per quanto tempo... per quanti anni si può vivere nel terrore?l'indifferente! l'indifferente ti chiederà di quale terrore stai parlando. il codardo non ascolterà la tua domanda, ti risponderà parlando delle previsioni meteo. il padrone ti dirà che non hai niente da temere, fino a quando avrà lui, in un cassetto, le chiavi delle tue catene. catene che usa per il tuo bene... per proteggerti a suo dire. per anni! fino a quando, ormai logoro, ti sarai dimenticato sia delle catene sia della chiave.
una nave che sta per schiantarsi contro un muro (sì, esatto, un muro) e una festa di pensionamento in cui l'atmosfera di forzata allegria non riesce a nascondere la qualità malsana dei rapporti tra i partecipanti.
ecco il biglietto da visita di le buone maniere, il nuovo libro (ancora una volta edito da bao publishing) in cui daniel cuello continua a raccontare quel mondo cupo e cinico con poche, sparute, scintille di speranza qua e là che avevamo già esplorato in residenza arcadia e mercedes.
teo è appena diventato il principale dell'ufficio 84 che è il palcoscenico in cui si svolge buona parte del racconto, un ufficio senza nome, solo un numeretto, in cui una ricca selezione di infelici revisiona, taglia, corregge e censura pubblicazioni di ogni tipo: nell'ufficio entrano romanzi, poesie, canzoni, persino libri di preghiere ed escono testi conformi all'ideologia del partito. non c'è nessuna specificazione circa questo onnipresente, tentacolare partito: è il partito, fuori di questo non esiste nulla, nessuna opposizione, nessun altro partito, nessun'altra idea, niente.
senza perdersi in spiegoni di sorta, cuello ci regala il ritratto di un'umanità gretta, troppo impegnata a preoccuparsi dell'ortodossia di ogni suo più piccolo gesto e pensiero per riuscire a dare più che un'occhiata di sfuggita all'altro, anche quando questo altro è il proprio vicino di scrivania, un'umanità solitaria e terrorizzata dalla vita stessa su cui grava costantemente il peso del giudizio e della punizione, incapace di empatizzare e schiava della burocrazia. un'umanità che non sa nemmeno rendersi conto di come la realtà, pezzo per pezzo, viene risucchiata nel buco nero della censura e dell'oblio.
fuori dall'ufficio, lontano da qualche parte, c'è una quale informe e inconoscibile opposizione, una libertà pericolosa e rischiosa, irraggiungibile se non a costo di perdere la tranquilla, solida, confortevole schiavitù quotidiana in cui teo e gli altri vivono.
a metà strada tra qui-al-sicuro e là-qualsiasi-cosa-sia, c'è zia nora, un'agguerrita vecchina che tenta disperatamente di aprire gli occhi del nipote teo, di risvegliare la sua coscienza che lui tiene a bada con sonniferi e tranquillanti, incapace di accettare almeno qualche ora di sonno che lo sottragga dai rimpianti e dai traumi di una vita.
cuello non racconta tutto, non spiega ogni stranezza del mondo in cui ci lascia emergere, piuttosto evoca, attraverso delle distorsioni disturbanti la realtà che ci aspetta se solo lasciamo che ce la spingano sotto le scarpe mentre facciamo finta di non vedere.
ricollegandosi alle due opere precedenti (più residenza arcadia, ma i fan di mercedes potranno godersi una specie di piccolo cameo) cuello tenta ancora una volta di mostrarci le aberrazioni della nostra società, le meschinità che oliano quel bel congegno che chiamiamo civiltà evoluta.
ci vuole un coraggio enorme per mettere da parte le buone maniere, iniziare a mettere in dubbio quello in cui abbiamo sempre creduto e pensare finalmente con la nostra testa, arrivando finalmente a comprendere la differenza tra quello-che-è-sempre-stato-e-sempre-sarà e quello che è giusto, perché il futuro possa essere finalmente, a qualsiasi costo, qualcosa di inaspettato ma sicuramente migliore.