- se ho fatto bene i conti, una volta presa la beauce, il mondo intero sarà vostro.
- che strano... la prospettiva dovrebbe riempirmi di gioia... come quando ho ucciso il mio primo gattino a colpi di martello... e invece no, non sento assolutamente niente...
l'obiettivo di un conquistatore è, per l'appunto, conquistare, e l'obiettivo del più grande conquistatore è fare suo tutto il mondo. ed è quello che succede nel 451 quando attila l'unno conquista l'ultima regione che mancava a completare il suo gigantesco impero, costruito con guerre, saccheggi, torture, uccisioni e stupri.
ma adesso che il suo sogno di gloria si è avverato, il grande (ugh) e potente attila si sente divorato dalla noia, dalla frustrazione e dalla depressione: che barbaro è un barbaro che non ha più nulla da depredare? cos'altro fare se non è rimasto nulla da conquistare? se non c'è più nessuno da uccidere, impalare, stuprare, scorticare? e che senso avrebbe riconquistare quello che si ha già?
amareggiato e ormai privo di uno scopo, attila abbandona i suoi uomini per mettersi alla prova contro il più grande e potente dei nemici: il suo nuovo obiettivo, scopertosi ormai immortale e dunque incapace di porre fine alla sua insopportabilmente noiosa e vuota esistenza, è uccidere dio stesso, quel dio che gli ha concesso la gloria ma che non gli permette di godere dei suoi successi.
certo, forse senza larcenet difficilmente ci saremmo immaginati un attila un po' filosofo, impegnato a interrogarsi sui grandi problemi che attanagliano l'umanità: ho conquistato il mondo ma non ho imparato niente. il più potente uomo sulla terra, circondato dall'armonia di un mondo finalmente libero dalla sua violenza adesso non sa più riconoscersi in una realtà che lo vede incapace di agire. costretto, come punizione alla sua crudeltà, a rimanere per sempre in vita ma eternamente preda della noia e dell'inadeguatezza, ad attila non rimarrà che volgere la sua rabbia nei confronti di dio, del mondo, della vita stessa, di qualsiasi cosa insomma, tranne che verso se stesso e verso la sua coscienza, incapace di comprendere che l'unico colpevole del suo enorme male di vivere non è altri che lui e la sua scelta di votare alla violenza più sfrenata la sua esistenza.
lasciando questa volta il compito di disegnare le tavole a daniel casanave - il cui tratto somiglia moltissimo a quello degli altri volumi della serie, dedicati a freud e van gogh - manu larcenet prosegue con il flagello di dio le sue biografie caustiche e ironiche che continuano a immaginare e reinventare i grandi personaggi della storia per raccontarci il disagio stesso di essere umani, con tutti i nostri sbagli, l'arroganza, la mancanza di giudizio, le nostre piccolezze e miserie.
nonostante le aspettative, con attila si riesce - sopratutto rispetto al secondo volume, quello dedicato a van gogh - a lasciarci sfuggire qualche risata in più, per quanto paradossale possa sembrare: eppure è proprio in quello scivolare nel ridicolo che si concretizza l'inferno in terra per il grande conquistatore che, giunto all'apice del suo successo, crolla inaspettatamente in un baratro di nulla, il nulla che - sembra dire larcenet - aspetta chiunque dedichi tutte le sue energie alla distruzione.
ancora una volta, larcenet prende il bersaglio in pieno: questa serie si conferma ancora una volta un esempio perfetto di comicità, riflessione e intelligenza. chapeau.
fare suo tutto il mondo.
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