farò rapporto come se raccontassi una storia, perché mi è stato insegnato da bambino, sulla mia terra natia, che la verità è una questione dell'immaginazione. a seconda di come viene raccontato, il più solido dei fatti può farsi fiasco o conquista: come l'ineffabile gioiello organico dei nostri mari, che si fa tanto più luminoso quanto più una donna lo indossa e, portato da un'altra, si offusca e si fa polvere. i fatti non sono più solidi, coerenti, rotondi e reali delle perle. ma entrambi sono delicati.
torna finalmente disponibile la mano sinistra del buio (sì, del buio, non delle tenebre, ha fatto strano per un po' ma alla fine va bene così) a cinquant'anni dalla prima pubblicazione italiana e finalmente sono riuscita a leggerlo, anche se nell'ultimo anno ero già riuscita ad approcciarmi a ursula k. le guin e all'ecumene con i reietti dell'altro pianeta e con il pianeta dell'esilio. ed è stato amore totale!
quindi l'uscita di questa nuova edizione è stata per me grandissima gioia, volevo leggere la mano sinistra del buio sopratutto perché è stato sempre il titolo di le guin più citato nelle lezioni di antropologia e mi aveva incuriosito capire come si poteva collegare la fantascienza all'antropologia, per definizione una così lontana dalla realtà e l'altra la più "umana" e terrestre delle scienze umane.
la mano sinistra del buio è un romanzo che in effetti non solo si presta a moltissime riflessioni, come dice nicoletta vallorani nella sua postfazione "è questo che insegna la creazione immaginaria, ipotizzare modi che potrebbero insegnarci qualcosa sul nostro", se proprio non insegna dà ottimi spunti per analizzare criticamente le nostre costruzioni sociali che si fondano sul più naturale dei dati di fatto - che nel romanzo invece non esiste, ovvero la distinzione in due sessi biologici (cosa su cui vorrei tornare più avanti). ma oltre a questo il racconto di genly ai, protagonista e voce narrante, spesso e volentieri prende il tono di una vera e propria etnografia del mondo alieno in cui si trova e che lui descrive dal punto di vista di un osservatore partecipante, attento a ogni aspetto della vita dei suoi ospiti, dal paesaggio naturale che li circonda alle loro abitudini di vita, dai cibi che consumano alle case che abitano, dalle città in cui vivono ai loro sistemi politici e alle loro pratiche rituali e religiose.
non so perché vallorani nella postfazione dica che le guin figlia è di un archeologo, alfred kroeber era in realtà un antropologo, allievo di quel franz boas che a cavallo tra '800 e '900 fu uno dei fautori della rivoluzione della disciplina, e anche sua madre, theodora kroeber, sbrigativamente segnalata come scrittrice, era psicologa e antropologa anche lei, autrice della biografia di ishi. sicuramente tutto questo ha influito sulla formazione e sulla sensibilità di le guin, e in questo libro è facilissimo coglierlo.
questo romanzo non è estrapolativo. se vi aggrada potete leggerlo, allo stesso modo di tanta altra fantascienza, come un esperimento di pensiero. [...] lo scopo di un esperimento di pensiero nel senso in cui questo concetto è stato usato da schröedinger e da altri fisici, non è quello di prevedere il futuro - addirittura il famoso esperimento di schröedinger dimostra che il "futuro", sul piano della fisica quantistica, non può essere previsto - ma su quello di descrivere la realtà, il mondo presente.la fantascienza non prevede; descrive.[...] le previsioni sono compito di profeti, chiaroveggenti e futurologi. non sono compito dei romanzieri. il compito dei romanzieri è mentire.
dalla prefazione dell'autrice
senza spoilerare troppo circa le vicissitudini di genly ai, quella che pare una bizzarria biologica fine a se stessa - che le guin spiega come una forma di adattamento a un pianeta dalle scarse risorse e con un clima rigidissimo al limite della sopravvivenza - dà luogo a una serie di conseguenze impensabili per chi è abituato alla dualità maschio/femmina. questa infatti non si può considerare solo nei termini biologici e riproduttivi, ma plasma ogni possibile forma di interazione sociale tra individui: dai ruoli sociali a quelli politici e religiosi, l'esistenza di un unico sesso - o meglio di un non-sesso se non per alcuni giorni e anche in quel caso non determinato una volta e per sempre - impedisce all'origine tutta una serie di concezioni stereotipate, coercizioni, violenze e privilegi di cui siamo saturi fino a non vederli e nei quali genly ai più volte, nelle sue osservazioni sul comportamento e sull'aspetto dei gethiani, cade. c'è un momento in cui l'inviato dell'ecumene dice che nei gethiani riesce finalmente a non vedere uomini o donne, a smettere di cercare quelle caratteristiche che gli permettono di incasellare qualcuno in una delle due categorie, ma semplicemente di trovarsi di fronte all'umanità.
se l'ecumene è espressione della visione politica dell'autrice, nella peculiarità sessuale dei gethiani credo si possa comprendere la sua concezione di femminismo, inteso come una tensione verso una parità così assoluta e naturalizzata da non dare alle differenze biologiche alcun peso.
tutto il romanzo è non solo un bellissimo racconto d'avventura e di una profonda amicizia ma - almeno dal mio personalissimo punto di vista - un manifesto politico e sociale, una descrizione di un umanità imperfetta certo, che non ha dimenticato ottusità e violenza, ma che potrebbe essere sulla strada giusta per ottenere una qualche forma di equità, cooperazione e giustizia sociale.
la fantascienza, come dice le guin nella prefazione, non prevede il futuro, però attraverso la possibilità di immaginarlo riesce a descrivere il presente soprattutto tramite le sue mancanze e i suoi bisogni. ripensare la letteratura fantascientifica, e più in generale fantastica, e tirarla fuori dalla sua nicchia da nerd, dalla definizione di escapismo di genere il cui unico obiettivo è offrire un paio di giorni di svago, potrebbe dare l'opportunità di immaginare alternative e ancor di più di imparare a trasformarle in risposte.
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