"a rovellana, piccolo comune di circa trecento anime della campagna vercellese, un'ordinanza comunale ha stabilito che i non residenti del comune devono fare domanda al sindaco per entrare nel territorio comunale."
accade così, per caso, leggiucchiando tra le pagine di un giornale locale, che nicoli scopre di rovellana e del suo pass e, con la testa piena di domande su come può funzionare una comunità sigillata nei confronti del mondo esterno in un sistema-mondo che si fonda sullo scambio e la libera circolazione dei beni come delle informazioni, decide di richiederne uno per scrivere un articolo su questo paese.
oggi chiusa per decreto, rovellana è stata una piccola ma autosufficiente comunità contadina prima e industriale poi. in seguito, come in tanti altri piccoli paesi, la fine dell'epoca d'oro dell'industrializzazione, la delocalizzazione delle imprese e la globalizzazione dei mercati hanno distrutto l'identità del paese e dellə suə abitanti. non sanno più chi sono, non sanno più qual è il loro posto.
perdere la propria identità genera paura e la paura è solo l'anticamera della chiusura e della violenza: «c'è un gran bisogno di riscoprire le nostre radici [...] e di eliminare chi ci vuol fare dimenticare chi siamo».
se non si riesce più a definire la propria appartenenza - «i sogni dei rovellanesi erano prima sogni di contadini, poi sono divenuti sogni operai. loro appartenevano a quel mondo e sognavano di quel mondo. [...] i rovellanesi non sono più nulla. quali sono i loro sogni?» - il modo più facile per tornare a riconoscersi è unirsi contro qualcunə.
essere dalla stessa parte della barricata contro lo stesso nemico è il modo più facile, primitivo e per questo universale e facile da accettare, di sentirsi parte di qualcosa.
e chi dovrebbe essere il nemico di rovellana? un generalizzato e fumoso straniero, indefinito e indefinibile ma sicuramente criminale da cui i rovellanesi devono difendersi: ecco il motivo del pass, misura probabilmente esagerata e criticabile ma, a quanto pare, necessaria. ma come si fa a convincere un intero paese a credere in qualcosa che non esiste?
con il suo pass valido tre giorni, nicoli ci fa conoscere - attraverso i suoi occhi e il suo tono da inchiesta giornalistica - rovellana. l'atmosfera è fin da subito angosciante e straniante, e ciascuno sembra interpretare un ruolo ben definito, come se si attenesse a un copione già scritto: martin, il sindaco, accogliente e in qualche modo amichevole; rughini, unico medico del paese; piangrano, assessore con la faccia da sceriffo di vecchie pellicole scolorite e nicoli, il giornalista ficcanaso da tenere sotto controllo.
letteralmente sotto controllo, ventiquattr'ore su ventiquattro, guidato e informato di rovellana, della sua storia e della sua particolare soluzione alla criminalità dai tre autoeletti ciceroni. in qualche modo però, nicoli riesce a sfuggire dall'ossessiva presenza delle sue guide che amano ribattere sempre sugli stessi argomenti ma svicolano ad alcune domande - ad esempio, perché tutti quei campi da tennis? - e arriva a un pelo dall'angosciante mistero di rovellana, un mistero fatto di capannoni sperduti in mezzo alla campagna, spari a vuoto e... rettili.
qualcuno dovrà pensare ai rettili è una distopia nostrana, impernata su quelle paure che conosciamo bene perché ne siamo circondatə ogni giorno, sul senso di smarrimento davanti a un mondo troppo veloce che non ci concede di stare al passo. rovellana incarna il senso di sfiducia nelle istituzioni nel peggiore dei modi possibili, reiterando i sistemi più sbagliati di quel mondo che ci fa sentire abbandonatə e costantemente in pericolo e che per questo si cerca di chiudere fuori.
walter comoglio ha immaginato una cittadina tanto strana e impensabile da essere tremendamente possibile. e questo è il fantastico che ci piace di più, quello capace di mostrarci al meglio chi siamo e, soprattutto, chi stiamo diventando.
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