il fatto è che una vita, come un racconto, è composta di tante parti e ogni parte da altrettante parti sempre più piccole. ma per piccole e banali che siano, una parte di un racconto è un racconto e una parte di una vita è una vita.
kalpa imperial viene pubblicato per la prima volta in argentina in due volumi, usciti rispettivamente nel 1983 e nel 1984 ma ci vorranno circa due decenni prima che arrivi in traduzione a un pubblico più vasto, grazie al lavoro di ursula k. le guin che lo consegna allə lettorə anglofonə nel 2003.
in italia, invece, bisognerà aspettare il 2022 e la traduzione di giulia zavagna per rina edizioni ma se pure sono passati quasi quarant'anni dalla sua prima edizione, il capolavoro di angélica gorodischer, pur legato alla cronaca argentina della sua epoca, come vedremo, pare vivere fuori dal tempo.
e a proposito di tempo: kalpa è un termine sanscrito che indica, nella cosmologia induista, un ciclo cosmico - detto anche giorno di brahma - lungo 4.320.000.000 anni. il kalpa sta alla base della teoria per cui il tempo non scorre in modo lineare ma in cicli che si ripetono. è durante questo eterno ritornare su sé stesso che avvengono i processi di emanazione, durata e riassorbimento dell'universo con momenti di distruzione parziale o totale (fonte wikipedia).
kalpa imperial racconta del più grande impero mai esistito, un impero che non ha nome perché nulla pare esistere al di fuori. l'impero cade e risorge innumerevoli volte, non ha inizio e non ha fine, si trasforma infinitamente alimentandosi di sé stesso, espandendosi nel tempo come nello spazio:
vasto è l’impero, disse il narratore, così vasto che la vita di un uomo non basta a percorrerlo tutto.
la storia dell'impero non è scritta ma raccontata oralmente: disse il narratore è la formula magica che apre quasi tutti i racconti - o i capitoli, se preferite immaginare kalpa imperial come un romanzo - e in quel dire c'è la capacità delle storie di mutare la loro pelle come serpenti, di essere sempre uguali a sé stesse eppure sempre diverse ogni volta che qualcunə presta loro la propria voce e le racconta.
undici storie - o capitoli - undici voci, undici momenti - a volte lunghi secoli - della storia dell'impero, impero che designa tanto l'immenso territorio amministrato dall'imperatore (o, a volte, dall'imperatrice) quanto l'istituzione stessa del potere imperiale.
perché la storia dell'impero è la storia del potere e kalpa imperial viene scritto proprio durante l'ultima fase della dittatura argentina e il ritorno della democrazia, come spiega loris tassi nella sua prefazione. così, immaginario e reale si mescolano e diventano uno specchio dell'altro e il primo racconto/capitolo inizia così:
il narratore disse: ora che soffia un vento propizio, ora che sono finiti i giorni di incertezza e le notti di terrore, ora che non vi sono più accuse né persecuzioni né esecuzioni secrete, ora che il capriccio e la follia sono scomparsi dal cuore dell'impero, ora che noi e i nostri figli non siamo più assoggettati alla cecità del potere [...]
e continua con una delle pagine più belle e ricche di vita che abbia mai letto, della vita come un prisma che riflette immagini e luce e momenti in cui la gioia di esserci, semplicemente, assume mille forme.
kalpa imperial racconta il potere che viene anelato, conquistato e poi perduto, che viene strenuamente difeso e desiderato, amministrato con saggezza o sfruttato con arrogante egocentrismo, a volte fino alla pazzia. potere che è sempre un dolce veleno, che è pericoloso per chi lo detiene e per chi lo subisce.
si parla del potere secolare, quello di una persona sul resto della moltitudine di esistenze, ma anche del potere della memoria e della parola, che è lo strumento per conservarla, tramandarla o mistificarla, potere che appartiene al narratore e che nessun guerriero, comandante o imperatore può eguagliare.
raccontare storie, quindi, non significa semplicemente mantenere in vita il ricordo della realtà, di un'unica realtà, perché questa è in sé stessa molteplice e perché la memoria è malleabile. raccontare storie è di per sé la forma di potere più grande, capace di orientare il presente attraverso la rievocazione - o l'invenzione - del passato, capace persino di plasmare il futuro. un potere enorme che si esplicita tutto in una frase chiave del libro:
questa storia è vera e falsa come tutto ciò che raccontano gli uomini.
il raccontare, in kalpa imperial, diventa così l'azione che mette insieme lo spazio finito e il tempo preciso del reale - dell'argentina visibile in filigrana attraverso le pagine - e lo spazio indefinito e il tempo millenario del mito in cui echeggiano i poemi greci, le fiabe classiche e le pagine bibliche, i mondi di tolkien e le città invisibili di calvino, autore a cui gorodischer dichiara di essere grata per l'incoraggiamento ricevuto.
nelle storie dell'impero c'è tutto ciò che l'impero è, è stato e sarà sempre, in quel ciclo temporale dove passato, presente e futuro coincidono con l'idea di memoria, di esperienza e di possibilità: bambini che diventano imperatori, impostori che salgono al trono, uomini che criticano il potere, imperatrici bugiarde, battaglie e guerre, palazzi e città che continuano a sorgere sopra le loro stesse rovine, che alternano splendore e decadenza, ci sono imperatori folli e nefasti e lascivi e altri buoni e coscienziosi e imperatrici sagge che anelano alla conoscenza, anni di paura e incertezza e altri di riposo e serenità e ci sono i cantastorie a custodire tutte queste storie e, sempre, orecchie pronte ad ascoltarle.
vasto è l'impero e popolato di moltitudini ma è facile immaginare le sue città svuotate e dimenticate per sempre, abbandonate ai secoli e restituite alla natura, città che - nella quasi utopica fantasia di un mondo senza testimonianza umana - avrebbero forse la loro forma più perfetta:
tutto a poco a poco si coprì di muschio e di licheni e di piante e crebbero fiori acquatici nelle piscine abbandonate e varietà di drahilea nelle capigliature di marmo delle statue. sembrava morbida e carnosa, fatta di foglie e steli verdi ingrossati dalla pigra linfa. molti dicono che non fu mai così bella, ed è possibile che abbiano ragione. si confondeva con le montagne e con quel che cresceva sulle montagne; fu parte della terra dalle cui viscere era sorta, dalle profondità delle caverne. forse sarebbe stato giusto che continuasse così, e oggi sarebbe una città vegetale abitata da uomini salici e donne palme, una città che oscilla con il vento e canta e cresce sotto il sole.
kalpa imperial è una raccolta di meraviglie, evocate dalla voce dei narratori, inventate dallo sguardo della fantasia di chi ascolta e dipinge nella sua mente, di chi richiama alla memoria, di chi inventa futuri lontani, di chi impara a comprendere il presente.
ed è un inno alla forza delle storie e del potere della narrazione, alla possibilità che solo le parole hanno di farsi strumento capace di scardinare persino il potere dei regnanti. o dei tiranni.
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