mercoledì 31 gennaio 2018

black gospel - un vangelo western

una rapina sul treno.
praticamente il massimo della banalità quando si apre il sipario su uno scenario western.
ma vincenzo - vinci - cardona è riuscito a rendere black gospel - un vangelo western qualcosa di diverso dalle solite storie di indiani e uomini bianchi e banditi e sceriffi, pur utilizzando qualche cliché e incrociando le trame di personaggi mai banali che si muovono tra storia e fantasia, tra la violenza senza scrupoli di un paese ancora preda dei coloni e i rimandi a storie più antiche che vengono da un altro continente.


la rapina sul treno è in realtà meno banale di quanto ci si può aspettare, perché quello che doveva essere negli intenti un colpo facile si realizza come un'inattesa carneficina, perché le bande che tentano il colpo sono in realtà due.
così come due, tra i banditi, sono quelli che riescono a sopravvivere e a fuggire: maddalena e barabba, uno per ognuna delle due bande, pronti a prendersi a cazzotti per il colpo andato male e i compagni uccisi o catturati.
persi nel deserto e senza alcuna possibilità di restare ancora vivi, decidono di collaborare e di cercare una qualche forma di salvezza quando questa si presenta nella forma di wovoka, giovanissimo profeta indiano, il primo capace di riunire le tribù pellerossa contro il comune nemico bianco.
salvati prima di trasformarsi nello spuntino di un branco di lupi, wovoka li ammette al resto dell'enorme tribù, diseredati e minacciati quando loro in un mondo in cui essere maschio e bianco è l'unico modo per sperare di respirare qualche ora in più.

turbato nel sonno da un vecchio sogno, barabba - quello che si salva - ci fa compiere un salto indietro all'epoca in cui era poco più di un bambino al servizio di un uomo crudele, sterminatore di indiani di cui aveva poi assunto la fede e i costumi, un uomo convinto che il suo erede lo avrebbe ucciso, un uomo che di eredi, nel corso di mesi di stupri, forse ne ha lasciati tanti.
erode si fa chiamare, e come erode comanda la strage degli innocenti, bambini colpevoli solo di aver attecchito in grembi che non li avevano richiesti, o che li avevano generati semplicemente nel momento sbagliato.
è in quella terribile notte che a barabba, accompagnato da i tre magi - dispensatori di doni - si inceppa la pistola proprio davanti alle manine protese di una creatura.
ed è quella creatura che è sicuro di avere davanti adesso, come se quell'ingranaggio inceppato avesse voluto preservare l'unico salvatore degli oppressi per riunirli insieme e cacciare l'assassino invasore.


nel frattempo, un uomo il cui passato è già legato a quello di barabba più di quanto entrambi possano immaginare, un uomo che non ha nemmeno un alone di umanità e che così bene sa integrarsi in una comunità di conquistatori senza scrupoli né pietà, sta dando la caccia agli indiani e ai due banditi fuggitivi aiutato da un morto che cammina, e non ci vorrà molto prima che tutti i fili si intreccino in un ricamo preciso, sbrogliando le matasse del passato.

vinci cardona è un esordiente, classe '95, e black gospel è il titolo con il quale ha vinto il lucca project contest del 2016, opera che ha visto da poco la luce con la pubblicazione da parte di bd.
ha uno stile grafico evocativo, un tratto veloce, sporco ma elegante, sa disegnare tavole che meritano qualche secondo di non-lettura in più e sa raccontare in modo non banale, seppur con qualche leggera sbandata che l'esperienza saprà sicuramente correggere.
black gospel è una storia per nulla scontata né prevedibile, che si fa leggere tutto d'un fiato e sa emozionare.
questo giovane autore è una promessa interessante e continueremo a tenerlo d'occhio in attesa del suo prossimo libro che ci auguriamo confermi le belle impressioni di questo primo.

lunedì 29 gennaio 2018

come sopravvivere nel grande nord

luke healy nell'introduzione a come sopravvivere nel grande nord ci racconta:
stefansson era convito che la sopravvivenza nell'estremo nord - ancora più a nord dei villaggi inuit che aveva visitato - fosse non solo possibile, ma facile.


cita poi le parole dell'avventuriere in cui, con immenso ottimismo, viene spiegato quanto effettivamente tale assunto sia vero, che il nord è pieno di risorse e quindi perfettamente vivibile anche per chi non ha una grande formazione.
seguono tre sequenze, di due pagine ciascuna:
- nella prima, un uomo incoraggia un suo compagno, evidentemente malato, chiamandolo capitano. il capitano tossisce sangue e cade dalla slitta su cui è disteso, finendo sulla neve a fissare il cielo.
- nella seconda, una donna torna a un minuscolo accampamento perso nel nulla dei ghiacci e della neve. ha catturato un uccello, pasto che dividerà con la sua gatta, quando si accorge di un orso polare proprio fuori dalla sua tenda.
- nella terza, un uomo è sdraiato sul divano, con in mano una bottiglia e la faccia di chi non è riuscito ad annegarci dentro il suo dolore. il telefono squilla, attacca la segreteria ma lui non risponde.

nelle due pagine successive, un'immensa notte stellata viene colorata da un'aurora boreale - la stessa della copertina - divisa in tre parti nette, verde, gialla e magenta, tre strisce di luce ondulanti, sature di colore, una al fianco dell'altra.


come le luci di questa aurora boreale, tre sono le storie che luke healy racconta, tutte in qualche modo collegata alla figura di stefansson - figura che poco ci mette a diventare poco più che un'ingombrante presenza quasi mitologica: quella del capitano bartlett e di kataktovic, il primo capitano della nave salpata dall'alaska nel 1913 verso l'artico, la prima organizzata per provare la teoria di stefansson, il secondo uno degli inuit che partecipano alla spedizione sopratutto in virtù della loro conoscenza del territorio e della loro esperienza tra i ghiacci.
la nave che stefansson, con il suo inguaribile e pericoloso ottimismo aveva giudicata perfetta per questo viaggio, si rivela presto inadatta agli sforzi che la attendono, e presto l'equipaggio dovrà fare i conti con gli imprevisti e i rischi che stefansson non aveva neppure provato a calcolare.


la seconda storia è quella di ada blackjack, donna inuit disperata dal tremendo stato di salute del figlio che non ha i mezzi per curare. siamo nel 1921 e stefansson ha organizzato la sua seconda spedizione verso il nord. necessaria, tra l'equipaggio, è la presenza di una sarta.
ada accetta il lavoro, benché preoccupata all'idea di allontanarsi dal bambino per un intero anno. la speranza è di poterlo portare in un ospedale in grado di curare la sua malattia.
anche questa spedizione non andrà per il verso giusto e anche qui stefansson non è che una presenza invisibile.

le due missioni, il capitano bartlett, ada blackjack e i disastri cui andarono incontro sono realmente esistiti, a differenza della terza storia, frutto della fantasia di healy, una traccia che in qualche modo collega non solo i personaggi vissuti circa un secolo prima di lui, ma che - senza forzature - chiarisce il concetto stesso del termine sopravvivenza.


in quarta di copertina: lottare per vivere, tra i ghiacci, tra le convenzioni borghesi, tra le dolorose scelte obbligate [...]. per capire il significato di quel riferimento alle convenzioni borghesi dobbiamo proprio scoprire terza storia.
protagonista è il professor barnaby, uomo decisamente poco avventuroso e per nulla affine allo spirito del rude uomo di mare o della madre disposta a sacrificarsi per il bene di suo figlio.
barnaby si è improvvisamente trovato con la carriera e la reputazione appesa a un filo: da tempo ha una relazione con uno studente, cosa che ovviamente è inammissibile in un campus universitario, e adesso che il suo segreto è venuto a galla, è stato allontanato dall'insegnamento.
gli si prospetta un lungo e vuoto anno sabbatico: senza amici, senza più un compagno, compagno, il giorno che lascia il suo ufficio scopre una targhetta che gli permette di scoprire che quella stanza era già stata  occupata in precedenza da vilhjalmur stefansson, esploratore famoso per la sua irresponsabile teoria sulla sopravvivenza nel nord.
solo e senza nessun impegno e con la complicità dell'amichevole bibliotecaria del campus, barnaby si immerge nella lettura dei diari e dei resoconti delle spedizioni organizzate da stefansson, scoprendo le difficoltà che gli equipaggi hanno subito nel più inospitale dei luoghi del pianeta, trovando, ormai troppo tardi, il rimedio a molti dei loro problemi e, questo con una tempistica migliore, un'alternativa al suo.

healy è un narratore nascosto che non forza mai la narrazione per collegare le tre storie e che esprime il suo punto di vista freddo e quasi asettico in una scansione narrativa precisa e rigorosa - tavole tutte uguali scandite da griglie regolari - che dedica quasi sempre lo stesso intervallo di pagine alle tre storie che si alternano durante la lettura e per ognuna sceglie una palette cromatica irreale e simbolica, dando a ognuna un colore dominante, i tre che ci aveva già mostrato nella sua aurora boreale a inizio del racconto.

come sopravvivere nel grande nord è un dramma collettivo senza esserlo, che si stempera non solo nell'atteggiamento di un narratore assente che affida la narrazione solo ai fatti e ai dialoghi, senza mai entrare nella testa e tra i pensieri dei suoi personaggi, ma anche nella distanza temporale e spaziale dei racconti che, ognuno a suo modo, raccontano l'inarrestabile e istintiva capacità degli esseri umani di voler sopravvivere anche nella più difficile delle situazioni, siano i ghiacci polari di inizio secolo scorso o l'amarezza della solitudine di un uomo dei nostri giorni.

venerdì 26 gennaio 2018

la saggezza delle pietre

lascia che mi trasformi.
lasciami diventare vera.
lasciami diventare selvaggia!


una coppia decide di inoltrarsi nella natura selvaggia, di fare un viaggio a contatto con le asperità della montagna e dei boschi, sulla cima dei pirenei, un modo - pensa lei - per risanare un po' un rapporto ormai quasi finito.
abituati alla vita in città, il paesaggio che si apre ai loro occhi è di una bellezza incredibile, feroce e immensa.
lui, thibaut, è pieno di sé, sicuro delle sue capacità, della sua intelligenza, della sua cultura. riserva alla sua compagna un'attenzione quasi paternalistica, a volte un po' penosa, si erge silenziosamente e senza dare troppo nell'ombra a faro nella notte, guida a cui lei può fare affidamento sempre e comunque, preferibilmente rendendo grazie.
lei è silenziosamente satura di questa accondiscendenza, che non accenna a sparire neppure tra gli alberi del bosco, eppure forse è innamorata, sicuramente è dipendente da lui, gli cammina un passo indietro e anche lì, lontani dalle comodità e dalle sicurezze, si sente sicura proprio grazie alla sua presenza.
è spezzata in due, lacerata dal bisogno di allontanarlo, di essere libera, e la paura della sua assenza.

per un momento, un lampo rosso tra gli alberi indica la presenza di una volpe. gli occhi della giovane donna incontrano quelli dell'animale: come in un effetto speciale di un film di qualche decennio fa, i due sguardi si sovrappongono. è come il momento silenzioso in cui esplodono le barriere che le impediscono la comprensione delle voci nel bosco, un contatto solo mentale, o forse nulla di più di una semplice coincidenza.

la gioia di quella gita dura per poco, la giovane si ritrova sola, accanto al cadavere del suo uomo. sconvolta, terrorizzata, addolorata, ripassa le foto sul cellulare. è l'ultimo contatto con la civiltà, fino a che lo schermo non si spegne.

inseguita dagli incubi, sola e sotto shock, decide, al centro di una vallata fiorita, di togliersi i vestiti di dosso e non tornare più alla civiltà: qui si sente vera, selvaggia, si sente se stessa, libera dalle aspettative degli altri, dai suoi stupidi obblighi, dalla vacuità del suo vivere quotidiano prima che tutto questo accadesse.
la natura è immensa, bellissima, potente e lei se ne sente parte: è un animale come gli altri adesso.
o almeno è quello che crede.

il corpo della donna inizia a trasformarsi: i capelli si fanno più forti e intrecciati, i peli ritornano a crescere, i muscoli diventano più forti, il grasso sparisce, le ossa iniziano a sporgere.
è una trasformazione lenta ma evidente, che continua pagina dopo pagina: la natura immutata ed eterna e un corpo su cui il tempo scorre anche troppo velocemente, un corpo che tende a mutarsi in tante cose ma che non sa rinnegare la propria essenza.
è ancora in bilico sul bordo che divide l'ideale dal reale, ma è proprio il suo corpo inizia a comprendere quello che l'aspetta.

è sotto un immenso cielo stellato, persa nella bellezza delle stelle, che alla nuova creatura del bosco viene palesata la realtà della natura: non è una cartolina di cui ammirare le bellezze. è forte, è crudele, è impietosa. per poter ammirare le stelle lontani dalla luce dei neon e dei lampioni, bisogna riuscire a sopravvivere.

la volpe

stremata dalla fame, e dagli incubi che non la lasciano mai sola, incontra di nuovo la volpe che aveva visto poco prima dell'incidente di thibaut.
l'associazione alla scena tra il piccolo principe e la volpe è immediata, e forse anche a lei è venuta in mente. l'aspettativa è idillica e romantica ma non sarà la fulva creatura a farsi addomesticare, in natura non funziona così: a nulla vale indebolirsi o andare in brodo di giuggiole per un campo dorato di grano, anche se ti ricordano i capelli di chi ami.
la volpe le insegnerà a cacciare, a uccidere, a fiutare gli odori, a mangiare la carne cruda, a trasformarsi in un animale selvaggio, a sopravvivere da sola.

le querce

in un bosco di querce le sembra di trovare la pace, la serenità. impara presto a sentire le voci degli alberi, inizia a sentirti un albero anche lei, ben piantata nella terra, protesa verso il sole e il nutrimento. ma la frescura dell'ombra degli alberi può essere anche furto fatale, la maestosità delle loro altezze può nascondere piccolezza d'animo, la stabilità del loro vivere immobile può avere un prezzo troppo caro da pagare.
una donna non può diventare un albero.

le pietre 

stremata, alla ricerca di se stessa e di un modo di riconoscersi in quel bosco e di riuscire a farne parte, impazzita per la solitudine, sconvolta dalla crudeltà che si disvela tra gli incantevoli scenari naturali, cerca riparo e compagnia tra le pietre. sono sagge, eterne, immobili.
smettere di affannarsi, di allungarsi, di crescere, di nutrirsi, di morire, smettere di fare, di pensare, di desiderare, limitarsi ad essere. è la follia che si impadronisce di lei sotto forma del corpo gonfio e putrido di thibaut, fantasma che le mostra il più improbabile dei paradisi, quello in cui l'orrore della lotta per la vita non esiste più. è un viaggio allucinato nei recessi della mente, tra sogni e ricordi e immagini lontane.
gilbert ci regala un momento di pace, l'illusione di un lieto fine, di una metafora del perdersi dentro se stessi e tornare indietro, ma non dura che pochi battiti di cuore.
torneremo alla montagna, alla più dura e commovente - e anche dolce - delle conclusioni possibili.


la saggezza delle pietre è un capolavoro, una storia che ha un'intensità che si raggiunge raramente.
thomas gilbert non è per nulla interessato a trovare un valore morale alla natura che riempie tutte le pagine del suo romanzo, non è una natura buona né crudele, è al di fuori di qualsiasi considerazione, superiore a ogni giudizio. semplicemente è così, impietosa e magnifica.
non scrive una storia ambientalista, non racconta la lotta tra uomo e natura - e forse proprio per questo è una donna la protagonista - quanto il tentativo disperato di farne davvero parte, di ricongiungersi ad essa, scoprendo di essere ormai troppo lontani da quel mondo, più deboli del più misero insettino: incapaci di vivere in un mondo che non riusciamo a piegare alle nostre esigenze, incapaci di piegare il nostro corpo alle esigenze della natura, incapaci anche di vivere soli, lontani dagli altri, lontani da qualsiasi cosa possiamo chiamare civiltà.
e racconta con spietata chiarezza anche la realtà di quelle bellezze naturali che tanto rimpiangiamo e mascheriamo dietro la nostra visione romantica: la già citata scena delle stelle, spettacolo da mozzare il fiato, non è alto che la contemplazione impietosa di un cimitero di luci già morte.
non solo l'inquinamento, non solo le violenze fisiche a cui da secoli sottoponiamo il pianeta, ma anche la nostra stessa etica è incompatibile con la natura, il nostro voler a ogni costo giudicare, dare un voto, un nome, una spiegazione morale alle cose.
gilbert ci mostra il mondo così, semplicemente per quello che è, con le sue crudeltà e con le sue meraviglie, alternando carboncini e matite, tra le ombre di un boschetto o le superfici lisce e chiare di un costone roccioso, lasciando correre il tratto sul foglio, ricreando un immenso affresco in bianco e nero, come se i colori potessero distrarci dalla vera essenza della natura: spietata, enorme, senza tempo.

mercoledì 24 gennaio 2018

stupor mundi

ma tutto questo a cosa serve, annibale? sapete dircelo?

in un giorno imprecisato del XIII secolo a castel del monte, in puglia, dopo un lunghissimo viaggio da baghdad, sbarca il più famoso e rispettabile scienziato del mondo arabo, annibale quassim el battuti, accompagnato dalla figlioletta houdê e il fedelissimo servitore el ghul, giunto a chiedere protezione e sostegno a federico II, famoso per il suo amore per la scienza e per la sua abitudine a dare ospitalità e supporto ai più noti artisti, scienziati e intellettuali del tempo.
annibale intende mostrare la sua nuova invenzione - un'idea capace di rivoluzionare il mondo intero, la casa della luce - all'imperatore, ma manca ancora qualcosa per perfezionare il suo lavoro e dare alla sua invenzione il senso per cui l'ha creata, una formula che si trova proprio in un manoscritto conservato nella grande biblioteca del castello.
recuperarla non sembra troppo difficile, ma numerosi intrighi si metteranno tra annibale e il suo desiderio di completare il lavoro.
dubbi e tormenti si annidano  nell'animo degli uomini di scienza (e non) che abitano il castello: fino a dove è dato spingersi? fino a quale punto si può avanzare, qual è il limite imposto dalla morale - o da dio, se preferite - oltre il quale l'uomo e il suo ingegno non possono andare oltre? e annibale, cosa vuole ottenere? perché sta facendo tutto questo? fin dove oserà condurli?
questo è il tema principale di stupor mundi, il cui titolo si può riferire tanto a federico II quanto all'opera di annibale, un'invenzione terribile e strepitosa, vero e proprio stupore del mondo.

mentre annibale, costretto a una gara contro il tempo per terminare l'opera, si scontra e incontra con colleghi più o meno disposti ad aiutarlo o a mettergli i bastoni tra le ruote, la piccola houdê, rimasta paralizzata durante un terribile scontro in cui morì sua madre, tenta di far luce nella sua memoria, fidata alleata capace di aiutarla a ricordare ogni pur piccolo particolare, ma muta proprio sulla questione più importante, quella su cui si angoscia e si arrovella e che annibale si rifiuta di svelarle, legata proprio alla morte di sua madre e alle ultime parole che le disse prima di spegnersi.


néjib scrive e disegna quello che in un paio di anni è già stato acclamato come classico del fumetto francese e internazionale, un romanzo storico, un thriller medievale le cui ambientazioni hanno ricordato tanto quelle de il nome della rosa, ma anche e sopratutto un racconto sulla sete di conoscenza che si fa necessità e che cozza inevitabilmente con l'ignorante superstizione dei contemporanei e con la paura - mai davvero esaurita - di scontrarsi con dio e offenderlo, tentando di emulare la sua creazione, peccando di blasfemia.
stupor mundi ricrea anche però un medioevo colto, intelligente, curioso, avanti con i tempi, fuori da quello stereotipo di epoca oscurantista, seppure abitato da uomini quasi spaventati del loro stesso ingegno, divisi tra il progresso scientifico, medico, artistico e una fede opprimente e minacciosa.

alla fine, nelle parole che annibale pronuncia a houdê, néjib riassume al meglio, forse, tutto il senso di quella ricerca difficile, che per secoli e secoli verrà tacciata di stregoneria, di diavoleria, il senso stesso della scienza, dell'arte, del tentativo dell'uomo di superarsi che però non supera mai - neppure quando riesce quasi a emulare persino il creatore, a domare la chimica, a sottrarsi alle leggi della natura e della memoria - la sua più dolce debolezza.

particolare la resa grafica, semplicissima e minimale, con tocchi di pennello che si fanno più sottili o più intensi come in una calligrafia, incredibilmente espressiva, focalizza tutta l'attenzione sulle tensioni psicologiche e sui rapporti che si instaurano tra i personaggi, evidenziando ancora di più l'atmosfera elettrica tra attese e pericoli imminenti con ombre nette e colori accesi, in tavole che spesso non accolgono che due, tre tonalità diverse ricche e sature.

coconino, nella quarta di copertina, definisce stupor mundi un classico istantaneo, e in effetti questo è un libro che prescinde da ogni contesto storico, che non può diventare vecchio ma che non è mai troppo nuovo, che fa vibrare inesauribilmente le corde più importanti non solo del dibattito scientifico, ma quelle profonde e delicate dell'animo umano.

lunedì 22 gennaio 2018

billy nebbia ~ il bambino che non credeva più a babbo natale

sono passati circa quattro anni dalla pubblicazione del primo volume di billy nebbia (il dono dell'oltrevista, di cui parlai qui) e finalmente il piccolo, cupo e fantasioso bambino nato dalla matita di guillame bianco è tornato sugli scaffali italiani con il secondo volume - billy nebbia, il bambino che non credeva più a babbo natale - che racconta la sua storia (e che, con la nota finale, ci fa sperare bene per il terzo, magari prima di altri quattro anni!)


billy ha sette anni e ha ricevuto da babbo natale una lettera di risposta alla sua richiesta: non vuole che una cosa il piccolo billy, riabbracciare il suo amico tarzan, il suo gatto, che la morte gli ha portato via. ma babbo natale gli ha detto che neppure lui può riportare indietro tarzan, che, per quanto triste, deve rassegnarsi all'idea che il suo amico non tornerà più.
che senso ha morire? perché non può rivedere tarzan? babbo natale non esaudisce forse i desideri dei bambini?

billy non ha nessuna intenzione di arrendesi, arrabbiato e sfiduciato, sa ormai che babbo natale non esiste, e aver trovato un costume simile al suo accanto al regalo che aveva chiesto nella stanza di sua mamma non è che una prova in più a suo favore: un imbroglione, forse addirittura l'uomo nero accuratamente travestito, di certo incapace di risolvere il suo problema.
ci deve essere un altro modo per riportare tra i vivi il buon vecchio tarzan, un modo per tirarlo fuori da sottoterra e ricominciare a giocare con lui.
ed è così che viene in suo aiuto lea, la bambina fantasma che avevamo già incontrato nel primo libro, che suggerisce a billy di trovare quattro amuleti magici il cui potere oscuro e misterioso lo aiuterà a riportare dal regno delle ombre tarzan: la maschera della peste, usata in tempi antichi dagli emissari del diavolo per portare malattia e morte tra gli uomini, il dente del diavolo, che permette di invocare un demone, l'uovo di sirena, che dona una vita lunga e felice e il terribile uccello del malaugurio, una creatura terribile che semina dubbi e oscuri pensieri a chi lo possiede.

certo, non è facile trovare questi oggetti e il viaggio di billy sarà costellato di mille pericoli e di avventure, di incontri felici e di momenti spaventosi, lungo una strada che si perde tra le ombre del sogno e della notte...


guillaume bianco ci regala un'altra avventura dolceamara, sospesa tra l'ingenuità dell'infanzia, l'orrore misterioso di forse oscure e minacciose, di mostri di ogni sorta, della morte che non ha pietà per nessuno, e la consapevolezza dell'età adulta che piano piano si fa avanti e svela ogni mistero, portando con sé il sapore della delusione, come quando di un trucco di magia si scopre l'inganno e si perde lo stupore.
come succedeva nel primo volume, le avventure di billy sono alternate a tavole che illustrano la natura di creature fantastiche, filastrocche tetre, poesie malinconiche e preziose pagine tratte dall'enciclopedia curiosa e bizzarra di criptozoologia.
una storia per bambini che affascina anche i grandi, che fa sorridere e venire i brividi.

in francia, oltre ai due volumi che abbiamo già letto anche noi qui in italia, sono usciti:
- billy brouillard: le chant des sirènes (billy nebbia: il canto delle sirene)
- les comptines malfaisantes coffret 1 (le filastrocche malvagie - cofanetto 1)
- les comptines malfaisantes coffret 2 (le filastrocche malvagie - cofanetto 2)
- l'encyclopédie curieuse et bizarre par billy brouillard, tome 1: les fantômes (l'enciclopedia curiosa e bizzarra di billy nebbia, volume 1: i fantasmi)
- l'encyclopédie curieuse et bizarre par billy brouillard, tome 2: les chats (l'enciclopedia curiosa e bizzarra di billy nebbia, volume 2: i gatti)
e noi non possiamo che sperare che bao prima o poi li traduca tutti quanti!

sabato 20 gennaio 2018

clow cards ~ shoujo tag

ho beccato questo giochillino sul blog di claire, dipendenza da shoujo, e siccome ho una grande passione per questo genere di cose - e questo mi è piaciuto parecchio! - e sono tornata di recente in fissa con le clamp (oltre a seguire la nuova serie dell'anime di card captor sakura - qui trovate tutte le informazioni per vedere i nuovi episodi - ho preso il primo numero della serie di tsubasa world chronicle, ma non ci ho capito niente, devo finire di recuperare xxxholic e rileggere tutto!) ho deciso di farlo anche io. come sempre per ogni giochillino, meme, tag o come volete chiamarlo, siete liberi di riproporlo sul vostro blog.

1 ~ the sleep - uno shoujo che ti fa immergere nel sonno più profondo:


mi spiace un po' dirlo perché all'inizio mi appassionava parecchio, ma rispondo arrivare a te: ultimamente è così lento, noioso e inverosimile che non vedo l'ora che finisca o che almeno quei due idioti di protagonisti si diano una bella svegliata!

2 ~ the sweet - uno shoujo più romantico che hai letto:


e come dovrei fare a scegliere? io sono una fan degli shoujo romantici e smielosi, ne ho letti tantissimi così, quindi senza pensarci troppo direi hiyokoi, ho sempre adorato hiyori e yushiin e la loro storia è a dir poco da diabete.

3 ~ the dash - uno shoujo che hai terminato in tempo record:


un po' tutti i manga di arina tanemura, che ho quasi sempre recuperato e letto in blocco, ma forse quello che ho letto più velocemente è stato ogni nostro venerdì: nulla di troppo serio ma assolutamente adorabile!

4 ~ the loop - uno shoujo che hai letto più e più volte:


non è l'unico che ho riletto, ma direi mars. è stato il mio primo manga, ero assolutamente entusiasta perché era completamente diverso da qualsiasi fumetto avessi mai letto fino ad allora e l'ho riletto un sacco di volte. continua a piacermi ancora adesso, praticamente lo so quasi a memoria!

5 ~ the maze - uno shoujo che non hai mai finito:


dawn of the arcana. sono secoli che mi dico che devo recuperare gli ultimi numeri ma niente, ogni volta do la precedenza ad altro. anche perché praticamente non ricordo praticamente nulla di quello che ho letto...

6 ~ the light - uno shoujo che ti ha reso felice in un momento buio:


oddio, nessun fumetto mi ha mai risollevata al tal punto nei momenti neri neri, ma uno che mi ha sempre regalato momenti di allegra spensieratezza mentre lo leggevo era love button, un manghino carino che mi faceva sempre perdere nella storia e dimenticare di tutto il resto.
mi manca molto maki usami, spero che qualcuno pubblichi al più presto qualche suo nuovo manga!

7 ~ the erase - uno shoujo che hai cancellato dalla memoria:


e che devo assolutamente rileggere: sugar sugar rune. non ricordo quasi nulla della trama, so solo che mi era piaciuto tantissimo!

8 ~ the create - uno shoujo a cui avresti dato un altro finale:


assolutamente paradise kiss: volevo un sacco che *spoiler* yukari e joji rimanessero insieme!

9 ~ the dark - uno shoujo che risveglia i tuoi istinti omicidi:


i love you suzuki-kun, una porcheria di un maschilismo becero, retrogrado e umiliante, mi sono arrabbiata e disgustata mentre lo leggevo, e avrei volentieri preso a schiaffi l'autrice oltre che tutti i personaggi. sono contentissima di essermene sbarazzata presto!

mercoledì 17 gennaio 2018

we are family

erano secoli che un libro non mi appassionava al punto tale da finirlo in una giornata, facendomi passare tutto il giorno a leggere, lontana da pc, telefono, e - ugh, questo non è buono - libri universitari.
we are family mi aspettava da mesi, forse più di un anno, tranquillo nello scaffale dei libri da leggere, e poi - perché i libri fanno sempre così - a un certo punto ha deciso che era arrivato il momento giusto. si è messo in mostra e mi ha rapita per tutto il giorno.


protagonisti della storia sono i componenti della famiglia santamaria: la mamma agnese, casalinga abilissima nella preparazione di ciambelloni al cioccolato e bella come, anzi di più, la principessa grace, il papà mario elvis, conducente di autobus in attesa di pilotare astronavi, appassionato di elvis a cui - merito dei capelli sapientemente acconciati - somiglia, nonna concetta, sempre preoccupata delle vicende digestive dei nipoti, la figlia maggiore, vittoria, che nonostante le buone intenzioni ha una tremenda attitudine con gli animali domestici e almerico detto al, un genio assoluto di quasi quattro anni - all'inizio della storia - capace di leggere e scrivere e fare operazioni matematiche già difficili per bambini più grandi di lui, voce narrante della storia e unica possibile salvezza del mondo, ma, e si scoprirà presto, in serie difficoltà quando si tratta di relazionarsi con gli altri o semplicemente di non mandare a fuoco la casa.

dagli anni settanta fino ai tempi recenti, al racconta la storia della sua famiglia, la più bella e felice del mondo, e attraverso i santamaria, la storia dell'italia, vista dagli occhi attenti, critici e ingenui di un bambino speciale, capace di compiere disastri stratosferici o di trovare le migliori soluzioni ai problemi.
un bambino che cresce, matura ma lo fa a modo suo, non rimanendo un piagnone attaccato alla sottana di mamma, immaturo affetto da una qualche sindrome di peter pan incapace di prendersi le sue responsabilità, ma capace sempre di mantenere quella curiosità e quello stupore per ogni cosa tipici dei bambini, di quelli che ancora non si sono arresi al grigiore del mondo, alla noia, ai valori sbagliati.
al diventa un adulto che sa ancora pensare alle ore di gioco come alle più importanti della giornata, sa dare agli affetti più importanza di qualsiasi sciocco status symbol da grandi, sa continuare a sognare senza mai lasciarsi schiacciare dal peso delle cose più futili.

i santamaria sono una famiglia né povera né ricca, ma un evento inatteso, e per al incomprensibile, mina improvvisamente la loro fragile stabilità. così, il sogno della casa promessa, alla cui ricerca i santamaria dedicano le loro felici domeniche, viene ridimensionato sempre di più, tra un trasloco e l'altro in attesa che lei si riveli finalmente.
al non è un bambino facile nè lo è la vita precaria e indecisa che agnese e mario elvis affrontano ogni giorno, ma agli occhi del piccolo genio nulla al mondo può eguagliare i suoi magnifici genitori e nulla è più bello, nonostante si ritrovino infine nella più improbabile e meno auspicabile delle abitazioni, di stare insieme.
all'annuncio del viaggio di nozze, rimandato da fin troppi anni, al sa che è arrivato il momento tanto atteso, quello in cui potrà finalmente preparare la più bella delle sorprese per i suoi.

inutile fare spoiler sulla trama, che è perfetta, divertente e commovente, ma bisogna sottolineare il talento di fabio bartolomei: raccontando la storia dal punto di vista di un bambino speciale, ci regala una visione del mondo come se ogni cosa fosse più vera, autentica, brillante e sincera.
dietro l'entusiasmo di al si celano tristezze e sconfitte, le piccole miserie quotidiane e l'immenso, eroico sforzo di combattere ogni negatività e godersi appieno la gioia di stare insieme, di volersi bene, di essere una famiglia.
e così è difficile lasciar scegliere alle nostre emozioni che strada prendere, se quella delle risate che inevitabilmente la logica perfettamente folle di al ci strappa o le lacrime per tutto quello che lui registra ma non riesce a decifrare, a comprendere fino in fondo, capace però di riuscire nell'impossibile: salvare, se non tutto il mondo, almeno la parte più importante.

lunedì 15 gennaio 2018

commenti randomici a letture randomiche (50)

ed eccoci di nuovo pronti a un altro carico di randomicità! un sacco di robe fichissime (e una un po'... meh) che non dovete assolutamente perdervi!

so che tsubaki-cho lonely planet non sta piacendo a troppa gente, anche se francamente non riesco a capirne il motivo, sopratutto dopo aver letto il quinto volume. dopo il viaggio a kyoto e i dispetti di kaneishi - che ha ovviamente capito tutto subito su come vanno davvero le cose tra i due piccioncini - akatsuki comincia a comportarsi in maniera sempre più strana con fumi, esattamente come farebbe un ragazzino timido e impacciato che non vuole far capire alla persona che gli piace che è un po' cotto.
fumi continua nel suo intento di non svelargli i suoi sentimenti, sicura che non saranno ricambiati, ma una sera, durante un giro tra le bancarelle di una festa e sotto ai fuochi d'artificio, non riesce a tenere più la bocca chiusa e confessa i suoi sentimenti ad akatsuki, che risponde con la prontezza di un comodino. a salvare la situazione arriva - stile deus ex machina - la sua amica yo, che capito l'imbarazzo dell'amica, la invita a casa sua per qualche giorno.
e noi possiamo finalmente curiosare un po' nel passato del maestro akatsuki, scoprendo che fin da ragazzo era impacciato, timido e incapace con le ragazze, e che sono state parecchie quelle che come fumi si sono prese una cotta per lui. insomma, akatsuki è sempre stato negato con le ragazze, ogni volta che provava ad iniziare una relazione, quella finiva inevitabilmente male, e quando si è accorto che fumi si è innamorata di lui, ha scelto inizialmente di evitare l'ennesimo fallimento.
ma qualcosa è finalmente cambiato in lui e finalmente... (no, davvero, all'ultima pagina io mi sono quasi messa a gridare!)

cambiando genere, mi sono decisa finalmente a leggere nomen omen ~ total eclipse of the heart, avevo letto troppi commenti positivi in giro per continuare a farmi infastidire dall'orribile verde neon della copertina.
e, fidatevi, ho fatto davvero benissimo!
protagonista della vicenda è becky kumar, newyorkese neo-ventunenne con un meraviglioso taglio di capelli, nerd e affetta da acromatopsia - cioè non riesce assolutamente a percepire i colori, cosa che solo all'inizio sembrerà una fuffata inutile, ma poi avrà il suo meraviglioso senso - reduce da poco da un incidente stradale in cui è morto il suo migliore amico.
la storia comincia proprio il giorno del suo ventunesimo compleanno in occasione del quale, per cercare di tirarla un po' su di morale, le sue due mamme (apprezzatissima l'idea di farci vedere una famiglia così affiata, alla faccia di chi continua a non accettare l'idea di coppie omosessuali con figli) e i suoi amici le organizzano una festa.
niente di eccezionale, se non fosse che proprio in quest'occasione la vita di becky cambia completamente.
visioni, sicuramente, tutto è troppo assurdo per essere vero: un essere gigantesco, in qualche modo umanoide, le strappa letteralmente il cuore dal petto.
beh, non troppo letteralmente, visto che dopo poco si risveglia, stordita e confusa, ma viva. no?
anche i suoi amici hanno visto qualcosa di strano, uno scontro spaventoso tra ragazzi in apparenza umani ma capaci di cose decisamente fuori dal comune.
cosa sta succedendo?
questa è una fiaba, signorina kumar, non c'è spazio per ospedali, genitori e polizia, ci sei solo tu, che cerchi di salvarti da sola perché non puoi fidarti di nessuno. lo capirai molto presto.
il giorno dopo tutto sembra come al solito, ma ci vorrà poco di scoprire che un equilibrio nascosto ma fondamentale è stato spezzato e che lei, viva ma davvero senza più il suo cuore, ha in realtà un potere enorme che la rende una delle streghe più potenti che si ricordino.
il velo tra questo mondo e quello si è squarciato e ora a becky toccherà muoversi da una parte all'altra della realtà per salvare se stessa.
e e e... niente altri spoiler, ma bisogna dire effettivamente jacopo camagni e marco b. bucci hanno davvero fatto un lavoro pazzesco, che al di là degli strilloni pubblicistici è una vera rivoluzione nel fantasy nostrano a fumetti: un urban fantasy ben orchestrato con una protagonista che piace e convince dalla prima pagina, un mondo complesso e funzionante in cui far muovere i personaggi, a cui si accompagnano non solo dei disegni tremendamente affascinanti, ma uno stile di colorazione che, accordandosi con la strana patologia di becky, ricrea un effetto unico, tra bianco/nero e colori, tra tavole estremamente grafiche e sequenze più pittoriche.
vabbè, fidatevi, non perdetevelo assolutamente!

un po' (molto) meno entusiasmo per il nuovo monster allergy. a parte che continuo a detestare l'idea di questo formato cartonato che, in pratica, ha le stesse pagine dei volumini della vecchia serie, solo che costa tipo sette volte tanto. ah, e mancano le rubriche.
ah, è la mia copia aveva le pagine ancora incollate, ho dovuto staccarle io. niente di grave, ma per quasi quindici euro almeno separare i fogli...
poi ammetto che non riesco assolutamente ad apprezzare zick ed elena così cresciuti. non sono di base contro i sequel, anzi, ma mi sembra che questo nuovo monster allergy sia molto poco monster allergy, sottotono rispetto alla vecchia serie.
paradossalmente, mi sembra che i toni siano più infantili adesso che nei primi volumi, come se la crescita dei personaggi sia stata esclusivamente fisica, anzi, come se avessero perso quelle caratteristiche per cui ci piacevano tanto: zick sembra un ragazzetto scemo e irresponsabile e elena ha perso la sua aria cazzuta di bambina fuori dagli schemi.
insomma, sono diventati due tipi qualsiasi, solo capaci di vedere i mostri. ma monster allergy non era questo. sigh.
ma nonostante tutto, continuo a provarci, anche con aspettative pari a zero, spinta più dall'affetto che nutro tutt'ora per quello che era m.a. che di scoprire qualcosa di nuovo.
ne la valle dei bombi elena e zick, oltre a scoprire per la prima volta la valle del titolo, quella in cui nascono - e rinascono - i bombi, creature che - bava a parte - farebbero tenerezza a qualsiasi cuore di marmo del mondo. la valle dei bombi è un posto quasi incantato, paradisiaco, di colori tenui e ingenua bontà. eppure, nonostante l'atmosfera zuccherosa, il perfido sinistro (quasi) riesce - e qui bisogna ammettere che non me l'aspettavo - nel modo più improbabile a mettere a segno uno dei piani più crudeli di sempre che - meno a sorpresa - zick ed elena riescono a sventare.
la minaccia rimane, aleggia sul prossimo volume ma, ripeto, il massimo che è riuscita a tirarmi fuori è stato uno sbadiglio un po' meno pesante degli altri.
peccato che stia andando così (e no, non è che sono io che sono invecchiata e non mi emoziono più, i vecchi numeri continuo a trovarli sempre strepitosi, mi auguro che prima o poi si riesca a tornare a quei livelli)

fantastico come sempre invece il nuovo volume di lumberjanes serie che - scusate se mi ripeto sempre sulle stesse cose - continuo a considerare tra le migliori che sto seguendo.
la squadra delle nostre tipe toste è impegnatissima a superare la prova per ottenere un nuovo distintivo, il non ti s-cordar di me, è chi meglio del capogruppo capitan karen, vero lupo di mare (non avete idea quanto lo sia!) può aiutarle?
ma karen ha un problema, uno di quei problemi che nel campo delle lumberjanes ti sbattono in faccia una realtà fatta di creature leggendarie e magiche.
un gruppo di selkie ha rubato la sua barca per vendicarsi del furto della pelle di una di loro, che non riesce più a tornare alla loro forma originaria (le selkie sono un tipo di metamorfo, appaiono come delle foche, ma possono diventare umane togliendosi la loro pelle. ovviamente, per il processo inverso, hanno bisogno di indossarla di nuovo), ma karen sostiene il contrario, e nonostante la barca non sia poi tanto lontana dalla costa, è impossibile raggiungerla per via dei terribili mulinelli che le selkie - ma loro sostengono di no - hanno creato.
insomma, un bel pasticcio e chi meglio di un gruppo di amiche superaffiatate e abituate a ogni sorta di magica stranezza può risolvere il problema?
tra creature che cambiano aspetto, portali magici, dimensioni parallele, barche fuori controllo, fraintendimenti, tempeste e idee tremendamente pericolose (del tipo bambini non fatelo a casa) jo, april, mal, molly e ripley vivranno un'avventura indimenticabile fatta di scelte coraggiose e - ovviamente - amicizia al massimo!

stratosferico anche il terzo volume di paper girls, che vede le quattro ragazze addette alla consegna dei giornali catapultate in un non meglio precisato passato preistorico.
riescono finalmente a ritrovare kj ma devono affrontare l'ennesimo, imprevedibile nemico: tre uomini giganteschi, orribili e crudeli, tre padri di un unico bimbo a cui stanno dando la caccia.
e nonostante non siano le sole a spostarsi nel tempo, i guai non sono ancora finiti e non è ancora arrivato il tempo delle risposte.
né sui viaggi temporali, né su quello che il futuro le riserva, quel futuro che ha svelato a mac che non ne ha molto davanti a sé e quello che ha mostrato a kj immagini che non riesce a spiegarsi, e che la rendono più inquieta persino delle nuove, inaspettate trasformazioni del suo corpo.

questo terzo volume è pieno zeppo di azione e violenza ma anche di quel sentimento di solidarietà che spinge sei donne provenienti da mondi - e tempi - lontanissimi tra loro a salvarsi a vicenda, in barba a qualsiasi legge fisica ci si possa raccomandare di non infrangere. e ancora una volta, il finale ci regala mesi (speriamo pochi!) di hype in attesa di un nuovo volume, e magari, di qualche spiegazione in più.

venerdì 12 gennaio 2018

my cup of tea 2017

potevamo farcele mancare? ovvio che no.


anche quest'anno (come per il 20132015 e 2016) è arrivato il momento di my cup of tea, il premio ideato da yue lung di say adieu to yue:
"Questo premio è nato quattro anni fa, con lo scopo di celebrare non l'opera più bella dell'anno di riferimento - sarebbe troppo scontato - ma piuttosto, quella che più vi ha sorpreso, contro ogni aspettativa e pregiudizio. Per opera intendo qualsiasi cosa: fumetto, serie tv, film, libro, e quant'altro. Ad esempio: volete dare la tazzina ad un blog? Ad un cosmetico? Ad una ricetta? Potete farlo! E potete fare anche premiazioni multiple, per ogni tipologia (quindi un film, una serie tv e così via). Non ci sono scadenze."
io mi gioco di nuovo le stesse categorie dello scorso anno (tranne una, per la quale proprio non riuscivo a trovare nulla), e mi aggrego all'invito a partecipare!

 • graphic novel • 


non mi aspettavo che non mi piacesse, questo no, ma ero comunque convinta che sarebbe stato un libro un po' tanto per bambini, di quelli che insomma non osano troppo e magari concludono con la lezioncina. e invece supersorda! non è niente di tutto questo: è divertente e sincero (che poi è quello che dovrebbero essere tutti i libri per bambini) non si risparmia mai nulla, è un racconto intimo, a tratti doloroso, a volte buffo, ma incredibilmente vero.
se ve l'eravate perso, è giunto il momento di rimediare.

 • libri • 


inizialmente non mi ci vedevo a lasciarmi conquistare da un libro di salgari, avevo sempre associato questo autore a quei classici per ragazzi che un po' mi stavano sulle scatole quando ero bambina, sembrava che fossero gli unici libri che si potessero leggere e apprezzare a quell'età.
anche qui, mi sono ricreduta subito: i racconti de alla conquista della luna mi sono piaciuti parecchio, forse proprio per il loro carattere così vintage, per le loro ingenuità d'altri tempi, per il romanticismo nascosto dietro quelle avventure che volevano a ogni costo stupire per la loro modernità e che ora sembrano tanto antiquate.
eppure c'è un lavoro di ingegnosa fantasia incredibile in ogni storia.

ho iniziato a rivalutare i classici per ragazzi

 • manga • 


ammetto che ancora prima di portare in cassa il cane che guarda le stelle ero convintissima che non avrei nemmeno finito di leggerlo, che lo avrei odiato, che mi avrebbe fatto stare troppo male. sapevo più o meno come sarebbe andata a finire la storia e non ero affatto sicura di poterlo sopportare. ho fatto la coda per pagare indecisa se posarlo di nuovo sullo scaffale e andare via, però poi lo gnomo nella mia testa che mi fa scegliere i libri giusti mi ha convinta che non era il caso, così mi sono potuta ricredere: questo manga vi farà piangere un sacco, questo sì, ma ne vale la pena.
fidatevi anche voi degli gnomi nella vostra testa.

 • autoproduzioni • 


partendo dal presupposto che gli autoprodotti, per forza di cosa, prima di comprarli sai più o meno cosa aspettarti, pure quest'anno cambio un po' la regola per questa categoria e ci metto laika, di studio rebigo, del quale non avevo mai letto nulla e che è stato una bellissima - anche se un po' malinconica e dolorosa - sorpresa. 

 • film • 


non è che mi aspettavo che smetto quando voglio fosse un film brutto, solo che me lo immaginavo più come la classica commedia italiana che va bene giusto quando non c'hai di meglio da fare e passi la serata sul divano. invece è una figata immane. mi è piaciuto un po' meno il secondo, mentre il terzo devo ancora vederlo...

 • serie tv • 


immagino già le vostre matte risate ma calma. andiamo con ordine.
sapevo che game of thrones è tipo la serie più amata degli ultimi tempi, sapevo pure che l'ambientazione e i personaggi mi sarebbero piaciuti un sacco ma avevo paura che fosse troppo violento per i miei gusti, quindi non avevo nessuna voglia di farmi venire gli incubi per colpa di una serie tv.
lo scorso anno, prima dell'estate, mi sono lasciata convincere da ale a guardarlo, a patto che mi dicesse quando chiudere gli occhi per evitarmi le scene più indigeribili e dopo qualche puntata non sono più riuscita a staccare gli occhi dallo schermo.
ho anche quasi superato l'ansia da scene disgustose, anche se le peggiori, lo ammetto, le ho evitate facendomi scudo con qualche pupazzo costretto (poverino) a subirsele a posto mio.
inutile dire che ormai faccio parte dell'enorme schiera di fan.

 • extra • 


volevo dedicare la parte extra a qualcosa di fashion, ma il mio lato styloso è morto quando andavo all'asilo e mi piacevano i mega grembiuli con gli animaletti ricamati sopra, quindi ho pensato bene di destinarla all'altra mia grande passione: la pasta!
che ovviamente da mesi non riesco più a mangiare a meno che non sia biologica o senza glutine (no, non sono celiaca e sì, lo so che devo andare da un medico, ma ho prenotato la visita ad agosto e mi tocca aspettare ancora fino a fine febbraio, poi scopriremo cos'è che ho), quindi mi sono dovuta dare alle sperimentazioni di robe che prima non tenevo assolutamente in conto, tra cui la pasta di farina di lenticchie che a prima vista mi faceva quasi impressione ma che si è rivelata essere buonissima. ora sono tipo una tossica che sbava tra gli scaffali del supermercato alla ricerca di un pacchetto che non costi quanto un rene.

mercoledì 10 gennaio 2018

la casa tellier

che le porte della casa si aprano.
benvenuti.
nel 1881 viene pubblicato per la prima volta il racconto la maison tellier nell'omonima raccolta di guy de maupassant, riproposto lo scorso novembre da iacopo vecchio nella nuova collana cahiers di hop edizioni.

proprio come un cahier di schizzi d'artista, la casa tellier è un albo di grande formato in cui la storia prende vita attraverso acquerelli delicati che spesso citano e reinterpretano grandi capolavori dell'arte impressionista e post impressionista dei contemporanei di maupassant.

un bar aux folie bergère - édouard manet - 1881/1882
la casa tellier del titolo è il nome della casa d'appuntamenti aperta da madame con l'aiuto di suoi marito, ormai scomparso da tempo, a fécamp, in normandia, e ospita cinque ragazze, ognuna con un carattere ben preciso, tutte incarnazioni di tipi femminili pronti a soddisfare qualsiasi gusto e richiesta: una tipica bellezza dei campi o una ragazza piccola e morbida, sguaiata e sempre disposta a ridere, una maliziosa bruna proveniente da marsiglia o le raffinati banconiste nei loro abiti sgargianti.
madme, nonostante la vedovanza e l'età che le ha già imbiancato la chioma, gestisce la casa senza vergogna, anzi, svolge il suo lavoro come se fosse un impiego qualsiasi, come farebbe una sarta o una locandiera: appiana le baruffe tra le ragazze, mantiene tra loro quiete e concordia, le protegge da commenti sgraditi e maleducati e la sera apre le porte della casa tellier ai ricchi avventori.
ed è proprio quando casa tellier viene trovata chiusa senza preavviso, che tra gli uomini di fécamp, contrariati dal non potersi concedere il loro svago preferito e preoccupati per il destino della casa, che si scatenano risse e baruffe, alimentate tanto dalla frustrazione quanto dall'alcool.

ma la casa tellier non è stata requisita dalla polizia né chiusa dall'ufficio igiene: in un biglietto appeso sulla porta madame spiega di essersi allontanata per un breve viaggio in occasione della comunione della nipote di madame, la piccola e dolce costance.
l'incontro con la bambina, ingenua e pura come un giglio, e l'atmosfera sacra della cerimonia religiosa insieme alla presenza delle cinque prostitute, provocheranno il più inatteso degli effetti non solo in chiesa, ma anche a fécamp al loro ritorno, chiudendo un racconto che sfida la morale comune proponendo un ideale di purezza e bontà fuori dagli schemi.

madame

riprendendo il tema della contrapposizione tra sacro e profano, tanto antico eppure mai passato di moda - come testimonia la citazione a bocca di rosa della quarta di copertina - del racconto di maupassant, iacopo vecchio confeziona una storia squisita nella sua semplicità, resa ancor più elegante dal tratto sensuale che contraddistingue le ragazze di madame e dai colori ricchi e brillanti degli ambienti della casa, o di quelli più tenui della spiaggia in cui le sei donne danno occasione di dipingere una scena di grande effetto.

lunedì 8 gennaio 2018

indie BBB cafè | intervista a hop! edizioni

anno nuovo, nuovo giro per il nostro indie cafè!


ci terremo compagnia tra blogger e case editrici indipendenti anche durante il 2018, consigliandovi e scoprendo un sacco di nuovi libri e cominciamo proprio oggi su claccalegge in compagnia di hop! edizioni! e continuate a seguirci sulla nostra pagina facebook e sul nostro mini-blog!


ciao ragazze, grazie mille per aver accettato l'invito all'indie bbb cafè! siamo tutte molto contente di iniziare questo nuovo anno coi voi!
cominciamo dal principio! come è nata hop! edizioni?
Hop! è nata nel 2012 con la pubblicazione di Joséphine di Pénélope Bagieu, autrice che abbiamo portato in Italia per primi - con la trilogia sulla single parigina e con l'autobiografia per strips La mia vita è assolutamente affascinante - insieme a Rizzoli Lizard che contestualmente ha pubblicato invece la prima graphic novel di Pénélope, Un amore di cadavere. È stato un vero e proprio colpo di fulmine per il lavoro della Bagieu, scoperto in rete, a farci appassionare alla chick lit a fumetti. Abbiamo ritenuto fosse un mercato nuovo, non così esplorato in Italia, una versione diversa, ironica e divertente, dei libri di “costume e società”. Lorenza ha lasciato il vecchio lavoro nel mondo dell'arte e ha fondato con l'amica Daniela Hop! Oggi siamo in cinque soci e la nostra produzione - coerente e variegata al tempo stesso - non è solo legata al mondo del fumetto, ma anche all'illustrato. Ci piace definire il nostro catalogo come una raccolta di gift book, libri da regalare e regalarsi.
cosa succede quando hop! incontra un autore che gli piace? come nasce il libro di un esordiente?
Dopo una fase iniziale in cui il nostro catalogo era costituito esclusivamente da opere straniere,  quindi da libri pubblicati all'Estero da portare in traduzione in Italia, dal 2014 abbiamo virato verso una produzione quasi esclusivamente italiana. Ma la particolarità è che, per rimanere fedeli all'assunto iniziale di una casa editrice a vocazione “femminile”, abbiamo iniziato a progettare i lavori da pubblicare. Si contano davvero sulle dita di una mano i libri che negli ultimi anni sono nati da proposte esterne. In quel caso si tratta di opere che ben collimano con la nostra filosofia editoriale. Per il resto lavoriamo a progetti creati da noi, che ci interessano, e cerchiamo gli autori che riteniamo più adatti alla resa di quel progetto. Se un autore ci piace e il suo stile corrisponde a quello richiesto per un lavoro in cantiere, anche se esordiente (ma già collaudato in altre esperienze, come editoria per riviste o web) lo contattiamo e ragioniamo insieme sulla fattibilità del volume. Quasi sempre le proposte sono così belle e la scelta dell'autore così azzeccata che il feeling è immediato e il risultato unico e meraviglioso. 
josephine
nel vostro catalogo ci sono opere di autrici che già prima di essere pubblicate erano abbastanza note sui social, ma come si comporta un editore nei confronti dei web comic? sono una buona vetrina per scoprire autori interessanti, o possono intaccare quel lavoro fatto di scelte, revisioni, selezioni eccetera che compete all'editore e che fino a qualche anno fa era un passaggio obbligato per permettere che l'opera arrivasse a noi lettori?
Inizialmente abbiamo scelto opere straniere che erano stati piccoli casi editoriali nei loro paesi di origine, come le opere della Bagieu o Soy de pueblo di Moderna de pueblo. Naturalmente la scelta era sempre mirata a corrispondere alla nostra idea di Edizioni Hop! (opere al femminile, attuali, ironiche, che affrontassero un'analisi sociale in chiave umoristica). In questi casi il web è stato fondamentale per scoprire e apprezzare lavori come quelli. Inoltre le autrici avevano creato già opere estranee alla loro proposta web e lì ci siamo dirette. Per quanto riguarda le autrici note sui social le cui opere fanno parte del nostro catalogo, come Carote e Cannella e Virgola, anche qui il rapporto si è evoluto e si sta evolvendo. Conoscevamo e apprezzavamo Elena Triolo prima del suo boom sul web. Elena è stata una dei 13 autori di La fine dell'amore. Graphic short stories, progettato nel 2013. Eravamo alle prese con PopPorno, un progetto Hop!, quando abbiamo deciso di pubblicare anche una raccolta delle sue strisce web. Abbiamo poi progettato insieme Make up e altri disastri e Condividi e stiamo lavorando insieme a due nuovi volumi per il 2018. Lo scambio quindi, come nella migliore tradizione editoriale, è continuo, fermo restando il valore unico di un autore come Elena, capace con la propria personale interpretazione di ribaltarti un testo con una battuta o un disegno. Anche con Virgola stiamo lavorando a nuovi progetti studiati insieme e condivisi. Tutto il nostro ringraziamento va a due autrici che oltre ad essere talentuose e uniche nel loro genere in Italia, sono bravissime a coltivare i consensi pubblici sui social e sono comunque sempre disponibili a incontrare il nostro gusto e ad ascoltare l'opinione della casa editrice. Detto questo, oggi quasi tutti gli autori hanno una vetrina web, che sia su Facebook o, per le illustratrici soprattutto, Instagram. Lavorando insieme a loro alla promozione dei libri si raggiunge un maggior numero di potenziali lettori.
cosa mi metto oggi?
invece, come scegliete un autore già pubblicato all'estero per portare le sue opere qui in italia?
Come in parte detto poco sopra, fondamentale è che rispecchi il nostro desiderio di trattare tematiche femminili, in modo originale. Ora con ironia, ora con incredibile intensità, com'è stato nel caso di Asa Grennvall in 7° Piano, che tratta della violenza domestica.
ogni anno sentiamo sempre gli stessi discorsi sulla crisi dell'editoria, soprattutto del fumetto, ma poi in libreria ogni mese ci sono tantissime novità. come si può spiegare questa situazione a prima vista un po' paradossale?
La crisi dell'editoria è un dato, per quanto riguarda fumetto e illustrato negli ultimi anni si è riscontrato un nuovo interesse, molto più forte che in passato da parte di un pubblico prima digiuno. Le case editrici che si occupano di questo settore, ritenuto tuttora di nicchia, sono senza dubbio minori quantitativamente di quelle di saggistica e narrativa e, per questo, lo spazio da dividersi è maggiore. Importante è differenziare l'offerta e il segreto, almeno per noi, sta nella scelta di un prodotto che ci rappresenti, nella crescita qualitativa e nella definizione di una propria identità. Siamo fiduciosi perché, pur essendo e rimanendo una piccola realtà, la nostra crescita è tangibile: il riscontro del pubblico aumenta ogni anno. 
la casa tellier
il vostro catalogo è molto variegato, ci sono titoli un po' per tutti i gusti, ma c'è una prevalenza di autrici e di libri che strizzano maggiormente l'occhio a un pubblico femminile, il che è un po' strano, soprattutto se si pensa che molto spesso – purtroppo! – si crede che i lettori di fumetti siano principalmente maschi. la vostra scelta di un catalogo più "rosa" nasce per opposizione a questa idea o perché effettivamente si tratta di un pregiudizio infondato?
Quando Hop! è nata, nel 2011, in Italia il pregiudizio era fondato (ah ah ah) e lo spirito della casa editrice è stato proprio quello di proporre fumetti per donne che parlassero di donne in modo leggero, prendendo in giro le idiosincrasie del quotidiano e le richieste sempre più pressanti di una società che imponeva il modello di una donna multitasking, performante, ma anche dolce, sexy ecc. ecc. I nostri libri e i booktrailer che li promuovevano agli inizi sono tutti su questo tema. Oggi ci sentiamo di dire che le cose sono in grande evoluzione. Con la crescita del mercato del fumetto molte autrici sono uscite dal cono d'ombra delle collaborazioni dietro le quinte e sono diventate autrici uniche. Noi continuiamo a trattare esclusivamente tematiche che abbiano tangenza con il mondo delle donne perché la sensibilità femminile e tutto quanto la circonda ci è più affine.
audrey

cosa ci aspetta per il 2018? nuovi titoli (siamo molto curiose, lo ammettiamo) ma anche mostre, fiere, festival... dove possiamo incontrarvi?
Un 2018 speciale. Continueranno le biografie illustrate in forma di picture book. La prossima uscita sarà dedicata a Coco Chanel e sarà Elena Triolo ad illustrare la fiera e rivoluzionaria stilista francese. Altri nomi? Jane Austen e Marina Abramovic e poi un personaggio di una serie TV che ha cambiato il volto (e il pensiero) delle single di tutto il mondo: Sarah Jessica Parker aka Carrie Bradshaw. Ci sarà il ritorno di Virgola con un'opera mai vista sul web. Ci sarà l'esordio in casa Hop! di Veci che sta lavorando sui testi di Davide Calì per il fumetto Maschi da evitare. Ci sarà un secondo libro di Elena Triolo/Carote e Cannella dedicato all'Ansia. E poi il ritorno di un'autrice di narrativa che adoriamo, già prestatasi al fumetto come sceneggiatrice di La fine dell'amore. Graphic short stories: con Ilaria Bernardini lavoreremo al primo libro per bambini di Hop! e poi a un fumetto travolgente. Ma quest'ultimo sarà pubblicato nel 2019. Ci troverete tra mostre ed eventi molto spesso a Milano insieme all'ultimo personaggio illustrato, la Milanese imbellita, protagonista della guida fashion omonima che sta avendo un riscontro fortissimo (seguite gli eventi su Facebook). Proprio in gennaio a Pavia al Sottovento si terrà una mostra delle tavole originali di La Casa Tellier di Iacopo Vecchio e, nel periodo della mostra dedicata a Frida Kahlo al Mudec di Milano, ci sarà spazio in città per una piccola mostra collaterale delle illustrazioni del picture book dedicato a Frida da Sara Ciprandi. Poi ovviamente saremo al Lucca Comics, al Treviso Comic Book Fest e al Salone del libro di Torino. Torneremo probabilmente al Chiù Festival di Terlizzi e parteciperemo alle iniziative delle amiche di Spine in Puglia.
grazie mille per questa bella chiacchierata, un abbraccio e buon lavoro!
Grazie a voi e alla prossima!
frida

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