la settimana scorsa zerocalcare è tornato a palermo, sempre al tmo, a quasi un anno e mezzo dall'ultima volta in cui era venuto a presentare dimentica il mio nome (ne parlai a suo tempo qui).
questa volta ovviamente la presentazione riguardava kobane calling, il suo ultimo libro, uscito ad aprile per bao publishing. il libro raccoglie sia i reportage già pubblicati su internazionale (il primo a gennaio e il secondo a ottobre del 2015), oltre a materiale inedito.
il risultato è qualcosa di incredibilmente potente, importante, fondamentale.
zerocalcare è diventato un vero e proprio fenomeno, un autore di fumetti italiano che sta nei primi posti delle classifiche per settimane accanto a quei nomi che vendono più del pane, è conosciuto da tutti, anche chi non legge fumetti, anche chi non legge e basta ha sicuramente, almeno una volta, letto qualcosa di zerocalcare. te lo ritrovi dappertutto, ed è sempre un piacere.
io all'inizio lo vedevo un po' come l'ortolani del momento, quello che fa ridere ma che è bravo, è intelligente, sa dire la cosa giusta nel modo giusto, è giovane, sa cosa piace ai ragazzi della sua età, sa parlare del mondo di oggi, dei trentenni che entrano in crisi a sentirsi dare del lei, di quelli che stanno mentalmente ancora dentro fino al collo nell'adolescenza anche con quindici anni di ritardo, volenti ma sopratutto nolenti, per colpa di una società malata che ci ha tolto la possibilità di crescere ma non quella di ammazzarci di serie tv come se non ci fosse un domani (non sono sicura che ci sia un domani a dirla tutta).
poi ho letto dimentica il mio nome, e mi sono resa conto, del tutto inaspettatamente, che zerocalcare sapeva essere di più che lo specchio di una generazione. zerocalcare è un ottimo narratore, uno che sa scrivere oltre che fa ridere. altro che ortolani.
questo è il picco, mi ero detta. da adesso magari si ritorna alle storielle cazzone sul trauma dei duemila che tra poco prendono la maturità e noi ci sentiamo freschi di diploma, viviamo con la mamma e non ci accorgiamo dei capelli che imbiancano. oppure tira fuori un altro bel romanzo come questo, che sarebbe una gran cosa, eh.
e invece, ho dimostrato solo la mia scarsa capacità di immaginazione.
kobane calling è qualcosa di più che il prodotto dell'autore del momento, qualcosa di più del graphic novel che mi ci sparo venti euro perché faccio parte di quella minoranza di gente che in questo paese legge qualcosa, e ancor di più di quella minoranza che legge fumetti senza credere che sia roba per bambini o per chi non c'ha una vita.
kobane calling è, per quel che riguarda la mia esperienza ovviamente, al momento la migliore spiegazione di quello che diamine sta succedendo nel mondo. o almeno in suo pezzetto.
il terrorismo, questo cazzo di isis che sembra spuntato come un fungo durante la notte, i profughi e le teste di cazzo che gli urlano contro di tornare a casa, la turchia, gli attentati, l'islamofobia, la confusione, la gente che non sa nulla e parla, parla, parla, da opinioni che valgono meno della mia cacca, che pensa di poter risolvere tutto a suon di bombe e odio.
ma cosa sta succedendo davvero? perché tutto questo? quando è cominciato? chi è questa gente? e quell'altra? perché questa guerra? perché perché perché.
non so a voi, ma a me risuonava in testa da mesi. e puoi provare a cercare informazioni, ma o sei veramente molto ferrato in storia moderna, o è difficile capirci qualcosa, ti perdi tra un link e l'altro, fai fondere i server di wikipedia e alla fine sei più confuso di prima. o magari sono solo io idiota, chi lo sa. insomma, ho seguito la presentazione di zerocalcare, per quel poco che sono riuscita a capire ché l'acustica di quel posto - perdonatemi - fa schifo. una presentazione "alla zerocalcare", con qualche parolaccia e un po' di romanesco qui e lì, ma coinvolgente e interessante. anche chi non aveva letto il libro, e plausibilmente non aveva seguito la vicenda di kobane, si è ritrovata a interessarsi di quegli argomenti. più dell'altra volta, e forse proprio per le tematiche affrontate, zerocalcare è stato coinvolgente, ha raccontato, più che il viaggio in sé, com'è stato vivere quel viaggio. ho letto kobane calling tutto d'un fiato, in piena notte, con gli occhi che chiedevano pietà ma senza voler smettere di leggere, con la stessa sensazione di scoperta di quando ti svelano qual è il trucco dietro il giochino di magia. e qualcosa l'ho capita.
andiamo con ordine, tra quello che ricordo della presentazione (e quello che sono riuscita a sentire) e quello che il libro racconta.
il primo viaggio a kobane, o meglio, vicino a kobane, è del novembre 2014, insieme alla staffetta romana per kobane, un gruppo volontario di gente che cerca di portare medicinali, assistenza, cibo eccetera ai profughi e a chi fa resistenza contro l'isis. in questo primo viaggio, zerocalcare e compagni raccontano di non potere entrare a kobane, ancora sotto assedio dall'estate dello stesso anno. si ritroveranno dall'altra parte della frontiera, in un villaggio di nome mehser. da qui, la guerra non si vede, ma si sente. si sentono gli scoppi, le bombe, gli spari, ma sopratutto le testimonianze di chi sta vivendo il conflitto sulla propria pelle. kobane è il centro, il cuore di tutta la resistenza contro l'isis. è una guerra non solo di bombe e mortai, ma sopratutto di idee contro ideologie.
nel campo di mehser zerocalcare ci fa scoprire qualcosa che le tv e i giornali preferiscono non sottolineare troppo, se non omettere completamente. la resistenza lì è fatta da tutti, uomini e donne insieme, e il ruolo delle donne è più importante di quello che si può immaginare. le donne hanno svolto un enorme lavoro culturale, riprendendosi la loro dignità, la loro consapevolezza, la loro autonomia. le donne combattono, gestiscono i campi, aiutano chi ne ha bisogno, addestrano gli altri combattenti. non sono inferiori a nessuno.
qui si impara la totale differenza tra isis e musulmani, tra degli assassini senza nessun principio e tra la gente che rispetta la propria fede senza opprimere nessuno.
si intravede quello che poi verrà spiegato meglio più tardi: l'utopia che il rojava, di cui kobane è divenuta il simbolo, vuole realizzare, una convivenza pacifica tra popoli, culture, religioni diverse, l'uguaglianza tra uomini e donne, l'abolizione della pena capitale, il diritto al lavoro, allo studio e alla libertà. insieme. non con tolleranza, che è un modo per dire ti sopporto, anche se non mi vai bene, ma con un senso di fratellanza e convivenza.
il secondo viaggio è quello raccontato più nel dettaglio, avviene a luglio del 2015, mesi dopo che kobane era stata ripresa dai combattenti, da quelli che hanno cacciato isis a calci nel culo.
ci sono molte testimonianze, di chi ha combattuto per riprendersi la propria libertà, contro l'isis e contro un regime a cui fa comodo avere dei pazzi feroci da scagliare contro la popolazione e sopratutto contro i curdi, la minoranza che vive, o che meglio cerca di farlo, in turchia e nei paesi confinanti, un regime capace di colpire persino il suo popolo pur di continuare a mantenere il suo potere, basato su odio e paura (ve lo ricordate l'attentato a suruc? io sì. ne parla anche zerocalcare da qualche parte nel libro, poche parole, intensissime. che nessuno - forse qualche giornalistoide nostrano - c'ha bisogno di mettersi a far i sentimentalisti quando la gente muore così)
l'ingresso nel rojava, ora possibile, è un momento commovente. ci sono le macerie della guerra, il dolore di chi ha perso tutto, i cimiteri e le foto dei martiri, ma c'è la volontà, nata proprio da quel dolore, di costruire, insieme, una società più giusta, basata sul rispetto delle persone, della loro identità, e sul rispetto della terra, dell'ambiente. una volontà fortissima a cui è difficile credere, se si pensa alla guerra che quella gente ha combattuto e continua a combattere, contro un governo di regime oppressivo e tirannico e contro dei pazzi, spesso drogati e incoscienti, scatenati contro qualcosa che non sanno neppure cosa sia esattamente.
una guerra che noi conosciamo da qualche anno, ma che loro sperimentano da tutta una vita, in silenzio, senza l'attenzione dell'opinione pubblica, dei media, senza l'aiuto di nessuno.
kobane calling non è un reportage giornalistico, è molto di più. ci sono dentro tutte le domande, le paure, le emozioni di chiunque si ritrovi a vivere per qualche giorno la resistenza curda - e non solo - contro dei crimini che a noi fa comodo non vedere. non è il racconto distaccato e oggettivo degli eventi, no, grazie a dio, per quello potreste provare su wikipedia.
è inevitabile prendere una posizione in questi casi, chiunque abbia una coscienza, non per forza politica, ma anche solo morale, deve prendere una posizione. bisogna schierarsi, decidere chi sostenere, per quali idee lottare, ognuno a modo suo. davanti agli abusi, all'oppressione, all'orrore, non si può far spallucce e pensare agli affaracci propri.
zerocalcare l'ha fatto con le parole e i disegnetti, come li chiama lui. gli diamo ragione quando dice di non essere un poeta, ma l'umanità che ha raccontato in questo libro, la sete di giustizia che c'è in queste pagine, valgono come milioni di versi.
ognuno lotta a modo suo, raccontare come stanno davvero le cose è un bel modo di mettersi contro chi vuol tacere e far tacere.
scegliere il mezzo del fumetto, tanto bistrattato e relegato a lettura da ombrellone se non da cesso, è stato il modo migliore di far arrivare la consapevolezza di eventi terribili che si svolgono a pochi chilometri da noi, a chi non avrebbe avuto la possibilità di conoscere quella realtà.
c'è chi dice che questo libro andrebbe consigliato nelle scuole e io sono d'accordo. andrebbe consigliato a tutti, sopratutto agli sputasentenze dalla parola facile che si grattano la pancia davanti alle telecamere, ai politici complici, a chi quei politici li vota, a chi fino ad adesso ha fatto spallucce. ognuno lotta a modo suo, smettere di essere indifferenti, di fare il gioco di chi vuole il silenzio, sarebbe già un bel modo di cominciare.
il primo viaggio a kobane, o meglio, vicino a kobane, è del novembre 2014, insieme alla staffetta romana per kobane, un gruppo volontario di gente che cerca di portare medicinali, assistenza, cibo eccetera ai profughi e a chi fa resistenza contro l'isis. in questo primo viaggio, zerocalcare e compagni raccontano di non potere entrare a kobane, ancora sotto assedio dall'estate dello stesso anno. si ritroveranno dall'altra parte della frontiera, in un villaggio di nome mehser. da qui, la guerra non si vede, ma si sente. si sentono gli scoppi, le bombe, gli spari, ma sopratutto le testimonianze di chi sta vivendo il conflitto sulla propria pelle. kobane è il centro, il cuore di tutta la resistenza contro l'isis. è una guerra non solo di bombe e mortai, ma sopratutto di idee contro ideologie.
nel campo di mehser zerocalcare ci fa scoprire qualcosa che le tv e i giornali preferiscono non sottolineare troppo, se non omettere completamente. la resistenza lì è fatta da tutti, uomini e donne insieme, e il ruolo delle donne è più importante di quello che si può immaginare. le donne hanno svolto un enorme lavoro culturale, riprendendosi la loro dignità, la loro consapevolezza, la loro autonomia. le donne combattono, gestiscono i campi, aiutano chi ne ha bisogno, addestrano gli altri combattenti. non sono inferiori a nessuno.
qui si impara la totale differenza tra isis e musulmani, tra degli assassini senza nessun principio e tra la gente che rispetta la propria fede senza opprimere nessuno.
si intravede quello che poi verrà spiegato meglio più tardi: l'utopia che il rojava, di cui kobane è divenuta il simbolo, vuole realizzare, una convivenza pacifica tra popoli, culture, religioni diverse, l'uguaglianza tra uomini e donne, l'abolizione della pena capitale, il diritto al lavoro, allo studio e alla libertà. insieme. non con tolleranza, che è un modo per dire ti sopporto, anche se non mi vai bene, ma con un senso di fratellanza e convivenza.
il secondo viaggio è quello raccontato più nel dettaglio, avviene a luglio del 2015, mesi dopo che kobane era stata ripresa dai combattenti, da quelli che hanno cacciato isis a calci nel culo.
ci sono molte testimonianze, di chi ha combattuto per riprendersi la propria libertà, contro l'isis e contro un regime a cui fa comodo avere dei pazzi feroci da scagliare contro la popolazione e sopratutto contro i curdi, la minoranza che vive, o che meglio cerca di farlo, in turchia e nei paesi confinanti, un regime capace di colpire persino il suo popolo pur di continuare a mantenere il suo potere, basato su odio e paura (ve lo ricordate l'attentato a suruc? io sì. ne parla anche zerocalcare da qualche parte nel libro, poche parole, intensissime. che nessuno - forse qualche giornalistoide nostrano - c'ha bisogno di mettersi a far i sentimentalisti quando la gente muore così)
l'ingresso nel rojava, ora possibile, è un momento commovente. ci sono le macerie della guerra, il dolore di chi ha perso tutto, i cimiteri e le foto dei martiri, ma c'è la volontà, nata proprio da quel dolore, di costruire, insieme, una società più giusta, basata sul rispetto delle persone, della loro identità, e sul rispetto della terra, dell'ambiente. una volontà fortissima a cui è difficile credere, se si pensa alla guerra che quella gente ha combattuto e continua a combattere, contro un governo di regime oppressivo e tirannico e contro dei pazzi, spesso drogati e incoscienti, scatenati contro qualcosa che non sanno neppure cosa sia esattamente.
una guerra che noi conosciamo da qualche anno, ma che loro sperimentano da tutta una vita, in silenzio, senza l'attenzione dell'opinione pubblica, dei media, senza l'aiuto di nessuno.
kobane calling non è un reportage giornalistico, è molto di più. ci sono dentro tutte le domande, le paure, le emozioni di chiunque si ritrovi a vivere per qualche giorno la resistenza curda - e non solo - contro dei crimini che a noi fa comodo non vedere. non è il racconto distaccato e oggettivo degli eventi, no, grazie a dio, per quello potreste provare su wikipedia.
è inevitabile prendere una posizione in questi casi, chiunque abbia una coscienza, non per forza politica, ma anche solo morale, deve prendere una posizione. bisogna schierarsi, decidere chi sostenere, per quali idee lottare, ognuno a modo suo. davanti agli abusi, all'oppressione, all'orrore, non si può far spallucce e pensare agli affaracci propri.
zerocalcare l'ha fatto con le parole e i disegnetti, come li chiama lui. gli diamo ragione quando dice di non essere un poeta, ma l'umanità che ha raccontato in questo libro, la sete di giustizia che c'è in queste pagine, valgono come milioni di versi.
ognuno lotta a modo suo, raccontare come stanno davvero le cose è un bel modo di mettersi contro chi vuol tacere e far tacere.
scegliere il mezzo del fumetto, tanto bistrattato e relegato a lettura da ombrellone se non da cesso, è stato il modo migliore di far arrivare la consapevolezza di eventi terribili che si svolgono a pochi chilometri da noi, a chi non avrebbe avuto la possibilità di conoscere quella realtà.
c'è chi dice che questo libro andrebbe consigliato nelle scuole e io sono d'accordo. andrebbe consigliato a tutti, sopratutto agli sputasentenze dalla parola facile che si grattano la pancia davanti alle telecamere, ai politici complici, a chi quei politici li vota, a chi fino ad adesso ha fatto spallucce. ognuno lotta a modo suo, smettere di essere indifferenti, di fare il gioco di chi vuole il silenzio, sarebbe già un bel modo di cominciare.
Purtroppo sai bene che la mia stima di Zerocalcare è estremamente bassa a causa del suo essere a favore della violenza e della becera propotenza per far valere le sue umili e personali idee politiche (sottolinerei che lui è tutto men che un esempio di persona che NON apprezza le ideologie politiche ma non è questa la sede, soprassediamo), comunque sia il post trasmette bene quanto il libro ti abbia colpito e mi auguro che tra i tanti che lo leggeranno, ci sia davvero chi magari prenderà più coscienza sulla questione e, se ancora non è così, si schiererà contro gli atti orribili e aberranti dell'isis.
RispondiEliminaConcordo che farsi un'idea precisa ed esatta di come si è arrivati a questo punto sia tutt'altro, ma davvero tutt'altro che semplice: personalmente non mi affiderei a una persona come lui per farmelo spiegare e preferisco di gran lunga impazzire eventualmente sui libri di storia moderna anche a costo di perdermi il lato più emozionante del libro (a cui non fatico a credere, visto che come narratore sa davvero fatto il suo), ma mi auguro che almeno faccia capire a chi leggerà il suo libro e magari ancora di tutta questa storia se ne frega o, ancor peggio, crede che l'isis non sia così tremendo come lo dipingono, qual è davvero la situazione e che razza di bestie abiette siano. Capisco il tuo sprezzo per tanti giornalisti nostrani, nella mia scala dello schifo comunque l'isis come essere infame li batte di buona misura e mi auguro che venga letteralmente falciato via dalla faccia della terra (per chiarire sono più che felice di veder tutti loro esplodere allegramente, a differenza dei poveracci che abitano nei villaggi che loro vanno a occupare, non c'entrano niente e hanno solo avuto la sfiga di ritrovarsi quella feccia nei propri territori).
Spero anche che eventualmente il libro aiuti a far capire il proprio grosso errore a chi è davvero convinto che tutti i musulmani siano terroristi e non ce ne siano di moderati e privi del desiderio di imporre la propria volontà e le proprie credenze sugli altri. Ce ne sono sicuramente tanti al momento che sono persone orribili che compiono atti orribili, dall'isis a quelli che stanno facendo le peggio cose ai cristiani a poca distanza da noi, senza tener conto di ciò che le leggi permettono di fare alle donne nei Paesi islamici fondamentalisti, ma basterebbe conoscere un po' di gente, un po' di mondo per rendersi conto che ci sono anche tantissime persone che vogliono vivere la propria vita e la propria fede in pace senza imporla a nessuno, proprio come molti cristiani.
Se questo libro aiuterà qualcuno a rendersi conto di tutto questo, almeno una cosa buona Z. l'avrà fatta.
Guarda, il problema è proprio che la maggior parte dei manifestanti con i quali ho avuto a che fare sono proprio di quelli che già partono da casa con bombette, fumogeni e l'idea di andare a picchiarsi con la polizia, per non parlare degli esseri infimi che spaccano tutto e riducono le città a campi di battaglia, e purtroppo non sono certo pochi. Io di costoro non ho nessunissimo rispetto, e il problema è che Zerocalcare, in alcuni suoi libri ma non solo, ha dato bene a intendere che lui NON è di quelli che va a manifestare con l'idea di farlo pacificamente, cosa per cui invece ho rispetto.
EliminaPer quanto riguarda le forze dell'ordine, penso che l'opinione di chi ritiene siano tutti terribili fascisti pronti a cominciare a picchiare i manifestanti pacifici a prescindere (non credo sia il tuo caso, ma Zerocalcare la pensa diversamente), valga esattamente quanto quella di chi è convinto i musulmani vadano tutti in giro ad ammazzare la gente e che tutti i presti siano pedofili, ovvero quanto una cacca di cane, per usare un esempio affine a quello che hai usato tu e che esprime benissimo il concetto. Il fare di tutta un'erba un fascio non funziona solo in una direzione, ci sono persone di tanti tipi e molto diverse tra loro da ambo i lati, nel bene e nel male, sia nei gruppi che ti (tu generico) stanno simpatici che in quelli per i quali non si nutre affetto.
Riguardo alle idelogie, io sono contraria perché credo nel buon senso e nell'analisi delle situazioni caso per caso e non in un principio applicato a prescindere dal tutto il resto, così come sono del tutto contraria agli estremismi politici, che si tratti di fascismo, comunismo o anarchia non fa nessuna differenza. Mi taglierei la gola piuttosto che vivere sotto regime o sottostare a stati guidati da ideologie di questo tipo. Ho però l'impressione che noi intendiamo cose diverse con "moderato", perché parlando tu mi hai dato più volte la prova di non essere certo una testa di minchia convinta che chiunque non la pensi come lei in fatto di vita sociale e religione debba stare zitto e subire quello che pensa. Già il fatto che rispetti le religioni altrui (do per scontato che pur non amando la Chiesa tu rispetti i cristiani quanto so che rispetti i musulmani) dice tantissimo.
Riguardo al cristianesimo, intendevo dire che oggi viene dato per scontato che le persone cristiane non vadano in giro a fare le peggio cose a chi non lo è, mentre c'è per ovvi motivi un sacco di ansia e paura nei confronti dei musulmani. Fondamentalmente quelli di loro che vogliono davvero imporre la loro fede agli altri con la violenza stanno facendo la stessa cosa di vari cristiani secoli fa, col particolare che io sono nata nel 1990 e mi rifiuto di star zitta, vedermi trattata da scema e vergognarmi per non essere atea e credere in una fede cristiana perché gente che ha vissuto secoli prima della mia nascita si è comportata in modo ignobile e ingiustificabile. Né penso assolutamente che quei fatti giustifichino le attuali azioni aberranti dell'isis e dei simpatici tizi che sempre vicino a noi stanno massacrando cristiani e dandosi ad allegri stupri in nome del "tanto siete schifide cristiane".
Per quanto riguarda il resto, per me il problema di un racconto soggettivo di questo tipo è che è filtrato da una persona del cui sguardo non mi fido per quanto riguarda faccende anche solo remotamente legate alla politica. Poi che un racconto soggettivo sia più interessante dal punto di vista emotivo è chiaro, non posso che concordare. Ti posso assicurare che il mio però non è effettivo odio, quanto una stima infima della sua persona. L'altra volta mi sono infervorata e probabilmente ho dato quell'impressione, e lì è colpa mia, sorry.
D'accordissimo riguardo alla questione dei vaccini, è una roba assurda, mi è capitato di parlare con una ragazza la cui zia INFERMIERA aveva consigliato a sua madre di non farle il vaccino perché rischiava di diventare autistica. Io bo. No comment ._.
sulla questione manifestanti/polizia mi sa che non ci ritroviamo. io ne ho fatte parecchie manifestazioni, non ho visto delinquenti, ho visto gente arrabbiata ok, e sempre per sacrosanti motivi, ma non pericolosa. non ho mai sentito di gente morta per mano dei manifestanti (escluse le manifestazioni calcistiche, ma non le considero proprio), ma ho visto carlo giuliani, il g8, bolzaneto, la scuola diaz, stefano aldrovandi, stefano cucchi e tanti altri che non si sono ammazzati da soli e non sono morti sotto le bombe carta dei manifestanti. magari non tutti nelle forze dell'ordine sono dei picchiatori, ma lo è una buona parte che ha infangato completamente - e per quello che mi riguarda irrimediabilmente - l'onore, reale o presunto non mi interessa deciderlo, della divisa. magari sarò una con la mente stretta, ma a me non fanno simpatia e non me ne faranno mai.
Eliminaio sono pure contro i regimi e su questo siamo pienamente d'accordo. ma se il "caso per caso" serve a usare la legge in modo discriminatorio (ed è sempre così), allora non mi va bene. io con moderato intendo robe tipo "di sinistra/destra, ma non troppo". a me non piacciono le vie di mezzo, sopratutto quando via di mezzo significa "faccio quello che al momento conviene". io ho dei principi, se quelli insieme fanno un'ideologia, allora posso dire di seguire quell'ideologia, e non mi smuovo da quelli, non mi interessa del contesto.
sul fatto che i cristiani non facciano niente di male a chi non è cristiano, sono d'accordo a metà. i cristiani magari non uccidono i non cristiani in quanto non cristiani, ma prendi ad esempio tutti quei cristiani (spesso anche preti) che professano l'odio verso qualche minoranza, tipo il prete che oggi ha "festeggiato" la strage del 12 giugno a orlando perché sostiene che dio odia i gay. preti pedofili, preti che fanno inchinare i santi i processione sotto le case dei mafiosi. quindi, non è che essere cristiani oggi sia equivalente a essere aperto agli altri e non violento, ci sono i pazzi violenti e schifosi come ci sono in qualsiasi cultura e tra la gente di qualsiasi religione. non si fanno saltare in aria tra la gente, ma uccidono lo stesso. e per quello che riguarda gli stupri, stuprano. non venirmi a dire che il cristianesimo ha rispetto per la donna!
il discorso è che se ti fa schifo l'autore e non vuoi leggere il suo libro, ci sta benissimo. ognuno è libero e padrone di non leggere qualcosa per il motivo che vuole. io semplicemente, prima, volevo spiegarti che se parliamo di cosa racconta il libro, indipendentemente da chi sia stato scritto, allora forse ti manca qualche informazione: quello che intendevo è: zerocalcare non ha scritto un libro per dire che gli islamici sono meglio di noi. se lo leggi, te ne rendi conto. se non lo vuoi leggere, puoi tranquillamente fregartene XD
Ciao Claudia! Io ho acquistato i due numeri di Internazionale ma spero di riuscire a recuperare anche questo volume per poter leggere le parti inedite. Davvero un bellissimo reportage, apparentemente leggero, riesce anche a farti sorridere ed allo stesso tempo ti dona delle emozioni fortissime. Prima di leggerlo avevo un sacco di confusione in testa sulla situazione in quelle zone, mai mi sarei immaginata una società così paritaria... dovremmo prendere esempio. Spero davvero che qualche prof lo consigli come lettura estiva!
RispondiEliminaguarda, la lettura del volume è straconsigliata, sopratutto se ti sono piaciuti i due reportage pubblicati su internazionale.
Eliminaio spero che i ragazzini lo leggano perché zerocalcare riesce a fare poesia e informazione anche mantenendo un tono colloquiale, godibile da chiunque, anche da chi di solito storce la bocca davanti a un libro. così ti diverti e impari qualcosa di utile e interessante.
Grazie per il bellissimo post! :)
RispondiEliminaNon ho ancora preso Kobane Calling, ma conto di farlo al più presto. So che sarà una lettura che non si dimenticherà facilmente, ragion per cui voglio leggerlo al momento giusto, quando non sarò rincorsa dallo studio arretrato.
Non vedo l'ora di leggerlo, ma allo stesso tempo ammetto che mi fa un po' paura, perchè quando si parla seriamente di argomenti di questa portata, le batoste arrivano. Voglio dedicargli tutta l'attenzione che si merita quindi.
Alla presentazione invece non ci sono potuta andare per altri motivi...decidono di fare tutti gli eventi quando io sto facendo il tour de force di esami T_T e uffa!
sigh, mi spiace che non c'eri, ad essere sincera tenevo d'occhio la folla pensando che ti avrei scovata lì in mezzo!
Eliminaappena finisci gli esami recuperalo. come dici, è una bella batosta, ma è bellissimo. una volta che cominci a leggerlo, non puoi chiuderlo neanche un attimo!
Il bello è che facebook mi ha ricordato più volte l'evento...sadicissimo ;_;
EliminaCon Calcare è sempre una fullimmersion! Anche Dimentica il mio nome l'ho letto tutto di fila! **
anche quello è un capolavoro! io ho, tra la pila delle cose che aspettano di essere lette, anche ogni maledetto lunedì su due, che ha preso ale la volta scorsa! so che sarà un'altra full immersion anche quello! XD
EliminaNon capisco assolutamente la diatriba nata sul chi sia Zerocalcare, credo sia oltremodo ininfluente. Se un autore, a prescindere dalla sua storia personale, è capace di solleticare il mio intelletto, inducendomi a riflettere, informarmi, confrontarmi, allora non posso far altro che dire "ha fatto un buon lavoro".
RispondiEliminaSulla base di questo Zerocalcare può piacere o non piacere, forse la forza di un autore come lui sta proprio in questo rapporto amore-odio associato al suo nome.
Io personalmente, però, leggo ciò che ci presenta con occhio critico e non mi vergogno a dire che, in qualche modo, mi ha delucidato situazioni che ronzavano nella mia testa soltanto in maniera confusa.
Posso considerarlo l'incipit per una buona informazione.
L'errore più banale che si possa fare è il considerare un autore, in questo caso Zerocalcare, come una summa in cui è presente la sola verità. Ogni autore porta un punto di vista differente ed in un modo diverso! Ad ognuno di noi poi imparare a leggere nel giusto modo!
Buone letture...
R.
Se un autore, a prescindere dalla sua storia personale, è capace di solleticare il mio intelletto, inducendomi a riflettere, informarmi, confrontarmi, allora non posso far altro che dire "ha fatto un buon lavoro".
Eliminasono perfettamente d'accordo su questo. a dire il vero, a me frega veramente poco se l'autore/autrice di un fumetto votino in modo diverso da me, se la pensano in modo diverso da me, se pregano in modo diverso da me. almeno fino a quando non scrivono libri in cui riversano un'ideologia che non mi appartiene (non leggerei mai e poi mai, ad esempio, un libro di costanza miriano, personaggio le cui idee, dichiarazioni e atteggiamenti mi fanno a dir poco venire il vomito), leggo quello che scrivono volentieri.
però poi, alla fine della giostra, ognuno sceglie cosa leggere in base ai giudizi che preferisce. a me, che zerocalcare sta simpatico per quel poco che lo conosco, viene facile, parto avvantaggiata quando apro un suo libro!