se lasciassi il paese, avrei la sensazione di tradire la rivoluzione.
è per questo che ho creato il freedom hospital.
nel marzo del 2011 iniziano in siria le manifestazioni della popolazione contro bashar al-assad, succeduto al padre che aveva iniziato a governare il paese nel 2000.
il regime di assad iniziò a reprimere da subito con forza le manifestazioni, dando il via a quel conflitto che continua tutt'oggi e che vede in campo numerosi schieramenti politici in contrasto tra loro.
la storia di yasmine e del suo freedom hospital inizia circa un anno dopo l'inizio del conflitto: è la primavera del 2012 e le vittime sono già più di quarantamila.
c'è chi ammazza e chi ricuce, chi taglia gole e chi costruisce diritti, chi bombarda e chi apre un ospedale, chi odia e chi si innamora, chi vende armi e chi diserta per non sparare, c'è persino chi viene qui apposta, lasciando una casa sicura, per dare una mano con un bisturi o una telecamera.
cecilia strada firma la prefazione alla storia di hamid sulaiman e con le sue parole non coglie soltanto l'atmosfera di freedom hospital ma quella di tutte le guerre del mondo, del dolore, dell'orrore sconfinato che portano con sé, ma anche di quella che chiama la meravigliosa varietà dell'essere umano. fuori e dentro al freedom hospiral, l'ospedale clandestino aperto da yasmine, si muovono i personaggi della storia, un microcosmo variegato di tipi umani che riproduce in piccola scala il complesso scacchiere politico/religioso siriano: yasmine è una giovane siriana che ha studiato fuori dal suo paese, non è un medico ma ha comunque deciso di aprire l'ospedale per aiutare le vittime della guerra, indipendentemente dal loro schieramento. insieme a lei conosciamo fin da subito sophie, vissuta per lo più in francia ma di origine siriana. dopo l'inizio della rivoluzione contro assad, in siria è stato permesso di rimanere e di lavorare solo ai giornalisti pro-regime. lei è una giornalista clandestina, intenzionata a portare fuori dal confine siriano quello che sta succedendo.
gli altri, tra pazienti e medici, sono tutte figure il cui passato, in qualche modo è collegato alla guerra: c'è chi intende fermare il regime con la lotta armata, chi è stato arrestato e torturato perché sospettato di essere contro assad, chi ha disertato l'esercito per non dover sparare contro i civili inermi e chi ha semplicemente deciso di rimanere in qualità di medico per aiutare yasmine.
tra loro c'è un ragazzo che ha perso la memoria e non ricorda nulla del suo passato, un personaggio enigmatico e forse pericoloso che yasmine però non si rifiuta di aiutare, nonostante il pericolo che si possa correre ad avere una potenziale spia all'interno dell'ospedale.
seguendo il corso delle stagioni, hamid sulaiman racconta le vicende dei personaggi del freedom hospital, le loro paure, ossessioni, speranze, i loro amori e i loro conflitti, spesso riflesso delle vicende che coinvolgono tutto il paese, e lo fa con un segno grafico netto, un bianco/nero assoluto che non lascia spazio a grigi intermedi: le scene sono avvolte in una luce accecante o in un buio profondo, i dettagli spariscono - e in certi casi, nelle scene più cruente ad esempio, è un bene per noi lettori - è tutto si riduce all'essenziale, fino ad alcune pagine, mute, assordanti, in cui le macchie di colore raccontano quello che non è possibile dire.
hamid sulaiman non prende parte per nessuna delle fazioni in campo se non per quella che auspica la fine della guerra: sottolinea l'assurdità della guerra attraverso i discorsi - per noi occidentali forse ancora più scioccanti - sul martirio, sull'odio ad esempio tra sunniti e sciiti che si trascina avanti da più di un secolo e che non ha, in fondo, nessuna ragione di essere, e poi il coinvolgimento - da ambo le parti - di bambini e ragazzi giovanissimi, usati come mero simbolo propagandistico, la religione sempre presente, assoluta, usata come fossero i fili che i burattinai usano per far muovere le loro marionette, le droghe assunte dai soldati per riuscire a commettere atrocità impensabili senza esitazione.
lo sguardo di sulaiman è uno sguardo triste e disincantato su un popolo che massacra i suoi stessi fratelli, i suoi figli, in nome di qualcosa che ormai è difficile persino da definire: chi combatte in nome di un dio più giusto e legittimo di un altro, chi in nome della propria stirpe, più giusta e legittima di un'altra, chi per o contro un leader. pochissimi rimangono in siria, al centro dell'inferno, per il solo motivo per cui valga la pena: la volontà di costruire, finalmente, la pace.
Nessun commento:
Posta un commento