«ora sono come un uccello che si dibatte a terra con le ali spezzate. non può allontanarsi da dove è caduto e non può vedere più in là del sangue che ha versato. se cerco di ricordare il passato mi viene in mente solo il presente. se ripenso al tempo in cui ero allegra e spensierata, mi sembra solo una premessa per questa fine»
nella norvegia a cavallo tra il X e il XI secolo, gunnar, il gentile capo di un piccolo villaggio si ritrova ad ospitare viaggiatori provenienti dall'islanda.
a capo della spedizione sono veterlinde glumssøn e suo nipote ljot e il giorno in cui entrano nella casa di gunnar, ljot e la figlia di gunnar, vidgis, si incontrano per la prima volta e si innamorano immediatamente uno dell'altra.
se questa fosse una storia come le altre, ljot e vidgis sarebbero una di quelle coppie di cui cantano i poeti e il cui amore verrebbe ricordato per sempre, immortalato nei frontespizi dei libri, citato ad esempio come quello di lancillotto e ginevra e la loro storia farebbe sospirare con dolce malinconia ancora e ancora per secoli.
ma sigrid undset ha preso gli elementi più classici dell'epica medievale - il combattente valoroso, la bella donzella, lo stile asciutto e veloce del racconto - e li ha usati per dare vita a una storia che è sì indimenticabile, ma non per i languidi struggimenti amorosi dei protagonisti quanto per la ferocia che si scatena tra i due il giorno in cui vidgis, innamorata ma furiosa con ljot per delle canzoni che ha messo in giro sul suo conto, decide di troncare ogni rapporto con lui. arrogante e abituato ad ottenere quello che desidera anche con la forza, ljot abusa di vidgis e senza saperlo, firma la condanna che lei gli farà scontare per tutta la vita.
fin dal titolo la saga di vidgis chiarisce chi è la vera protagonista di questa storia: lontana dall'immagine di fanciulla delicata e bisognosa dell'aiuto degli altri, vidgis capovolge ogni stereotipo che le si potrebbe cucire addosso.
lo stupro di ljot e in seguito la nascita di suo figlio la segna profondamente nell'animo, nel corpo e agli occhi di tutta la sua comunità. sposare il suo aguzzino sarebbe l'unico modo per evitare almeno di essere disonorata pubblicamente ma vidgis non cederà mai di un millimetro e nonostante da quel momento la sua vita si disintegri non perderà mai la forza di volersi vendicare di ljot.
vidgis è vittima due volte, prima di ljot e poi di una cultura che la vede colpevole e meritevole di ogni vergogna. perde suo padre, morto nel tentativo di difendere il suo onore più che quello della figlia, perde il suo villaggio, perde ogni cosa e si trasforma in una dea della vendetta: estranea alla gioia e all'amore, nonostante i tanti che le chiederanno di sposarla, vidgis lotterà per riconquistare posizione sociale e potere al solo scopo di vendicarsi sull'uomo che ha sgretolato la sua vita.
difficile - e forse nemmeno troppo utile - decretare se la saga di vidgis sia un romanzo femminista o no (da un lato vidgis è forte e determinata a seguire i suoi obiettivi, dall'altro è circondata da figure maschili che la aiutano e senza le quali difficilmente sarebbe riuscita a ottenere quello di cui aveva bisogno), di certo è un racconto che scardina i rapporti di forza, mette a soqquadro i cliché più classici e sottolinea il rapporto indissolubile tra amore e odio, mostrando il lato più oscuro dei sentimenti umani.
forse, se vidgis ha odiato così tanto ljot, è stato proprio perché l'ha amato con la stessa forza e nulla può essere più intollerabile che vedere il proprio amore calpestato e ridotto a brandelli.
forse vidgis non è una figura completamente femminista, certo è una donna che non si rassegna all'idea di essere vittima degli eventi, disposta a ogni cosa pur di prendere in mano il controllo della sua vita e spingerla nella direzione che desidera.
lo stile asciutto, essenziale, a volte quasi scarno e la trasparenza dei personaggi, così coerenti e fedeli a se stessi da essere quasi sovrumani - o inverosimili - rendono quest'opera una saga epica, dolorosa e tragica, fortissima e indimenticabile.
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