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martedì 10 giugno 2014

jammin' apollon 7, love button 11, love*sign 4


con il numero sette di jammin' apollon siamo entrati nella fase conclusiva della storia. ma quello che più di tutto mi ha fatto male di questo volume è che non c'è la folle storiella finale che la kodama ha messo in coda a tutti gli altri numero precedenti!
*attenzione agli spoiler!*
il rapporto tra kaoru e ricchan finalmente si è sbloccato! dopo aver ricevuto i guanti - e in preda alla febbre - kaoru riesce in una delirante seconda dichiarazione a ricchan che finalmente accetta i suoi sentimenti. l'amicizia tra lui e sentaro sembra sempre più forte e i due si stanno preparando a una nuova esibizione a scuola.
eppure, come sempre, il destino o le autrici sadiche, non permettono che il barlume di felicità che si inizia a intravedere possa diventare un'immagine nitida abbastanza da godersela appieno.
così sul rapporto tra ricchan e kaoru viene messo in pericolo dall'imminente iscrizione dei due a università diverse, in città diverse, mentre a casa di sentaro ci si prepara al ritorno del suo patrigno, cosa che lo spinge addirittura a scappare senza riuscire neanche a scrivere una lettera d'addio a kaoru. cosa ci dobbiamo aspettare negli ultimi due volumi? un finale strappalacrime dove tutti e tre si troveranno divisi e lontani? io, nel dubbio, preparo i fazzoletti.

e poi siamo quasi alla fine di due serie che mi rendono una vera quindicenne fangirleggiante: love button e love*sign.
anche qui, *state attenti agli spoiler!*
in love button ci si prepara a un mielosissimo happy end, con nina che inizia con le crisi circa l'università, la scelta da fare per quello che sarà la sua vita dopo il liceo, il dover fare bella figura con il padre di koga che dal canto suo le da la gran mazzata di rivelarle che il figlio vuole andare all'estero a studiare, e - proprio quando sta toccando il fondo di tristezza e depressione - arriva koga a chiederle di partire con lui. bum! cuoricini da tutte le parti! vai nina, parti! vai dall'altra parte della terra e diventa la mogliettina che sogni di essere! ahhh, beata gioventù!
insomma, datemi subito questo ultimo numero perché sto friggendo dalla voglia di vedere quei due piccioncini con la scritta sotto e vissero per sempre felici e contenti.

e anche mega spoileroni per love*sign! finalmente si scopre qual'è il trauma che turba koki, ed è mica roba da poco visto che da bambino è stato quasi ucciso da sua madre che ha tentato di strangolarlo e affogarlo. insomma, proprio quando tra lui e ichigo stava per finire, i due si avvicinano di più... e davvero tanto! (ma perché negli shoujo certe scene di sesso sono così tristi? insomma, ragazza, dovresti essere contenta, non piangertela!).
a scuola koki è sempre più appiccicoso e tenero, e la cosa non si capisce se metta ichigo in difficoltà o le faccia piacere.
quel che è certo che lei si becca la febbre proprio durante quello che doveva essere il loro primo natale insieme, e lui da bravo cavaliere passa a trovarla.
ma la febbre non è neanche l'ultimo dei mali, perché, assolutamente a sorpresa, pare che sia tornata in giro la madre di koki.
ma perché questi fantasmi del passato tornano così senza motivo alcuno a rompere le uova nel paniere e a cercare di distruggere la felicità degli altri, così, giusto per sport.
beh, in ogni caso non è di certo il mio titolo preferito di maki usami questo, anzi forse è quello che mi ha presa in assoluto di meno, quindi il fatto che manchi solo un numero a farlo finire mi rende davvero contenta!

domenica 8 giugno 2014

6 giugno - andrea camilleri a una marina di libri alla gam di palermo

dunque, è il momento di un piccolo resoconto di una marina di libri, il festival dell'editoria indipendente che da cinque anni si svolge qui a palermo. a dire il vero è la prima volta che partecipo, quindi direi che la gioia è stata doppia... e c'è stata anche qualche piccola delusione, devo ammetterlo.

insomma, vado a una fiera del libro, in un posto pieno zeppo di libri che le brave feltrinelli e mondadori varie neanche provano a tenere sugli scaffali e credevo che sarei uscita con lo zaino pieno di roba e il portafogli vuoto. e invece, miracoli dei miracoli, buona parte dei soldini sono rimasti lì dov'erano.






girellando tra i banchetti degli editori, ho trovato un sacco dei libri che stavano nella mia lista desideri, avrei voluto prenderne qualcuno ma, cosa che reputo assurda considerando la situazione, nessuna delle case editrici che mi interessavano faceva sconti.
niente sconti.
a una fiera.
ma perché? puntualmente ogni volta che chiedevo se sui libri che mi interessavano c'era uno sconto venivo accolta da sguardi sconvolti come se avessi chiesto se per caso mi potevano preparare un panino al prosciutto. insomma, dovreste darmi un buon motivo di comprare direttamente dall'editore e di portarmi i libri in giro nello zaino invece di ordinarli su amazon e ibs dove li pago meno e me li portano fin dentro casa, con tanto di corriere gentile che mi augura buona lettura (essì, ormai siamo amici io e i vari signori di sda e bartolini). niente sconti, neanche un centesimo, per iperborea, minimum fax, marcos y marcos, sellerio... insomma è stato veramente deludente. dovreste coccolarli un po' di più i vostri lettori, cari miei, invece di lamentarvi di amazon e compagnia bella. però c'erano un sacco di titoli belli sui banchetti, chi aveva il portafogli meno in crisi del mio di certo non poteva lamentarsi della qualità dei libri portati in fiera!
molte case editrici, che io purtroppo non conosco, invece gli sconti li facevano, ma il casino di gente incredibile che c'era lì per camilleri e che mi spintonava da una parte all'altra mi hanno impedito di curiosare tra titoli di cui non sapevo nulla e, insomma, alla fine mi sono arresa.

abbiamo approfittato del fatto che la galleria fosse aperta e abbiamo fatto un giretto, rinfrescandoci gli occhi con i quadri bellissimi di francesco lo jacono e poca altra roba che - lo so che sono una cazzo di snob o magari una che non ne capisce niente nonostante tutto - vale la pena di guardare alla gam, e siamo tornati giù al chiostro, dove si era scatenato l'inferno per un angolino di prato dove poggiare le terga, visto che di sedie manco a parlarne, erano già tutte più che occupate.
alla fine abbiamo trovato un posticino a lato del palco, dove si poteva intravedere abbastanza discretamente e sentire molto bene. di fare quel mezzo metro necessario a passare davanti al palco e fare due foto, neanche a parlarne, i palermitani sono molto gelosi dei posti che hanno conquistato e io non avevo voglia di farmi sbranare, oltretutto la mia cara carlotta ha deciso di abbandonarmi quasi sul finire della presentazione, e le foto con il cellulare che abbiamo provato a fare sono così inguardabili che lasciamo stare.


ora, io andrea camilleri l'ho sempre visto in tv, nella sua brava poltroncina, e il suo modo brillante di parlare non fanno più di tanto pensare che ci troviamo davanti a un signore che sfiora i novanta. quindi vederlo arrivare accompagnato e sostenuto a braccio è stata una scena davvero tenera e un po' insolita: insomma, dietro tutta quell'arguzia, quel senso dell'umorismo incredibile, la meravigliosa capacità di saper usare le parole e i tempi giusti, sempre, c'è un nonnino con il bastone. e, magari sono scema io, ma mi ha fatto un sacco di tenerezza.
camilleri è fantastico da leggere ma ancora di più sentirlo parlare. c'è da imparare molto dalla sua voce, dal modo in cui racconta, in cui sceglie con facilità e senza alcuna faciloneria le parole giuste per ogni cosa, la calma sopratutto, quella che ormai è così difficile da sentire. è sempre lui, fa ridere e fa riflettere, eleva la nostra lingua (del siciliano parlo, quello dei sudici, come dice lui contrapponendoci con tutt'altro che senso di inferiorità ai nordici) a quello che merita di essere non fossimo tanto sputtanati dai tanti e tristi luoghi comuni e sugli stupidi pregiudizi nei confronti del dialetto.


in un'ora il maestro ha raccontato un po' del suo nuovo libro, un altro che si aggiunge alla lunga lista dei romanzi di montalbano, qualche aneddoto che ci ha felicemente fatti sganasciare (le giustificatissime voglie omicide verso chi ora mettere il formaggio sulla pasta con le vongole, scrittori americani dai nomi impronunciabili che si scoprono di origini siciliane e che parlano un dialetto impeccabile) e l'immancabile filosofia del tampasiamento (o tambasiare come dice lui).
in una sola parola è stato meraviglioso. e adesso non vedo l'ora di sottrarre il suo nuovo romanzo a mamma e svaccarmi a leggerlo!

ah, poi sì, un paio di cosine però le ho comprate (l'entusiasmo per camilleri quasi mi stava facendo scordare) ovvero l'immancabile siculopedia, il libro tratto da siculopedia.it, una geniale raccolta di definizioni e delucidazioni sulla strana razza sicula e un piccolo libretto della dickinson, scelto, lo ammetto, più che altro per il packaging a forma di pacco postale.

venerdì 6 giugno 2014

stoner

ho comprato stoner a dicembre e l'ho letto pochi giorni fa. l'ho lasciato sullo scaffale per mesi, guardandolo con timore. dopo anni di recensioni entusiastiche e commenti positivissimi, avevo seriamente paura di leggerlo. in fondo, sapevo che stoner è un romanzo che parla della vita comune di un uomo comune. avevo paura che non mi sarebbe piaciuto come agli altri perché non sarei riuscita a capire cosa ci fosse di tanto meraviglioso in una cosa del genere.
insomma, poi il coraggio di leggerlo l'ho trovato.
e posso dire che stoner è davvero la meraviglia di cui tutti parlano. ed è una cosa incredibile. la storia banalissima di un uomo banalissimo, niente di più che un normale professore universitario, appassionante come poca roba sia mai stata scritta. che poi non è neanche che la vita del povero william stoner sia resa qualcosa di diverso da quella che è. forse, semplicemente, qualsiasi storia, anche la meno interessante, se raccontata bene diventa qualcosa.

seguiamo la storia di william stoner fin dalla sua infanzia, trascorsa senza meriti particolari né nulla di cui vergognarsi nella fattoria di famiglia. è un bambino di poche parole e pretese, lavora, va a scuola, fa i compiti e tira avanti. fino a che qualcuno non consiglia ai suoi genitori di mandarlo all'università, ad agraria, perché di certo imparerà qualcosa di utile per tirare fuori dalla vecchia testarda terra degli stoner qualcosa in più di quanto non riesca a fare il lavoro di suo padre. eppure, arrivato all'università, il giovane stoner ci metterà poco a capire che la terra non fa per lui, innamorandosi perdutamente della letteratura, deciderà di continuare a studiare anche dopo i quattro anni previsti, deludendo i suoi genitori ma per la prima volta (e forse per l'unica) imponendo un suo desiderio al fiume in piena degli eventi che sembra trascinarlo via con sé.
stoner ci metterà poco a emergere come giovane professore, ma la sua vita sociale sarà sempre circoscritta a pochissimi intimi. si sposa presto, all'arrivo del primo sconcertante amore, quello per edith, bellissima, che accetta di diventare sua moglie pur non amandolo, e nonostante la promessa fatta, non cercherà mai di essere una buona moglie.
mentre lentamente stoner colleziona i suoi piccoli successi all'università, edith si impegna a rovinare la sua vita privata, persino dopo la nascita di grace, la loro unica figlia, che verrà così tanto vessata dall'atteggiamento materno, da rovinare presto la sua vita con un matrimonio sbagliato tanto quanto quello che l'ha generata.
il personaggio di edith è per quanto mi riguarda meritevole di un horror psicologico. è assolutamente pazza, fa tutto quello che fa esclusivamente per rovinare la vita di suo marito, arrivando persino a distruggere psicologicamente sua figlia.
i libri e lo studio saranno per stoner l'unica gioia effettiva, mentre edith si rivela un errore fin dalla prima notte di nozze, grace viene brutalmente allontanata dal padre, e l'unico amore che riesce a sfiorare per un po' gli viene ingiustamente sottratto dalla meschinità del perbenismo dell'ambiente universitario, anche se bisogna pur dire che stoner non prova neanche a sacrificare la sua triste stabilità nel tentativo di perdere la donna che ama.

mentre la storia del mondo impazza tra guerre mondiali, crisi economiche e rivoluzioni, stoner continua le sue lezioni segnate da qualche scaramuccia dalla quale non si fa piegare, dai suoi studenti che anno dopo anno gli passano sotto gli occhi ed entrano ed escono dalla memoria. il mondo si stravolge e lui rimane a sguazzare nel campus, tra la meschina cattiveria di edith e la mediocre stabilità della sua carriera universitaria, minata da ingiuste e miserabili vessazioni. giunto quasi al termine dell'insegnamento, alle soglie della pensione, stoner scopre di avere un tumore, che in pochi giorni dal ritiro dalle aule del campus lo farà spegnere, solo, con un libro tra le mani, il suo libro che ora non gli apparteneva più, tra la tristezza di chi muore solo in silenzio e la meraviglia di un uomo che per tutta la vita ha goduto, fino all'ultimo, della gioia immensa dello studio e dell'apprendimento.

questo è più meno quello che mi è piaciuto da morire di stoner: nonostante tutto quello che accade nel mondo intero e nella sua stessa casa, nonostante la sua carriera, william stoner rimane sempre, costantemente sé stesso, a vent'anni come a cinquanta è un uomo innamorato della letteratura, dei libri, della sensazione che si avverte quando ci si immerge da soli per la prima volta tra delle pagine scritte e se ne trae qualcosa che ci arricchisce, ci sorprende, ci completa per un attimo per poi di nuovo spingerci alla ricerca di altro.
ci sono frasi, sparse per il libro, che arrivano al cervello come proiettili. forse è anche per le meravigliose considerazioni con cui william stoner condisce la sua esistenza che mi è piaciuto un sacco. per qualcuno stoner è un anti-eroe, per me la particella anti non ha alcun significato. stoner è l'eroe del suo mondo e questo basta a giustificare e a sopportare tutto.

insomma, magari questa recensione fa schifo. ma leggete stoner. è un capolavoro.