"mi tennero lì dentro per dieci giorni. dieci giorni e solo il fetore della mia carne a farmi compagnia. neanche un ratto mi degnò della sua presenza. non c'era nulla che potesse attirarlo; non mi avevano portato niente da mangiare, soltanto birra. dei passo. poi il cigolio del metallo mentre il catenaccio veniva rimosso. la luce mi ferì gli occhi. per un attimo gli uomini sulla soglia scintillarono, come se non fossero di questo mondo, come se fossero venuti a portarmi via. gli uomini dell'accusatore. erano venuti per portarmi a processo"
alcune storie sono un rifugio, smettono di essere solo parole e diventano letteralmente un posto in cui poter respirare, pensare, capire, guarire le proprie ferite e prepararsi a cambiare. la storia di altha inizia nella disperazione di una cella, una storia che attraversa secoli e diventa rifugio e salvezza per due delle sue antenate, violent e kate. le vite di queste tre donne si intrecciano e si influenzano rievocando, nel corso del tempo, lo stesso dolore e lo stesso desiderio di libertà.
nel 2019, kate fugge via da londra e da un fidanzato violento e possessivo che la sta distruggendo nel corpo e nell'anima. a legarla a lui ormai c'è solo la paura e il pensiero ossessivo di meritare quel dolore, quell'umiliazione e quell'annientamento per una colpa che kate continua ad attribuirsi da quando era bambina. la sua destinazione è un piccolo cottage di campagna, lontano dalla città e immerso nella natura, quella che kate si è obbligata a tenere fuori dalla sua vita ormai da troppo tempo. il cottage è un lascito della sua prozia violet, per lei praticamente un'estranea che però, adesso, è diventata la sua salvatrice.
nel 1942 violet ha sedici anni e un amore sconfinato per gli alberi, gli insetti, la natura in ogni suo aspetto e forma, un amore che nessun altro ha né comprende, un amore che - violet lo sa - la lega al suo passato e alle sue origini. sogna di diventare una biologa o un'entomologa, vorrebbe studiare ma questo è permesso solo a suo fratello graham. sua madre è morta quando lei era troppo piccola per poterne conservare il ricordo e tutta la sua esistenza è trascorsa all'ombra di suo padre, un uomo insensibile e crudele che vorrebbe ridurla a una bambola ben educata a suo servizio, un dono da offrire a un altro uomo quando sarà il momento opportuno. mentre prova a scoprire qualcosa di più su sua madre e sul nome wayward, violet porterà alla luce un passato molto più tragico e doloroso di quanto avrebbe mai immaginato.
nel 1619, altha viene accusata di stregoneria e dell'omicidio di un fattore, marito quella che un tempo fu la sua migliore amica, grace. imprigionata e processata come strega, nei suoi giorni di terrore e vuoto, altha riporta alla mente i ricordi di sua madre, i suoi insegnamenti, il legame con la natura e la capacità di curare, e i ricordi di grace, l'affetto che le legava e che è scomparso per colpa dell'odio che gli uomini hanno seminato tra le donne per spezzare i loro legami e indebolire la loro forza.
uomini crudeli, violenti, uomini che picchiano e umiliano, uomini che stupr*no, uomini che conoscono solo il desiderio di possedere e piegare donne più forti di loro. la loro presenza è il leit motif che accompagna le storie di altha, violet e kate, tutte e tre a un passo dall'annientamento, tutte e tre capaci di risollevarsi e di lottare grazie ai legami con la natura e con le loro antenate, madri vicine e lontane, sorelle, amiche, zie, donne che, raccontandosi storie e tramandandosi conoscenza e saggezza, intessono l'una la salvezza dell'altra.
weyward è un libro che ti costringe a leggere una pagina dopo l'altra, che ti trascina dentro le storie e le vite delle tre protagoniste, facendoti sentire le loro emozioni - dolore, sorpresa, desiderio di rivalsa e di libertà - con una forza che a volte toglie il fiato.
il linguaggio è semplice e diretto, mai banale anche quando non riesce a farsi poesia, a concedersi un momento per assaporare le parole, non è mai troppo ricercato ma riesce comunque ad arrivare con forza fin dentro le ossa. sono parole che trasmettono l'urgenza di raccontare una storia che si riverbera nel tempo, quella delle donne weyward, ma anche quella di tutte le donne che hanno lottato e sofferto per trovare sé stesse così che possa essere faro e guida per le donne che lottano e cercano ancora.
post pubblicato in origine su instagram.
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