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lunedì 7 novembre 2016

special exits

avendo seguito un percorso di studi che ha sempre avuto tanto a che fare con la storia dell'arte, la questione dello "scandalo" nell'arte moderna è sempre stato uno degli argomenti su cui ho riflettuto di più e che mi ha dato di più da pensare: un sacco di opere meravigliose, che oggi giudichiamo come bellissime e fondamentali per la nostra cultura, che ci riempiono l'animo d'amore per il genio di chi le ha create, alla loro prima apparizione sono state classificate come scandalose.
erano tante le tematiche delle quali non era decoroso parlare neppure a bassa voce, figuriamoci esporle pubblicamente agli occhi di chiunque, argomenti e soggetti che oggi magari ci ritroviamo a condividere con chiunque senza un attimo di esitazione.
più si va avanti sulla linea del tempo, più agli artisti diventa difficile trovare qualcosa che riesca a scandalizzare.
in effetti, se ci pensiamo anche solo un po', cos'è che riesce a turbare la nostra morale oggi? violenza, guerra, omicidi, ingiustizie, pornografia, blasfemia, siamo praticamente abituati ad avere tutto questo sotto gli occhi in continuazione, è difficile che qualcosa ci scuota l'animo se non per il coinvolgimento emotivo, strettamente personale e soggettivo, che proviamo - o che più spesso siamo portati a provare - per qualcosa, per quanto orribile sia.
eppure c'è ancora un tabù, un argomento fastidioso, così tanto fastidioso che se proprio se ne deve parlare, allora che sia edulcorato e scevro di particolari: la vecchiaia.
il disfacimento del corpo, le malattie, la perdita di lucidità mentale, la paura di rimanere solo, di non farcela, di morire. la vecchiaia è rimasto l'ultimo grande spauracchio di una cultura che riempie i cervelli di messaggi che ti dicono che hai il dovere di sembrare giovane più a lungo possibile, di comportarti da giovane il più a lungo possibile, di sentirti giovane il più a lungo possibile perché dopo, caro mio, ti rimane solo la solitudine che spetta agli scarti, a quello che ormai non serve più a niente a nessuno, a crogiolarti nel tuo odore di vecchio, tra le tue medicine e gli adesivi per la dentiera.
la vecchiaia, quella vera, quella che non ha posto nemmeno nelle pubblicità che sponsorizzano prodotti destinati ai più anziani, spaventa e quasi offende il buon gusto e il decoro. della vecchiaia non si parla, la vecchiaia non si mostra, della vecchiaia ci si vergogna e la si sente pesare quasi come una colpa. se proprio vecchiaia deve essere, che sia quella edulcorata dei nonnini delle sit com o dei vecchietti atletici sponsor di integratori vitaminici.
potete accontentarvi di quello che è ancora socialmente accettabile oppure, potete leggere special exits, fare il pieno di realtà nuda e cruda, e commuovervi davvero fino alle lacrime.


ispirandosi all'esperienza vissuta prendendosi cura dei propri genitori durante gli ultimi anni della loro vita, joyce farmer racconta la storia di lars e rachel, due anziani coniugi, a partire dal momento in cui si rendono conto che la vecchiaia è alle porte, e che ormai devono prepararsi a vivere l'ultimo periodo della loro esistenza.
giorno dopo giorno, senza sentimentalismi ma senza neppure nascondere anche i particolari più imbarazzanti, seguiamo la vita quotidiana dei due anziani e della loro figlia laura, che se ne prende cura, aumentando la frequenza delle sue visite (e il lavoro svolto a casa dei genitori) man mano che i due iniziano a essere meno autonomi e indipendenti.
così, più i dolori avanzano, meno lars e rachel sono in grado di occuparsi di cose fondamentali: cucinare, tenere in ordine e pulita la casa, lavarsi, occuparsi della loro adorata gatta ching, tanto coccolona con lars quanto selvaggia e aggressiva con laura. persino rispondere al telefono può diventare complicato se non si sente più bene. oltretutto i due sono restii alle visite mediche e a chiedere l'assunzione di una domestica, con tutta la testardaggine tipica dell'età avanzata, per cui tutte le responsabilità cadono su laura, che si ritrova con sempre meno tempo a disposizione per lei e la sua famiglia, ma che rimane sempre affettuosa, paziente ed amorevole.
e man mano il tempo indebolisce i corpi di rachel e lars, rafforza la loro memoria, così che, da lettori, ci ritroviamo a fare avanti e indietro dagli anni '80/'90 del south los angeles, dove i due vivono, fino all'america della prima metà del '900, a vivere i ricordi della loro infanzia.

se anche joyce farmer non calca la mano sull'aspetto più sentimentalistico della storia, riservandoci la possibilità di leggere solo alcuni dei pensieri dei personaggi e quasi sempre quelli che riguardano gli aspetti meramente pratici delle situazioni che si trovano ad affrontare, è così brava a rendere fin nei minimi dettagli gli eventi e le atmosfere, che è veramente impossibile non trovarsi catapultati a casa di lars e rachel, non provare pena e spesso anche rabbia davanti alle loro difficoltà, davanti alla stanchezza e al dolore di laura, e a volte lasciarci sfuggire qualche risata, colpiti dall'ironia spontanea che si può trovare in una qualsiasi discussione familiare, anche nei momenti meno allegri.

insomma, special exits forse è una lettura semplice, ma di certo non è un racconto leggero. i personaggi sono pochi, tutti ben caratterizzati, sia psicologicamente che graficamente, anche le ambientazioni non sono molto variegate, ma in quelle poche stanze e tra quei pochi volti, passa tutto quello che fa dell'esistenza una vita, ed è questo che rende questo libro un capolavoro imperdibile.


joyce farmer è considerata una delle prime autrici underground del fumetto americano. è nata nel 1938, ha iniziato nel 1972, insieme a lyn chevil, a scrivere e pubblicare vignette femministe e provocatorie. special exits è stato pubblicato nel 2010, dopo dieci anni di lavoro, ed è il primo romanzo di questa autrice, e possiamo considerarlo come un manifesto per la rivendicazione della libertà di mostrare una realtà non edulcorata o censurata a beneficio di un'immagine creata ad hoc da una società che piega i corpi ai dettami del mercato.
già dall'anno successivo, special exits ha vinto premi importanti (tra cui il best reality-based work agli eisner award) ed è entrato nella 50 essential graphic novel di abebooks.

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