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venerdì 7 giugno 2024

commenti randomici a letture randomiche (85)

l'avevo scritto anche per l'ultimo post di commenti randomici a letture randomiche ma è - continua ad essere - un periodo così incasinato e strano e pieno di cose e cambiamenti che il tempo sembra sfuggirmi di mano giorno dopo giorno. in qualche modo, spesso inspiegabilmente, trovo il tempo per leggere. quello per scrivere, invece, sembra essere completamente sparito.
avrei voluto dedicare un po' di spazio in più a tutte queste ultime letture ma al momento è impossibile, quindi mi accontento di fare una roba veloce pur di non perdere traccia di un sacco di cose più o meno belle, più o meno interessanti che ho letto negli ultimi tempi.

 il mago m. 
a quell'epoca gli eventi inspiegabili erano all'ordine del giorno, e quando erano piacevoli li si ammirava senza farsi troppe domande. non si credeva soltanto a ciò che rientrava nel dominio della ragionevolezza. la ragionevolezza restringe la vita come l'acqua infeltrisce le maglie di lana, così che poi, indossandole, ci si sente impacciati e non si possono nemmeno più alzare le braccia.

ci sono storie che continuano a esistere, nonostante il tempo passi e il mondo, intanto, si trasformi. sono miti capaci di mutare forma, di adattarsi alle labbra di chi li racconta e alle orecchie di chi ascolta, o alle penne di chi li trascrive e agli occhi di chi legge. tra queste storie ci sono indubbiamente quelle che compongono il ciclo bretone, dalla creazione della tavola rotonda alla ricerca del santo graal, dall'amore tormentato tra lancillotto e ginevra alle avventure di parsifal, dai prodigi di merlino alle malefatte di morgana...
nel corso dei secoli, fatti e personaggə sono stati più e più volte reinterpretati e reinventati e così fa rené barjavel con il mago m., un romanzo che è un po' una raccolta di racconti strettamente intrecciati tra loro e che hanno, al centro, la figura di merlino. bellissimo e dotato di poteri straordinari, merlino è figlio del diavolo eppure votato al bene, innamorato della meravigliosa viviana e dedito a cambiare, attraverso le gesta di artù e dei suoi cavalieri, il mondo intero.

le storie, appunto, sono quelle che conosciamo ma barjavel le racconta con un tono di voce nuovo, a tratti più moderno, che non tradisce il tono mitico degli eventi della leggenda ma che regala un'ottica nuova e meno maschilista sulle figure che si muovono tra le sue pagine, soprattutto quelle femminili, che non sono più la causa di tanto male tra gli eroi maschi delle diverse storie: l'amore tra viviana e merlino, ad esempio, è nutrito da sentimenti sinceri e dolci che non si conclude - come ricordavamo - con la follia del vecchio mago e anche la storia tormentata tra lancillotto e ginevra viene stravolta nel finale.

sembrerebbe che barjavel, scrivendo il mago m., avesse voluto mettere a posto tutto quello che nelle storie originali ci - a noi, lettorə degli anni 2000 - faceva più male lasciandoci però la possibilità di meravigliarci, di sentirci trascinatə in un mondo mitico fatto di magia, amori e gesta eroiche e di essere poi, alla fine, anche un po' felici.
il risultato è un libro splendido, una scrittura elegante ed evocativa che regala anche qualche momento di leggerezza e umorismo ma che soprattutto riesce a dimostrare come l'amore, la meraviglia, il coraggio, la dedizione e tutti gli altri sentimenti assoluti che muovono i personaggə della materia arturiana sono ancora oggi vivi e attuali e sanno ancora farci sognare a occhi aperti.

 kronet 
l'oscurità della notte renderà l'essere finalmente libero di osservare ciò che la luce cela. perché non è del vuoto che dobbiamo aver paura ma del tutto che finge di essere vuoto.

una ragazza si ritrova coinvolta in un incidente in cui investe un'altra ragazza. scopre però, che non si tratta  una ragazza, ma un robot. le due vivono in un mondo in cui i robot non dovrebbero più esistere eppure diane decide di fidarsi e di aiutare c23.
in kronet siamo in un futuro non si sa quanto lontano dal nostro presente, un futuro in cui la memoria storica delle persone si è persa, in cui nessunə sa più leggere, in cui la città è circondata da mura altissime e a nessunə importa scoprire cosa ci sia fuori...
la storia va avanti in una fuga che sembra senza fine, in una situazione angosciante e claustrofobica e in un paesaggio di architetture squadrate e stranianti mentre si chiarisce il tema centrale della storia, legato tanto a questioni filosofiche - passatemi il termine - sulla natura umana, quanto alla crisi climatica che stiamo vivendo e a un futuro distopico e spaventoso a cui non dovremmo mai arrivare.

la parte che più ho apprezzato è quella grafica: lo stile di davide bart. salvemini è particolarissimo e molto personale. le forme, l'aspetto dellə personaggə, le architetture, gli sfondi hanno tutti una loro fisionomia specifica, una loro colorazione specifica - tutto il fumetto ha una palette molto rigida fatta di arancione, viola, fucsia, verde e azzurro, che rende tutto ancora più straniante - mentre le tavole sono spesso e volentieri destrutturate, con vignette che si annullano e si ampliano a tutta la pagina o si sovrappongono, con i baloon senza virgolette (che ricordano un po' una chat sullo schermo di uno smartphone) riconoscibili dai colori. le immagini qui non sono quasi mai puramente descrittive ma servono a costruire un mondo artificiale e opprimente, uno spazio da cui le due protagoniste cercano di scappare ma che continua a riprodursi pagina dopo pagina.

 le cose che abbiamo perso nel fuoco 
la prima fu la ragazza della metropolitana. c'era chi lo metteva in discussione, chi metteva in discussione le sue facoltà, i suoi poteri, la sua capacità di provocare incendi. una cosa era sicura: la ragazza della metropolitana predicava soltanto sulle sei linee della città e con lei non c'era nessuno. eppure era impossibile da dimenticare.

anche se questo è il primo libro di mariana enriquez arrivato in italia, avevo già letto la nostra parte di notte e i pericoli di fumare a letto. ma credo che comunque, indipendentemente dall'ordine di lettura, io non possa fare altro che amare quest'autrice e le sue storie, la cattiveria dei suoi racconti, il senso di straniamento che lasciano durante e dopo la lettura.
quelle raccolte qui sono storie che si muovono per strade malfamate e accanto a santuari macabri, in mezzo a coppie disfunzionali e amicizie eterne, tra case stregate e chiese sconsacrate.
escluso un racconto - chi mi conosce e ha letto questa raccolta indovina facilmente di cosa parlo - che è stato veramente troppo gratuitamente crudele, tutte le altre storie raccolte nel volume mi sono piaciute moltissimo.

l'ultima è anche quella che dà il nome alla raccolta e quella forse più potente (provo a limitare il più possibile gli spoiler). le cose che abbiamo perso nel fuoco prende il via dalla vicenda di una donna, la ragazza della metropolitana, bruciata per gelosia dal marito. al momento del processo, l'uomo aveva dichiarato che lei si era data fuoco da sola e tuttə, compreso il padre della vittima, gli avevano creduto.
il suo racconto inizia ad insinuarsi dai vagoni della metro dove la ragazza bruciata si ferma a parlare fin dentro le menti delle donne. basta poco perché inizino i roghi: prima una modella, a cui accade la stessa identica cosa della ragazza della metro, poi pian piano le donne bruciate iniziano ad aumentare. spesso le donne dicono di essersi date fuoco da sole, altre volte sono mariti, padri, fidanzati, amanti ad appiccare l'incendio.
ci vogliono molte vittime prima che inizino le pire: le donne si organizzano, salgono volontariamente sui roghi, si lasciano bruciare mentre le loro compagne riprendono il gesto e caricano i video delle cerimonie online, nascono ambulatori clandestini per curare quelle che iniziano a farsi chiamare le donne in fiamme.
tutto è previsto, organizzato, curato nei dettagli: le donne si bruciano per privare gli uomini della loro bellezza, per rispondere ai roghi delle streghe del passato e alle violenze domestiche del presente e del futuro, per sfuggire alla tratta, per essere le uniche, sole padrone del loro corpo e del loro destino.
le cose che abbiamo perso nel fuoco è un racconto agghiacciante che denuncia i femminicidi in argentina - e nel mondo - e che, come solo enriquez poteva fare, immagina una sorellanza violenta ma solidale che aiuta le donne a fuggire da un sistema che le vuole vittime.

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