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mercoledì 22 marzo 2023

elettra s01e01 - l'olivastro: intervista a olga campofreda, eloisa morra e marta zura-puntaroni

“padre, padrone, padrino. padre spirituale, santo padre. patria, antichi padri, paternità. patriarca, patriarcato. quante parole da una singola radice, eppure una sola dinamica: quella di subordinazione a qualcosa di più grande, più sacro, più autorevole”


se in letteratura il rapporto madre-figlia è stato indagato più e più volte, soprattutto nell’ottica di uno scontro tra le due, quello tra le figlie e i padri è stato più spesso sottaciuto o rappresentato in modo stereotipato: i padri delle favole sono buoni ma spesso vittime di inganno (neanche a dirlo, da parte di donne), sono amorevoli ma in qualche modo inconsapevoli della vita delle figlie, assenti dal racconto delle loro esistenze. oppure sono padri-padroni: oppressivi, invadenti, autoritari. padri di cui si è succubi, insomma, in un modo o nell’altro, padri le cui scelte ricadono inevitabilmente sulle figlie.

il mito di elettra, a cui si rifà il titolo di questa collana – anzi, serie – è esplicativo di quel rapporto di subordinazione così radicata da trasformarsi in amore cieco. elettra non vede i crimini del padre: l’uccisione della sorella, il tradimento della madre con cassandra, l’arroganza di chi, dopo dieci anni di lontananza, torna a casa e vuole ripristinare il suo dominio, come prima l’aveva imposto sul campo di battaglia. non vede nulla e, anzi, giustifica ogni sua azione e colpevolizza la madre che pure aveva fatto in modo di proteggerla da egisto, spingendo il fratello oreste a ucciderla. elettra è la figlia accecata dalla devozione, che non si fa scrupoli a far continuare a versare il sangue della sua famiglia.

la prima elettra di questa serie è caterina, protagonista del racconto l'olivastro di marta zura-puntaroni, il primo episodio di questa serie. figlia del sud, trapiantata controvoglia al nord in cerca – ancora – di sé stessa. caterina è una pianta sradicata dalla sua terra che anela al ritorno, è un albero forzato a crescere in una direzione che non avrebbe mai preso se libero.
e come tutto quello che è costretto ad abitare luoghi sbagliati, caterina vive male. la sua vita è fatta di scelte compiute nel nome del buon senso e del “cosa direbbero gli altri”, così asseconda la decisione della madre di spedirla a milano a studiare giurisprudenza per quieto vivere e così finisce per stare insieme a matteo, il brillante, perfetto studente che si laurea in tempo con il massimo dei voti, che sa sempre cosa dire e come comportarsi. caterina è tutto il contrario della perfezione e soffoca in una città in cui non riesce ad ambientarsi, senza trovare le persone con cui costruire rapporti sinceri che possano migliorare un po’ le sue giornate.
è per questo che caterina torna a casa: torna alla sua terra, ai suoi ulivi e soprattutto torna da suo padre, l’unica persona che l’abbia capita e accettata per quella che è:

“cateri’, tu non sei come quelli lì, non sei un ulivo, ma a te che te ne frega di stare in fila e farti tagliare i rami, no? non ti preoccupare se gli altri fanno più frutti, le continuò, tu almeno sei tutta intera, tutta tu, te ne stai per la macchia a farti i fatti tuoi, e sei bella e selvatica, non ti sei fatta tagliare i rami per mettere quelli addomesticati, no?”

caterina e suo padre parlano una lingua tutta loro, una lingua fatta di alberi e frutti e terra, una lingua che li unisce nella stessa passione, una lingua capace di descrivere il mondo e di modellarlo come piace a loro. è un rapporto bellissimo il loro, fatto di comprensione, complicità e silenzio. e la loro storia - un modo bellissimo di iniziare un progetto così interessante e promettente - porta a un finale sorprendente che sconvolge lә lettorә e che ha bisogno di tempo, di qualche rilettura prima di mostrare il suo vero significato.

di elettra, caterina, padri e figlie parliamo con olga campofreda e eloisa morra, curatrici della collana e marta zura-puntaroni autrice de l’olivastro. buona lettura!

ciao a tutte, grazie mille di essere qui e benvenute su claccalegge! parliamo di elettra, il vostro progetto nato con effequ: spiegateci di cosa si tratta e come è nata l'idea di questa "serie"
Eloisa: L'idea di Elettra nasce dal dialogo su padri e patriarcato iniziato quasi tre anni fa con Olga, a cui mi legano tante passioni (femminismo, scrittura, ricerche sulle voci d’autrice). Ci aveva colpito in particolare il fatto che si trovassero un sacco di studi e testi sulla figura della madre e sull'evoluzione del materno, molto meno invece sui padri, e in particolare su come scrittrici contemporanee stessero iniziando a portare avanti riflessioni nuove, che inquadravano i padri e le figlie da angolature inusuali. Ci era poi capitato di imbatterci in romanzi in cui nuove figure di padri — decisi ma anche fragili, assenti, scomparsi o fantasma — apparivano di sguincio, come in attesa di essere sviluppate ulteriormente. Quale migliore occasione di un progetto editoriale?

Olga: una cosa molto importante per il discorso del progetto io e Eloisa ce la siamo detta dopo aver letto il bellissimo saggio di Katherine Angel, Bella di papà. Angel scrive in un mondo post #metoo in cui già da molto presto le giovani donne iniziano a prendere consapevolezza della propria condizione e del proprio ruolo di genere. Questo ha comportato un allontanamento dalla famiglia e soprattutto da quei padri verso cui il mito invece le avrebbe fatte tendere. Nel libro di Angel i padri innamorati sono come amanti abbandonati. Questo era un ripensamento interessante. Qualcosa di collaterale che si andava ad aggiungere ai discorsi più diffusi sulla lotta al patriarcato. Quali altre alternative al mito avremmo potuto trovare, in un mondo in cui la femminilità è sempre più consapevole? Questa è la domanda che in diverse forme abbiamo fatto a tutte le nostre Elettre.

Eloisa: Si, Angel è stata una lettura decisiva, come pure naturalmente tutto il dibattito seguito al #Metoo. Parlare di padri significa, in un certo senso, anche ridiscutere il rapporto con l’autorità in senso latto, e in particolare la figura del maestro, spesso e volentieri problematica.
perché avete scelto di intitolare la collana proprio a elettra, una figura che incarna lo stereotipo dell'attaccamento al padre?
Eloisa: Perché ci piaceva l'idea di poter giocare con le cristallizzazioni mitiche, rovesciandole. Elettra è un modo per ridare voce non solo alle figlie, ma anche per liberare i padri da stereotipi tossici (mascolinità come sinonimo di forza, mancanza di espressione dei propri sentimenti). In un certo senso ci piaceva anche l'idea di ri-includere nel discorso pubblico le figure dei padri (maschi cis di mezza età), liberandoli dalle loro armature-prigioni.
perché avete pensato di affidare queste riflessioni a una serie di racconti e non, ad esempio, a un saggio?
Eloisa: Perché pur essendo delle ricercatrici ci sembrava fondamentale uscire dalla prospettiva degli studi accademici per raggiungere un pubblico ampio. Poi ci piaceva l'idea di Elettra come avventura collettiva, con racconti scritti da autrici di varie generazioni, dalle voci forti per originalità letteraria. E quale formato migliore del racconto, declinato nel libro di piccolo formato, da far girare di tasca in tasca? L'idea ci ha (scusate il gioco di parole) elettrizzate!
elettra ha un'altra particolarità, non è una collana ma una serie e sul sito dell'editore, infatti, l'olivastro è presentato come "stagione 1, episodio 1". cosa si intende per serie in questo caso?
Olga: A me piace pensare a un’antologia diffusa, in cui gli episodi affrontano la tematica del paterno attraverso diverse voci e diverse angolazioni. Il lavoro fatto a monte, sulla selezione delle scrittrici, è stato molto bello e valido. Abbiamo innanzitutto mappato il territorio delle voci femminili nella letteratura italiana contemporanea e poi ci siamo soffermate su chi tra queste nei loro lavori aveva lasciato trapelare di aver qualcosa di nuovo da dire sull’argomento. Con Marta, per esempio, è stato veramente folgorante.

Eloisa: Ci ha entusiasmato l'idea di un progetto a termine, con episodi di altissima qualità, un'antologia disossata quasi. Elemento di novità che abbiamo sottolineato scegliendo di tenere la stessa immagine di copertina, creata dalla talentuosa Carla Indipendente, per tutti gli episodi della serie (in stile Netflix). A variare sarà soltanto il colore. L'invito è a collezionarli tutti!
come avete scelto marta per il primo episodio di questa serie?
Olga: A me erano piaciuti da morire i suoi libri per Minimum fax e nel secondo, in cui si parla tanto della linea femminile della famiglia, ci sono in verità alcune scene dedicate al padre e alla famiglia del padre che sembravano sospese nel tempo. Avevano qualcosa di atavico che poteva essere interrogato ulteriormente. Il contrasto era quello tra le donne emancipate che si muovevano sulla scena e un padre accennato, marginale, ma con un legame fortissimo alla terra e alle tradizioni. Motivo che torna in parte nell’Olivastro, forse con maggiore empatia.

Eloisa: Concordo, Olga aveva recensito il secondo romanzo di Marta e anche per me è stata una folgorazione. C'era un nucleo immaginativo che andava ulteriormente sviluppato ma era già lì. Credo l'Olivastro delinei un piccolo mondo in pochissime pagine, e che difficilmente i lettori lo dimenticheranno.
la copertina presenta una donna che si scioglie i capelli e dalla sua treccia disfatta cade un omino piccolo piccolo. io c'ho letto un miliardo e mezzo di simboli e mi sono fatta un'idea che non so quanto sia sensata, ma spiegateci voi quest'immagine cosa rappresenta e perché l'avete scelta per elettra.
Eloisa: Si, è un'immagine bellissima, stratificata. Ci siamo imbattute nel lavoro di Carla Indipendente un po' per caso, su Instagram: è stato subito un sì tanto da parte mia che di Olga e degli editori! Credo Carla abbia tradotto in modo impeccabile il nucleo del progetto, l'idea cioè di scrollarsi di dosso una volta per tutte gli stereotipi sul paterno. Le nostre Elettra non sono arrese né pregiudizialmente contro il maschile, ma rivendicano la possibilità di ridisegnare da capo i rapporti tra padri e figlie. Vera Gheno recentemente ricordava il ricorrere nel discorso pubblico della parola "mammo", come una diminutio: quando invece ci si trova semplicemente davanti a padri attivi, presenti bella vita emotiva e intellettuale delle figlie.
marta, per te come è stato ricevere l'invito a inaugurare questo progetto?
Marta: Allora, io non mi ero confrontata molto spesso con il genere racconto, quindi ho detto di sì con l’intima speranza che la cosa come dire, naufragasse o che trovassero scrittrici più interessanti di me e si scordassero di avermelo chiesto. Non è successo e anzi hanno trovato l’ottimo sostegno di effequ che per motivi sia personali che di politica editoriale è una delle mie case editrici del cuore, quindi a quel punto non potevo più tirarmi indietro. Fortunatamente Caterina e Paci’ si erano iniziati a formare nella mia testa autonomamente, senza che io ci pensassi troppo, quindi quando si è concretizzato il progetto c’era già una storia da raccontare.
come dice eloisa, ne l'olivastro c'è un mondo intero, quello della campagna, degli uliveti, di una saggezza e una conoscenza precisa. c'è un che di biografico in questa ambientazione?
Marta: Ovviamente sì. Sono sempre stata attaccata alle Marche (la mia regione di origine) ma più passa il tempo e più la campagna/provincia stanno diventando per me importanti a livello di narrazione. Come lettrice non tollero più i romanzi ambientati a Roma/Torino/Milano, i personaggi con le velleità intellettuali che ricalcano le velleità intellettuali di chi li scrive, il pensare che l’Italia sia tutta concentrata nelle tre città più grandi quando di base il 90% dei suoi abitanti vive in provincia. Quindi non ho potuto fare altrimenti che scrivere qualcosa di ambientato in campagna, con persone che non hanno altro desiderio che restarci.

Eloisa: Pienamente d'accordo con Marta sul valore narrativo della provincia (che, come ricordava in una recente presentazione, è molto più stratificata di quanto si immagini) e sulla necessità di staccarsi dal racconto dell'individualismo borghese per aprirsi a racconti più corali.

Olga: Con Elettra vogliamo avvenga questo: offrire una riflessione su alcuni paradigmi che stanno cambiando e ci interessano da vicino, dal punto di vista antropologico ed esistenziale.
la figura paterna non è per forza una figura negativa, ad esempio, paci' non lo è anche se forse lo si potrebbe dire assente quando avrebbe potuto aiutare la figlia a mantenere salde le sue decisioni (senza fare troppi spoiler)
Eloisa: Concordo in pieno sul fatto che non tutti i padri sono modelli negativi, e ci mancherebbe. Se posso permettermi un po' di autobiografia, nel mio caso lavorare a questo progetto è stato anche un modo di ritrovare mio padre, con cui parlavo spesso di scrittura e di questioni legate alla parità di genere e ai rapporti tra i sessi.
marta, nel tuo racconto ho letto anche la voglia di ribaltare alcuni pregiudizi, ad esempio sulla "nobiltà" di alcuni mestieri rispetto ad altri o sul rapporto tra città e provincia…
Marta: Le persone che scrivono sono spesso persone che vorrebbero lavorare nell’ambiente intellettuale - accademia, editoria, giornalismo, ecc. - e che quindi hanno come unico orizzonte narrativo quello, narrare persone che fanno quei lavori o che se non li fanno non li fanno perché non ci sono riusciti. Il “contadino” è sempre colui che avrebbe voluto studiare, avrebbe voluto fare altro ma per motivi socioeconomici non ce l’ha fatta. Ero stanca di questa idea, dell’idea che l’unico lavoro desiderabile e degno fosse quello intellettuale. Così la questione della città: sembra che i libri siano tutti ambientati sempre nelle stesse due o tre città d’Italia, la provincia è solo il posto gretto e chiuso da cui i fortunati riescono a fuggire e in cui gli sfortunati si trovano a soffocare. Non è un tipo di narrazione che mi rappresenta, e penso che sia evidente dai “ruoli” invertiti che hanno campagna e metropoli nel libro.
come si diceva all'inizio, nella narrativa il "padre" è spesso una figura lontana dal vissuto reale: penso alle favole in cui questi padri buoni, ad esempio, si risposano con donne crudeli e non si accorgono delle vessazioni subite dalle figlie, un po' come paci' che non riesce a far scontenta la moglie anche se va contro i desideri, che conosce bene, di caterina.
Marta: Io con Paci’ ho voluto riprendere un po’ la figura paterna che accompagna i miei due libri precedenti - che è quella che è plasmata su mio padre - e chiedermi come sarebbe stata se non avesse avuto quella serie di obblighi e pressioni patriarcali che l’hanno portata a essere il classico padre incapace di dialogo e di mostrare emozioni. E da lì è stato naturale vedere come il patriarcato non è una questione di singola persona, di singolo padre, ma come anche una madre può essere ancella del patriarcato, pretendere un addomesticamento del femminile selvaggio.
il rapporto tra paci' e caterina infatti è tutto giocato su quella sintonia che porta a comprendersi anche senza il bisogno delle parole, come se il cordone ombelicale fosse stato tra loro due più che tra figlia e madre... e poi alla fine questa comprensione reciproca di desideri porta a una conclusione della storia che - non faccio spoiler! - ammetto mi ha parecchio stravolta!
Marta: È un racconto ctonio, con personaggi femminili quasi repellenti a tratti e un personaggio maschile invece benevolo. Mi piaceva ribaltare la forma matriarcale del romanzo precedente, mi piaceva mettere un padre buono, mi piaceva soprattutto avere un personaggio femminile antipatico, scontroso, cosa che è raramente concesso ai personaggi femminili che devono essere sempre “piacevoli” - o sexy o intelligenti o simpatici o tutte queste cose assieme, mentre i personaggi maschili più sono abbietti e più piacciono. Caterina, mi sono resa conto poi, anche da semidivinità ctonia come io ho finito per pensarla, repelle il male gaze, ed è proprio il suo scopo. Sulla conclusione posso solo dire che è la prima scena che mi è venuta in mente, come i personaggi si sono presentati. Da lì ho dovuto fare un percorso a ritroso per capire chi erano e cosa era successo.

Eloisa: Concordo, l'Olivastro pare parli in modo diverso a ognuno di noi, e come il male gaze interiorizzato sia parte di alcune donne, non solo di uomini di alcune generazioni.

Marta: La madre di Cate è l’esempio di patriarcato portato avanti dalle donne, quelle che impastoiano altre donne negli stessi obblighi che hanno subito e che le rassicurano.

Eloisa: Purtroppo si, e credo L'Olivastro parli a molte di noi perché questi tentativi di ‘addomesticarci’ da parte di altre donne li viviamo in modo quasi quotidiano…
elettra, dicevate, sarà una sorta di antologia a episodi: sapete già quanti saranno? e magari potete anticiparci qualcosa sulle prossime uscite?
Eloisa: Per adesso vogliamo restare nell'ordine della decina, con autrici di generazioni diverse. Alterneremo fiction a non fiction, e speriamo che questo sia utile a tradurre una pluralità di angolature. All'Olivastro seguirà un testo di Francesca Manfredi, Bestiario Parentale, un personal essay molto avvincente sull'etologia del materno vs paterno; anche in quel caso, un ribaltamento. Con Francesca Scotti invece torneremo alla fiction, attraverso un testo corale molto delicato sull'età di passaggio (di qui il complicato rapporto coi padri) che è la prima adolescenza. E poi Alessandra Sarchi, altra scrittrice dall'immaginario molto visivo, denso, che in passato aveva riflettuto sul materno. Ho già detto troppo! ;)
com'è nata la collaborazione con effequ?
Olga: Di effequ abbiamo sempre amato l’attenzione alle questioni di genere e al dibattito contemporaneo. In particolare, il modo che hanno - soprattutto nei saggi pop - di intercettare temi importanti di questa società in cambiamento senza banalizzarli ma immettendoli nel discorso di oggi.

Eloisa: L'incontro magico con effequ è nato attraverso Olga, ed è stata sintonia immediata. Apprezziamo tantissimo la loro selezione di titoli, l'attenzione alle questioni di genere e la loro idea di editoria resistente. Ne è prova l'investimento sulla serie, un progetto molto ambizioso su cui il dialogo è costante.
elettra riprende il piccolo formato che negli ultimi anni ha avuto molto successo e lo articola in un modo nuovo, cioè quello della collezione di libretti che insieme formano un corpus unico: questa è stata una scelta vostra o dell'editore?
Olga: Scelta collettiva direi.

Eloisa: Concordo, collettiva. Il formato libretto da collezione ci è parso molto più atto a intercettare i bisogni attuali (rapidità di lettura, agilità del formato, riconoscibilità) che non l'antologia old school.

Olga: Sì, ci sembrava dinamico e poi metaforicamente ci piaceva anche l’idea di sollevare pensieri che ti si infilassero in tasca, accompagnandoti per un’intera giornata.

Marta: Sono d’accordo, l’antologia è un formato pesante e che non rende, sia a livello economico che a livello letterario. Appiattisce i testi, interessa ormai poco. Mentre questa scelta dei libri brevi secondo me è molto bella.
ci saranno anche racconti di esordienti in questa prima stagione di elettra?
Olga: No. Non abbiamo pensato ad esordienti perché una delle caratteristiche di Elettra è la riconoscibilità della voce e del punto di vista di autrici che ci sono piaciute e che, appunto, si erano già mostrate tangenti al tema di riferimento. Toccava solo tirarglielo fuori!

Eloisa: In un certo senso ogni Elettra è frutto di un riconoscimento reciproco! E anche l'idea di spingere autrici di cui apprezziamo le voci a confrontarsi con un formato nuovo: racconti per cui scrive romanzi, non-fiction per chi lavora con la fiction (e viceversa). :)

Marta: Naturalmente per me è stato molto bello vedermi riconosciuto uno sguardo potenziale sul paterno da far evolvere in questo progetto, e ringrazio tantissimo Eloisa e Olga per aver pensato a me come prima autrice. Come ho detto all’inizio ero molto intimorita dal racconto, era una forma letteraria che non avevo mai sentito mia - ma la storia di Paci’ e Cate è arrivata molto prepotentemente e aveva proprio il ritmo adatto, e sono davvero soddisfatta del risultato.
se non avessi letto l’olivastro proprio pochi giorni fa, adesso sarei curiosissima di buttarmi a pesce nella storia di caterina! quindi vi ringrazio tantissimo del vostro tempo e di questa bellissima chiacchierata e vi auguro imboccallupo per questo progetto!
Olga: grazie dell’opportunità!

Marta: grazie a te!

Eloisa: grazie ancora!

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