ammetto con sincerità che quando ho iniziato a leggere questo libro mi sembrava di tenere in mano un mattone bollente, non avevo nessunissima voglia di leggere una qualche storia d'amore, sopratutto se doveva culminare in un matrimonio e in un vissero tutti felici e contenti o peggio ancora in qualche già sentito piagnisteo di quanto sia noiosa la vita dopo essersi sposati.
ero giù di morale e ho iniziato a leggere la storia di chani con tutti i pregiudizi possibili, dicendomi che non sarei riuscita mai a finire questo libro, temendo persino di odiarlo.
ebbene, nonostante la copertina con i suoi colori tenui e il disegno dei due sposi suggerisca una storia frivola quasi da romanzo rosa, il matrimonio di chani kaufman è un romanzo che parla sì d'amore, ma che di frivolo, stucchevole e melenso non ha proprio nulla. e forse scegliere di leggerlo proprio in una fase di sbandamento sentimentale è l'idea migliore che si possa avere, perché seppure non curi nessuna ferita, regala un sacco di belle e potenti riflessioni non soltanto sull'amore romantico, ma sulla vita e sui tanti legami che intrecciamo al suo interno.
quindi almeno voi non fate come me, accantonate i pregiudizi e qualsiasi cosa vi stia succedendo in questo momento, vogliate bene a eve harris e alla sua chani, sapranno donarvi ore preziose.
chani e baruch stanno per sposarsi.
sono giovanissimi, si conoscono appena e sanno che il loro matrimonio durerà per sempre, che non c'è nessuna possibilità di tornare indietro.
ma d'altronde sono ebrei ortodossi e nella loro comunità è così che funziona, innamorarsi, corteggiarsi, stare insieme, convivere e avere rapporti fuori dal matrimonio è da gojim e da peccatori.
entrambi sanno che con un po' di fortuna l'amore arriverà, o che comunque potranno accontentarsi di una vita insieme rispettabile, accettata dagli altri e benedetta da dio.
o almeno è questo quello che devono pensare e credere.
in realtà ovviamente entrambi sono terrorizzati e pieni di dubbi, costretti a un'esistenza le cui tappe sono decise sempre da qualcun altro, le cui decisioni hanno necessariamente bisogno del consenso della famiglia e di tutta la comunità, una vita in cui è fondamentale apparire agli occhi degli altri come dei buoni ebrei, rispettosi delle tradizioni, modesti e giusti.
ma non è facile ignorare il mondo esterno alla comunità, le ragazze libere di vestirsi con gonne corte e camice che lasciano libere le braccia, la musica così diversa dai canti dei fedeli, il cibo non kosher, la gente che decide della propria vita senza che tutta la famiglia e i capi religiosi dicano cosa sia giusto o meno fare, maschi e femmine che si abbracciano, baciano e parlano insieme senza nessuna vergogna, che vivono una vita in cui non c'è nessun dio ad esaminare ogni loro più piccolo gesto e pensiero e a giudicarli.
come vivevano le altre persone? sentivano e pensavano come lei? com'era vagare liberamente nel mondo e non dover preoccuparsi delle proprie azioni e delle loro conseguenze spirituali?
eve harris racconta la vita di una comunità ebraica ultraortodossa attraverso la storia di questi due ragazzi e di come il destino li ha portati uno accanto all'altra a compiere il passo più importante della loro esistenza, così giovani e inesperti, molto più di quanto non lo siano i ventenni non ebrei.
il racconto inizia proprio con il loro matrimonio e la harris è bravissima a lasciarci confusi e sopraffatti dagli eventi esattamente come i due sposi, ma si sposta presto indietro nel passato, saltellando tra mesi e anni, raccontando una storia più grande e più antica che coinvolge non solo chani e baruch, ma anche la moglie del rabbino, rivka, e la sua decisione di rinunciare a una vita libera e ordinaria per amore, i suoi rimpianti, le sue gioie e i terribili dolori che ha sofferto accanto a un uomo tanto innamorato di lei quanto timoroso del suo dio e del giudizio dei suoi vicini, e suo figlio avromi, tormentato da un amore impossibile per una ragazza non ebrea.
la storia di rivka è forse quella più forte e toccante e lei è sicuramente il personaggio che più ho amato durante tutta la lettura: è lei che più di ogni altro nel racconto fa riflettere - e non soltanto noi lettori - sulle scelte che si compiono, su quello a cui si rinuncia e quello in cui si spera.
l'incontro, il fidanzamento e infine i preparativi per il matrimonio, offrono il pretesto per illustrare un modo di vivere - sopratutto dal punto di vista femminile - lontano anni luce dal nostro.
nella piccola comunità ebraica di chani tutto è deciso dagli altri, ma mai imposto con la forza da nessuno: qualsiasi siano i desideri di una persona, donna o uomo che sia, e purché rispettino le leggi di dio, ciascuno è libero di provare a realizzarli e tutti, familiari e capi religiosi, fanno sì che questo possa essere possibile.
ci sono amori teneri e sinceri, nati dal reciproco rispetto e da quello stesso amore per lo stesso dio e le stesse tradizioni, partoriti e cresciuti insieme a tanti bambini, ci sono dolori nascosti sotto tanti strati di vestiti e dignità, e sono sopratutto le donne - madri, spose e figlie, ma anche sensali e suocere e nuore - a giostrare silenziosamente i ruoli all'interno della comunità, favorendo o impedendo le unioni, accompagnando i figli verso il loro futuro, sostenendo le madri stanche e preoccupate, confortando le sorelle, combattendo per avere una vita felice e rispettabile.
donne forti e coraggiose sotto le parrucche che nascondono i loro veri capelli - nessuna donna sposata può mostrarli ad altri se non al marito - che sopportano tanti parti lodando dio o la mancanza di bambini nella dolorosa e silenziosa accettazione di una volontà così misteriosamente crudele, la cui vita è scandita dai doveri di moglie e madre, tra i riti di purificazione mensile, le pance che si gonfiano e sgonfiano a ogni nuovo bambino, i pasti da preparare, i figli più piccoli da consolare e quelli più grandi a cui trovare la sposa - o lo sposo - adatto, i mariti da sostenere e in qualche modo amare.
la comunità ebrea di cui racconta eve harris sarebbe un incubo claustrofobico e angosciante se lei non sapesse stemperare con ironico affetto le tante assurde - almeno ai nostri occhi - limitazioni e tradizioni da osservare, e se ci sono dei momenti in cui davvero questa esistenza così fermamente regolata appare crudele, ci sono anche tanti momenti in cui non si può che provare affetto sincero e anche ammirazione per chi riesce a vivere così. mi è capitato persino di invidiare la sicurezza di una vita già decisa in cui di certo almeno hai la certezza di non commettere errori madornali (o hai almeno una trentina di persone da accusare poi), di non trovarti solo senza sapere cosa fare per andare avanti.
più di trecento pagine che scorrono senza mai annoiare o pesare, che ci presentano un'umanità ingenua e tanto spaventata della vita quanto innamorata di essa, uomini e donne consapevoli che ogni respiro e ogni felicità e un dono e che questa gioia va restituita, grandi nella loro fedeltà a dio e alla comunità e al contempo piccoli e chiusi nei confronti del resto del mondo del quale rifiutano buona parte di gioia che chiamano peccato.
una storia importante che non solo da modo di conoscere uno stile di vita per noi praticamente inconcepibile e quasi del tutto sconosciuta (almeno per me, non sapevo assolutamente nulla di come si vive in una comunità così piccola e così fervidamente religiosa) ma che sa - e forse suona un po' paradossale, ma è vero - parlare di amore (in tanti sensi) con enorme e vera coscienza.
per me è stata una bellissima sorpresa questo libro e devo ringraziare il
book bloggers blabbering e
liberaria - che sta con noi per tutto il mese di marzo - per avermi dato modo di scoprirlo! continuate a seguire il gruppo e i nostri progetti
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