la prima volta questo romanzo - era il "futuro prossimo", oggi è il nostro presente.
il diario di lauren olamina - protagonista e voce narrante della storia - inizia, infatti, il 20 luglio 2024. leggere quella data è stato agghiacciante, perché anche se il mondo di lauren non è il nostro, è probabile che, da qualche parte, quel mondo lì stia cominciando ad esistere.

lauren e la sua famiglia vivono all'interno delle mura, in un agglomerato di abitazioni che potremmo chiamare cittadina nonostante non esista una vera e propria amministrazione riconoscibile come tale, né lì né in molti altri posti. pastore battista, suo padre è la guida spirituale della comunità e, allo stesso tempo, anche una sorta di leader. gli equilibri all'interno delle mura sono fragili e costantemente minacciati da quello che si trova al di fuori. spesso si sta insieme solo per guardarsi le spalle, perché se aiuti lə altrə, allora lə altrə aiuteranno te, anche se poi in realtà non vi piacete troppo a vicenda. si va in giro in gruppo, sempre, e fuori dalle mura si esce solo se armatə. fuori è la desolazione: non è raro vedere accasciati sui marciapiedi corpi morti e feriti, stuprati, derubati di ogni bene. lontano dalla propria comunità, chiunque è potenzialmente una minaccia e chiunque è probabilmente in pericolo. ma non ci si aiuta fuori dalle mura, ci si guarda le spalle e si spera solo di sopravvivere. ogni forma di pietà, generosità e gentilezza sono vietate perché anche unə bambinə che chiede aiuto può essere in realtà solo una trappola.

la realtà è cupa e brutale ma lə più grandi (e a volte anche il paesaggio stesso, con i suoi resti di autostrade e ferrovie) raccontano un passato non troppo lontano più sicuro, in cui si poteva ancora studiare, lavorare, viaggiare in auto o in treno, persino volare! lauren è troppo giovane per avere ricordi del mondo-come-era-prima, ma lo conosce attraverso i ricordi di suo padre e della sua seconda moglie, la madre dei suoi fratelli. il mondo-com'è-adesso, invece, lo conosce fin troppo bene, anche per via di una strana condizione che sua mamma - che abusava di farmaci/allucinogeni durante la gravidanza - le ha lasciato in eredità: lauren è iperempatica, cioè percepisce le sensazioni dellə altrə come se fossero sue. visto lo stato delle cose, l'iperempatia può diventare fortemente invalidante perché a lauren basta guardare una persona in agonia per sentirsi letteralmente morire. e incontrare moribondə non è la cosa meno probabile che le possa capitare: quel certo livello di sicurezza che si può respirare dentro le mura non è poi assoluto, e sono molte le comunità che vengono spazzate da gente disperata, pronta a ogni cosa per prendersi quello che non ha mai potuto avere.

mentre i giorni dentro le mura trascorrono quasi sempre uno uguale all'altro, con l'ansia e la paura che tutto quello che conosce e che le dà un briciolo di sicurezza in mezzo al caos e alla disfatta sociale, lauren pensa, riflette, scrive e riscrive quello che un giorno sarà il seme della terra, il suo credo personale, il modo in cui - negli anni - ha plasmato la sua idea di dio e di comunità. in un mondo che cambia violentemente e costantemente, dio è il cambiamento stesso. e allora, agli esseri umani tocca smettere di provare a contrastarlo, anzi accettarlo e accompagnarlo nella giusta direzione, sforzandosi di creare comunità non soltanto basate sul mutuo aiuto e sulla reciproca fiducia, ma che sappiano anche rispondere prontamente e con efficienza a quel mutamento continuo e spesso distruttivo.
ma lauren è troppo giovane ed è una donna e, come sempre, il potere di decidere non spetta a quelle come lei. suo padre è il primo a fraintendere la sua lungimiranza e prudenza, più preoccupato di non scatenare il panico che di rendere davvero la comunità capace di proteggersi. così, quando le previsioni si lauren si avverano, solo un paio di persone sopravvivono e si uniscono a lei in un viaggio attraverso il paese, verso un indefinito nord forse più sicuro.
il viaggio si compie per strada - ed è facile rileggere in questa storia la strada di cormac mccarthy, che pure è stato pubblicato circa quarant'anni dopo la prima edizione della parabola - ma soprattutto in mezzo alla gente, buona o cattiva, comunque sempre spaventata, affamata e impoverita, a volte trasformata dalla piro, la droga diffusissima che spinge ad appiccare incendi e godere della danza delle fiamme, poco importa che ad alimentarle siano altri esseri umani.
lauren continua a essere prudente senza chiudersi a nessunə. si finge uomo sapendo bene quanto essere donna la esponga maggiormente ai pericoli, ma non esita a rivelarsi allə compagnə che incontra e raduna durante il viaggio.

il suo obiettivo non è la semplice sopravvivenza, ma la creazione di una nuova comunità guidata da regole etiche e morali e non soltanto dal semplice bisogno di fare gruppo per proteggersi. un unico dio-principio in cui credere, che possa indicare la via da seguire, al singolo individuo e alla collettività. un dio-principio che sia la base per un mondo nuovo, diverso dall'orrore del presente e comunque lontano e altro rispetto alla grandezza dei racconti del passato.

la parabola del seminatore è un romanzo densissimo e fortemente politico. octavia e. butler parla di religione e di fede, di come la crisi ambientale si rispecchia in quella sociale e culturale, in un continuo alimentarsi a vicenda. attraverso le esperienze di lauren - una protagonista nera, giovane e donna - sottolinea come razzismo, ageismo e misoginia siano sempre e comunque intrinsecamente presenti, e come essere parte di una - o più! - categorie discriminate possa rendere la sopravvivenza in situazioni estreme sempre più difficile e incerta. ma c'è anche tanta consapevolezza di classe, della lotta tra chi ha e chi no, che non si polarizza mai completamente e in maniera efficace, ma si spezzetta tra chi non ha nulla e chi ha pochissimo, tra chi ha pochissimo e chi ha poco, lasciando al sicuro chi invece stringe troppo tra le sue mani.

il seme della terra è da intendersi quindi non come una setta tra tante, non un semplice nuovo culto religioso, ma un programma politico che prende le sue mosse da un auspicato cambiamento morale ed etico. il mutamento che lauren sogna non è e non può essere imposto dall'alto e normato da leggi e regole, deve nascere spontaneamente nel cuore della gente, proprio come spontanea è la fede e l'amore per dio, deve essere diffuso orizzontalmente e, proprio perché non può che essere il frutto di una collettività, deve poter essere malleabile e adattarsi a chi vorrà farne parte.

la parabola del seminatore ha praticamente tutto quello che mi piace in un romanzo: l'ambientazione distopico-apocalittica, una protagonista intelligente e determinata, l'attenzione alla crisi ecologica e a quella sociale, una trama appassionante, una forte critica al sistema capitalista e alle marginalizzazioni dei gruppi sociali svantaggiati, e tanti riferimenti alla questione dell'intersezionalità.
terzo libro che leggo di butler, terzo capolavoro di fila. aspetto che arrivi l'opera omnia.

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