ci avevano detto che sei un campione!
ma tu batti tutti i record.
è il periodo del carnevale, bené ha otto anni ed è appena stato iscritto dalla sua mamma nella sua nuova scuola. la nuova direttrice lo sa che lui è un bambino un po' problematico, che è stato espulso da scuola tante volte perché troppo violento, che non sa ancora leggere, ma ha fiducia nella sua capacità di cambiare e, sopratutto, nella maestra valentine.
per un bambino come bené non è facile fare amicizia, e non è facile seguire le lezioni.
un padre assente, una madre troppo impegnata e forse troppo giovane, di certo incapace di dare al figlio le attenzioni che servono, un percorso scolastico probabilmente non adeguato, lo hanno trasformato in un piccolo irascibile, chiuso nel suo mondo.
l'insistenza di valentine, i rimproveri, le punizioni, i rientri pomeridiani permetteranno a bené di crescere, di imparare ma sopratutto di avere una vita sociale più normale.
ma i suoi incubi continuano, il suo io ferito e solitario rimane lo stesso, esattamente come la maschera, un po' inquietante, che porta sempre con sé, una maschera che più che nascondere, svela la propria essenza, uno degli oggetti - quasi un simbolo - più importanti della storia.
raphaël geffray nel suo fumetto d'esordio non sei mica il mondo racconta con schiettezza e senza interferire con i personaggi, quasi come se si trattasse più di un docu-film che di un romanzo vero e proprio, la storia di un bambino con un passato difficile e della sua disperata ricerca di un punto fisso, di un faro che lo guidi, di qualcuno che possa essere il (suo) mondo.
lo stile grafico di geffray è veramente notevole sia nelle tavole a penna che in quelle acquerellate, i tratti quasi caricaturali - a volte decisamente inquietanti - dei personaggi contrastano con un realismo a volte quasi fotografico, mentre forse un po' troppo si perde nella narrazione che, plausibilmente per non cadere nel didascalismo (il modo più elegante che mi viene in mente per riempire tutto di pipponi interminabili), pecca dall'altra parte per affidare tutto soltanto ai personaggi, alle loro voci e alle loro azioni, senza mai neanche lasciarci conoscere i loro pensieri e senza alcun intervento dell'autore.
il risultato, dicevo, sembra simile a un mix tra film e documentario, qualcosa che riesce a essere al contempo tanto forte quanto distaccato: sarà anche per questioni puramente anagrafiche, ma è impossibile sentirsi vicini a bené, e ancora più difficile avvicinarci a valentine, di cui sappiamo e conosciamo ancora meno, eppure, leggendo questa storia e piano piano scoprendo il passato e il presente di bené, è inevitabile lasciarsi coinvolgere in qualche modo dalla vicenda.
una storia per bambini che sa parlare benissimo anche ai grandi, che racconta l'infanzia e che ci ricorda che non sempre e non per tutti i primi anni sono i più felici e spensierati.
troppo facile sarebbe utilizzare questa storia come esempio per parlare dell'inefficienza di un sistema educativo e scolastico che non sa focalizzarsi sul singolo, sopratutto quando ha bisogno di aiuto, sia che si tratti di un bambino difficile che di una madre sola.
e infatti geffray non si abbandona a sterili recriminazioni né a banali generalizzazioni, ma ci lascia liberi di riflettere su quello che è il difficilissimo rapporto tra adulti e bambini quando non sa instaurarsi nei tempi e nei modi giusti, e sopratutto su quello che rappresenta la scuola - intesa come società e non solo come l'insieme delle nozioni date e apprese - per loro.
bené non vuol aprirsi al mondo, affida ai suoi sguardi tutta la sua rabbia e il suo bisogno di aiuto e a noi lettori non rimane che provare a interpretare quelle occhiate senza riuscire ad avvicinarci un passo in più.
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