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mercoledì 31 luglio 2019

commenti randomici a letture randomiche (68)

se la sai ascoltare, la città bisbiglia storie. nello scricchiolio delle assi di legno. nei refoli di vento tra gli alberi. nello sciabordio di acqua sotto ai ponti.
dopo fiori di biscotto e henshin, la collana aiken di bao publishing si arricchisce di un altro volume antologico, i doni di edo, questa volta ambientato nell'antica capitale giapponese, edo appunto, destinata poi a diventare - nella seconda metà dell'800 - tokyo.
koichi masahara con queste brevi nove storie ci lascia intravedere un periodo storico fortemente tradizionalista, quello di un paese chiuso al resto del mondo, in cui le vite dei suoi abitanti sono plasmate da regole e usanze impossibili da aggirare.
eppure, per quanto lontane queste vite di quasi cinque secoli fa possano essere, per quanto diversa sia la cultura del giappone feudale dalla nostra, masahara riesce a farci sentire vicini i giovani uomini protagonisti delle sue storie.
sono brevi scorci di vita quotidiana in cui a quei valori che non riusciamo a comprendere del tutto si intrecciano affetti, sogni e desideri che non vengono trasformati dal tempo e dallo spazio.

ammetto di non essere una grande appassionata di storie ambientate nel giappone del passato, di non subire il fascino dei racconti di samurai e geishe, ma questo volume, così delicato e per nulla didascalico, così ricco di vita quotidiana e di sentimenti ed emozioni universali, mi ha piacevolmente sorpresa.
quell'immagine di mio padre che i miei occhi non percepivano ora riesco a vederla attraverso gli occhi di tutti.
e così mi sono reso conto che mi attende più avanti, da molto tempo. fermo in quell'istante, ad aspettarmi per sempre, sulla terra.
ecco perché ci andrò.
continua anche dosei mansion, sempre per la collana aiken di bao. questo secondo volume serve quasi ad allargare la storia, a mostrarci più nel dettaglio il mondo di mitsu.
continuiamo a conoscere gli abitanti dell'anello, le storie di chi vive nei tre livelli di questa colonia orbitante intorno alla terra, e sopratutto quelle dei nuovi colleghi di mitsu, gli altri lavavetri, un tempo compagni di suo padre, scomparso da tempo.
è un'assenza-presenza la sua, resta nei racconti dei suoi vecchi amici, nei loro aneddoti e ricordi, ed è sempre più presente nell'immaginario di mitsu: più passa il tempo, più lui è certo che riuscirà a scendere sulla terra ormai proibita, a incontrare suo padre e a scoprire qualcosa di più di quel mondo che un tempo apparteneva alle persone e che adesso è visibile solo da lontano.
è un secondo volume che forse aggiunge poco alla trama strettamente intesa ma che ci lascia avvicinare ancora di più alla vita nell'anello e che aumenta le aspettative sul proseguimento della storia.

lunedì 22 luglio 2019

unastoria

se il diciottenne si alzasse di colpo una notte.
si alzasse
ed allo specchio si vedesse per magia per maledizione con la faccia con la pelle dei suoi futuri cinquantanni, morirebbe, vomiterebbe.
ma invece, ma invece, scivolando secondo dopo secondo, per anni e poi decenni, sempre distratto da altro
un giorno, non più diciottenne ello si alzerà.
andrà nello specchio nel bagno e si vedrà trovandosi mica male per quel momento, di colpo, una notte.
mica male. mica male, penserà.
malevola tanto è la natura, quanto amorevolmente protettiva è la nostra cecità.

il centesimo post di questo blog.
avevo pensato di festeggiare il traguardo scrivendo un bel post su un bel libro, uno di quelli che devo per forza consigliare a tutti, ma proprio a tutti, a costo di tirarglielo dritto in testa. un bel post. un bel libro. uno dei miei autori preferiti. chi meglio di gipi?
ma mi sono messa da sola in un angolo, mi sono messa nei guai.
perché, seriamente, è fin troppo difficile scrivere di un libro come questo.
probabilmente la scrivo troppo spesso questa frase e per lo più - lo ammetto - è per pigrizia più che per vera difficoltà. anche se a volte penso di essere davvero incapace di fare quello che provo a fare da così tanto tempo. a volte penso che dovrei darci un taglio e lasciare che sia la gente davvero brava a mettersi davanti a una tastiera a consigliare letture.
ma anche se non sono brava a me piace lo stesso. quindi amen.
mi piace ma vorrei avere la capacità di farvi correre in libreria a cercare un libro come questo perché se prima di leggerlo avessi saputo quanto era bello, sarei corsa anche io in libreria a cercarne una copia immediatamente.
ho sempre pensato che non è tanto il cosa racconti ma come lo racconti.
e gipi mi fa innamorare a ogni libro proprio per questo: il cosa, in fondo, è poca cosa. nello specifico: uno scrittore che improvvisamente diventa schizofrenico e - in parallelo - la storia del suo bisnonno, soldato ai tempi della grande guerra.
giuro, tutto qui.
lo scrittore ha una famiglia un po' del cazzo, ma forse hanno anche ragione loro, forse davvero si sentono messi da parte a beneficio del suo lavoro. il soldato si ritrova a un passo dalla morte, in una trincea, col nemico vicino e un compagno ferito al suo fianco.

il punto è che ci sono persone che con le parole - e con i disegni e con i colori - fanno magie: prendono una storia - unastoria appunto è il titolo di questo libro - e la trasformano in qualcosa di enorme. ci mettono dentro tutto. letteralmente tutto. la vita, l'universo e tutto quanto, tipo.
(scusami douglas, immagino che ti sarai rotto le scatole della gente che ti cita in continuazione)

il tempo che passa e si mangia la tua faccia e la risputa masticata e ammaccata, il tempo che passa e si mangia i tuoi affetti e li risputa masticati e ammaccati, un po' di più ogni volta che dai, vengo la prossima settimana e oggi ho da fare. il tempo che passa così lentamente che non ce ne accorgiamo, distratti da tutto il resto, dal passato, dalle storie, dal lavoro, dai pensieri, senza fare attenzione a cosa diventiamo nel frattempo, cosa facciamo, cosa ignoriamo, cosa dimentichiamo, che idea ci facciamo degli altri - non hai mai pianto tu.
sembro una scema che scrive cose a caso, lo dicevo, non sono brava, è solo un pezzetto delle sensazioni che ho pensato dopo aver letto questo libro.
sensazioni più che pensieri, sì, un mucchio di roba che non serve dargli davvero un nome perché te le senti all'altezza della pancia, dentro lo stomaco, incastrate sotto al cuore a spingere bene e scombinare i battiti.

ogni volta che chiudo un libro di gipi mi viene voglia di andarlo ad abbracciare.
oh, non mi permetterei mai tanta confidenza eh, è che mi sentirei cretina a dirgli non sai quanto mi sia piaciuto quello che ho letto, mi ha commossa, davvero, è stato quasi sconcertante, sopratutto perché non saprei rispondere se mi chiedesse cosa mi è piaciuto nello specifico. serve un modo per comunicare il rimescolio emozionale post lettura. chiuso il libro sono riuscita a dire solo cristodio. e poi basta per una decina di minuti, ho continuato ad andare avanti e indietro con le pagine, a riguardare le tavole che mi erano piaciute di più. non sarebbe carino scrivere solo questo a gipi né a voi. e quindi vi beccate il pippone inutile.
insomma, unastoria è un libro bellissimo, imprescindibile. non fosse il centesimo (qualcuno in più credo) che vi consiglio di leggere, sarebbe il primo.

giovedì 18 luglio 2019

dogmadrome

questo gioco è stato una manna dal cielo. è più di quanto potevamo chiedere.

è facilissimo scambiare dogmadrome - opera prima di lorenzo mò, uno dei giovani talenti scovati dai tipi di eris edizioni - per una celebrazione dell'immaginario nerd, che pure tanto è stata sdoganata negli ultimi anni (sopratutto dopo the big bang theory e stranger things) al punto tale da diventare ormai la norma, non più quella roba da sfigati che fino a qualche anno fa ci premuravamo quasi di nascondere.
ma dogmadrome è molto di più, pur inserendosi perfettamente in quel filone che non si limita a celebrare ma a mostrare che nell'espressione cultura nerd il termine cultura non è mai stato usato a caso.

l'impressione di leggere una classica avventura fantasy svanisce subito e ci rendiamo immediatamente conto di assistere a una partita di un gioco di ruolo: tre amici, nei classici ruoli di mago, guerriero e ladro, e l'invisibile ma onnipresente e onnisciente master, si ritrovano nel più canonico dei mondi immaginari, una sequela di topoi da gdr fantasy - castelli, dungeon, nemici da affrontare, missioni da compiere e relativi premi da vincere.
per quanto vivida possa essere l'immaginazione di ognuno però, è evidente che questo gioco è estremamente realistico: non vediamo neppure una volta un tavolo, un dado, una scheda personaggio, niente. il mondo si materializza, vivido e reale, seguendo fedelmente la narrazione del master, almeno fino a che qualcosa non comincia ad andare storto...

lungi da me la voglia di fare spoiler perché sarebbe a dir poco da stronzi rovinarvi la lettura di una storia così appassionante (appassionante non rende bene, direi più che altro che è una vera megafigata), come accennavo sopra, dogmadrome è molto di più di una storia carina e divertente che cavalca la moda del nerd-tuttosommatofigo-simpatico-e-intelligente, ponendo le basi per una riflessione interessante e dovuta sul nostro rapporto con il mondo immaginifico delle realtà narrate, a prescindere dal loro mezzo.


probabilmente tutti abbiamo immaginato - o desiderato - ritrovarci in una realtà simile a quella di un romanzo, di un film, di un videogioco, di un fumetto, di quello che vi pare. ci siamo immaginati nei panni dei personaggi o abbiamo fantasticato sulle possibilità di interagire con loro.
avventure entusiasmanti, grandi amori, creature straordinarie, paesaggi fantastici, per non parlare della possibilità di avere poteri magici o di sovvertire in qualche altro modo la fisica: chi non manderebbe all'aria la grigia, monotona e poco soddisfacente quotidianità per questo? (spoiler: io firmo subito)
in fondo credo che non ci sia una migliore descrizione - e più abusato luogo comune - di nerd se non questa.
ma a quale costo? cosa siamo disposti a perdere per vivere in un mondo che per quanto possiamo sentire nostro non ci apparterrà veramente mai? davvero saremmo capaci di dire addio a tutto quello che conosciamo, per sempre, pur di diventare parte di una storia?
e sopratutto, dove sta il limite tra il normale e sano - al massimo un po' infantile - fantasticare e il ben più preoccupate stato di totale incapacità di gestire la propria esistenza? fino a che punto va bene rifugiarsi nelle storie e quand'è che diventa sociopatia?
mi sta venendo l'ansia. la smetto.

lorenzo mò ha scritto un libro che parla di quattro ragazzini che giocano di ruolo e mi ha riempito la testa di dubbi esistenziali sul rapporto che abbiamo (sì, ci infilo anche voi che se passate a leggere queste righe qualcosa in comune dobbiamo pur avercela e probabilmente è che ci piacciono - e tanto - i fumetti e le storie in generale) con quella dimensione gigantesca, nebulosa e affascinante che si crea  a un soffio dalla nostra realtà ogni volta che una storia comincia a essere raccontata.
credo che questo sia un ottimo risultato: una storia che ti lascia solo sognare a occhi aperti è una buona storia, ma una che ti frigge il cervello per giorni e giorni e ti suggerisce un approccio più profondo e ragionato non soltanto all'immaginario pop, ma al rapporto stesso che abbiamo con la realtà e la fantasia, è una storia grandiosa.

martedì 2 luglio 2019

il principe e la sarta

- possiamo aiutarci a vicenda.
- tu manterrai il mio segreto e continuerai a confezionare abiti bellissimi per me...

- ... e magari diventerò una grande stilista.

- affare fatto.


parigi, inizio ventesimo secolo: la città è in subbuglio per la festa del sedicesimo compleanno di sebastian, principe ereditario del belgio.
come nelle migliori favole, è stato organizzato un ballo per permettere al giovane di conoscere la sua futura sposa, e tutte le ragazze della città fanno a gara per chi di loro indosserà il vestito più bello. beh, tutte tranne una, lady sophia, ben poco interessata a principi e matrimoni, figuriamoci ai vestiti da signorina per bene. la sua richiesta, decisamente fuori dall'ordinario, incontra per caso il talento della giovane frances, una ragazza che lavora come cucitrice in un anonimo atelier.
rendilo terrificante. che mi faccia sembrare la sposa del diavolo.
ed è esattamente così che sophia arriva al ballo, suscitando lo sconcerto di buona parte della sala, l'ira di sua madre e le reazioni dei giornali, che rischiano di far fallire l'atelier in cui lavora.

proprio mentre si sta sorbendo una delle migliori lavate di capo della storia, frances viene letteralmente salvata da un misterioso cliente che, affascinato dal vestito di frances, la vuole come sarta personale. come perdere un'occasione del genere? lasciare un lavoro noioso per mettersi al servizio di una qualche facoltosa nobildonna affascinata dalla sua creatività, far indossare i suoi abiti a qualcuno che li mostrerà alla créme di parigi... chi rifiuterebbe?

giunta a destinazione il giorno dopo, dopo mille precauzioni, frances scopre che la cliente che immaginava è in realtà il cliente, anzi, è proprio il principe sebastian. 

da anni sebastian nasconde il suo segreto: adora vestirsi con abiti femminili, anzi è proprio con quegli abiti addosso che si sente davvero se stesso. ma cosa direbbero i suoi sudditi di lui? cosa direbbe suo padre? un uomo che si veste da donna? un 
principe, il futuro re, che si veste da donna?
terrorizzato all'idea di creare uno scandalo e ancor di più di deludere la sua famiglia, sebastian viene subito rassicurato da frances.
a lei non importa che lui sia un lui, quello che le interessa è sapere che ha stile, ha gusto e ne capisce di moda molto più di quanto non facciano gli altri che ha incontrato fino a ora. lei creerà finalmente degli abiti fuori dall'ordinario, mostrerà a tutti il suo talento di stilista e lui potrà indossare qualcosa che davvero lo rappresenti, molto più di quanto non possa fare quello che rubacchia dall'armadio della regina.
nel giro di poco tempo quella che inizia come una collaborazione di lavoro diventa una solida amicizia: nei panni di lady cristallia, sebastian si mostra a parigi suscitando ammirazione e affascinando tutti per il suo stile fuori dall'ordinario, mentre frances inizia a vedere all'orizzonte la possibilità di diventare finalmente famosa per le sue creazioni... ma si sa che le bugie hanno le gambe corte e reggere questa doppia vita diventa sempre più complicato... 

il principe e la sarta è una bellissima storia di amicizia, d'amore, di lealtà, di coraggio e di crescita, una favola moderna in cui jen wang riesce a creare climax narrativi inaspettati e colpi di scena impensabili pur raccontando la vicenda, a tratti prevedibile, di due adolescenti che si incontrano per caso e decidono di sostenersi l'un l'altra per realizzare i propri sogni e desideri, legando sempre di più le loro esistenze e i loro sentimenti.

lo stile cartoonoso da una parte e la caratterizzazione dei personaggi - giovani ma determinati a inseguire i loro sogni, ponendosi come unico limite il rispetto dell'altro - dall'altra, sono due degli elementi che hanno contribuito al successo internazionale di questo titolo (l'edizione in lingua inglese è dello scorso anno), ma quello che ha fatto breccia nel cuore di tutti è forse proprio la capacità di questa storia di rompere ogni stereotipo: lui non è il fiero, virile e spavaldo principe azzurro sull'immancabile cavallo bianco che fa innamorare di sé sconosciute al primo sorriso sfavillante, lei non è la povera fanciulla in attesa di essere salvata e di diventare la moglie di qualcuno.


la forza di sebastian è nella sua sensibilità alla bellezza e nella sua ricerca di sentimenti che vadano oltre gli interessi politici sottesi ai matrimoni tra nobili, quella di frances sta nella sua volontà di definirsi non in relazione a qualcun'altro ma di impegnarsi per mostrare al mondo quanto può nascondersi in un'anonima, piccola sartina di periferia.
entrambi meravigliano, stupiscono e finiscono per accaparrarsi tutto il nostro affetto, e ci insegnano che non c'è nulla al mondo per cui lottare se non per la realizzazione dei nostri sogni, e che il modo migliore per farlo è farlo insieme.