fin da quando ero piccola adoro le storie strane e fantastiche, quelle che raccontano di piccoli demoni o volpi magiche. ero convinta che nell'immensa natura ogni pianta, ogni albero avesse una sua vita e provasse dei sentimenti, proprio come noi.sotto il mio pennello questi piccoli demoni prendono vita.ed è la felicità.
carnet selvaggio è un libro bellissimo, una raccolta di dipinti, schizzi, disegni e illustrazioni dell'artista cinese zao dao (di cui mi aspetta anche vagabondaggi, edito qualche mese fa da bao publighing e di cui ora non vedo l'ora di recuperare anche il soffio del vento tra i pini, anche questo di oblomov).
è un volume di grande formato, curatissimo, che si apre su un mondo mitico immerso nella natura e nella leggenda, fatto di mostri, guerrieri, animaletti buffi, ragazze bellissime, e poi ritratti e paesaggi, scenette a volte buffe a volte di grande intensità.
per zao dao dare vita a queste creature è la felicità ma lo è anche per noi curiosare tra i ritratti immaginari che disegna durante i suoi viaggi o sbirciare nel folto di una natura selvaggia e misteriosa in cui si affollano strani esseri venuti da chissà quale antica favola dell'altra parte del mondo.
il fumetto cinese, che per un bel po' di tempo era stato quasi completamente ignorato dagli editori italiani, mi sta sorprendendo tantissimo, spero tanto che l'editoria italiana continui in questa direzione (a proposito di fumetto cinese, qui su claccalegge avevo chiacchierato anche di reverie, i racconti dei vicoletti e night bus)
ross ho smesso di leggerlo online sul sito di mammaiuto quando ho letto la notizia che sarebbe arrivato in cartaceo. e questo lo faccio solo quando una storia mi piace così tanto che voglio a tutti i costi poterla tenere in mano, leggerla per bene senza uno schermo retroilluminato a devastarmi la retina.
ho iniziato a fangirlare la nuke fin da quando ho visto un suo primo disegno (se non avete i diari della nuke siete delle brutte persone), e con ross ha completamente conquistato il mio cuore.
qui c'è tutto quello (o quasi) che mi piace in una storia: lo straordinario di ogni vita reale e ordinaria, forse pure noiosa.
qui c'è tutto quello (o quasi) che mi piace in una storia: lo straordinario di ogni vita reale e ordinaria, forse pure noiosa.
non è poi così necessario che si raccontino avventure incredibili in mondi fantastici, lotte furiose tra bestie spaventose e impavidi eroi, che si scomodino principesse o pirati o elfi o qualsiasi altra cosa possa venirvi in mente quando, a guardarla bene, la vita di un'adolescente degli anni '80 può essere così incredibilmente folle e incasinata, densa di eventi dietro la sua parvenza di normalità.
e poi beh, sì, bisogna saperle raccontare bene queste cose, altrimenti ci si addormenta dalla noia, ma claudia razzoli è stata bravissima, quindi niente panico.
in realtà, prima di conoscere la ross del titolo ci vorrà un po', nove mesi per l'esattezza.
la vera protagonista della storia è in realtà lucia, una diciassettenne i cui più grandi problemi fino a ora sono stati quelli di qualsiasi brava ragazza della sua età: prendere dei buoni voti a scuola, cercare di andare d'accordo con i suoi fratelli, tenere nascosta ai suoi la storia con renato.
solo che adesso...
la vita di lucia cambia in un attimo e cambia completamente. inizialmente è il panico, come è ovvio che sia, poi tocca affrontare la realtà, cominciando dalle famiglie: la sua accoglie la notizia in fondo abbastanza bene, senza rimproveri ma mettendola davanti alla realtà delle cose.
nonostante la sua esistenza cambi completamente - tocca rinunciare alla scuola, alle amiche, a tutto quello che riempie la via di una diciassettenne perché ora c'è un'altra vita a cui pensare - lucia ha tutto l'appoggio di una famiglia in fondo molto aperta per l'epoca, che la sostiene e la appoggia.
la famiglia di renato invece non la prende così bene.
famiglia che si riassume in una madre asfissiante e despota e un padre inesistente, famiglia con cui lucia dovrà andare a scornarsi subito dopo la nascita della piccola rossellina, rimpiangendo tutto quello che ha perso - che è molto più di quanto avrebbe mai immaginato.
e se a un certo punto tutto sembra destinato ad andare in malora nel peggiore dei modi, lucia saprà dare un'altra, epocale, svolta alla sua vita.
giusto per ricordarci che anche se brave ragazze, brave mamme, brave spose, brave figlie e persino brave nuore, le donne forti sanno sempre quando prendere in mano le redini della loro vita e guidarla nella giusta direzione.
un po' di insoddisfazione invece me l'ha lasciata il re bianco di davide toffolo.
volevo leggerlo da molto tempo e ho approfittato - ormai mesi fa - della ristampa di bao.
il libro ha dei momenti bellissimi e degli altri che ho trovato quasi insopportabili, troppo autoreferenziali, come se l'autore fosse stato incapace di decidere quale storia narrare.
in effetti il tema principale, la storia di copito de nieve, si intreccia con quella di toffolo, con la decisione stessa di raccontare la vicenda di questo incredibile animale, vissuto per quasi tutta la sua vita in uno zoo, icona suo malgrado di un sentire tutto umano, che non gli appartiene, simbolo di un'unicità e una solitudine a cui probabilmente il grosso gorilla non avrebbe mai pensato nel suo habitat originario.
il viaggio verso lisbona alla notizia della malattia dell'animale infarcito di dialoghi un po' stantii sul quanto siano fuori dal mondo i lettori e autori di fumetti (cosa diamine c'entra adesso?), l'incontro con una ragazza con cui finire a letto subito dopo (era davvero necessaria la sua presenza per raccontare questa storia?), il continuo parallelismo tra sé e il gorilla, come se a nessun altro fosse concesso il diritto di rispecchiarsi in un essere la cui vita è stata resa così triste per il solo beneficio degli spettatori di uno zoo, la presenza costante dell'autore-personaggio che quasi toglie spazio al vero protagonista della vicenda mi hanno un po' stancata.
il racconto della vita del gorilla albino invece, dalla sua nascita (la pagina in cui è disegnato minuscolo in braccio alla madre è da strappare via e appendere in camera) al rapimento fino alla crudele e inutile prigionia cui è costretto, sono molto belli, anche se disturbati dalla presenza di dialoghi inutili - da ulcera quello della bambina e sua madre davanti al gorilla malato.
insomma, speravo in una storia che rivendicasse il torto subito da un animale così incredibile a causa di una caratteristica toccatagli in sorte per uno scherzo del destino, invece al povero copito de nieve, dopo aver per quasi tutta la vita sopportato gli sguardi vuoti e insensibili di chi ama lo spettacolo della sofferenza, è toccato farsi metafora dell'artista che si immagina unico e speciale in mezzo a tanti ometti tutti uguali.
il tono si salva alla fine con un estratto da un racconto di palomar, di italo calvino, dedicato proprio al gorilla bianco:
e poi beh, sì, bisogna saperle raccontare bene queste cose, altrimenti ci si addormenta dalla noia, ma claudia razzoli è stata bravissima, quindi niente panico.
in realtà, prima di conoscere la ross del titolo ci vorrà un po', nove mesi per l'esattezza.
la vera protagonista della storia è in realtà lucia, una diciassettenne i cui più grandi problemi fino a ora sono stati quelli di qualsiasi brava ragazza della sua età: prendere dei buoni voti a scuola, cercare di andare d'accordo con i suoi fratelli, tenere nascosta ai suoi la storia con renato.
solo che adesso...
la vita di lucia cambia in un attimo e cambia completamente. inizialmente è il panico, come è ovvio che sia, poi tocca affrontare la realtà, cominciando dalle famiglie: la sua accoglie la notizia in fondo abbastanza bene, senza rimproveri ma mettendola davanti alla realtà delle cose.
lo so... ma come si fa... ormai c'è... esiste.non si può diventare mamma e continuare la vita di adolescente al contempo, bisogna rinunciare a tanto per riuscire a crescere qualcuno.
nonostante la sua esistenza cambi completamente - tocca rinunciare alla scuola, alle amiche, a tutto quello che riempie la via di una diciassettenne perché ora c'è un'altra vita a cui pensare - lucia ha tutto l'appoggio di una famiglia in fondo molto aperta per l'epoca, che la sostiene e la appoggia.
la famiglia di renato invece non la prende così bene.
famiglia che si riassume in una madre asfissiante e despota e un padre inesistente, famiglia con cui lucia dovrà andare a scornarsi subito dopo la nascita della piccola rossellina, rimpiangendo tutto quello che ha perso - che è molto più di quanto avrebbe mai immaginato.
e se a un certo punto tutto sembra destinato ad andare in malora nel peggiore dei modi, lucia saprà dare un'altra, epocale, svolta alla sua vita.
giusto per ricordarci che anche se brave ragazze, brave mamme, brave spose, brave figlie e persino brave nuore, le donne forti sanno sempre quando prendere in mano le redini della loro vita e guidarla nella giusta direzione.
un po' di insoddisfazione invece me l'ha lasciata il re bianco di davide toffolo.
volevo leggerlo da molto tempo e ho approfittato - ormai mesi fa - della ristampa di bao.
il libro ha dei momenti bellissimi e degli altri che ho trovato quasi insopportabili, troppo autoreferenziali, come se l'autore fosse stato incapace di decidere quale storia narrare.
in effetti il tema principale, la storia di copito de nieve, si intreccia con quella di toffolo, con la decisione stessa di raccontare la vicenda di questo incredibile animale, vissuto per quasi tutta la sua vita in uno zoo, icona suo malgrado di un sentire tutto umano, che non gli appartiene, simbolo di un'unicità e una solitudine a cui probabilmente il grosso gorilla non avrebbe mai pensato nel suo habitat originario.
il viaggio verso lisbona alla notizia della malattia dell'animale infarcito di dialoghi un po' stantii sul quanto siano fuori dal mondo i lettori e autori di fumetti (cosa diamine c'entra adesso?), l'incontro con una ragazza con cui finire a letto subito dopo (era davvero necessaria la sua presenza per raccontare questa storia?), il continuo parallelismo tra sé e il gorilla, come se a nessun altro fosse concesso il diritto di rispecchiarsi in un essere la cui vita è stata resa così triste per il solo beneficio degli spettatori di uno zoo, la presenza costante dell'autore-personaggio che quasi toglie spazio al vero protagonista della vicenda mi hanno un po' stancata.
il racconto della vita del gorilla albino invece, dalla sua nascita (la pagina in cui è disegnato minuscolo in braccio alla madre è da strappare via e appendere in camera) al rapimento fino alla crudele e inutile prigionia cui è costretto, sono molto belli, anche se disturbati dalla presenza di dialoghi inutili - da ulcera quello della bambina e sua madre davanti al gorilla malato.
insomma, speravo in una storia che rivendicasse il torto subito da un animale così incredibile a causa di una caratteristica toccatagli in sorte per uno scherzo del destino, invece al povero copito de nieve, dopo aver per quasi tutta la vita sopportato gli sguardi vuoti e insensibili di chi ama lo spettacolo della sofferenza, è toccato farsi metafora dell'artista che si immagina unico e speciale in mezzo a tanti ometti tutti uguali.
il tono si salva alla fine con un estratto da un racconto di palomar, di italo calvino, dedicato proprio al gorilla bianco:
[...] un lento sguardo carico di desolazione e pazienza e noia, uno sguardo che esprime tutta la rassegnazione di essere l'unico esemplare al mondo d'una forma non scelta, non amata, tutta la fatica di portarsi addosso la propria singolarità, tutta la pena d'occupare lo spazio e il tempo con la propria presenza ingombrante e vistosa.se ci fossero state solo queste poche righe ad accompagnare i disegni di toffolo (che, bisogna ammetterlo, sono bellissimi) allora il re bianco sarebbe stato uno dei miei libri preferiti di sempre.