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giovedì 18 luglio 2019

dogmadrome

questo gioco è stato una manna dal cielo. è più di quanto potevamo chiedere.

è facilissimo scambiare dogmadrome - opera prima di lorenzo mò, uno dei giovani talenti scovati dai tipi di eris edizioni - per una celebrazione dell'immaginario nerd, che pure tanto è stata sdoganata negli ultimi anni (sopratutto dopo the big bang theory e stranger things) al punto tale da diventare ormai la norma, non più quella roba da sfigati che fino a qualche anno fa ci premuravamo quasi di nascondere.
ma dogmadrome è molto di più, pur inserendosi perfettamente in quel filone che non si limita a celebrare ma a mostrare che nell'espressione cultura nerd il termine cultura non è mai stato usato a caso.

l'impressione di leggere una classica avventura fantasy svanisce subito e ci rendiamo immediatamente conto di assistere a una partita di un gioco di ruolo: tre amici, nei classici ruoli di mago, guerriero e ladro, e l'invisibile ma onnipresente e onnisciente master, si ritrovano nel più canonico dei mondi immaginari, una sequela di topoi da gdr fantasy - castelli, dungeon, nemici da affrontare, missioni da compiere e relativi premi da vincere.
per quanto vivida possa essere l'immaginazione di ognuno però, è evidente che questo gioco è estremamente realistico: non vediamo neppure una volta un tavolo, un dado, una scheda personaggio, niente. il mondo si materializza, vivido e reale, seguendo fedelmente la narrazione del master, almeno fino a che qualcosa non comincia ad andare storto...

lungi da me la voglia di fare spoiler perché sarebbe a dir poco da stronzi rovinarvi la lettura di una storia così appassionante (appassionante non rende bene, direi più che altro che è una vera megafigata), come accennavo sopra, dogmadrome è molto di più di una storia carina e divertente che cavalca la moda del nerd-tuttosommatofigo-simpatico-e-intelligente, ponendo le basi per una riflessione interessante e dovuta sul nostro rapporto con il mondo immaginifico delle realtà narrate, a prescindere dal loro mezzo.


probabilmente tutti abbiamo immaginato - o desiderato - ritrovarci in una realtà simile a quella di un romanzo, di un film, di un videogioco, di un fumetto, di quello che vi pare. ci siamo immaginati nei panni dei personaggi o abbiamo fantasticato sulle possibilità di interagire con loro.
avventure entusiasmanti, grandi amori, creature straordinarie, paesaggi fantastici, per non parlare della possibilità di avere poteri magici o di sovvertire in qualche altro modo la fisica: chi non manderebbe all'aria la grigia, monotona e poco soddisfacente quotidianità per questo? (spoiler: io firmo subito)
in fondo credo che non ci sia una migliore descrizione - e più abusato luogo comune - di nerd se non questa.
ma a quale costo? cosa siamo disposti a perdere per vivere in un mondo che per quanto possiamo sentire nostro non ci apparterrà veramente mai? davvero saremmo capaci di dire addio a tutto quello che conosciamo, per sempre, pur di diventare parte di una storia?
e sopratutto, dove sta il limite tra il normale e sano - al massimo un po' infantile - fantasticare e il ben più preoccupate stato di totale incapacità di gestire la propria esistenza? fino a che punto va bene rifugiarsi nelle storie e quand'è che diventa sociopatia?
mi sta venendo l'ansia. la smetto.

lorenzo mò ha scritto un libro che parla di quattro ragazzini che giocano di ruolo e mi ha riempito la testa di dubbi esistenziali sul rapporto che abbiamo (sì, ci infilo anche voi che se passate a leggere queste righe qualcosa in comune dobbiamo pur avercela e probabilmente è che ci piacciono - e tanto - i fumetti e le storie in generale) con quella dimensione gigantesca, nebulosa e affascinante che si crea  a un soffio dalla nostra realtà ogni volta che una storia comincia a essere raccontata.
credo che questo sia un ottimo risultato: una storia che ti lascia solo sognare a occhi aperti è una buona storia, ma una che ti frigge il cervello per giorni e giorni e ti suggerisce un approccio più profondo e ragionato non soltanto all'immaginario pop, ma al rapporto stesso che abbiamo con la realtà e la fantasia, è una storia grandiosa.

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