nei sogni le regole logiche e sociali non valgono mai, ed è difficile, per chi è dentro il sogno, rendersi conto di trovarsi in una dimensione onirica e di percepire l'illogicità di quello che esperisce in quei momenti. ancor di più, negli incubi, capita di essere protagonisti di situazioni al limite dell'orrido e nonostante questo di accettarle, con grande sconcerto poi al risveglio, non tanto per quello che si è sognato, ma per la nostra mancanza delle reazioni emotive giuste in quella precisa situazione.
se non vi è mai successo (a me sì, odio il mio cervello) e volete sperimentare questa sorta di dissociazione emotiva è arrivato il momento di leggere the squirrel machine.
protagonisti della storia sono edmund e william, due fratelli che vivono con la madre - il padre è morto - in un anonimo paesino di campagna, in piena epoca vittoriana, caratterizzata dalla netta separazione tra assoluto bigottismo da un lato e inciviltà quasi immorale dall'altra (la donna dei maiali).
fin da piccoli, edmund e william dimostrano una grandissima inventiva e passano il tempo a costruire assurde macchine, congegni dall'aria steampunk, metà meccanici e metà organici, di cui non ci è mai dato conoscere l'utilità.
elementi integranti delle loro non meglio specificate creazioni sono parti animali (e a volte umane) la cui funzione è oscura ma che di certo destano forte repulsione nel lettore.
sottolineo nel lettore perché le reazioni della madre - che dal canto suo dipinge quadri dai soggetti non esattamente presentabili nella società bene in cui vivono - come degli altri che si ritrovano a vedere queste strane invenzioni, sono totalmente incoerenti: non sembrano in fondo troppo turbati da cose come organi con teste di maiale su ogni canna o amplificatori bovini, non ne percepiscono l'aspetto grottesco, sembrano solo infastiditi, come se i due ragazzini perdessero il loro tempo con giochi inutili anziché occupare meglio il loro tempo.
queste reazioni, o più che altro questa mancanza di reazioni, sono solo l'aspetto più immediatamente riconoscibile di quell'atmosfera onirica di cui prima.
ma il vero elemento di totale mancanza di logica è la definizione spazio-temporale del racconto.
gli ambienti, e ancor di più lo spostamento tra un ambiente e l'altro, sono totalmente assurdi: non è facile collocare nello spazio i vari luoghi dell'azione, né comprendere quanto tempo passi tra uno spostamento e l'altro, senza tener conto che l'architettura stessa è assolutamente priva di ogni logica: gallerie che si aprono da sotto il letto e conducono a laboratori giganteschi, pieni di ogni sorta di insensato macchinario, corridoi verticali, cunicoli, ambienti claustrofobici o immensi, e poi ancora macchine di ogni tipo, tutte impossibili da definire, carcasse di animali, insetti, ibridi organico-meccanici dall'oscuro funzionamento.
a questo insensato contesto spazio-temporale e al rapporto con gli altri, con cui sembra impossibile stabilire una comunicazione reale, si aggiunge la quasi totale atarassia dei protagonisti: nulla li turba, incuriosisce, spaventa, entusiasma, disgusta, nulla li rende felici o preoccupati, o quando succede, sembra che le emozioni siano sfalsate rispetto ai fatti, come se non ci fosse un effettivo collegamento causale tra quello che accade e il modo in cui viene percepito.
nonostante l'atmosfera onirica e irreale, il tratto di hans rickheit indugia nei particolari, nei dettagli di ogni oggetto, persona, ambiente. pur mantenendo questa sorta di straniante freddezza, trascinando il lettore in un vero e proprio incubo a occhi aperti, una non-storia di cui è difficile dipanare il corso degli eventi, allineare i momenti in una qualche linea del tempo, comprendere le giuste relazioni tra causa ed effetto.
capolavoro allucinato e disturbante, the squirrel machine è un mondo di cui solo l'autore conosce le regole, un universo che ripugna e seduce insieme, che imprigiona il lettore in un vortice di illogicità e fascinazione, un orrore che non spaventa e da cui è impossibile staccare lo sguardo.
un modo di raccontare fuori da ogni schema.
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