sulla tastiera di un pianoforte, l'intervallo minimo tra due tasti corrisponde a un semitono...
ma abdallah pensava alle melodie orientali...
nella musica orientale, l'intervallo più piccolo è il quarto di tono!
e quindi non si può suonare una melodia orientale con un pianoforte.
nel 1959 a beirut abdallah kamanja sta per partire alla volta di vienna.
nella stessa città, nel 2004, zeina si prepara ad arrivare a parigi.
le loro storie lontane nel tempo si intrecciano in un racconto che fa la spola tra oriente e occidente, che unisce suoni, musica e parole diverse, che crea suoni, musiche e parole nuove, strette insieme a formare un ponte tra due culture tanto vicine quanto incapaci di capirsi e conoscersi fino in fondo.
il sogno di abdallah kamanja, un uomo gentile, un po' demodé e sempre in ritardo agli appuntamenti, è quello di riuscire a creare un pianoforte in grado di suonare la musica orientale - il piano orientale del titolo - che, senza tradire la sua natura e la sua forma, possa indifferentemente dar voce a melodie strutturalmente diverse e fino ad ora inconciliabili.
dedica tutta la sua vita a trovare il modo di permettere a questo strumento, tipicamente occidentale, di far vibrare suoni tipicamente orientali.
alla storia di abdallah l'autrice intreccia la sua, quella di bambina bilingue, che ha sempre parlato l'arabo e il francese, creando una lingua solo sua, diventando poi una ragazza che andrà a studiare a parigi e che tornerà tante volte nella sua beirut: le parole per zeina, la musica per abdallah, i suoni sono il ponte perfetto, il filo che cuce insieme due pezzi di mondo e due pezzi di anima.
certo, la vicenda della costruzione di un pianoforte in grado di suonare intervalli più brevi di quelli che suona solitamente non è che sia esattamente l'argomento più gettonato delle chiacchiere al bar, e molto plausibilmente potrebbe lasciar pensare che si tratti di un libro poco appassionante, ma zeina abirached è riuscita a tratteggiare una storia che non sa solo appassionare e interessare, che sa sorprendere, intenerire e far sorridere, ma che stupisce pagina dopo pagina: ispirata dalla più famosa marjane satrapi per il tratto estremamente grafico, il segno pulito e le campiture piene, zeina abirached ha reso le sue tavole qualcosa di completamente diverso dal fumetto/storyboard: la struttura della gabbia cambia di pagina in pagina, a volte si perde, poi si ritrova, si racchiude in cornici che funzionano più come melodie (è proprio il caso di dirlo!) di sottofondo, i disegni si arricchiscono di pattern che non solo decorano, ma raccontano, creano ritmo e struttura proprio come se fossero musica, le parole si fanno dialoghi e didascalie, la voce narrante si mescola ai pensieri, alle onomatopee, alle frasi dei personaggi e persino il lettering si trasforma in calligrafia.
quello di zeina è un modo di raccontare assolutamente diverso da quello a cui siamo solitamente abituati, a quella visione più cinematografica del fumetto, un modo che stupisce fin dalla prima pagina e che continua a regalare tavole una più bella dell'altra man mano si procede nella lettura.
il risultato visivo è straordinario, ricco e vivacissimo nonostante non ci siano altro che neri e bianchi pieni, senza il compromesso di nessuna sfumatura, e la struttura grafica non solo accompagna perfettamente la narrazione, ma si fa essa stessa narrazione.
forse ho esagerato un po' con questo delirio, ma era da tanto che non trovavo qualcosa di tanto entusiasmante, quindi perdonatemi!
in una sola parola? bellissimo.
Avevo letto Sognando Beirut e mi era molto piaciuto, mi sa che proverò anche con questo! ☺
RispondiEliminainvece per me questo è il primo fumetto che leggo di zeina abirached, voglio rimediare anche io!
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