se è vero che la marginalizzazione di esperienze diverse da quella eterocis è un fenomeno che colpisce praticamente chiunque non si identifichi nell'aggettivo di cui sopra, alle persone asessuali (e aromantiche ancor di più) è negata persino la consapevolezza della propria "deviazione dalla norma" se non in ottica strettamente patologizzante [...]. le persone asessuali o ace, insomma, sono vittime di una forma particolarmente perniciosa di ingiustizia ermeneutica. ovvero, non hanno accesso a concetti e informazioni rilevanti per costruire la propria identità, comprendere la propria oppressione e ribellarvisi.
la collana bookblock è ormai stranota per essere una cartuccera di piccole ma incredibilmente potenti bombe capaci, in pochissime pagine, di aprire porte su aspetti del reale che altrimenti magari non avremmo mai preso in considerazione.
lo spettro dell'asessualità di francesca anelli è stato per me esattamente questo, una messa a fuoco su qualcosa che ho sempre avuto davanti agli occhi ma che non riuscivo a vedere, semplicemente perché mi avevano messo sul naso degli occhiali sbagliati (sì, mi identifico nello spettro anche io).
anelli spiega fin dalle prime pagine che il suo piccolo libro, prima di essere il manifesto che lei desidera, dovrà farsi manuale divulgativo per spiegare una delle lettere meno conosciute e attenzionate della sigla lgbtqia+, quella "a" che si riferisce, appunto, alle persone asessuali e aromantiche.
è importantissima la parola "spettro" che, dal titolo in poi, si ripete più e più volte all'interno del saggio, perché pone l'attenzione sul fatto che le categorie che utilizziamo per rendere visibili e conoscibili alcune identità che non si conformano allo standard, non sono mai contenitori rigidi e schematicamente disposti uno in relazione all'altro.
sappiamo che le "etichette" non sono affatto semplici brand a cui affiliarsi o meno. trovare un nome a esperienze che prima non ne avevano uno, significa renderle comunicabili e conoscibili e, di conseguenza, significa dotarci di strumenti per comprendere e conoscere noi stessə, spostarci dall'ambito della patologia individuale e trovare il nostro gruppo di appartenenza, ovvero uno spazio e una comunità in cui riconoscerci e con cui confrontarci senza timore di essere giudicatə in base alla nostra vicinanza o lontananza dallo standard normativamente stabilito e inteso.
e anche questo posizionamento non è fine a sé stesso: de-individualizzare una condizione vuol dire politicizzarla, passare cioè dalla dimensione personale/patologica a quella collettiva e di rivendicazione.
da qui, anelli fa riferimento tanto alla letteratura esistente, quanto ai movimenti social e alle sue esperienze personali per spiegarci il significato - anzi, tutti i possibili significati presenti nello spettro - del termine asessualità, ponendo questo concetto in relazione con la psichiatria e la medicina, per depatologizzarne l'esperienza, e con le strutture politico-economiche che definiscono gli standard sessuali/relazionali/riproduttivi per diverse categorie di persone (ad esempio, quelle disabili), nell'ottica della riproduzione di uno schema sociale sempre identico in cui ogni identità - una volta inequivocabilmente determinata - gioca il suo ruolo.
rivendicare di appartenere allo spettro ace, dunque, non è soltanto rifiutare diagnosi applicate sull'assunto che siamo tuttə allosessuali (ovvero, che abbiamo bisogno di partner con cui fare sesso, a prescindere dalla struttura sociale in cui ci disponiamo insieme a loro), ma anche scardinare le gerarchie relazionali (banalmente, l'idea che siano più importanti le relazioni con le persone con cui facciamo sesso e ancor di più quelle con cui stabiliamo una relazione sessuale e affettiva duratura e monogama) e le strutture di produzione e riproduzione del nucleo sociale base (la famiglia), ingranaggio basilare del sistema capitalistico.
un punto interessante (che abbiamo toccato anche noi, anche se in un'ottica differente ma sempre nel senso della marginalizzazione e svalutazione di alcune esperienze, nel nostro decostruzione antiabilista) è quello che riguarda la relazione con gli ambienti transfemministi da una parte e lgbtqia+:
è per questo davvero avvilente constatare come non avere una vita sessuale avventurosa, non mostrare particolare interesse per il sesso o non dare priorità alla ricerca di partner in grado di soddisfarci da questo punto di vista, si ancora frequentemente motivo di vergogna anche e soprattutto negli spazi femministi, perché percepito come una sorta di fallimento politico. [...] il mito della liberazione sessuale codificato secondo una lente allo continua a mietere vittime, rendendo spesso gli spazi transfemministi e queer, tanto online quanto online, ipersessualizzati e ostili nei confronti di chi non si conforma all'idea stereotipata di "persona libera".
se intendiamo il concetto di sessualità libera dalle imposizioni patriarcali in un solo e unico modo, non facciamo altro che reiterare l'idea che non ci siano altre possibilità di essere e di vivere se non quelle accettate dalla maggioranza (anche tra le minoranze), creando realtà marginalizzate persino all'interno degli spazi autoproclamatisi inclusivi e plurali.
lo spettro dell'asessualità da un lato rivendica l'esistenza delle persone ace, la loro queerness intesa come allontanamento dallo standard, mentre dall'altro pone le basi per una riflessione sui modelli relazionali comunemente accettati che, molto spesso, riproponiamo semplicemente perché non pensiamo possano esserci alternative.
conoscere e dare la dovuta importanza a ogni possibile declinazione delle esperienze affettive/sessuali/relazionali è il primo passo per la creazione di spazi davvero plurali e, ancor di più, per una sana e piena autoconsapevolezza.
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