avevo pensato di iniziare questo post lamentandomi dell'immane casino che è questo mese di dicembre, che tra gli impegni vari che non lasciano tempo neppure per finire di leggere i fumetti che mi trascino dietro da settembre e l'inesorabile rendiconto di fine anno che mi fa sentire la solita fallita, è il coronamento ideale di una vita di cui lamentarsi, ma ho finito di leggere drinking at the movies e non so bene se consolarmi, felice di passarmela decisamente meglio della protagonista, o se lamentarmi ancora di più di avere una vita così poco interessante che a nessuno andrebbe mai di leggere un fumetto su di me.
drinking at the movies è una sorta di autobiografia, limitata a un solo anno, dalla primavera del 2007 all'inverno del 2008, della sua autrice, julia werz, all'epoca ventenne alle prese per la prima volta con new york.
julia viene da san francisco e da una vita a prima vista perfetta: vive in una bella casa, ha finito da poco il college, ha un ragazzo e un bel lavoro.
dando uno sguardo un po' più attento alla sua esistenza, la prospettiva cambia completamente: il suo appartamento ormai l'ha del tutto stancata, la sua famiglia non è poi così perfetta, suo fratello ha dei gran brutti casini con la tossicodipendenza, il suo bel lavoro non la paga abbastanza così ne ha un secondo che odia e in quanto al ragazzo... beh, chiamiamolo pure ex adesso.
insoddisfatta e delusa, le possibilità che le rimangono sono due: rimanere lì dov'è a sperare che la ruota giri oppure darle una bella spinta e cambiare radicalmente la sua vita.
se avesse scelto la prima opzione sicuramente avremmo avuto un fumetto molto più noioso e cupo di questo, ma per fortuna julia wertz ha preso un aereo, è andata a new york e ha deciso di raccontarci la sua vita assurda durante tutto il primo anno in una delle città più folli del pianeta.
il senso del viaggio è tutto nel trovare il proprio posto nel mondo, riuscire a incastrarsi come un mattoncino di tetris in mezzo a tutti gli altri, imparare a far parte della società (più o meno). e non è esattamente semplice e immediato: julia cambia casa per ben quattro volte, passando in appartamenti squallidi, conoscendo coinquilini non troppo auspicabili, arrivando spesso a stento a pagare gli affitti trovando e perdendo il lavoro in continuazione che a new york non è affatto diverso che nel resto del mondo cosiddetto civilizzato: lavoretti saltuari, malpagati e totalmente diversi da qualsiasi aspirazione si possa avere.
tra un aneddoto e l'altro, julia racconta una vita in cui i desideri vanno tutti al ribasso, in cui le aspettative si abbassano per schivare i colpi martellanti e continue delle delusioni, e nella quale si salva solo la sua passione per il disegno, che nonostante tutto non abbandona.
lontana da qualsiasi forma di autocompassione, la carrellata di sfighe che le viene contro ogni mattina come un treno è raccontata con ironia e intelligenza, dalle macchie sui vestiti poco prima di un colloquio, al suo cinico disinteresse per la compagnia - al cinema ci va a bere da sola, ovvio - o la sua dipendenza dall'alcool.
due tavole di illustrazioni che raccontano i quartieri di new york, presenti alla fine del volume (fonte: www.juliawertz.com) |
ma drinking at the movies oltre che dispensare amari sorrisi è soprattutto un'intelligente riflessione (molto punk e per nulla didascalica) su una generazione che vede svanire in fumo i suoi sogni, schiacciata dalle ingiustizie di un sistema sociale che li inganna con promesse non mantenute, distrutta dai sensi di colpa e dal rifugiarsi nelle dipendenze per non guardare mai troppo a fondo i problemi.
l'anno a new york, pieno zeppo di sfighe, di pisciatori misteriosi e barboni molesti, di delusioni e sciatteria si rivelano comunque una scelta che funziona: non è il luogo in cui scegliamo di vivere, quello che succede attorno a noi, ma quello che in questi posti e in questi eventi riversiamo della tristezza e insoddisfazione che abbiamo dentro a renderli tristi e insoddisfacenti. a new york finalmente julia trova la sua strada: se non fosse stato così, non avremmo mai letto il suo libro (e sì, ha smesso di bere).
non è facile scrivere un libro divertente e dissacrante come questo, in cui le lavanderie a gettoni diventano come santuari in cui qualche dio è pronto a rivelarti la realtà sull'universo, vita e tutto quanto (cit.), e al contempo saper dire che sì, è davvero possibile uscire da una vita che sembra tutta sbagliata e imparare a prendere le redini della propria esistenza in mano e condurla dove si vuole, ma julia wertz l'ha fatto. se vi sentite un po' in crisi anche voi, mi sa che avete trovato il libro perfetto.
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