la prima notte della tempesta di meteore sua madre venne a svegliarlo, ma lt stava solo fingendo di dormire. era sdraiato al buio ad aspettare la fine del mondo.
è il 1975, lt ha dieci anni e una notte il cielo si accende di uno spettacolo mai visto prima: decine, centinaia di stelle cadenti illuminano tutto, prima lontane, poi cominciano a cadere vicino, come se fosse un bombardamento, fino ai campi vicino casa loro. ma non si tratta di comuni meteore: sono gusci vuoti, capsule che contengono qualcosa.
quel giorno del 1975 è il primo di nove giorni narrati nel corso di circa 90 anni - fino al 2062 - che raccontano da un lato di un'invasione lenta e silenziosa: migliaia, milioni di piante aliene sparse per tutto il globo, piante che non sfruttano gli impollinatori per riprodursi ma che sono comunque capaci di divorare lo spazio intorno a loro, piante che si sono evolute sembrando innocue ma diventando letali, che si sono fatte armi per sopravvivere e riprodursi sempre di più.
dall'altra parte c'è lt, cresciuto all'ombra di questa minaccia vegetale, la crisi tra e con i suoi genitori, la sensazione di scoperta davanti al primo amore e poi il matrimonio, i figli, i nipoti, la volontà - come per le piante aliene - di rimanere aggrappato a questo pianeta, di continuare a esserci almeno come specie umana, di non arrendersi davanti all'invasione.
con lt cresce anche l'uomo-felce, che da piccolo germoglio diventa un gigantesco, mostruoso invasore dentro la vecchia casa del padre, metafora perfetta della sorte dell'intero pianeta.
nove giorni in quasi novantanni sono i momenti più importanti della vita di lt, quelli da ricordare per lasciare una traccia di sé, una memoria che se non è letteralmente biologica, come quella delle piante aliene, è una memoria degli affetti, l'unica che può garantire di mantenere integra la propria umanità.
okay, piccola, ci siamo. ascolta:c'era una volta una storia sulla fine del mondo.no, riproviamo.questa è una fiaba su com'è finito il mondo.no, non funziona neanche così. mi dispiace, piccola mia. non ci so proprio fare.e comunque il mondo non è finito. è semplice cambiato.
immaginatevi una sorta di apocalisse zombie ma dove le persone, invece che trasformarsi in antropofagi col cervello spento, diventano uccelli.
è questo lo scenario in cui si muove maria col padre contagiato in fase di trasformazione, in una grecia post-apocalittica fatta di città morte e vandalizzate e di gente terrorizzata che cerca solo di strappare un giorno in più a un destino che pare inevitabile.
in cerca di suo marito e incinta di una bambina, maria incontra el, una ragazza che come lei sta cercando di sopravvivere. le due diventano subito amiche e vivranno insieme giorni terribili e disperatamente poetici, scanditi dal racconto, come una favola, che maria inventa ogni sera per la sua bambina, fino alla fine.
questi due racconti lunghi o romanzi brevi o novellette (come dicono i bookblogger fighi), nove ultimi giorni sul pianeta terra e l'involo sono due esempi perfetti di come la fantascienza possa essere qualcosa di più di alieni verdi e raggi laser, macchinari incredibili e pianeti lontani.
entrambi in poche pagine riescono a mostrare tutta la fragilità dell'umanità, l'equilibrio delicato del nostro pianeta e delle nostre vite, l'importanza dei legami affettivi, la volontà quasi genetica di voler resistere e sopravvivere a ogni catastrofe, per quanto imprevedibile e irreparabile sia.
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