nell'immaginario collettivo la strega è donna, spesso anziana o caratterizzata da evidenti deformità fisiche, generalmente accompagnata da un animaletto - un gatto, un rospo, un cane - suo servitore, messaggero e complice, con cui instaura un rapporto duraturo e profondo.
in effetti, se proviamo a richiamare alla mente l'immagine di una strega, la immaginiamo sempre in compagnia di una qualche creaturina, poco importa come decliniamo questa fantasia, se ci figuriamo la strega come una vecchina da fiaba, che vive nel bosco e crea strani intrugli di erbe o come una donna crudele che trama nell'ombra ai danni di qualcunə. quale che sia il valore - positivo o negativo - che diamo alla parola strega, molto probabilmente la declineremo al femminile e le metteremo accanto un qualche animaletto, più o meno simile a quelli di cui abbiamo esperienza quotidianamente.
ma da dove nasce la coppia inscindibile strega-famiglio?
ne il famiglio della strega, francesca matteoni ci accompagna in un lungo excursus storico sulle credenze popolari e la scienza medica dal tardo medioevo all'epoca moderna, attraversando atti processuali, storie e dicerie e focalizzandosi sul ruolo del sangue: il sangue come emblema e fonte di vita quando circola all'interno del corpo, il sangue come simbolo di morte quando viene sparso, il sangue come fonte di salvezza se riferito al sacrificio di cristo e come sede dell'anima secondo le concezioni della medicina di varie epoche.
il sangue, quindi, come legame cercato dal diavolo per impossessarsi dell'anima umana. il sangue femminile come parodia del latte con cui la strega - quasi sempre ma non esclusivamente donna - nutre le creature malvagie che la aiutano a compiere i suoi malefici.
il famiglio della strega è così non soltanto un saggio sulla figura di queste creature più o meno teriomorfe e più o meno dannose ma è anche un interessante trattato sulle concezioni scientifiche che ci hanno condotto - attraverso ipotesi e concezioni errate dell'anatomia e del funzionamento del corpo umano - alla biomedicina moderna, un modo per ricordarci che la scienza non è mai nulla di assoluto, anzi, che è sempre prodotto della cultura in cui si sviluppa.
le due figure - quella di strega e quella di famiglio - nascono come risposte a determinati e specifici problemi e questioni sociali, si nutrono di paura e di miseria come di storie e fantasie: dalle teorie umorali di stampo ippocrateo e galenico - che riguardano il funzionamento del corpo in relazione all'equilibrio tra i quattro umori fondamentali: sangue, flegma, bile gialla e bile nera - alle concezioni demonologiche e religiose, senza lasciare indietro una sorta di questione di classe: le donne accusate di stregoneria erano quasi sempre povere, vecchie e sole, così come povere erano le presunte vittime che cercavano, in qualche modo, di trovare risposta alle loro miserie.
la povertà e l'inconoscibilità di un fato quasi sempre cieco e ostile verso gli ultimi favorivano narrazioni, fantasie e forse vere e proprio visioni, dove creature altre si assumevano la colpa degli eventi negativi, ma potevano anche essere invocate per migliorare la propria sorte. non poteva essere così anche per il famiglio? presenza nociva per il vicinato, otteneva dalla strega un nome e veniva accudito, primariamente come animale domestico: un conforto e, a suo modo, un aiuto. è su queste premesse - condizioni di esistenza precarie e difficili, ricerca di soccorso ultraterreno - che nelle immaginazioni degli accusati, come dei loro accusatori, si fa strada la figura satanica.
il famiglio si evolve, nel corso del tempo, prendendo forma nel calderone dei racconti di fate, spiriti e folletti, facendosi via via sempre più malefico, sempre più intimamente connesso al corpo e al sangue della strega da un lato e alla dimensione infernale dall'altro, fino a trasformarsi in mostro dalle sembianze chimeriche e demoniache. solo negli ultimi secoli in cui la credenza nella stregoneria si è mantenuta in vita il famiglio torna a essere simile a un animale domestico e il legame di sangue sparisce.
le concezioni della stregoneria nel tempo sollevano anche un'altra, interessante riflessione: la strega è riconoscibile non per la sua conoscenza di materie segrete ma per i segni visibili del suo corpo. difetti e alterazioni della struttura della pelle, ad esempio, ma anche cicatrici, segni di ustioni o di attività usuranti, tutto - e qui torniamo alla questione di classe di cui prima - ciò che fame, miseria, malattie, violenza e duro lavoro potevano imprimere sui corpi (così come nelle menti) di chi, di certo, non si fregiava di titoli nobiliari. il corpo non conforme della strega è indagato, analizzato, pungolato e ferito per mostrare al mondo la sua a-normalità, prova irrefutabile della comunione con il diabolico. quanto abilismo c'è stato nella caccia alle streghe?
le confessioni delle streghe ci raccontano di profonde solitudini, causate dalla povertà, dall'esclusione, da dolori e difficoltà personali, da sensi di colpa e disagio, dalla rabbia perfino, e sì, anche da fantasia e visioni che in altre situazioni avrebbero fatto di alcune fra loro grandi narratrici. la strega vive sola. e in questa solitudine tesse amicizie eccezionali con spiriti, presenze ibride fra l'animale e il mostruoso, compagni invisi al suo vicinato. nella solitudine cerca, come ogni essere vivente, un conforto, apre spazi che conducano altrove, via dalla disperazione.
ultima - per questo spazio, ma di certo questo saggio ne suggerisce molte altre - tra le riflessioni che vorrei proporvi: il famiglio, che veniva nutrito con il sangue, succhiato direttamente dal corpo della strega come unə bambinə succhierebbe il latte dal seno della madre, diventa simbolo parodistico di una maternità che perde la sua sacralità e si fa quasi blasfema. la donna-strega è la donna che non è, o non può più essere, madre, che nutre una creatura animalesca, impura e malefica invece di una umana, innocente e potenzialmente utile e buona per la società. c'è, in questo rovesciamento dell'immagine della madre, tutto lo stigma sulla maternità non realizzata.
la strega e il suo famiglio incarnano il contrario delle aspettative sociali sulle donne e si tramutano, oggi, nell'immagine della gattara, la vecchia sola, spesso mai sposata (o rimasta vedova) e senza figliə, che si circonda di animali e li tratta come bambinə, creatura inadatta e inadattabile al vivere comunitario.
la gattara è, negli occhi di chi la guarda con disprezzo, la donna che tenta di rimediare al suo errore di non aver creato una famiglia sua, come se nessun altro tipo di relazione con nessun altro tipo di creatura fossero legittimi di per sé.
al netto delle mie personali riflessioni, il famiglio della strega è un testo interessantissimo, ricco di informazioni e scritto con la penna di chi, come francesca matteoni sa fare egregiamente, sa essere ricercatrice e insieme narratrice e poeta.
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