tra una stazione e l'altra, mentre me ne stavo nel vestibolo del treno a contemplare dal finestrino la steppa, monotona e sempre uguale - eravamo ormai al quarto giorno di viaggio - all'estremità opposta della carrozza apparve all'improvviso un ragazzino di dieci, dodici anni. impugnava un violino, e prese a suonarlo con eleganza e maestria tali che di colpo le porte degli scompartimenti si spalancarono sulle facce assonnate dei passeggeri.
gli esseri umani nascono, crescono e, a un certo punto - magari dopo essere anche riusciti a invecchiare - muoiono. sembra una cosa ovvia e scontata e in effetti lo è, ma non lo è per tuttə. di sicuro, non lo è per eržan, il protagonista di questa storia che, a un certo punto della sua vita, ha smesso di crescere.
per la precisione, il suo corpo ha smesso di crescere mentre il suo animo si trasformava da quello di un bambino a quello di un uomo.
eržan è il violinista che il nostro narratore incontra per caso, un giorno, sul treno, da qualche parte in mezzo alla steppa kazaka. la sua musica è stupefacente ma la sua storia lo è anche di più.
è una storia che inizia in sordina, vicino alla stazione di transito di kara-šagan, sperduta in mezzo al nulla. un posto abitato da due famiglie, quella di eržan - di cui fanno parte il nonno, la nonna e la madre, che ha deciso di non pronunciare più una singola parola da anni - e quella di ajsulu, che ha un anno meno di eržan e che, ha deciso eržan stampandole un morso su un orecchio, diventerà un giorno sua moglie.
eržan vive la sua vita scandita dalle superstizioni delle due nonne, la sua e quella di ajsulu, il mutismo di sua mamma, la severità del nonno e, prestissimo, la scoperta di un talento incredibile per la musica. sullo sfondo della sua esistenza e di quella di kara-šagan, gli stati uniti d'america e l'unione sovietica si fronteggiano e provano a dividersi il mondo, testando le proprie armi in zone ritenute, probabilmente, sacrificabili. nella zona di semipalatinsk, spiega hamid ismailov in una breve nota all'inizio del romanzo, tra il 1949 e il 1989 vengono innescate quattrocentosessantotto esplosioni nucleari. la vita di eržan si svolge all'ombra delle bombe e della promessa del progresso ma a lui - che sa poco o nulla di quelle esplosioni - importa poco.
a eržan importa della musica e di ajsulu e di riuscire a diventare un uomo forte e affascinante abbastanza da meritare la sua mano, un giorno.
così, ignorando la favola che petko, il suo insegnante di violino, gli aveva raccontato un giorno, spaventandolo a morte, durante una gita con la scuola eržan decide di mostrare a tuttə - e soprattutto a ajsulu - il suo valore, sfidando i divieti dellə adultə e tuffandosi nel lago morto.
proprio come accade nelle fiabe, la semplice, felice e promettente quotidianità del protagonista si spezza silenziosamente e una terribile punizione ricade sulla sua testa: eržan smette di crescere mentre tuttə lə suə compagnə cominciano a superarlo, un centimetro alla volta, finché al differenza di altezza diventa così intollerabile da costringerlo ad abbandonare la scuola.
come nella storia di petko, una parte di lui è rimasta bloccata in un eterno presente mentre il suo animo cresce e invecchia. eppure, il dolore di guardarsi rimanere incastrato in un corpo che non vuole più seguire il tempo, è doloroso ma non quanto la sensazione di perdere la bella ajsulu che, al contrario, cresce come se nulla riuscisse a contenere l'espandersi del suo corpo.
mito e realtà si fondono e si confondono dentro e fuori il racconto di eržan, narrato al ritmo dello sferragliare del treno in mezzo alla steppa e la storia si trasforma in una sorta di caccia al tesoro o, meglio, di caccia all'errore primigenio, alla colpa che ha scatenato la punizione: il tuffo nel lago? la storia di petko? una caccia alla volpe finita in tragedia di qualche anno prima? le vecchie superstizioni delle nonne? o era stata forse colpa di eržan che in così poco tempo aveva conosciuto tutto quello che la vita riservava - l'amore, la speranza, la delusione, la musica - e ora non gli rimaneva più nulla da consumare? e mentre lui rimane immobile, ajsulu cresce e cresce e cresce, quasi che il destino o qualche altra entità crudele volesse ridere della loro sventura fino all'ultimo istante...
la fiaba nucleare dell'uomo bambino è un libro come nessun altro che mi sia mai capitato di leggere. va oltre il realismo magico per intrecciare mito e realtà in modo tanto inedito da non riuscire più a distinguere dove finisce uno e inizia l'altra. l'ineluttabilità e l'assurdità della vita sono talmente grandi, per eržan, da sembrare lo scherzo di un dio capriccioso, eppure lui sa, con la stessa certezza con cui si conosce la verità impronunciabile dietro ogni mistero, che tutto ciò che accade, accade per un ragione e il motore primo di quella ragione è sempre il comportamento umano.
quello di ismailov è un romanzo affascinante e straniante che - se resistete all'orrore di qualche descrizione fin troppo accurata di parassiti vari all'inizio della storia - riuscirà a stupirvi fino all'ultima pagina.
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