mercoledì 19 novembre 2025

organica

perché dovevamo occupare il tempo parlando di cose brutte, se non ci riguardavano?


vivere da sola, per una giovane donna con un figlio piccolo, è difficile. ma è ancora più difficile se la città in cui questa giovane donna vive è una di quelle tenute sotto controllo dal go e dalla jester.
il go è l'ente governativo - ente non a caso: non ci sono facce né nomi, nessuna parvenza di umanità, solo un' informe entità lontana dalla gente comune che osserva, controlla, stabilisce norme e punisce chi le vìola. la jester, invece, è nulla più che un'agenzia di marketing.
il go ordina di produrre e consumare, e controlla cosaquantocome viene prodotto e consumato. la jester instilla desideri e bisogni.

la giovane donna con il figlio piccolo, invece, si chiama ruth.
si è emancipata da poco più di un anno, vive da sola e deve riuscire a mantenere sé stessa e suo figlio, il piccolo sweet. perché qui, nella città senza nome, nessunə deve contare sull'aiuto dellə altrə una volta superati i sedici anni. bisogna seguire il percorso che il go ha deciso per ognunə - quali studi, quale carriera - sposarsi, magari, e mettere al mondo lə figliə, assicurandosi di poterlə mantenere fino a che, a loro volta, non possano emanciparsi.
non sono ammessi fallimenti, non è tollerata l'incapacità: lavorare-produrre-acquistare-consumare. fino alla pensione.

la metafora è così chiara che è superfluo ogni commento, ma in organica il concetto di se usi gratis un prodotto è perché il prodotto sei tu si fa drasticamente estremo: il prodotto da usare gratis, qui, non è altro che il semplice fatto di essere al mondo. e l'essere trasformatə in prodotto non è un'iperbole ma la reale sostanza delle cose. in organica, i corpi diventano letteralmente moneta.

la lunga scena in cui ruth si procura il materiale organico che venderà per acquistare il latte in polvere per il piccolo sweet - scena su cui si innestano i racconti collaterali di questa storia, che ampliano il nostro orizzonte sulla città senza nome - è ansiogena e disperata, resa ancora più atroce dal latte che sgorga più e più volte dai suoi seni e che lei si rifiuta di fare bere al figlio perché considerato poco più che un'insignificante brodaglia, il succo marcio di un corpo ammalato da una vita orrenda, che si trascina nella vergogna e nell'avvilimento.
ma, forse, l'unica scintilla di speranza che marinelli ci concede si accende all'ombra dei nomi dellə personaggə: ruth, diminutivo di ruthless, spietata, riversa invece tutta la sua pietà, la sua compassione e il suo amore sul piccolo sweet, l'unico nel libro ad avere un nome in cui riecheggia uno di quei sentimenti ormai persi dal mondo in cui è nato.

l'ipercapitalismo nella visione di marinelli è portato alle sue estreme conseguenze fino a far diventare la solidarietà, l'improduttività e il fallimento - anche solo momentaneo - crimini da punire con la più alta delle pene. e se sembra assurdo, basta dare uno sguardo alla cronaca per rendersi conto di quanto poco tutto ciò si discosti da quello che abbiamo imparato ad accettare.

non è un caso se il genere distopico è quello attraverso il quale riusciamo più facilmente a immaginare il nostro futuro. non è un caso e non è affatto rincuorante che le distopie degli ultimi decenni sono sempre così tanto plausibili, sempre così tanto simili alla realtà che viviamo da essere poco più che metafore crudeli della vita di ogni giorno. non si tratta più di dar forma a paure lontane ma di lucidare lo specchio su cui si riflette l'orrore quotidiano che - inspiegabilmente - moltə non riescono a vedere.

e se organica non sconvolge come dovrebbe, è solo perché abbiamo ormai fatto esperienza di così tante distopie in cui l'umanità è completamente piegata al potere fino al punto di annullarsi, che poco resta ormai a sorprenderci. e la stessa ruth sembra poco sorpresa, o meglio, fin troppo rassegnata: non c'è alcun processo di presa di consapevolezza né di lotta contro il sistema perverso in cui è imprigionata, se non un brevissimo sfogo in cui emerge la sua convinzione che non lei ma solo qualcuno con più potere di lei avrebbe potuto cambiare le cose. in lei non rimane nessun accenno all'umanità perduta, neppure un confuso sospetto di come le cose avrebbero dovuto essere. né arriva un pietoso proiettile alla schiena a salvarla dall'ineluttabilità della sua condizione.

il mondo descritto da laura marinelli in organica non è soltanto una cupa fantasia, ma un'increspatura attraverso cui osservare la deriva delle nostre strutture culturali, barcollanti sotto il peso dei nostri errori. un mondo orrorifico in cui materia ed essenza umane sono pervertite oltre i limiti che, ad oggi, abbiamo imparato ad accettare.

venerdì 14 novembre 2025

luna fredda su babylon

il fiume styx, per la lentezza della corrente e la frequenza di banchi di sabbia, pozze stagnanti lungo le sponde e rami morti, è infestato dalle zanzare, sanguisughe e serpenti. tutta quest'area della contea di escambia è scarsamente popolata, a maggior ragione lungo i fiumi, dove non vive quasi nessuno. per costruire, la gente si sposta sui terreni più elevati, lontano dagli insetti e dalle frequenti esondazioni primaverili. sebbene lo styx si snodi per oltre quattro chilometri, soltanto quattro persone abitano sulle sue sponde. una di queste è un'anziana nera la cui baracca si trova pericolosamente vicina alla confluenza del perdido. la donna è sorda e pazza.
gli altri tre stanno appena oltre l'unico ponte sul fiume. la vecchia evelyn larkin e i suoi nipoti, jerry e margaret, che vivono lì per i mirtilli.

dopo la saga di blackwater, gli aghi d'oro e katie, era ovvio che il mio hype per un nuovo romanzo di michael mcdowell sarebbe stato enorme.
ed è per tutto questo hype che mi duole ammettere che se con blackwater mi ero innamorata e se gli aghi d'oro mi aveva convinta tantissimo, già kate mi aveva entusiasmata un puntino di meno e luna fredda su babylon non ha fatto rialzare l'asticella.

quella di luna fredda su babylon è una storia di omicidi brutali, di avidità e di vendetta - e in questo ricorda un po' katie - e di fantasmi, mentre l'ambientazione riporta alla mente blackwater: le sponde di un fiume - lo styx, nome decisamente evocativo - il suo letto fangoso e le sue acque a tratti tumultuose e inquietanti.
ad aggrapparsi agli argini del fiume è una cittadina di nome babylon, molto meno gloriosa della sua omonima di biblica memoria. una cittadina di periferia come tante altre, dove sotto l'apparente tranquillità quotidiana, serpeggiano odi, invidie e risentimenti.

siamo all'inizio degli anni '80 e la quiete di babylon viene squarciata dalla scomparsa di una ragazzina, ritrovata cadavere dopo pochi giorni. un omicidio brutale e insensato che è solo il primo di un crescendo di violenza. attorno a cui si muovono, da un lato, la famiglia larkin - proprietari di una piantagione di mirtilli il cui sfruttamento riesce a malapena a garantirgli una vita dignitosa - e dall'altro i redfield, il vecchio padre, ormai disabile, tanto bisognoso di attenzioni quanto severo, e i suoi due figli, due poco di buono arroganti e desiderosi di mettere le mani sul patrimonio di famiglia.

senza spoilerarvi nulla della trama, la storia prende una piega più che auspicabile e le identità di vittime e carnefice sono rivelate più o meno immediatamente - ma si capisce tutto molto prima - così come il movente. insomma, quello di mcdowell non è un giallo in cui bisogna collegare i fili tra i diversi indizi e arrivare a una qualche soluzione, è a pieno titolo un horror in cui a farla da padrone è la brutalità dei fatti, la miseria dietro le motivazioni che portano a quei fatti e, soprattutto, l'atmosfera sovrannaturale che avvolge ogni cosa. perché - a differenza di quanto succedeva ne gli aghi d'oro o in katie - a cercare vendetta non sono più lə familiarə offesi dalle uccisioni dellə loro carə ma le vittime stesse, o meglio, i loro fantasmi.

sono proprio loro a mettere effettivamente in moto gli eventi e noi lettorə ci troviamo a osservarli da una prospettiva privilegiata rispetto allə personaggə umanə del racconto ma solo fino a un certo punto: sappiamo che, nella babylon di mcdowell, i fantasmi esistono e che partecipano attivamente ai meccanismi della realtà, che sono causa di svariati effetti (ed effetto di una causa sola: la violenza efferata che da persone li ha fatti diventare fantasmi, appunto) e che sono mossi dal desiderio di vendicarsi, ma il loro mondo interiore - ammesso che ce ne sia uno - ci è completamente precluso.
sappiamo, insomma, che esiste una dimensione sovrannaturale, ma non riusciamo a conoscerla veramente. come vivi, per quanto onniscienti, noi lettorə rimaniamo tagliati fuori dalle verità che vanno oltre l'orizzonte delle nostre esperienze.

le figure spettrali e vendicative di babylon sembrano avere una volontà ferrea e degli obiettivi molto ben definiti ma non parlano e, per quello che ne sappiamo, non pensano. soffrono ancora? sono consapevoli? impossibile dare una risposta, restano per noi inconoscibili. il loro aspetto tradisce il destino della parte materiale di ciò che erano ma sono, allo stesso tempo, incorporei e scollegati dalle leggi della fisica.
ed è questa loro natura ambivalente, muta e impossibile da comprendere che li rende (almeno un po') terrificanti, tanto per chi li incontra tra le pagine del racconto, quanto per noi.

se però in blackwater l'aspetto sovrannaturale della storia mi aveva colpita, qui mi ha lasciata poco convinta, come se mancasse qualcosa. più che paura mi hanno fatto provare repulsione e pena e qualsiasi vendetta riescano a ottenere alla fine non riesce a riequilibrare nulla. erano, e restano per tutto il tempo, vittime, quasi che non ci fosse davvero nessuna possibilità di riscatto né di giustizia per loro, quasi che ogni traccia del sé che erano fosse stata annientata lasciando spazio solo al bisogno di vendicarsi.

insomma, luna fredda su babylon è un libro sicuramente unputdownable, come tutti quelli di michael mcdowell, eppure tra tutti quelli pubblicati fino ad adesso, è quello più tiepidino, che (imho) convince ed emoziona di meno. 

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mercoledì 5 novembre 2025

fionna & cake ~ la prima stagione (e un pezzettino della seconda)

♪ i'm not really feeling like myself today ♪ hated every job i've had ♪ what's wrong with me? ♪ everyday's the same ♪ painfully mundane ♪ 'cause i'm running from my feelings ♪ and my fear of sudden change ♪ every time i leave my room i wanna die ♪ even when i'm with my friends ♪ i'm alone inside ♪ 'cause nothing really matters ♪ and i don't know what's sadder ♪ the fact i even try ♪ or that my hopes and dreams are shattered ♪
♪ i'm not really feeling like myself today ♪


è uscita la seconda stagione di fionna and cake, serie bellerrima, e io - che ho la memoria di un pesce rosso - ho avuto mega bisogno di fare rewatch della prima (mentre raccolgo le forze e mi dico che, prima o poi, dovrò fare anche un rewatch di adventure time. se qualcunə vuole unirsi mi faccia sapere, così ne parliamo!).

ora sono così in fissa che potrei andare a farmi tatuare fionna e cake (e finn e jake e bmo e bubblegum e marceline e simon e prismo eccetera) ma, ragionandoci un po' su, un post sul blog è meno drastico, e spero che sia un po' più utile a fare conoscere in giro questa meraviglia che, non so perché, nella mia bolla è praticamente inesistente.

fionna e cake nascono, in adventure time, come fanfiction scritta da re ghiaccio, sono la versione genderswapped di finn e jake, e "vivono" le loro avventure in una dimensione alternativa insieme alla regina ghiaccio, marshall lee, il principe gommarosa eccetera. un mondo fittizio, reale soltanto nella mente del fu simon petrikov e nel cuore di tuttə lə fan che, ormai un paio di anni fa, ha trovato finalmente un suo spazio autonomo - per quanto, ovviamente, sempre collegato all'universo di adventure time.

*ci sarà qualche inevitabile spoiler sulla prima stagione (vi avviso, anche se ormai sono passati due anni!)*

il mondo di fionna prende forma grazie a uno - nonché l'unico che avrebbe potuto farlo - dei più insospettabili fan delle opere di re ghiaccio, prismo the wishmaster. il loro è un universo scollegato da tutte le possibili realtà del multiverso, nascosto e lontano e... non-canonico.
nella loro realtà non c'è alcuna magia e tutto è tristemente simile a quella fatta di lavori orribili, affitti da pagare e crisi depressive che conosciamo molto bene. fionna è una ragazza come tante altre: saltella da un lavoro orribile all'altro per arrivare a fine mese, casa sua sembra essere stata sconvolta da un tornado, ha una gatta di nome cake, dellə amicə affettuosə e una voglia matta che la sua vita diventi qualcosa di meno noioso, magari più... magico.
a ooo, intanto, simon petrikov - una volta re ghiaccio, ora soltanto un umano pieno di ricordi e nostalgia - conduce una vita che magari a fionna sembrerebbe più magica ma che in fondo è altrettanto noiosa e deprimente, struggendosi nella mancanza della sua betty. quando cerca di aprire un portale per poterla finalmente incontrare almeno un'ultima volta... beh, le cose non vanno come sperate e cake lo attraversa.


attenzione a cosa desideri perché potresti ottenerlo e infatti la vita di fionna e di cake - ora finalmente (ora di nuovo?) un gatto magico parlante e mutaforma - prende una svolta inaspettata: devono salvare la loro realtà da scarab, che vuole cancellarla perché non-canonica e illegale, saltando da una dimensione all'altra, incontrando nuove versioni di vecchiə personaggiə di adventure time, alla ricerca della corona di re ghiaccio, così che simon possa canonizzare il loro mondo e renderlo (finalmente!) magico e avventuroso.

la serie è composta soltanto da dieci episodi quindi, per forza di cose, la narrazione è sempre spedita e non ci sono filler o momenti in cui l'attenzione cala. ad essere più precisi: fionna and cake è una di quelle serie che si fa divorare un episodio dietro l'altro mentre - ok, per chi ha amato adventure time vale di più, ma è così per tuttə - si piange, si ride e si abbracciano cuscini.

il merito è soprattutto quello di aver dato spazio allə personaggə secondariə più amatə della vecchia serie - fionna e cake, innanzitutto, ma non solo - e di aver espresso al meglio quellə principalə come finn, prismo e simon. e poi c'è da dire che fionna and cake può essere vista come serie autonoma, per quanto sicuramente aver visto adventure time regali un'esperienza più emozionante.


rispetto ad adventure time, soprattutto nelle prime stagioni, fionna and cake è un prodotto più adulto, che dietro alle rocambolesche avventure multidimensionali - che hanno più che qualche momento di amarezza - racconta di una ragazza in piena crisi che impara ad amare la sua vita di ogni giorno, a proteggere quanto di bello c'è e a fare qualcosa per migliorare il resto solo nel momento in cui rischia di perdere letteralmente tutto. fionna combatte per lə suə amicə e per quel mondo imperfetto, a volte lontano dai suoi desideri che però è casa.

lə fan hanno seguito adventure time e adesso adventure time segue lə suə fan, crescendo insieme a loro, adattandosi alla necessità di affrontare tematiche meno infantili - dalle relazioni lgbtqia+ al rapporto difficile che si può avere a volte con la propria famiglia alle nuove sfide che chi era bambinə ai tempi delle prima prima messa in onda sta affrontando oggi, ma anche a un modo nuovo e diverso di intendere le serie televisive, con una stagione breve ma densissima.


ma la notizia è che è iniziata finalmente la seconda stagione, di cui al momento sono usciti i primi due episodi. poco per poterne parlare approfonditamente ma.
ricollegandosi a uno dei primi episodi della prima stagione, vediamo finn - quello "originale" di ooo, adesso adulto e senza jake - ferito e bisognoso di qualcunə che vada a salvarlo. oltre a fionna e cake, protagonista di questa stagione sembra essere huntress wizard, personaggia secondaria in adventure time, di cui scopriamo il passato e, attraverso questo, qualcosa in più sulla terra di ooo...


le premesse sono ottime e le mie aspettative altissime! (e, chi lo sa, magari potrei tornare a parlarne a fine stagione).

lunedì 3 novembre 2025

viola

l'amore. l'amore è la ragione di tutto, dicono.
uhm, detta così è un po' esagerato, sembra una di quelle frasi fatte che mettono dei baci perugina. il fatto è che io all'amore ci credo, ci ho sempre creduto, anche se non nella modalità confettata che ci propinano. quella è solo una versione pezzotta, buona per vendere cioccolatini il giorno di san valentino, una roba inventata da scrittori e cineasti senza fantasia per sbarcare il lunario. [...]
solo che [...] il mondo ci tiene a farmi sapere che quella non è roba per me, e con la stessa insistenza di un rappresentante della folletto.

ve lo dico subito: io ho a-d-o-r-a-t-o questo libro, dalla prima all'ultima pagina, mi ha fatta sghignazzare senza ritegno in autobus e mi ha fatto piangere girando coltelli in piaghe mai chiuse e che forse non si chiuderanno mai ma-va-bene-così. e l'ho adorato non soltanto perché marina è un'amica ed è anche una delle persone più divertenti che conosca, ma perché quello che succede a viola, in questo libro, è un po' quello che è successo a me, tante volte.
quando trovi un libro che ti parla così, con tutto il cuore e sembra sapere chi sei, non puoi non adorarlo. e quindi, tutto quello che leggerete da adesso in poi è meno che mai un commento freddo e oggettivo (e dovreste esserne contentə perché quelli freddi e oggettivi sono i peggiori commenti ai libri che vi è capitato/capita/capiterà di leggere).

viola fa la biologa, lavora in un laboratorio con personaggi di simpatia discutibile, ha una migliore amica con cui condivide i suoi più “torbidi segreti” e che l’aiuta ad aggirare il soffocante sistema di sicurezza dei suoi genitori, adorabili ma ipermega protettivi nei suoi confronti. si definisce una “diversamente socievole” e la sua vita amorosa - fino ad adesso! - non è stata esattamente una roba da montagne russe.
ma - benedette siano le app di incontri! - sembra proprio che sia riuscita a incontrare un ragazzo per cui vale la pena stravolgere la sua quotidianità… o no?

grossomodo, eccovi la premessa a questo romanzo divertentissimo.
l’unica cosa che non ho scritto è che viola è una ragazza disabile, e così, quella che sarebbe una storia quasi banale, simile ad altre mille storie, diventa qualcosa di più unico che raro.
non perché viola sia un’eroina o una “persona speciale” o qualsiasi altra cazzata abilista vi stia venendo in mente leggendo queste righe ma perché, appunto, viola vive in un mondo in cui l’abilismo è talmente diffuso da permeare pensieri, giudizi e abitudini di chiunque, e così, vivere una vita normale - quasi banale! - diventa un’impresa davvero eroica: il mostro da combattere qui non è una qualche limitazione fisica ma l’imperante pietismo, infantilizzazione e l’inspiration porn che tuttə intorno a viola si sentono in dovere di esternare, quasi fosse una missione per conto di dio.

viola racconta una storia d’amore, ma soprattutto racconta cosa vuol dire crescere e diventare persone adulte in un mondo che annega nel suo pregiudizio qualsiasi identità non conforme. per viola la storia con marco è, in quest’ottica, una sorta di rivalsa, un modo per dimostrare quello che moltə non riescono (e non vogliono!) ad accettare, e cioè che anche le donne disabili sono adulte e hanno una vita sentimentale, relazionale e sessuale.

marina cuollo fa quello che quasi nessun altrə autorə fa: mette in scena una personaggia disabile senza ammorbarci con toni tragici e vittimistici, anzi! questo romanzo è un capolavoro di umorismo e tagliente ironia con cui viola e marina smontano pezzettino per pezzettino la mentalità chiusa, violenta e stigmatizzante delle persone cresciute a pane e abilismo, mostrandoci come l’idea che “la vita su una carrozzina non valga la pena di essere vissuta” nasce soltanto dalla paura meschina che la gente ha di perdere il suo privilegio di persona conforme.

e se non bastasse questo a farmi spellare le mani dagli applausi, da brava e coscienziosa femminista, marina cuollo racconta una storia d’amore che, finalmente!, sovverte questa benedetta gerarchia delle relazioni e dice ad alta voce che non per forza l’amore romantico e la “coppia” deve essere più importante degli altri legami e che sì, va bene pure vivere relazioni leggere e passeggere quando, come (e se) se ne ha voglia, lasciando più spazio alle amiche e alla propria crescita e realizzazione personale.

viola è un romanzo che finalmente - in un mondo di bruttine che bastano un paio di lenti a contatto e un giro dal parrucchiere per trasformarle in zooey deschanel - parla alle donne disabili e, in generale, ai corpi non-conformi, a chi si è sentitə ripetere che l’amore (o l’indipendenza, o il lavoro, o i viaggi, o quello che vi pare) “non fa per te”. è una storia che insegna che trasformarsi nella persona che sogniamo di diventare non significa passare per un restyling dell’armadio o per un matrimonio, non implica il dover piegare il proprio corpo al diktat degli standard, ma necessita - prima ancora che dell’amore per sé stessə e di altre robe motivazionali da posterino su canva - di consapevolezza politica. ed è per questo che per me viola non è soltanto un meraviglioso esempio di come la letteratura rosa possa essere molto più che roba da femmine (a proposito di pregiudizi da decostruire. che poi, sono sicura che quando i maschi inizieranno a leggere romance, il mondo diventerà un posto migliore), ma è uno dei migliori romanzi di lotta che abbia letto negli ultimi mesi.

mercoledì 22 ottobre 2025

la promessa della luna ~ genealogie di sailor moon

il 21 febbraio 1995 in italia, su canale 5, una scolaretta bionda e dagli occhi sognanti alzava per la prima volta la mano al cielo e invocava il potere del cristallo di luna. la sua sagoma si accendeva di una materia iridescente, si fasciava di nastri e fiocchi. volteggiava in un limbo di stelle e infine si stagliava contro una luna falcata, lo sguardo fiero e ancora un po' ingenuo.
quella ragazza, che non avremmo mai dimenticato, era sailor moon.

credo che tuttə quellə che sono statə bambinə/ragazzinə negli anni '90 abbiano dei ricordi legati a sailor moon. guardavamo i cartoni animati, avevamo bambole e modellini delle guerriere sailor, collezionavamo le figurine, disegnavamo le nostre eroine e sognavamo di incontrare gattine nere con un cerotto in fronte che ci stravolgesse la vita.
bunny - avremmo scoperto solo poi che si chiamava usagi - ci piaceva tantissimo perché non era perfetta, anzi! era pigra e goffa, passava un sacco di tempo in sala giochi, arrivava a scuola in ritardo e collezionava insufficienze. ci piaceva perché era infantile e buffa, perché era sincera, affettuosa, dolce e leale. ci piaceva un sacco lei e ci piacevano tantissimo le sue amiche, adoravamo le loro trasformazioni e le divise da sailor senshi (anche questo nome lo avremmo scoperto tempo dopo), il coraggio con cui combattevano il male e salvavano il mondo.

personalmente, all'epoca non avevo colto appieno la rivoluzione che sailor moon aveva innescato e meno che mai di quale rivoluzione era frutto.
ad essere sincera, il secondo punto è qualcosa che avevo ignorato fino a poco tempo fa e che ho scoperto e compreso leggendo la promessa della luna ~ genealogie di sailor moon, di angelo maria perongini e june scialpi. questo libro ha fatto felice la clacca-bambina-negli-anni-novanta che adorava sailor moon e la clacca-antropologa che adora scoprire come in ogni prodotto di una società riecheggino le trasformazioni storiche, politiche, economiche e culturali che l'hanno interessata.

l'anime degli anni '90 è meraviglioso e sailor moon crystal non esiste, è solo un brutto incubo

la promessa della luna, infatti, racconta non soltanto del manga - e poi anime - che vede protagoniste le belle guerriere che vestono alla marinara, ma anche e soprattutto il contesto in cui naoko takeuchi ha creato la storia del silver kingdom e delle guerriere che proteggono la terra e l'universo tutto.

l'analisi prende il via dal concetto di shōjo, cioè la ragazza non più bambina ma non ancora adulta (una figura che lə autorə definiscono, a ragione, liminale), che viene a crearsi dalla seconda metà dell'ottocento con la rivoluzione scolastica meiji che vede finalmente l'accesso agli studi superiori anche della parte femminile della popolazione. dalla fondazione delle prime riviste di racconti - prima in prosa e poi a fumetti - e di moda, alla nascita spontanea delle prime comunità di lettrici (da cui sarebbero emersi i primi, grandi nomi dello shōjo manga), alle prime serie majokko, ovvero quelle storie in cui le protagoniste, poco più che bambine, ottenevano poteri magici e la capacità di trasformarsi - di solito in versioni più adulte di sé: il terreno su cui mette le radici sailor moon è ricco di nuove idee e di una trasformazione sociale che vede la sua crisi - e, in qualche modo, il suo apice - negli anni '90 del secolo scorso, proprio quelli in cui usagi arriva a stravolgere tutto.

sailor moon rientra nel canone majokko e lo trasforma in qualcosa di nuovo, capace di parlare a un pubblico più vasto: non soltanto bambine che sognavano di diventare grandi e di risolvere con la magia i loro piccoli problemi quotidiani, ma giovani donne che, se pure non rinunciavano al loro lato più infantile, sapevano trasformarsi in guerriere che difendevano il mondo dal male, forti nella loro amicizia, ispirate a valori nobili di amore, lealtà, sacrificio e giustizia.

le sailor senshi al gran completo in un'illustrazione del manga

oggi icona femminista e delle rivendicazioni del mondo lgbtqia+, sailor moon è, come spiegano bene lə autorə, qualcosa di molto lontano - tanto geograficamente quanto temporalmente - dalle idee che oggi animano questi movimenti. se pure forse non si erano mai visti dei gruppi di combattenti donne così affiatate e leali - un'ottima alternativa alle dinamiche più classiche dei rapporti tra donne, spesso rivali per amore o legate da rapporti di amicizia tipicamente secondi a quelli romantici - i temi del matrimonio e della maternità tornano più e più volte durante il manga, così come una certa visione negativa della figura della donna che rinnega tali principi per perseguire i suoi obiettivi personali.

eppure, takeuchi osa lì dove nessun altrə era arrivatə: basti pensare al rapporto tra haruka/uranus e michiru/neptune - coppia lesbica che riesce a vivere la propria storia senza andarsi a schiantare contro un qualche finale tragico - o, meglio ancora, alla famiglia queer che le due costituiscono con setsuna/pluto e hotaru/saturn, appena rinata.

tra i tanti elementi oggetto di analisi di perongini e scialpi - di cui qui ho dato poco più che una rapida scorsa ma che, ovviamente, non ho esaurito per permettervi di godere pienamente del loro saggio - vale la pena accennare a quello che lega sailor moon al genere apocalittico. la magia e la dimensione extra-terrena si fanno per la prima volta (la prima per un manga di ragazzine che si trasformano grazie a dei poteri magici) strumento e scenario della lotta universale del bene contro il male.
ed è da questo momento che le maho shōjo seguiranno l'esempio di usagi e compagnia, lavorando in squadra per la salvezza del mondo.

tra le tante opere più o meno coeve che lə autorə accostano a sailor moon, l'ultima - quella forse più interessante, almeno dal punto di vista di chi scrive questo post - è puella magi madoka magica, l'ultima serie majokko (almeno nell'ambito del manga per ragazze) che disegna un punto di svolta per il canone praticamente irrisolvibile.

insomma, la promessa della luna ~ genealogie di sailor moon, è un saggio breve e agile, ma ricco di informazioni e spunti di riflessioni che cala l'opera di takeuchi in un contesto storico e culturale ben delineato, che mostra i legami con altri prodotti dell'epoca e con quelli più recenti e appartenenti allo stesso filone, e che approfondisce gli aspetti principali di una storia che rimarrà per sempre dentro di noi.