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venerdì 27 settembre 2019

fine

isole di plastica di dimensioni continentali, orsi polari alla deriva su zollette di ghiaccio, alluvioni ovunque, bombardamenti di grandine, animali stremati in cerca di pozze che non avrebbero trovato. le chiamavamo «breaking news»: avevano rotto il mondo, ma non la nostra indifferenza. era un vabbe' cosmico.

vabbe'.
questa è stata la parola chiave della vita di sara, della vita di buona parte di quelli che hanno vissuto, quasi senza accorgersene, l'inizio della fine.

gli scienziati lo dicevano da anni, i ragazzi scendevano in piazza a manifestare e i cosiddetti grandi del mondo ridevano, li sottovalutavano, e gli altri con loro, tutti a ripetersi vabbe', figurati, sono solo un mucchio di sciocchezze, ma che surriscaldamento globale, ma quale crisi climatica, non è affatto così grave come vogliono farci credere.
sara scrive la sua storia su un quaderno trovato per caso, usando le pagine libere, quelle che le bambina che lo possedeva prima non aveva fatto in tempo a riempire dei suoi disegni.
si trova su una nave, una nave nata per le crociere nei caraibi e che adesso si spinge verso l'estremo nord, senza una meta effettiva, senza un posto in cui andare semplicemente perché non esiste nessun posto in cui andare, nessun luogo in cui essere al sicuro, senza nessuno che risponda al loro sos: il mondo intero è allo sfacelo, l'unica speranza è provare a tirare avanti un giorno dopo l'altro, sperduti in un mare infinito, senza più notizie, senza nemmeno sapere che giorno sia.
già, infatti, quand'è che sara scrive la sua storia? è il futuro, certo, ma quanto futuro? il mondo di cui sara parla, vagando tra i suoi ricordi, andando a ritroso cercando di identificare l'inizio di quella catastrofe, somiglia tremendamente al nostro presente.
2042. ventitré anni da oggi, giorno più giorno meno.
quel mercoledì ettore mi ha detto che dovevo partire. non per conoscere il mondo, ma per scappare, per mettermi al sicuro.
figlia di un uomo potente, il presidente, sara ha avuto una vita facile: soldi, potere, vita mondana, le migliori scuole, le migliori università, nessuna pressione su quello che immaginava potesse essere il  suo futuro. doveva solo scegliere cosa volere e l'avrebbe avuto. tutto tranne l'affetto di sua madre, poco più di un flebile ricordo, e di suo padre, sempre troppo lontano e oberato dai suoi impegni.
ma puoi essere potente e ricca quanto vuoi, puoi saper sognare in grande quanto vuoi, puoi avere le spalle protette quanto vuoi, ma non puoi nulla quando il mondo intero si sgretola sotto i tuoi piedi e sotto il prossimo passo c'è solo il vuoto.

paesaggi e clima cambiati in pochi anni, città scomparse sotto le inondazioni, crisi alimentari causate dall'impossibilità di produrre risorse da una terra sconvolta e inaridita, lavoratori in rivolta, flussi migratori immensi e ingestibili, paura, rabbia: fuori dalla bolla dorata di sara la vita degli altri è già un inferno e nessuna bolla regge per sempre, per quanto protetta e al sicuro basta un soffio - o un proiettile che centra il suo bersaglio - per renderti come tutti gli altri.
e così, in un attimo, il futuro radioso che immaginava da sempre, quell'enorme ventaglio di possibilità che le faceva girare la testa solo a pensarci, svanisce come un filo di fumo.
ha ancora vantaggio, ma di poco, chi la insegue - chi è stanco delle disuguaglianze anche adesso che tutti, nessuno escluso, sta perdendo ogni cosa e non ha più alcuna intenzione di dare la precedenza ai figli di - è a pochi passi di corsa, la sua condizione di privilegiata svela sempre di più la sua insensatezza e la assoluta arbitrarietà con cui è stata benedetta.
la catastrofe climatica è il colpo di pistola che da il via a una nuova rivoluzione di classe.
l'italia, che per moltissimo tempo aveva galleggiato aggrappata al gruppo di quelli che ce la facevano, cercando di non farsi invadere da chi era già stato cacciato dalla sua terra, stava lentamente affogando. io invece stavo in montagna  [...] l'engadina e la svizzera tutta erano un alto castello e insieme un alto rifugio antiatomico [...] erano in alto, sopra tutto il resto. erano una metafora della mia condizione.
l'illusione di potersi continuare a tenere ben distante dal popolino dura poco.
nessuno accetta l'idea che, mentre il mondo ribolle e uccide i suoi figli, chi ha soldi e potere può usarli per salvarsi la vita.
è sempre lo stesso errore che si ripete all'infinito: quando, davanti a un pericolo troppo grande per essere fronteggiato da pochi, gli uomini dovrebbero fare fronte comune senza discriminare più per ricchezza, provenienza, colore della pelle, religione eccetera, c'è sempre qualcuno che crede di avere più diritto degli altri di sopravvivere, di tenere per sé tutta la speranza e che il resto vada in malora.
ribolle il mondo e iniziano a ribollire i popoli, stanchi delle classificazioni e degli abusi, stanchi di far da gradino a chi usa le loro teste come rampa verso la salvezza, incurante di chi sta schiacciando.
sara, lontana da tutto quello che è stata la sua realtà, scopre un mondo diverso, un mondo in cui il suo essere figlia di non serve più a niente. un mondo che la avvicinerà a quelli che ha sempre allontanato, disprezzato, ferito.
diventa una di loro, si mette in viaggio, un viaggio senza meta e probabilmente senza speranza, un viaggio che smette di raccontare quando - forse - finiscono le pagine del suo quaderno, a bordo di una nave che non ha più nessun porto in cui attraccare.
senza una meta, senza avere idea, mi diceva, di dove stesse andando. «come ora, tu» aggiungeva. «ora siamo tutti uguali». [...] se lo avessimo capito per tempo che eravamo tutti uguali davanti al nostro destino, avremmo potuto evitare il disastro. ma ormai era tardi.
a metà tra saggio romanzo, giuseppe civati e marco tiberi raccontano la fine del mondo, parlano del mondo in cui vediamo visto tra vent'anni quando ci sembrerà così immensamente stupido aver riso in faccia a quella ragazzina che sta fuori dalla scuola col suo cartello per scioperare contro i potenti del mondo che non fanno niente per salvare il suo futuro, ci sentiremo degli idioti ad aver guardato chi arrivava da noi fuggendo dalla sua terra come se a noi non potesse mai succedere, ad aver continuato la nostra vita senza preoccuparci di chi ci diceva di guardare un po' oltre il cortile di casa.

fine è una storia che può ancora restare solo una storia, una distopia realistica, certo, ma pur sempre un'opera di fantasia. gli unici che possono evitare a sara di finire su quella nave, sperduta in qualche punto dell'oceano, siamo noi.
leggete questo libro e sopratutto fatelo leggere a chi alza le spalle e dice vabbe', a quelli che proprio oggi storcono il naso guardando i ragazzi in piazza pensando che sia solo un modo per perdere un giorno di scuola: se volete sapere cosa ci aspetta se continuiamo così - e in fondo basta ascoltare qualche tg, tra foreste che bruciano, mari sempre più caldi e acidi, ghiacciai che minacciano il crollo e tutto il resto - lo trovate tra queste pagine. che forse sono pure troppo ottimiste.

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