lunedì 5 dicembre 2022

carambola dormiente

una volta vedevo luce e colori ovunque, adesso vedo solo in bianco e nero. eppure ho una paura fottuta del buio. mi sento male al buio, mi sento soffocare. voglio la luce. mi sono ingabbiato qui da solo, con le mie forze. mi sono creato la mia prigione e l'ho fatto così bene che adesso non riesco più a uscire. ma come è successo? come mai sono qui? non lo so mica. ma lo scoprirò. [...] devo scavare nella mia mente e aggrapparmi ai pensieri che mi arrivano. [...] mi lancerò in questo delirio psichico, in questa carambola violenta fatta di panettoni di memorie distorte. più che una carambola violenta, una carambola dormiente.


si dice che il secondo libro sia sempre quello più difficile.
non lo so perché non ho mai scritto libri ma di certo, per adam tempesta, se questo, il terzo, non è stato il più difficile è sicuramente quello che appare più sofferto e meno spensierato.
abbiamo conosciuto adam tempesta con itero perpetuo ormai sei anni fa, la storia pazza e divertente di un assurdo viaggio spaziale. il suo secondo libro, inerzia, era ancora più strano, letteralmente onirico, nel senso che le regole di unità di tempo e spazio (e anche un altro po' di leggi fisiche e la logica tutta) erano messe da parte per fare un po' quello che pareva all'autore.

carambola dormiente è qualcosa di simile eppure completamente differente rispetto ai primi due libri. è una lettura spiazzante, una storia così personale e intima da metterci addosso una sorta di disagio da voyeur involontario. ci ritroviamo a intrufolarci in un percorso psicologico confuso - letteralmente una carambola - e oscuro, un viaggio in cui l'autore-protagonista è costretto dalle sue stesse scelte ad addentrarsi in mondi bui e pericolosi, aggrappandosi ai ricordi più felici per arrivare alla fine del percorso e uscire dalla "prigione" che si è costruito da solo.


l'adam-personaggio si trova così ad attraversare una serie di dimensioni in cui si alternano il nero totale della paranoia e della paura e il bianco luminoso e accecante dei ricordi più belli. qui trova, come alleato, il suo amico d'infanzia immaginario, un papero stilizzato che, ora come tanti anni prima, sa combattere i mostri e soprattutto sa dare i giusti consigli. questo è il luogo in cui raccogliere le forze, quello dove puoi capire che se ti sembra assurdo che ti abbiano pestato a sangue e non sei morto è perché nessuno ti ha pestato a sangue. hai fatto tutto tu.
è nel bianco, nell'assenza di paura e paranoia che si può davvero comprendere la realtà senza lasciarsene sopraffare.

adam-personaggio si muove tra i ricordi come se attraversasse le pagine di un personale album dei ricordi: i disegni dell'asilo, i casini con la polizia da adolescente e quelli con una ex fidanzata. ogni ricordo diventa una lezione di arte-marziale-psichica per capire dove trovare la forza di affrontare gli ostacoli e finalmente non solo trovare una via d'uscita ma capire e conoscere meglio sé stesso.

la metafora del viaggio e dei combattimenti contro i mostri funziona molto bene: la depressione, la paranoia, l'angoscia sono letteralmente prigioni che costruiamo da soli e da cui poi non siamo più capaci di uscire. sono mostri che ci tormentano e che possiamo sconfiggere solo con le nostre forze, riappropriandoci delle parti migliori di noi stessi.
ma se dal punto di vista della narrazione in senso stretto la metafora del viaggio è quella più riuscita del libro, sono le prime parole quelle che valgono di più per chi affronta la lettura: prendere consapevolezza della propria situazione di autoprigionia e della necessità di uscirne.

forse, l'autocelebrazione dell'adam-personaggio che riesce a cavarsela da solo, grazie all'aiuto delle altre proiezioni di sé stesso, è un po' eccessiva e irrealistica.
ma questo non è un manuale di auto-aiuto per chi soffre di depressione, è il terzo capitolo di un'ideale trilogia del viaggio: nello spazio, nel sogno e nella propria coscienza.
adesso, non ci resta che attendere dove ci porterà la prossima avventura.

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