Pagine

lunedì 28 settembre 2020

cinque anni

abbiamo cinque anni.
cinque anni prima che quella dannata bomba venga completata. cinque anni prima che la testino. cinque anni prima che lilith veda finalmente esaudito il suo desiderio... fermare il tapis roulant dell'umanità e scendere.
[...]
non è giusto.
ma la vita non promette giustizia.
e nemmeno un domani.


in echo annie trotter aveva inconsapevolmente trovato il modo di costruire una bomba così potente da distruggere l'intero universo e julie martin, con l'aiuto della detective ivy raven, era riuscita a renderla inoffensiva.
in strangers in paradise XXV lilith - uno dei personaggi di rachel rising - aveva trovato il modo di riportare il progetto alla luce per riuscire a fare l'unica cosa che le è sempre stato impossibile: morire.
e portare con lei tutta l'odiatissima stirpe di eva.
katchoo, forse la più amata delle protagoniste di strangers in paradise, aveva cercato - coinvolta da tambi baker - di sventare la minaccia ma alla fine l'unico risultato ottenuto era stato quello di riuscire a ritagliarsi un angolo sicuro per lei, francine e le loro figlie per evitare il momento peggiore, non quello dell'esplosione - quello non sarebbe stato evitabile - ma quello in cui la notizia si sarebbe diffusa scatenando il panico in tutto il pianeta.
e con il panico, tutta l'imprevedibile e rabbiosa follia di chi sa di non avere più tempo.

cinque anni riunisce tutte le ragazze delle opere di moore, katchoo, francine, tambi e casey (strangers in paradise), rachel, zoe e lilith (rachel rising), julie e ivy (echo), sam (motor girl) per cercare di fermare l'apocalisse, continuando il racconto là dove si era fermato in strangers in paradise XXV, che era stato, più che un semplice sequel, lo snodo fondamentale in cui tutte le storie scritte da moore fino a ora si incontravano e si connettevano tra loro e una sorta di preludio alla conclusione di tutto.


in cinque anni la bomba phi verrà costruita e testata. nonostante alcuni scienziati e l'esercito pensino di poterla controllare, non c'è alcun modo di farlo: non serve lanciare la bomba contro qualcuno, basta provare a capire come funziona per distruggere tutto. ma proprio tutto.
va sempre allo stesso modo: dai all'umanità una scoperta straordinaria e la userà nel modo più stupido e dannoso possibile, è questo il principio base che rende cinque anni - nonostante i suoi toni fantascientifici e a tratti sovrannaturali - tremendamente plausibile e realistico.
questo e i personaggi di moore: che si tratti di ragazzine assassine immortali, macchine da guerra o mamme goffe e affettuose, le ragazze delle sue opere sembrano sempre qualcosa di più che personaggi creati dal nulla, sembrano persone reali che hanno vissuto storie reali e che abbiano affidato a moore il compito di raccontarle a tutti gli altri.

dalla russia all'america le ragazze di moore saranno impegnate in un unico obiettivo: convincere gli scienziati (con eserciti e governi lo sa anche un pollo che è solo fiato sprecato) a non produrre e non testare la bomba.


come ci ha già abituati in tutte le sue opere precedenti, moore condisce quello che può definirsi un thriller a tutti gli effetti di elementi sovrannaturali, romantici, comici, tragici e malinconici, cosa naturale visti i personaggi: nessuno è una macchietta unidimensionale, nemmeno quella statua di marmo e acciaio di tambi baker o quella pazza sfrenata di zoe ed è qui che sta la forza maggiore di cinque anni e di tutte le altre storie, non tanto nella trama, intesa come mera successione degli eventi, che in fondo può riassumersi in poche righe, ma nel modo in cui i personaggi si muovono, pensano, reagiscono ai vari contesti, si relazionano tra loro, ognuno in modo coerente col proprio carattere, ognuno capace di essere molto più che qualcosa di inventato.
continuo a ripetere la stessa cosa da sempre ma ne sono sempre più convinta: non è tanto quello che racconti ma come lo racconti a fare di un libro un buon libro.

non so se cinque anni metterà definitivamente fine (no, non è un finale aperto, tranquilli) alla storia di katchoo, francine e tutte le altre, se moore creerà dei personaggi nuovi, se dopo riproporrà altri crossover o chissà cosa, ma so che potrebbero continuare a raccontarci le loro storie all'infinito e che non saranno mai noiose o "inutili". il mondo che moore ha creato può ancora essere esplorato in tantissime direzioni e io non vedo l'ora di leggere la prossima storia.

(se non avete ancora letto nulla di moore penitenziagite e cominciate a recuperare tutto, se volete informazioni in più su claccalegge ho scritto due robe su strangers in paradise, sip kids, rachel rising, motor girl e strangers in paradise - 25 anni dopo)

lunedì 21 settembre 2020

a panda piace l'avventura

"se nostalgia ti stringe un nodo alla gola al ricordo dei tuoi nonni, se ansia ti ha abbracciato tanto forte da impedirti di fare respiri profondi, se curiosità ti ha spinto a compiere gesti folli, se creatività e pigrizia si danno spesso battaglia nella tua testa, se i problemi si presentano sempre senza essere invitati, o se almeno una volta hai visto in faccia paura e panico, be', questa avventura non è solo la mia, ma anche la tua. quindi, per favore, dammi la mano e parti con me, che certi viaggi sono più belli se non si affrontano da soli, ma insieme." 
panda

il giorno del suo compleanno (il 22 maggio, lo dice bene anche il furgone-didascalia) panda riceve un pacco e l'informazione che è appena diventato adulto. la seconda è un po' uno schifo, ma il pacco contiene un pennino. beh, wow, direte voi, e invece.
con l'aiuto di curiosità e del dottor mano, si scopre presto che il pennino può trasformare la realtà e che è un regalo del nonno di panda, scomparso chissà dove.
insieme al pennino, il nonno ha lasciato a panda delle istruzioni molto chiare: disegna su un aeroplanino di carta una freccia, lancialo e seguilo, ti condurrà verso la più importante delle avventure.

bevilacqua inizia la storia in modo scanzonato (a volte ricorda l'umorismo facile alla rat-man) gioca col lettore rompendo la parete che divide chi legge e chi viene letto, con i personaggi che a volte sono consapevoli del loro essere parte di un fumetto, fa un mucchio di citazioni da nerd e quasi non si capisce dove voglia andare a parare, ma in realtà è tutto un costruire un mondo, il mondo di carta in cui vive panda, illustrarcelo, dare i riferimenti per il viaggio che sta per cominciare, cesellare i personaggi e il loro passato per farci comprendere meglio il loro ruolo nel presente, darci insomma le basi per riuscire a seguire le fila della trama che sta per prendere il via. ci sta un po' a decollare, ma quando parte...
d'altronde se la storia non segue un percorso semplice e lineare è perché in fondo nessuna storia, nessuna vita, è semplice e lineare: crescere - che è quello che il nonno sta cercando con questo viaggio di insegnare a panda - è la cosa più complicata, difficile e avventurosa possibile. e non è di certo né semplice né lineare.

nel mondo di carta le emozioni e le sensazioni sono entità vere e proprie: non solo curiosità e ansia, i primi due compagni di panda - oltre a godfrey, uccellino azzurro che ricorda tanto il logo di twitter, parla per hashtag e ha un'insana tendenza alla cleptomania - ma anche ozio e le sue figlie creatività e pigrizia, e poi panico, paura, idea, rabbia, tempo, sono tutti personaggi reali che panda incontrerà nel suo viaggio e che lo aiuteranno - o lo intralceranno - insieme ai suoi amici di sempre, a sconfiggere il cattivo della storia, mr. sicri, e a comprendere il perché della sua avventura, in una sequenza serratissima di scontri, quest da gdr, incontri inaspettati, rivelazioni, momenti comici e altri inaspettatamente drammatici.

con ironia e irriverenza giacomo bevilacqua scrive e disegna (con l'aiuto di fabiana mascolo ai colori, che ha fatto un lavorone, dando al mondo di panda delle atmosfere e dei paesaggi bellissimi - sopratutto nelle tavole dello scontro tra rabbia e pando, niente spoiler ma è stato uno dei momenti più belli e intensi e non riuscirei a immaginare un effetto simile senza quei colori) un racconto che è tutto una metafora, una sorta di mito nerd e citazionista sul crescere, sul superare le proprie paure, saper affrontare i problemi, imparare ad accettare il passato, a vivere nel presente e a guardare verso il futuro senza (troppa) paura e senza lasciarsi sopraffare dall'ansia (la sua migliore amica, e non solo la sua!). un racconto fantastico e metaforico in cui piano piano ci lascia scorgere la realtà, una realtà che, se sai raccontarla bene, riesce a sembrare meno terribile di quello che è.
perché in fondo, nonostante le scimmie erotomani e gli uccellini strafottenti, a me questo libro sembra dire una cosa semplicissima da capire e difficilissima da mettere in pratica: che se le cose brutte della vita le accetti invece di combatterci contro e nasconderle sotto il tappeto, ti sanno mostrare il loro lato più dolce e bello, che quello che ti capita può non piacerti ma non puoi evitarlo, e allora tanto vale cercare di capirlo e di tirarne fuori il meglio perché come dice il nonno - che è saggio come tutti i nonni - non esistono scorciatoie.

mercoledì 9 settembre 2020

kids with guns 3 ~ coda

 i figli dovrebbero avere sogni diversi da quelli dei propri genitori.


non avrei voluto tenere questo volume come soprammobile per mesi*, ma volevo avere il tempo di rileggere i primi due prima di cominciarlo perché a distanza di un paio di anni dal primo avevo dimenticato troppe cose per poter seguire la trama per bene.
finalmente il momento è giunto, e finalmente posso scrivere uno dei miei esaustivi ed elegantissimi commenti che certamente vi erano mancati: questa serie è una figata, dalla prima all'ultima pagina.

dunque, ricapitolando: i tre fratelli dan, dave e duke doolin s'incontrano per decidere come recuperare il bottino di una precedente rapina e per parlare dei poteri che hanno ereditato dal padre bill la morte doolin, capo spietato del mucchio selvaggio.
poteri che gli permettono di sfangarla in svariate occasioni e che creano non pochi problemi, sopratutto a dave (che però, proprio grazie alle sue capacità, è riuscito a trovare e adottare la bambina-senza-nome), il quale scopre, viaggiando in una dimensione parallela che si trova all'interno della sua stessa mente, l'origine di questi poteri, il loro collegamento con l'antico popolo xyantu, come bill ne è venuto in possesso e come intende utilizzarli, rischiando però la distruzione di tutto il pianeta.
separati, dan abbandona la sua ferocia, ottiene l'immortalità e si dedica alla ricostruzione di xandria, ultima città a resistere ai tentativi di bill di dominare l'intera valle.
duke invece si ritrova suo malgrado a prendere il posto di bill alla guida del mucchio selvaggio.

insomma, dopo tutto questo, dopo il crescendo dei primi due capitoli e dopo la bella e tragica parentesi del secondo volume che si era soffermato un po' di più su la bambina-senza-nome, la narrazione si fa ancora più serrata e chiude - forse un po' frettolosamente ma senza perdere di vista nessuno - le vicende dei vari personaggi, principali e secondari, concentrandosi però sempre di più sull'incontro/scontro tra i  fratelli doolin e la battaglia tra loro e il mucchio selvaggio che sulla bambina-senza-nome, che perde un po' il suo ruolo di protagonista.


difficile dire altro senza fare troppi spoiler ma un paio di considerazioni indolori ce le possiamo concedere: l'unica pecca - a mio modestissimo avviso - è proprio la vicenda della bambina-senza-nome, liquidata in poche battute, pochissime, che annullano qualsiasi speranza di conoscere qualcosa in più del suo passato. anzi, a dirla tutta, l'idea che questo passato non ci sia sembra essere stata la cosa più improvvisata e meno studiata di tutta la trama, e mi è dispiaciuto molto perché lei è un personaggio a cui è impossibile non affezionarsi, mi sarebbe piaciuto molto se la sua storia fosse stata approfondita.
dan, dave e duke sono invece personaggi molto ben riusciti, che senza pipponi e sproloqui compiono un bel percorso di crescita e cambiamento durante tutta la vicenda, restando coerenti anche nel caso eclatante di dan.
a proposito dei kids with guns del titolo: qui quasi non se ne vedono, ma credo che sia meno insensato di come sembri, sopratutto dopo le parole di dave ti prometto che presto non dovremo più combattere. in kids with guns tribe c'è stato il vero momento di crescita della bambina-senza-nome, quello in cui ha finalmente capito che la vita e la morte sono molto più di un gioco di abilità con la pistola.
adesso è libera di essere semplicemente una bambina.
il finale, seppur velocissimo, l'ho trovato perfetto e, se mi concedete il minispoiler, penso che questo happy ending sia stata la migliore soluzione possibile per chiudere la vicenda, ché il mio più grande terrore per tutta la lettura era di trovarmi davanti a un finale aperto e poco coraggioso. e invece. in un mondo così duro e spietato sembrava difficile poter vedere fratelli riunirsi, coppie abbracciarsi, bambini smarriti trovare una famiglia, ma proprio perché tanto difficile tutto ciò era assolutamente necessario.

ovviamente l'ambientazione paleo-fantasy-alien-western resta il tratto distintivo più originale e distintivo di tutta la saga, sopratutto per la grandissima capacità di prendere elementi di generi tanto lontani e diversi tra loro e fonderli in un'ambientazione coerente che funziona in ogni suo aspetto.


* so, caro lettore, che la cosa è molto poco interessante, ma se vuoi saperne qualcosa in più vai a questo post, in cui sproloquio di fatti miei e di libri (che però, almeno loro, sono molto interessanti)

domenica 6 settembre 2020

commenti randomici a letture randomiche (73) + fuffa bonus

la cosa più bella di avere un blog molto poco serio come è questo è che posso anche fare un post come questo qui che state leggendo.

dunque, sono (quasi) sparita per mesi, e non è la cosa più saggia da fare quando si gestisce uno spazio online di qualsiasi tipo, lo so, ma non ho velleità da guru o influencer o quello che vi pare e, come dicevo sopra, questo blog non ha mai avuto alcuna pretesa di essere qualcosa di serio, per cui amen, so che prima mi leggevate forse in dieci e ora immagino di non arrivare a più di tre persone, ma anche se non ci fosse nessuno dall'altra parte andrebbe bene lo stesso.
gli ultimi mesi, dal periodo del lockdown fino a ora, sono stati stranissimi: sono successe un sacco di cose eppure in un certo senso, se non mi fermo a pensarci troppo, sembra essere stato un lunghissimo periodo di nulla.

a inizio maggio camilla è stata male e se n'è andata in meno di una settimana.
sono stati giorni tremendi, ricordo che prima che iniziasse tutto stavo preparando una mega-lista di libri letti durante la quarantena, volevo fare una cosa da bookblogger seria e poi invece ho mandato tutto all'aria. avrei volentieri dato fuoco all'intero universo, figuriamoci al blog, ai libri, ai commenti, a internet a tutte queste str cose.
esattamente un mese dopo mia mamma ha salvato da sotto una macchina una gattina, olivia, che nel giro di un paio di giorni ci ha convinti a tenerla in casa e da allora alterna momenti in cui ce ne fa pentire amaramente ad altri in cui è adorabile.
poi c'è stata la sfilza di esami, un sacco di esami da gennaio fino a giugno, la laurea a luglio e due giorni dopo ho ripreso a studiare per l'esame di ammissione alla magistrale. praticamente in questo 2020 non ho fatto molto altro a parte preparare esami.
insomma, potrei parlare di un sacco di libri, ma sono abbastanza sicura che dei millemila manuali studiati pochi potrebbero interessarvi e su ancora di meno avrei qualcosa da dire che mi eviterebbe la chiusura del blog.
in realtà sono riuscita a leggere anche qualche altra cosa, sopratutto negli ultimi tempi, ma invece di mettermi qui davanti al pc ho scribacchiato qualcosa al cellulare e ho pubblicato tutto su instagram, quindi, per dare senso a questo post e renderlo un po' meno inutile, copincollerò tutto.

ah! mercoledì esce un altro post, su kids with guns - coda, una delle pochissime letture a fumetti di questo periodo. poi chissà.
la mia settimana di vacanze è terminata e sta per cominciare (per certi versi spero che stia per cominciare) un periodo frenetico che mi lascerà veramente poco tempo per dedicarmi al blog, ma non escludo di continuare con questa cosa dei commenti su instagram (a proposito, se vi va mi trovate qui).

di seguito un po' di fuffa su alcuni titoli che vi straconsiglio di leggere se non l'avete ancora fatto. non sono novità (a proposito di novità, ho finito la saga dell'attraversaspecchi e ho capito che queste robe fantasy tardoadolescenziali non fanno decisamente per me) ma per fortuna - anche se ormai sembra che sia un po' così - i libri non passano mai di moda.

incantatrice. maga. strega. seduttrice. crudele. disperatamente innamorata. alla circe di omero resta poco, così come poco è concesso alle tante figure femminili dell'iliade e dell'odissea. belle, fedeli, buone o meno che siano, non hanno altro ruolo, altro spazio se non quel poco che orbita attorno ai protagonisti maschili. nulla che ci stupisce più di tanto, ma fa sempre piacere quando - anche dopo secoli di distanza - qualche autore (anzi, autrice) dedica loro l'attenzione che meritano, come donne e come personaggi letterari, cariche di storie da raccontare. dopo medea e cassandra di christa wolf (che restano sempre tra i miei romanzi preferiti), madeline miller riprende la figura di circe, le dà voce, le permette di raccontare la sua storia e di svelare i dettagli meno noti dei miti più conosciuti. la riflessione sulla natura divina e umana, sulla stupida crudeltà degli dei, sugli eroi, su odisseo in particolare - la sua vera essenza che omero lascia intravedere tra le lodi e che qui si esplicita ribaltandone l'immagine gloriosa e stereotipata - sono il contorno (bellissimo e fondamentale) della vicenda della figlia del sole. non c'è alcuna vuota crudeltà in circe, solo l'enorme capacità di cogliere quella altrui e distillarne, a seconda dei casi, pena, vendetta, compassione, punizione. una storia antica di millenni che rivela che, in fondo, i dolori, le gioie, le lotte e le ambizioni delle donne restano in fondo sempre uguali. e che riuscire a somigliare il più possibile a se stesse e a rendere il mondo un po' più simile a quello che si desidera è, anche nel più impensabile dei casi, la cosa più importante per cui lottare.

il potere si fonda sui crimini di cui non può ammettere le colpe, si nutre di meschinità e inganni per restare saldo, annichilisce chi vi si oppone e ne sfregia la memoria. christa wolf inventa meno di quello che sembra, si rifà a fonti precedenti a euripide per vendicare medea e con lei i popoli sottomessi e distrutti in nome di una civiltà superiore. la sua medea è una tragedia di orrori troppo grandi perché più di una voce per volta possa narrarli.


(questo in realtà è stato una rilettura. una delle tante che ho fatto di questo libro che, come scrivevo mentre parlavo di circe, resta tra i miei preferiti. anzi, devo proprio a circe la voglia di rileggerlo)


e quindi è successo che mi sono innamorata di jack london. faccio sempre questa scemenza di skippare i classici per anni e anni e poi ci casco dentro e mi chiedo perché non mi ci sono tuffata prima. perché sono scema, ma non è questo il punto. martin eden mi ha fatto compagnia durante l'ultima parte della triennale e mi ha fatto più male di quanto vorrei ammettere: un uomo, martin eden, che rinuncia a quello che è - libero, forte, pieno di storie e pronto a viverne altre - che accecato da un amore assurdamente idealizzato si fa volontariamente prigioniero in un sistema malato che misura il valore di un uomo dal contenuto delle sue tasche. martin è convinto che prima o poi il suo genio, sarà riconosciuto, che potrà far parte di quel mondo elegante, delicato e intellettuale a cui appartiene lei, ruth, una donna in realtà meschina e mediocre, frustrata dalla sua morale bigotta, che martin non riesce a capire se non troppo tardi. il suo ingenuo idealismo, la sua intelligenza priva di consapevolezza del reale diventano l'arma che gli si rivolta contro. riuscire a guardare finalmente sotto la doratura che la ricopre la bella e raffinata borghesia che tanto lo affascina, gli fa scoprire l'immensa grettezza con cui la mediocrità affama lo straordinario e lo trascina nel fango. doloroso e illuminante, è stato un ottimo modo di conoscere uno scrittore che avevo sempre associato ai racconti d'avventura per ragazzi.
il vagabondo delle stelle ha completamente sradicato questo stupido pregiudizio. ho preso questo libro senza neppure leggere la trama (a proposito dell'essere scema di cui prima), mi sono trovata scaraventata nelle carceri americane di inizio '900, luoghi orribili (quale carcere non lo è?) in cui non è offesa soltanto la libertà e la dignità dei detenuti, ma in cui il significato stesso di umanità si perde totalmente. le privazioni, le torture, il potere di pestare, ferire, umiliare è in mano di stupidi - stupidi pagati dalle nostre tasse perché possano piegare altri uomini, london lo sottolinea più volte.
darrell standing, protagonista e narratore, detenuto e più volte sottoposto a tortura, alterna al racconto della sua esistenza attuale - in carcere, in isolamento, torturato e in attesa di essere impiccato per crimini praticamente inesistenti - quello delle sue vite passate: spezzato e distrutto il suo corpo, la materia che compone darrell standing, il suo spirito riesce a recuperare la coscienza di tutte sue esperienze precedenti. anche qui la mediocre stupida crudeltà tenta in ogni modo di distruggere i migliori ma, nonostante il prevedibile tragico finale, la possibilità che ha darrell standing di far uscire le sue memorie dalle mura del carcere e di raccontare al mondo le sue vite passate, di spiegare che nulla può distruggere il suo spirito che torna e ritorna fin dall'alba dei tempi, in qualche modo lascia un po' meno amareggiati che dopo "martin eden". rubo una frase dalla postfazione: dunque se lo spirito o la vita non sono contenuti nella materia, dove li si può trovare? la risposta è chiara: nelle storie. e quindi continuiamo a raccontare, continuiamo ad ascoltare.