giovedì 24 aprile 2025

the inheritance trilogy ~ la successione

la mia gente racconta storie sulla notte in cui nacqui. dicono che in pieno travaglio mia madre incrociò le gambe e lottò con tutte le sue forze per non mettermi al mondo. ovviamente nacqui lo stesso: la natura non si può fermare. eppure non mi sorprende che ci abbia provato.

the inheritance trilogy è la prima trilogia di n. k. jemisin.
lo dico perché le vogliamo bene e possiamo perdonarle le ingenuità che qui e lì si presentano in questi tre romanzi. personalmente, ho trovato più interessanti il secondo e il terzo libro (al punto che mi sono detta che se il primo fosse stato pubblicato in un'edizione diversa dal malloppone che li raccoglie tutti, probabilmente avrei abbandonato la lettura senza neppure arrivare a metà del primo).

provo ad andare con ordine (e senza fare spoiler).

le premesse del primo libro, i centomila regni, erano molto interessanti: siamo in un mondo in cui gli dei camminano letteralmente tra gli esseri umani e tutto è governato da un'unica, potentissima famiglia, quella degli arameri. la giovane yeine, discendente dellə arameri ma appartenente al popolo darre, viene convocata a cielo, il palazzo degli arameri, per partecipare alla cerimonia di successione al trono che governa i centomila regni.

quella dellə arameri non è esattamente una famigliola felice e affettuosa, anzi. la linea di sangue più pura domina sugli altri rami della famiglia e lə parenti meno nobili costituiscono la servitù del palazzo, ogni classe riconoscibile da un sigillo tatuato sulla fronte che definisce l'appartenenza a una delle linee di sangue. lə arameri non si mescolano con la gente di altri popoli, al massimo la dominano, ed è per questo che la decisione di kennith di sposare un darre l'ha portata a essere odiata, ripudiata e allontanata.
ma lə arameri non sono solo questo: dispoticə e sadicə, hanno approfittato della guerra degli dei, avvenuta all'alba dei tempi, per imprigionare le divinità cadute - nahadoth, signore dell'oscurità, e sieh, il trickster, sconfitti, insieme alla defunta signora grigia, enefa, da itempas, signore della luce - e usarle come armi. e, peggio, all'occorrenza come passatempo.

yeine si ritrova così da un lato invischiata nelle trame di corte, e dall'altro, però, deve affrontare un segreto che si porta - letteralmente - dentro dalla nascita: nel suo corpo convivono due anime e questo la lega strettamente alle vicende degli immortali.
ed ecco cos'è che non mi è piaciuto affatto: la componente romance tra lei e nahadoth. la loro relazione non solo è terribilmente tossica, ma è così infarcita di cliché che mi ha reso la lettura davvero pesante (e, secondo il mio modestissimo avviso, tutti quei dettagli non erano affatto utili né interessanti).
togliendo dalla narrazione tutto quello che non solo non è essenziale, ma che è semplicemente noioso (e a volte anche un po' imbarazzante) ovvero tutti i dettagli sulla relazione amorosa tra yeine e nahadoth, avremmo avuto un bel racconto molto più breve, ottimo per addentrarci in questo universo.
e invece.

abbiate pazienza però, perché già nel secondo le cose migliorano.

i regni spezzati si colloca una decina d'anni dopo la fine del primo romanzo e ha come protagonista oree shoth, un'artista cieca capace di vedere, però, la magia.
oree vive a ombra, la nuova città sorta tra le radici dell'albero del mondo sotto cielo (so che è poco chiaro ma non posso dirvi di più senza spoilerare tutto, scusate). lo sconvolgimento creato da yeine ha permesso il ritorno di molte deidi sulla terra e il moltiplicarsi dei culti religiosi, ma è ancora a itempas che la maggioranza dei fedeli si rivolge.

così, per oree non è affatto una cosa tanto straordinaria trovare tra la spazzatura un deide un po' malconcio e portarselo a casa. muto e poco socievole, verrà battezzato da oree shiny, per la sua capacità di brillare di magia ogni mattino al sorgere del sole.
la vita di oree continua tranquilla tra il suo lavoro di venditrice di oggetti d'arte al mercato di ombra - sempre pieno di turistə e pellegrinə diretti all'albero mondo - e la sua strana convivenza con shiny, fino al giorno in cui trova il cadavere di una deide a cui è stato rubato il cuore, e viene sospettata dell'assassinio.
da questo momento la situazione precipita sempre di più per oree, mentre intorno a lei certe importanti rivelazioni stravolgono la sua - e la nostra - conoscenza del pantheon e delle relazioni tra esseri divini e umani.

oree mi è piaciuta molto di più di yeine come protagonista, e anche la sua storia è molto più interessante e appassionante. oree non si lascia trascinare dagli eventi e, anzi, nonostante le tante difficoltà che si ritrova ad affrontare mantiene sempre una forza straordinaria. c'è un po' di componente romance anche qui ma non l'ho trovata fastidiosa come nel primo romanzo - e non è nemmeno il tema principale della storia. ho anche apprezzato tanto il modo in cui è stata rappresentata la sua cecità e ancora di più come questa, di per sé, non sia motivo di discriminazione a ombra (non ci vivrei ma almeno non è una realtà abilista).
la vicenda di oree dà maggiore struttura al mondo costruito da jemisin, ci spiega meglio quali sono le leggi che regolano la vita degli immortali, le gerarchie interne e su cosa si basano le differenziazioni tra di loro, chiarendo tutto quello che nel primo libro veniva solo accennato.

del terzo romanzo, il regno degli dei, la quarta di copertina vi dice che la protagonista è shahar arameri.
però non è vero.
il protagonista è sieh, la deide - figlio cioè di due dei tre, in questo caso di enefa e nahadoth - che avevamo già incontrato accanto a yeine e che appare anche nella storia di oree.
sieh è il mio personaggio preferito di tutta la trilogia. incarna quello che nelle diverse mitologie è il trickster, l'imbroglione, e il dio dell'infanzia. ambiguo per natura, sieh vive in quello spazio liminale tra infanzia ed età adulta dove la morale non è quella dellə mortali ma neppure quella dellə deə: le leggi che guidano le sue azioni appartengono solo a lui e ai suoi impulsi del momento.
scaltro, amorale e privo di pietà come ogni bambinə che non ha ancora imparato a vivere secondo le regole del suo mondo, sieh ha già dimostrato però di essere capace di amore e lealtà (se, quando e verso chi vuole), tanto quanto di odio: quello che a sieh sembra impossibile riuscire a fare è lasciare che i suoi sentimenti cambino al cambiare delle situazioni. come per tutte le divinità, la sua natura è immutabile.

la storia inizia, ancora una volta, a cielo, nel palazzo arameri. sono passate generazioni dai tempi di yeine e anche se sieh non è più legato alla famiglia arameri, sembra incapace di allontanarsi definitivamente da cielo. qui incontra per la prima volta shahar e dekarta arameri, due gemellə figlə della reggente della famiglia, cresciutə con la stessa arroganza che ha caratterizzato da tempo immemore la loro stirpe, ma ancora bambinə. e come tuttə lə bambinə, desiderosə di fare amicizia e giocare con lə coetaneə come sieh.
provato il loro valore agli occhi della deide, shahar e dekarta riusciranno a convincerlo a stringere un patto di sangue con loro: saranno amicə per sempre. ma nel momento in cui i loro palmi incisi e sanguinanti si toccano, tutto viene travolto da un'inspiegabile esplosione.
lə bambinə sopravvivono, ma sieh si risveglia otto anni dopo, prigioniero di un corpo umano, debole e quasi incapace di esercitare la magia, che invecchia troppo velocemente.

mentre cerca di recuperare la sua natura divina e di tenere a bada il suo nuovo corpo da adulto, sieh dovrà da un lato gestire la complicata relazione con shahar e dekarta - a cui si trova legato da sentimenti che vanno oltre l'amicizia giuratasi da bambinə - e dall'altro muoversi un mondo che vuole scrollarsi di dosso il dominio arameri.

non so decidere quale tra il secondo e il terzo sia il mio preferito della trilogia, mi sono piaciuti tantissimo entrambi: le storie di oree e di sieh sono imprevedibili, il ritmo della narrazione è sempre alto e non lascia spazio a momenti di noia e le loro vicende aprono a riflessioni interessanti: ragionare sulla natura delle divinità significa ragionare su quella delle creature mortali perché è impossibile provare a capire le prime senza metterle a confronto con le seconde.

the inheritance trilogy è un fantasy che, nonostante sia incentrato su tematiche come l'amore, le relazioni familiari e la politica, potrei definire filosofico: cosa sarebbe di tutta la nostra cultura se davvero potessimo camminare sulla terra insieme allə deə? cosa sarebbero i nostri miti se non la nostra storia e cosa sarebbe la storia umana se non un breve capitolo nell'immenso libro di quella divina? e cosa ci differenzierebbe dallə immortalə se non la brevità della nostra esistenza e la capacità, quindi, di mutare nel corso della nostra vita, di trasformarci nel corso del tempo in infinite versioni di noi stessə?

sicuramente non è un capolavoro imperdibile, soprattutto per colpa del primo libro che sembra davvero uno scoglio insormontabile, ma è un'ottima lettura per chi apprezza il genere. il wordbuilding è interessante e ben strutturato, e si svela poco alla volta senza spiegoni noiosi, andando avanti con le storie - i tre romanzi principali e i racconti conclusivi - e dellə personaggə, divinə e non, ben caratterizzatə.

martedì 15 aprile 2025

la falce dei cieli

le cose non hanno uno scopo, come se l'universo fosse una macchina, in cui ogni parte svolge una funzione utile. qual è la funzione di una galassia? non so se la nostra vita abbia uno scopo, e non mi pare che la cosa abbia importanza. la cosa che ha importanza e che noi siamo una parte. come un filo di lana in un tappeto, o un filo d'erba in un prato. quello esiste e noi esistiamo. la cosa che stiamo facendo è come il vento che soffia sull'erba.

ho sempre amato moltissimo il vecchio adagio che recita attenzione ai tuoi desideri perché potrebbero avverarsi, perché credo che riesca a riassumere al meglio l'idea che qualsiasi cosa, anche quella fatta con le migliori intenzioni, può portare a un concatenarsi di conseguenze via via sempre più spiacevoli, se non addirittura drammatiche e irreparabili.
la falce dei cieli di ursula k. le guin, da poco ripubblicato da mondadori, sì rifà proprio a quest'idea.

estraneo al ciclo dell'ecumene, la falce dei cieli gioca con l'immaginario fantascientifico per indagare l'interiorità degli esseri umani, il mondo psichico. anzi, più precisamente, la sua dimensione inconscia, che confluisce poi nel regno dei sogni.

è qui che george orr, protagonista del romanzo, riesce a fare qualcosa di impensabile: i suoi sogni - o meglio, alcuni di essi, che lui definisce efficaci - trasformano la realtà, agendo retroattivamente su di essa e cambiandola senza che nessunə, tranne orr stesso, ne sia consapevole.
orr è dunque sia l'unico (probabilmente) essere umano in grado di mutare il tessuto della realtà, sia un archivio vivente di tutte le realtà-che-sono-state e che si sono perse a seguito di uno dei suoi sogni efficaci.
un potere spaventoso che orr non può controllare, proprio come nessunə di noi può controllare i propri sogni. un potere che orr non vorrebbe avere.

ed è proprio per il desiderio di sottrarsi a tutto questo che orr finisce in cura da uno psichiatra, il dottor haber. entrambi, orr e haber, vivono in quello che, negli anni '70 del secolo scorso, per le guin era un futuro prossimo e per noi è già passato (ed è difficile dire da quale delle due prospettive è la più terrificante): è il 2002 e a portland, nell'oregon, dove paziente e medico vivono, piove sempre. la popolazione mondiale è troppo numerosa e la malnutrizione è inevitabile. il cambiamento climatico ha reso il pianeta inospitale, nonostante l'umanità si aggrappi a quella cosa che chiama vita con le unghie e con i denti, e la guerra sconvolge i paesi del sud-ovest asiatico (visto che possiamo evitare di chiamarlo medio oriente?).
nessuno dei sogni di progresso, di pace e di benessere mondiale è stato realizzato, anzi.
sogni di progresso, pace e benessere.
sogni.

la prima volta che orr rivela i suoi timori ad haber, è rassegnato all'idea di non essere creduto. sa che per chiunque altro è impossibile immaginare che i sogni di un uomo anonimo come lui possano avere un potere così grande.
ma haber è un uomo di scienza e, prima di etichettare orr come il solito psicotico con manie di onnipotenza, decide di metterlo alla prova. grazie a un macchinario di sua invenzione, l'aumentatore, spiega a orr di poter controllare i ritmi del suo cervello (chiedo perdono di questa mia spiegazione a ogni neurologhə che si ritroverà eventualmente a leggerla) e di poterlo portare a sognare in modo efficace ma controllato. questo primo esperimento convince haber della sincerità orr, e gli spalanca le porte all'opportunità di realizzare ogni possibile miglioramento nell'intera realtà sfruttando i sogni di orr.

haber e orr sono due personaggi diametralmente opposti: haber non dubita mai, neppure un momento, della legittimità delle sue azioni. è sicuro che modificare il mondo, agire sulla sua storia per trasformare il presente e tendere verso un futuro che sia il più possibile simile alla sua personale idea di bene, sia non soltanto una possibilità ma una sorta di dovere. haber deve agire. deve imporre il suo giudizio sul reale per piegarlo alla sua logica e ai suoi desideri, perché crede fermamente che questi siano la migliore soluzione per tuttə, anche quando il prezzo da pagare è tremendamente caro.

se haber è il mutamento, orr è l'equilibrio, la stasi perfetta, la migliore interpretazione possibile del termine medio. orr non si affida a ciò che crede ma a ciò che sa, e sa che nessunə, neppure nella peggiore delle situazioni, può decidere del destino di miliardi di esseri viventi. orr sa che non può affidarsi a uno strumento incontrollabile come i sogni e sa, soprattutto, che nessunə può distanziarsi così tanto dalla natura umana per mutarsi in dio. perché se a ogni cambiamento di continuum - come lo chiama haber - le memorie delle diverse realtà restano e si sommano nella mente di chi ha sognato o ha pilotato il sogno, la realtà per quell'individuo andrà sempre più disgregandosi, portandolo infine alla follia. perché è l'irrealtà a farci impazzire, il vuoto generato dal disfacimento del tessuto del reale e l'impossibilità di rimanere connessə allə altrə.
sapeva che quando si nega ciò che si è, si finisce con l'essere posseduti da ciò che non si è: dalle ossessioni, dalle fantasie, dalle paure che accorrono a colmare il vuoto.
la falce dei cieli è il romanzo più filosofico - se per filosofia intendiamo l'indagine intellettuale su ciò che esiste, sul come e sul perché esiste - tra quelli che ho letto di ursula k. le guin.
nella storia, i piani della realtà si sovrappongono e noi lettorə, proprio come orr e haber, ci ritroviamo nei panni di chi riesce a vedere in trasparenza tra tutti gli strati creati dai sogni efficienti, trovandoci sempre più disorientatə in una trappola multidimensionale di realtà sostituite.

per farla brevissima: l'ennesimo capolavoro di una scrittrice straordinaria.

giovedì 20 marzo 2025

il governo ombra

«saranno belle e potenti entrambe. immensamente potenti. due maestre.»
[...]
«però mi spiace molto doverti dire, miranda, che bellezza e potere sono tutto quello che le tue figlie avranno in comune. perché mentre una sarà dolce, generosa e amorevole, l'altra sarà in combutta con i demoni.»
miranda spalancò gli occhi. «cosa?»
«lo dirò chiaramente. una sarà buona, l'altra cattiva.»

attenzione! questo post contiene spoiler su la congregazione reale di sua maestà, il primo volume della trilogia. se non l'hai ancora letto, rimedia subito e poi torna qui!

qualche mese fa vi avevo parlato de la congregazione reale di sua maestà di juno dawson, uno dei libri che mi avevano appassionata ed entusiasmata di più l'anno scorso. adesso è finalmente uscito il seguito, il governo ombra, e io l'ho divorato subito, l'ho adorato come e forse più del primo e ne voglio ancora!

il finale del primo romanzo era stato un cazzotto gigantesco in piena faccia (ve lo ripeto, ci saranno necessariamente spoiler su lcrsm) e questo seguito inizia proprio lì dove la storia si era interrotta.

anzi, inizia con una profezia, quella che viene fatta a miranda, la madre di niamh e ciara, prima ancora che le sue figlie nascessero: entrambi potentissime, ma una buona e dolce, l'altra cattiva e in combutta con i demoni. e adesso eccole lì, le due gemelle così uguali e così diverse, al funerale di ciara, la sorella cattiva. la ciara che ha tramato contro le altre streghe, che ha ucciso il solo, unico e grande amore di niamh, che si è lasciata divorare dai demoni e che si è alleata con dabney hale, lo stregone che voleva distruggere la congregazione e schiacciare gli esseri umani senza poteri. la ciara che niamh stessa ha cancellato, svuotata di ogni ricordo, ridotta a un guscio vuoto che per nove lunghissimi anni non ha fatto che sopravvivere su un lettino d'ospedale, mentre il mondo intorno a lei continuava ad andare avanti.

o almeno, così pensano tuttə. quello che nessunə sa è che se il corpo sepolto è effettivamente quello di ciara, la sua anima si trova nel corpo di niamh. e l'anima di niamh... beh, è ovvio no? chissà quanto sarebbe diversa l'atmosfera di quel funerale se sapessero che ad essere tornata per sempre a gaia è la sorella buona, quella amata da tuttə, la santa e impeccabile niamh!

da lettrice, ammetto che questo primo capitolo è stato una vera e propria sofferenza. mi ero affezionata a niamh tanto quanto avevo detestato ciara, ma - e qua sta la magia di juno dawson! - nel corso della storia i miei sentimenti hanno iniziato a vacillare fino a stravolgersi.
la storia di ciara è quella delle cosiddette profezie che si autoavverano. in psicologia e in sociologia si parla di profezia che si autoavvera quando una persona (o un gruppo di persone), convinta della possibilità che un evento infausto possa verificarsi, cambia il suo comportamento finendo proprio causare lo stesso evento che avrebbe voluto evitare.
man mano che i ricordi di ciara tornano a galla, scopriamo come sua madre miranda abbia sempre mantenuto un atteggiamento diverso con le due gemelle, incoronando niamh come figlia perfetta mentre controllava ossessivamente ciara, la rimproverava e puniva per nulla, arrivando perfino a terrorizzarla da bambina e a distruggere i suoi sogni di adolescente. portandola, insomma, a essere davvero una strega cattiva.
ogni volta che ciara ritrovava un episodio della sua storia passata, un pezzetto del mio cuore si sbriciolava.

ovviamente però, il governo ombra non è solo la storia di ciara e del suo passato. la minaccia di dabney hale incombe su tutta la congregazione; leonie è in viaggio, intenzionata a ritrovare suo fratello radley; theo è stravolta dal suo nuovo corpo, dalle reazioni che suscita nellə altrə e da quelle che suscita in ləi stessə, mentre la profezia del leviatano continua a gettare ombre sul suo futuro e lo strano atteggiamento di niamh le fa temere di trovarsi sul punto di essere abbandonata ancora una volta. e poi ci sono holly, in piena crisi adolescenziale, e elle che, nonostante la sua età, è rimasta ancorata ai suoi sogni di felicità matrimoniale di ragazzina e ora si vede sgretolare tutto tra le mani, scoprendo di avere un potere che non sa gestire e che la spaventa al punto da non riuscire neppure a parlarne.
la narrazione si allarga ancora e ancora, toccando altre città - c'è anche bologna! - e paesi, reali o mitici che siano. perché è ovvio che la crsm non è la sola congregazione di streghe del mondo e la minaccia di hale (e quella del leviatano) è enorme per chiunque. infine, il personaggio-rivelazione di questo romanzo è stato luke! non aggiungo altro perché non voglio rovinare la sorpresa a nessunə ma... non me lo sarei mai aspettato!

oltre ad avere una trama serratissima che ti incolla alle pagine e non lascia tirare il fiato nemmeno un secondo, anche ne il governo ombra rimane l'attenzione per le tematiche che mi avevano fatta innamorare della scrittura di juno dawson nel primo romanzo e che fanno di questi libri dei perfetti esempi di narrazione transfemminista e intersezionale in cui si sottolinea come, senza fare retorica, davvero il personale è politico. dawson pone l'accento sulle relazioni sentimentali (romantiche, familiari, d'amicizia) e su come queste riproducano in piccolo i rapporti di potere tra le categorie socialmente privilegiate (gli uomini, le persone bianche, quelle cis, quelle ricche) e quelle marginalizzate e svantaggiate (le donne, persone nere, quelle trans, quelle povere, ecc.).

e poi, anche questa volta, arrivatə all'ultima pagina non possiamo che metterci a gridare e ad aspettare con ansia che arrivi presto il capitolo conclusivo. personalmente, ho bisogno di un gruppo di sostegno e supporto psicologico da adesso all'annuncio della prossima pubblicazione (anzi, fino al momento in cui potrò finalmente iniziare a leggere human rites). se vi trovate nella stessa situazione, contattatemi: scriviamoci, parliamone, teniamoci per mano!

giovedì 13 marzo 2025

il mondo di rocannon

come si può distinguere tra leggenda e realtà, su mondi che giacciono a molti anni di distanza dal nostro? pianeti senza nome, che i nativi chiamano semplicemente "il mondo"; pianeti senza storia, dove il passato è materia di mito e dove l'esploratore che vi fa ritorno scopre che le sua azioni di pochi anni prima sono diventate le gesta di un dio. un velo buio di irrazionalità si stende sull'intervallo di tempo che le nostre astronavi attraversano alla velocità della luce, e nell'oscurità proliferano l'incertezza e le esagerazioni, come erbacce.

il mondo di rocannon di ursula k. le guin è considerato il primo romanzo del ciclo dell’ecumene, una serie di romanzi autoconclusivi e di racconti - presenti in raccolte come ritrovato e perduto - le cui vicende sono indipendenti e che quindi possono essere in qualsiasi ordine, ma che condividono la stessa ambientazione, cioè l’universo colonizzato dal pianeta hain, il mondo di provenienza della specie umana.

da hain, l’umanità si è spostata in decine di pianeti e, nel corso del tempo, si è adattata ed evoluta sulla base delle necessità dettate dalle diverse condizioni ambientali dei mondi colonizzati. nonostante le differenze biologiche e culturali, che si sono sempre più accumulate nel corso dei secoli, è riuscita a riunirsi in quello che, appunto, si definisce ecumene, una colossale struttura sociale, politica ed economica. l’unità è garantita grazie a tecnologie di comunicazione - come l’ansible - e di trasporto interstellare, elementi fondamentali anche delle vicende raccontate nei romanzi e nei racconti.

è grazie alla possibilità di incontro, comunicazione e scambio - non sempre positivi, come ad esempio ne il mondo della foresta - che le guin riesce a raccontare l’enorme ventaglio di possibilità entro cui l’umanità può organizzare la sua esistenza, con una prospettiva fortemente antropologica che rende sempre le sue storie estremamente realistiche e fantascientifiche (perché anche le scienze sociali sono scienze).

le storie del ciclo dell’ecumene sono ambientate sia prima che dopo l’avvento dell’ecumene propriamente detto, raccontandoci così - in una narrazione orizzontale che resta sempre sullo sfondo di ogni vicenda - anche la storia di un’unione di mondi e degli infiniti possibili modi di esistere come esseri umani.

il mondo di rocannon, pubblicato per la prima volta nel 1966, ci presenta fomalhaut II, un pianeta il cui sviluppo tecnologico è assimilabile a quello della nostra età del bronzo o poco più, abitato da tre specie umane già note e da altre su cui mancano informazioni. le prime sono lə gdemiar, il popolo d’argilla, dalla pelle chiara e i capelli scuri, di piccola statura, abituatə a vivere sotto terra e prevalentemente notturnə; lə fiia, altrettanto piccolə e chiarə di pelle ma biondə, amantə della luce e della natura. infine vi sono lə liuar, più altə e fortə, organizzatə in una sorta di società feudale in cui la nobiltà di lignaggio deve essere confermata dal coraggio, dalla lealtà e, più in generale, da un preciso codice morale che regola i rapporti intra- e interspecie, ma soprattutto da alcune caratteristiche somatiche che dividono la specie in due: da un lato lə angyar, lə signorə, dalla pelle scura e i capelli biondi o rosso-oro, dall'altra lə olgyior, la plebe, che come lə gdemiar hanno la pelle chiara e i capelli scuri.

lə liuar sono la popolazione più nota dallə studiosə del pianeta e la loro storia, così antica da perdersi nella leggenda, si fonde con quella di rocannon, grazie agli sfalsamenti temporali dovuti ai viaggi intergalattici.

il tono del romanzo è sospeso tra epica, fantasy e fantascienza proprio in virtù del fatto che fomalhaut II vive in un’epoca di sviluppo tecnologico ancora distante da quello degli altri pianeti - come ad esempio nuova georgia del sud, il pianeta da cui arriva rocannon, etnografo in missione, che ospita la base esplorativa delle forme di vita a intelligenza elevata della lega.

il prologo alla vicenda sembra una favola, la leggenda di un mondo lontano nel tempo: il lungo viaggio della regina semley per recuperare il suo tesoro perduto, così da ridare lustro alla sua casata e al suo re. è affascinante come le guin suggerisca che l’inspiegabile è tale solo fino a che non si fanno proprio le conoscenze scientifiche e tecnologiche che lo rendono possibile, e che lo faccia senza giudizi di sorta, scrollandosi di dosso quel senso di sufficienza e superiorità che ha caratterizzato la prima etnografia.
allo stesso modo, anche rocannon stesso, per quanto provenga da una realtà più progredita, rifugge da facili giudizi e riesce a costruire legami sinceri con lə coprotagonistə del romanzo.

la vicenda prende il via quando lə compagnə di rocannon vengono spazzatə da un attacco alla loro nave condotto dallə ribellə di faraday, contrarə al consolidamento della lega dei mondi e alle regole imposte per l’effettiva cooperazione intergalattica. rimasto solo su un pianeta alieno, senza più un mezzo per tornare nel suo mondo né l’ansible - un apparecchio capace di trasmettere istantaneamente i messaggi a qualsiasi distanza, grazie alla capacità di far viaggiare i dati a velocità superiori a quella della luce - per comunicare con la lega dei mondi, rocannon inizia il suo viaggio alla ricerca dellə ribellə e del loro ansible.
ad accompagnarlo ci sarà una sorta di compagnia dell’anello formata da mogien, signore di hallan e da un gruppo di suoi fedeli, appartenenti alle altre specie umane del pianeta.

il viaggio attraverso fomalhaut II è insidioso, costellato di pericoli, di incontri e scontri. rocannon, già noto come signore delle stelle, è dotato di una corazza sottile come una seconda pelle, praticamente indistruttibile e resistente a qualsiasi tipo di arma, che lo trasforma agli occhi di chi lo incontra nel dio errante, colui che cammina in mezzo agli uomini.

come già detto, il mondo di rocannon è un romanzo di fantascienza che attinge a piene mani dal repertorio fantasy ed epico per i toni, per la caratterizzazione dellə personaggə, per l’organizzazione delle loro società e del loro sistema di valori, e la vicenda di rocannon stessa si rifà alle numerose interpretazioni - discutibili e ampiamente discusse (se vi può interessare vi rimando alla famosa diatriba tra marshall sahlins e gananath obeyesekere sulla vicenda del capitano cook) soprattutto nei decenni immediatamente successivi alla pubblicazione di questo romanzo - che nel corso degli ultimi secoli sono state fatte sul pensiero delle popolazioni native, indebitamente chiamate selvagge, in merito allə esploratorə e studiosə bianchə, arrivando alla conclusione - voluta o meno - dell’inevitabile rivalutazione del significato stesso di nativo e selvaggio.

non è uno dei miei preferiti di ursula k. le guin ma resta un testo prezioso sia per conoscere al meglio l’autrice e il suo pensiero, che qui si declina in una riflessione sui significati che gravitano intorno alla conoscenza dell’altrə, sia per approfondire il ciclo dell’ecumene stesso che, oltre all’innegabile valore letterario, ha - dal mio personalissimo e trascurabile punto di vista - il merito di ricalibrare il concetto di etnocentrismo in una prospettiva intergalattica: come si diceva più su, le guin ha indicato hain come pianeta di origine per l’umanità e non la terra, identificando così la nostra specie come una delle tante, possibili variazioni adattative di una stessa specie. in quest’ottica la terra perde il suo ruolo centrale tipico delle narrazioni fantascientifiche e si riduce a essere una delle tante colonie spaziali.

per concludere, volevo spendere due parole sulla nuova uniform edition dedicata a le guin e al ciclo dell’ecumene. mondadori ha già iniziato a ripubblicare tutti i titoli della serie - molti, come il mondo di rocannon, erano fuori catalogo da anni - con le nuove copertine illustrate da rodrigo corral, contributi di autorə italianə e internazionali e, quando presenti, le introduzioni firmate da le guin stessa.
oltre ai titoli già pubblicati (il mondo della foresta, i reietti dell’altro pianeta, ritrovato e perduto e il pianeta dell’esilio, che si aggiungono a la mano sinistra del buio, pubblicato nel 2021 con una nuova traduzione) sono previste nuove edizioni anche per la falce dei cieli, città delle illusioni, il giorno del perdono, sempre la valle e la salvezza di aka.

venerdì 7 marzo 2025

orbital

resteranno così per nove mesi, nove mesi a fluttuare, nove mesi di testa gonfia, nove mesi di questa vita da sardine, nove mesi a osservare la terra a bocca aperta, per poi tornare giù, al pianeta paziente.
qualche civiltà aliena potrebbe avvistarli e chiedersi: cosa ci fanno qui? perché non vanno da nessuna parte, girano solo su se stessi? la terra è la risposta a tutte le domande.

l'ho fatto di nuovo.
ho letto un libro su cui avevo aspettative altissime e mi sono chiesta ma è davvero tutto qui?
orbital mi ha un po' delusa. un po' tanto.
per essere un capolavoro, il libro più chiacchierato del momento, una bellissima lettera d'amore al nostro pianeta, mi aspettavo qualcosa di più.

orbital racconta di sei astronautə - anzi, quattro astronautə e due cosmonautə (se ci interessa scoprire la differenza possiamo andare a fare una ricerchina online perché samantha harvey non ce la spiega) - in missione sulla stazione spaziale internazionale che, appunto, orbita intorno alla terra e che ha la funzione principale di laboratorio in cui svolgere esperimenti di ricerca scientifica di varia natura in assenza di gravità.
dallo spazio, quindi, il personale della stazione studia e sperimenta in favore nostro, mantenendo lo sguardo fisso - in senso letterale e non - sul pianeta. inoltre, sulla stazione si effettuano esperimenti che saranno utili ad eventuali futuri viaggi verso la luna o marte e, soprattutto, il suo carattere di internazionalità suggerisce l'idea che la cooperazione tra popoli e nazioni possa essere più utile e produttiva degli atteggiamenti di chiusura o, peggio, di quelli belligeranti.
idea abbastanza semplice ma, a quanto pare, abbiamo bisogno di lanciarci a duemila chilometri fuori dall'atmosfera per capirla.

la narrazione segue la durata di sedici orbite della stazione intorno alla terra, ovvero circa ventiquattro ore. una giornata nello spazio in cui, un po' come per il piccolo principe, si susseguono sedici albe e sedici tramonti, un gioco di luce e buio che illumina il pianeta visibile solo da chi ha l'incredibile, privilegiata prospettiva che solo la stazione internazionale può offrire.

«da quassù la terra è bellissima, senza frontiere né confini» è forse una delle frasi che meglio ha saputo mettere insieme poesia e politica. una frase semplicissima, pronunciata nel 1961 da gagarin. eravamo in piena guerra fredda ed era la prima volta che un essere umano riusciva a trovarsi abbastanza lontano dal pianeta da poterlo abbracciare interamente con il proprio sguardo.
una frase semplicissima che racchiude dentro di sé significati e messaggi fondamentali: la bellezza di un pianeta unico in uno spazio oscuro e sconfinato, l'unica casa che abbiamo e che dobbiamo preservare e proteggere (o magari, con un pelino meno di arroganza, limitarci a non distruggere), una sorta di gigantesca madre comune che ci rende tuttə fratelli e sorelle, un mondo intero su cui abbiamo giocato con linee immaginarie per poter dire questo è mio, quello è tuo. in questa frase c'è tutto.
ovviamente possiamo aprirla questa frase, scartarla come un regalo e osservare pezzetto per pezzetto cosa c'è dentro: magari così è più facile da capire, anche se però perdiamo quel tono poetico, quasi magico che ci fa salire le lacrime agli occhi ogni volta che la sentiamo o leggiamo.
mentre leggevo orbital mi rigiravo in mente questa frase.
e pensavo che, per fare letteratura, bastava così.

questo romanzo ha, secondo me, due enormi problemi: il primo è che è estremamente ridondante. va benissimo che non ci sia una vera e propria trama, va benissimo che non succeda niente, ma gli elenchi di paesi illuminati dal sole - la loro bellezza, i loro colori, il modo in cui le nuvole li nascondono o li svelano, come le luci artificiali tradiscono una presenza umana che altrimenti risulta invisibile - ripetuti più volte stancano. rallentano la lettura, ti fanno pensare ok, l'hai già detto, l'ho capito. e se non l'avessi capito potrei tornare indietro a rileggere, non serve che me lo ripeti.
il secondo, immenso problema (sottolineo: sempre secondo il mio personalissimo parere) è il punto di vista della narrazione. in queste ventiquattro ore lə personaggə alternano le loro voci, le loro emozioni, i loro ricordi, le loro considerazioni, ma molto spesso la voce narrante è quella di un noi collettivo e indefinito, come se in questa pluralità lə sei abitanti della stazione orbitante si fondessero e confondessero tra loro, trasformandosi in un'entità unica di cui solo a volte si riconoscono le diverse personalità. tutto questo mi ha fatto sembrare lə personaggə piattə, interscambiabili a volte, privi di una qualche riconoscibilità forte.

insomma, sono d'accordo con chi dice che orbital è una lettera d'amore verso il pianeta, molto meno con chi dice che questo amore si rivolge anche all'umanità: da un lato l'umanità dellə astronautə/cosmonautə è appiattita sul loro ruolo e su delle storie personali troppo accennate per diventare abbastanza importanti da restituire loro profondità. abbiamo troppo poco tempo a disposizione per poterlə conoscere quel tanto che servirebbe a riuscire ad avvicinarci a loro, sbirciamo nelle loro menti solo per un giorno, solo per ventiquattro ore in cui i loro pensieri rincorrono ricordi lontani, preoccupazioni, lutti, l'idea di essere solo a dieci centimetri di titanio dalla morte. troppo e troppo poco tempo per permetterci di conoscerlə.
dall'altro lato, il resto dell'umanità della terra è cancellata dalla distanza.
si intravedono solo gli effetti - quelli peggiori - della sua presenza:
la mano della politica è così visibile da lì, che si chiedono come hanno fatto a non accorgersene subito. è evidente in ogni dettaglio - come la forza di gravità ha fatto del pianeta una sfera e ha spinto e tirato le maree che modellano le coste, così la politica l'ha scolpito modellato, lasciando ovunque tracce di sé. vedono finalmente la politica dell'avidità. la politica del crescere e del prendere, la voglia di avere di più declinata in miliardi di modi diversi, ecco cosa vedono guardando in basso.
quell'umanità che poeticamente scompare alla luce del sole, troppo piccola per poterla vedere da lassù, lascia tracce devastanti sul pianeta. è un'umanità che ha perso la sua innocenza primordiale, che ha smesso di limitarsi a popolare il pianeta per iniziare a plasmarlo secondo il proprio bisogno e il proprio profitto, un'umanità avida che non si rende conto della sua piccolezza, della sua fragilità, del suo essere poco più che nulla in confronto a quello che si estende all'infinito davanti agli sguardi dell'equipaggio della stazione internazionale. più che d'amore, mi è sembrata una lettera piena di sconforto verso quelle creature minuscole che rosicchiano il loro stesso futuro.

e quindi: mi è piaciuto orbital? nì. per essere un libro così chiacchierato, mi aspettavo qualcosa di più.
ha dei passaggi straordinariamente belli ma diluiti in troppe pagine che mi hanno annoiata, ha un linguaggio ricercato ed elegante, ma a volte sembra che questo lirismo sia inutilmente stiracchiato, come se cercasse ad ogni costo di colpire lə lettorə che, nel frattempo, ha imparato a difendersi.